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venerdì, giugno 13, 2014

Parlamento approva l'abdicazione del Re

L’abdicazione di Juan Carlos è legge, approvata dal Parlamento

11 giugno 2014

La Camera bassa spagnola approva a larga maggioranza le legge che autorizza Re Juan Carlos a passare i poteri al figlio Felipe. Il 17 toccherà al Senato, il 19 l'incoronazione del nuovo Re di Spagna, Felipe VI.

Dopo tre ore di dibattito l’abdicazione di Juan Carlos è legge, approvata con 299 sì 19 no e 23 astenuti.

Il dibattito in aula è stato aperto dal premier, Mariano Rajoy, con un discorso tutto in difesa del Re e della Monarchia, definiti “il miglior simbolo dell’Unità dello Stato spagnolo”.

Il premier Mariano Rajoy al dibattito in parlamento sulla Legge organica di abdicazione di Juan Carlos I ha affermato che "non è all'ordine del giorno discutere della forma dello stato, ma solo ratificare e dare efficacia giuridica alla volontà del Re".
Cosi' "lo esige la Costituzione".

Rajoy ha difeso la necessità della legge per ratificare la decisione del Re perché "Siamo una monarchia. Perché questa è stata la volontà inequivocabile degli spagnoli che lo hanno espresso nella costituzione del 1978".
"Siamo davanti a un mandato costituzionale e ci si aspetta lo risolviamo con la naturalezza del processo successorio. Non siamo qui per altro" ha aggiunto.
La Spagna è una monarchia parlamentare con profonde radici perché così vogliono gli spagnoli".

Parlando della figura di Juan Carlos Rajoy ha sottolineato che "si è proposto di essere il Re di tutti e lo ha fatto", è stato "l'abile pilota di una Transizione piena di rischi, deciso difensore della democrazia davanti alla più grave minaccia che la stessa ha affrontato, ed impeccabile esecutore del ruolo di arbitro e moderatore che la Costituzione gli assegna".

“La Spagna, ha aggiunto Rajoy è una monarchia parlamentare con radici profonde perché gli spagnoli vogliono che sia così”.

Una legge questa che ora sancisce il passaggio del trono da Juan Carlos I al figlio Felipe VI, passata alla Camera con 80% dei voti favorevoli, bocciata solo dai piccoli gruppi di sinistra e nazionalisti, che vorrebbero invece convocare alle urne i cittadini per scegliere tra Monarchia e repubblica.

Il disegno di legge passerà ora al Senato che lo voterà il 17 giugno.
L’incoronazione di Felipe potrebbe avvenire il 19 giugno in una seduta plenaria straordinaria delle due camere del Congresso.

Umberto lascia l'Italia

Con animo colmo di dolore, ma con la serena coscienza di aver compiuto ogni sforzo per adempiere ai suoi doveri, Umberto II lascia l'Italia  

13 giugno 1946

Dopo aver minacciato molti monarchici di fare propaganda alla Corona in diverse zone del Nord, dopo aver falsificato i risultati del referendum ("il 4 giugno il vantaggio della monarchia appariva inattaccabile, ma improvvisamente la situazione si capovolse a favore della repubblica, con l'arrivo di una valanga di voti di dubbia provenienza..."),  dopo la comunicazione dei risultati provvisori del referendum istituzionale,  dopo la strage di via medina di Napoli causata dalla polizia ausiliaria che apre il fuoco contro i monarchici,  con un "gesto rivoluzionario" (come scrisse Umberto nel suo discorso prima di partire per l'esilio), il governo conferisce arbitrariamente a Alcide De Gasperi l'esercizio delle funzioni di capo dello Stato.

Il 18 giugno la Corte Suprema di Cassazione comunica l'esito del referendum senza proclamare la repubblica .
Il governo non permette la verifica delle schede, asserendo che «forse» erano già state distrutte !!!
La repubblica non è mai stata proclamata!
La repubblica nasce con i brogli, col sangue e con un colpo di Stato, e il disfacimento della repubblica italiana è anche la conseguenza delle modalità della sua nascita.



Ecco il discorso pronunciato da Re Umberto II prima della partenza per l'esilio.
Italiani!
Nell'assumere la Luogotenenza Generale del Regno prima e la Corona poi, io dichiarai che mi sarei inchinato al voto del popolo, liberamente espresso, sulla forma istituzionale dello Stato. E uguale affermazione ho fatto subito dopo il 2 giugno, sicuro che tutti avrebbero atteso le decisioni della Corte Suprema di Cassazione, alla quale la legge ha affidato il controllo e la proclamazione dei risultati definitivi del referendum.

Di fronte alla comunicazione di dati provvisori e parziali fatta dalla Corte Suprema; di fronte alla sua riserva di pronunciare entro il 18 giungo il giudizio sui reclami e di far conoscere il numero dei votanti e dei voti nulli; di fronte alla questione sollevata e non risoluta sul modo di calcolare la maggioranza, io, ancora ieri, ho ripetuto che era mio diritto e dovere di Re attendere che la Corte di Cassazione facesse conoscere se la forma istituzionale repubblicana avesse raggiunto la maggioranza voluta.

Improvvisamente questa notte, in spregio alle leggi e al potere indipendente e sovrano della Magistratura, il governo ha compiuto un gesto rivoluzionario, assumendo, con atto unilaterale ed arbitrario, poteri che non gli spettano e mi ha posto nell'alternativa di provocare spargimento di sangue o di subire la violenza.

Italiani!
Mentre il Paese, da poco uscito da una tragica guerra, vede le sue frontiere minacciate e la sua stessa unità in pericolo, io credo mio dovere fare quanto sta ancora in me perché altro dolore e altre lacrime siano risparmiate al popolo che ha già tanto sofferto. Confido che la Magistratura, le cui tradizioni di indipendenza e di libertà sono una delle glorie d'Italia, potrà dire la sua libera parola; ma, non volendo opporre la forza al sopruso, né rendermi complice dell'illegalità che il Governo ha commesso, lascio il suolo del mio Paese, nella speranza di scongiurare agli Italiani nuovi lutti e nuovi dolori. Compiendo questo sacrificio nel supremo interesse della Patria, sento il dovere, come Italiano e come Re, di elevare la mia protesta contro la violenza che si è compiuta; protesta nel nome della Corona e di tutto il popolo, entro e fuori i confini, che aveva il diritto di vedere il suo destino deciso nel rispetto della legge e in modo che venisse dissipato ogni dubbio e ogni sospetto.

A tutti coloro che ancora conservano fedeltà alla Monarchia, a tutti coloro il cui animo si ribella all'ingiustizia, io ricordo il mio esempio, e rivolgo l'esortazione a voler evitare l'acuirsi di dissensi che minaccerebbero l'unità del Paese, frutto della fede e del sacrificio dei nostri padri, e potrebbero rendere più gravi le condizioni del trattato di pace.

Con animo colmo di dolore, ma con la serena coscienza di aver compiuto ogni sforzo per adempiere ai miei doveri, io lascio la mia terra. Si considerino sciolti dal giuramento di fedeltà al Re, non da quello verso la Patria, coloro che lo hanno prestato e che vi hanno tenuto fede attraverso tante durissime prove. Rivolgo il mio pensiero a quanti sono caduti nel nome d'Italia e il mio saluto a tutti gli Italiani.
Qualunque sorte attenda il nostro Paese, esso potrà sempre contare su di me come sul più devoto dei suoi figli.

Viva l'Italia!
Umberto Roma,
13 giugno 1946

giovedì, giugno 12, 2014

Francobollo di Henrik di Danimarca

Francobollo del Principe Hendrik di Danimarca

11 giugno 2014

Per l'80° compleanno del principe Henrik, consorte della Regina Margherita di Danimarca, la Posta danese ha emesso un francobollo commemorativo.

Nel francobollo compare una foto del marito della regina Margherita II, e in alto a sinistra sono stati stampati i versi della poesia scritta dal Principe Henrik "Egernet" (scoiattolo).

Sua Altezza Reale il principe Henrik, consorte di Sua Maestà la Regina Margherita di Danimarca, aveva presentato, al Fredensborg Palace, la sua nuova raccolta di poesie "Dans mes sereines Nuits - Nelle mie notti felici" - illustrata con 10 acquerelli realizzati della Regina Margherita.

Henrik, principe consorte di Danimarca, conte di Monpezat,  è nato a  Talence (Francia), l'11 giugno 1934.

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Der Prinzgemahl 80 Jahre