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lunedì, novembre 26, 2007

La repubblica non riceve il Dalai Lama


Ai primi di dicembre è previsto in Italia l'arrivo del premio Nobel per la pace Tenzin Gyatzo.
Poco giorni fa la visita del Dalai Lama in alcuni stati, come negli USA, aveva causato incidenti diplomatici con la Cina (con proteste preventive dell'ambasciatore di Pechino).

Cosa succede in Italia?
Il presidente della Camera, bertinotti ha deciso di non concedere l'Aula di Montecitorio per la visita del Dalai Lama a Roma, perchè : Nell’emiciclo si svolgono solo lavori parlamentari, non celebrazioni.
Romano Prodi è orientato a non ricevere la guida spirituale tibetana e così Massimo D’Alema, anche se questo non esclude - spiegano alla Farnesina - che ci siano incontri con ministri.

La spiegazione di bertinotti non ha senso.
Nel passato ci sono state delle eccezione ma soprattutto, il sig. bertinotti si dimentica che Dalai Lama, non è solo premio Nobel per la pace, ma è il rappresentante del Buddismo Tibetano ed anche del Tibet occupato dalla Cina, e quindi non ha senso ciò che afferma.

Perchè la repubblica italiana non riceve ufficialmente il Dalai Lama ? Semplice, perchè la costituzione italiana è stata scritta anche dal Partito Comunista Italiano (partito alleato ed aiutato dallo stesso Stalin) e perchè l'Italia è uno dei pochi paesi al mondo governato da politici che ancor'oggi si dicono orgogliosi di essere comunisti.

Il rifiuto di ricevere ufficialmente il Dalai Lama è una mossa politica del governo per evitare di scontentare la parte radicale della sinistra e nonchè per non mettere in difficoltà anche il presidente della repubblica, un comunista.

Inoltre nel nome delle esigenze commerciali con Pechino, che da ferreo anticapitalista è diventato l’avanguardia del peggior sviluppo industriale e finanziario, specializzandosi in distruzione ambientale e violazione dei più elementari diritti umani, la repubblica italiota si cala le braghe.

Non si può abdicare ai diritti umani in nome degli affari ed ancor di più per difendere una ideologia che ha causato milioni di morti e distrutto l'intera umanità.

Un'altra vergogna della repubblica!


ma i sostenitori insistono
Niente Montecitorio per il Dalai Lama
«Nell'emiciclo non si svolgono celebrazioni». L'unica eccezione per i presidenti dei Parlamenti stranieri

ROMA — Fausto Bertinotti non concederà l'Aula di Montecitorio per la visita del Dalai Lama a Roma. «Nell'emiciclo si svolgono solo lavori parlamentari, non celebrazioni», spiegano i suoi collaboratori e infatti l'unica eccezione che ha fatto il presidente della Camera è stata quella di ospitare i presidenti dei Parlamenti stranieri: «Si potrà organizzare un incontro nella Sala Gialla, con tutti gli onori». Ma non sarebbe la stessa cosa. Romano Prodi è orientato a non ricevere la guida spirituale tibetana. E così Massimo D'Alema: anche se questo non esclude, spiegano alla Farnesina, che ci siano incontri con ministri, come avvenne durante la sua visita l'anno scorso. L'arrivo del premio Nobel per la pace Tenzin Gyatzo, in
Italia ai primi di dicembre, ha già creato un mezzo incidente diplomatico con la Cina (con proteste preventive dell'ambasciatore di Pechino), ma rischia ora di creare un vero e proprio caso politico.

Perché questa volta il partito pro-Tibet non demorde: guidato da Benedetto Della Vedova, ex radicale ora in Forza Italia, è riuscito a raccogliere 165 firme, e punta alle 315, cioè alla metà del Parlamento, per chiedere che il Dalai Lama possa avere accesso «al cuore della democrazia italiana». Si sono iscritti al «partito dei diritti umani» oltre alla vicepresidente della Camera Giorgia Meloni (An), un lungo elenco di deputati di Forza Italia, il casiniano Luca Volontè. Ma anche un buon numero di parlamentari che sostengono il governo Prodi: da Roberto Giachetti e Pietro Marcenaro del Pd a Pietro Folena di Rifondazione e a Grazia Francescato dei Verdi, e praticamente l'intero gruppo della Rosa nel Pugno. Non è contrario alla causa anche il vicepresidente della Camera Carlo Leoni. A loro si aggiungono gli amministratori locali piemontesi, tutti Pd di osservanza veltroniana, e lo stesso sindaco di Roma: ad invitare il Dalai Lama è stato infatti il sindaco di Torino Sergio Chiamparino per conferirgli la cittadinanza onoraria; Mercedes Bresso, presidente della Regione, lo riceverà (senza tutti i dubbi che ha invece Roberto Formigoni) e anche Veltroni potrà stringergli la mano all'incontro annuale a Roma con i premi Nobel.

«Gli amministratori locali hanno una loro autonomia», liquidano l'affare alla Farnesina. Perché se sotto tiro c'è Bertinotti, ma sotto accusa è il governo Prodi: «Non si può abdicare ai diritti umani in nome degli affari — insiste Della Vedova —.
Perché ci sono tre Paesi del G8, Stati Uniti, Canada e Germania, che hanno avuto il coraggio di ricevere il Dalai Lama e invece noi non vogliamo fare dispiacere a Pechino». Il perché è nelle notizie che arrivano dalla Cina sui ricatti e gli affari
perduti dalle aziende tedesche e americane. Il caso diplomatico è dunque chiuso, a meno che i due partiti, quello più realista che non vuole sfidare la Cina e quello che vuol fare della visita del Dalai Lama una vetrina per la battaglia per i diritti umani, non costringeranno a riaprire i giochi.

Gianna Fregonara
ilcorrieredellasera

mercoledì, novembre 21, 2007

Savoia, repubblica, risarcimento allo stato

E' molto difficile risolvere il delicato problema dei beni di Casa Savoia avocati allo stato repubblicano ma prima o poi deve essere affrontato.
Non sono un esperto ma vorrei dire la mia.

Penso sia innegabile che il Principe Vittorio Emanuele ed il Principe Emanuele Filiberto abbiano subito una gravissima privazione dei diritti fondamentali di un individuo (sanciti dalla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo), non hanno potuto entrare nel loro Paese fino a pochi anni fa e non hanno avuto il diritto fondamentale alla proprietà privata ed al voto.

La repubblica avendo l'interesse di indebolire il più possibile la Monarchia - l'unica alternativa - ha sempre cercato di demonizzare i Savoia ben oltre i veri o presunti errori, tanto che nei libri di storia è difficile trovare testi equilibrati ed in genere i Savoia sono diventati personaggi negativi.
Questa massiccia propaganda repubblicana impedisce di affrontare serenamente il problema.

Intanto c'è da dire che la fine dell'esilio dei Savoia non è avvenuta dopo una serena decisione della repubblica ma perché costretta a farlo.
Infatti, dopo la denuncia dei Savoia sulla mancanza dei diritti umani da parte dello stato repubblicano nei loro confronti, la repubblica ha temuto di essere condannata dall'UE ed ha risolto il problema - in realtà solo parzialmente perché i deceduti Re e Regina d'Italia riposano ancora all'estero -facendo decadere (non cancellati) i primi due commi dell'articolo XIII della costituzione.

La repubblica ha risolto solo i primi due commi dell'art.XIII, ma quello dei beni non è mai stato affrontato.
Si può continuare a dimenticare che esiste anche questo problema? Evidentemente no.

Qualcuno afferma che il momento non è opportuno, ma questo non è vero, in quanto dopo 5 anni dal rientro sarebbe scattata la prescrizione e quindi i Savoia avrebbe perso ogni diritto.

La repubblica è nata male, troppi sospetti - i noti brogli del referendum istituzionale - imposta in un momento storico particolare, dopo una sconfitta militare ed una guerra civile, sotto fortissime pressioni internazionali, tanto che l'Italia è stata considerata la nazione di confine tra due mondi diversi (USA-URSS).
In questo contesto in Italia non c'è mai stato una condivisione di quello che si considera bene comune.
La repubblica non è per nulla amata dagli italiani, nel senso che accettiamo la repubblica solo perché siamo abituati, non ci chiediamo se sia giusto o no, o se esiste una forma istituzionale diversa e migliore.
In questo modo stiamo perdendo la nostra identità, in Europa l'Italia è lo stato più debole ed in questa maniera è impossibile vincere il confronto con gli altri stati in un mondo spietato come quello globale.

Questa anomala situazione storica-culturale-politica non ci permette di risolvere molti problemi, tra i quali anche il delicato rapporto Savoia-repubblica e più in genere tra monarchia-repubblica, un fattore, secondo me, essenziale per la rinascita dell'Italia e perché possa essere una vera riappacificazione, spesso evocata da molti.

Per tornare al tema, cito le Disposizioni transitorie e finali della costituzione repubblica :
[I membri e i discendenti di Casa Savoia non sono elettori e non possono ricoprire uffici pubblici né cariche elettive.
Agli ex re di Casa Savoia, alle loro consorti e ai loro discendenti maschi sono vietati l'ingresso e il soggiorno nel territorio nazionale.]
I beni esistenti nel territorio nazionale, degli ex re di Casa Savoia, delle loro consorti e dei loro discendenti maschi, sono avocati allo Stato. I trasferimenti e le costituzioni di diritti reali sui beni stessi, che siano avvenuti dopo il 2 giugno 1946, sono nulli.

In seguito alla l. cost. 1/2002 i primi due commi di questo articolo hanno cessato di avere effetto. I membri e i discendenti di casa Savoia tornano quindi a godere pienamente dei diritti civili.

Il termine avocato - attribuire a se stesso un bene o confiscare - è un elegante termine per nascondere che lo stato toglie (ruba?) qualcosa a qualcuno.

Adesso dimentichiamo un attimo i Savoia, ed immaginiamo che lo stato, per qualche motivo, ti abbia tolto alcuni diritti (come vivere in Italia, votare ...) e ti abbia confiscato i tuoi beni.
Una volta tornato in Italia, cosa faresti ?
Non faresti qualcosa per riavere la tua casa ?
Non lo consideri un tuo diritto ?
Penso che non si possa negare questo, ma purtroppo coloro che (a ragione o torto) non sopportano i Savoia negano di dare a loro i diritti invece concessi ad altri.
Perché ? Invidia, odio, motivi politici, ... propaganda repubblicana....

Voglio segnalare un recente episodio per dimostrare come subiamo la propaganda repubblicana, e cioè il modo con il quale ieri sera, la trasmissione Ballarò ha accennato alla causa dei Savoia.
Infatti faziosamente ha terminato la trasmissione dedicata alle difficoltà economiche degli italiani - tra parentesi causate dalla repubblica - parlando dei beni dei Savoia, come se fossero la causa della crescente povertà degli italiani, insomma ha liquidato l'argomento in pochi minuti, un pugno allo stomaco.
Non sarebbe stato logico e giusto ricordare nella trasmissione quanto guadagnano i politici o quanto il quirinale repubblicano costa agli italiani ?
Capisco che ci sono molti italiani che non vogliono dare nulla ai Savoia ma il troppo stroppia.

Ragionando come i politici, è stupefacente e grottesco vedere i politici negare ai Savoia di fare altrettanto, cioè pensare ai loro interessi.
Insomma se i politici penso solo ai soldi, perché i Savoia non possono fare altrettanto?

E poi perché scandalizzarsi sulla cifra chiesta dai Savoia, considera troppo alta - 260 milioni di euro - quando si sa che il costo del Quirinale va verso 241 mln di euro solo nell'anno 2007 ?
(sempre in crescita 17 milioni più dei 224 indicati nel bilancio di previsione 2007).
Insomma lo stato repubblicano dovrebbe dare ai Savoia quello che ogni anno il quirinale costa a noi italiani.

Ci siamo forse già dimenticato il libro "La Casta dei politici"?

Per quanto riguarda i beni bisogna non confondere i beni della Corona che erano a disposizione della Casa Reale, come il Quirinale, ed i beni privati che erano di proprietà dei membri della Famiglia Reale da molti secoli.
Inoltre Emanuele Filiberto ha chiarito che gli eventuali proventi di una vittoria processuale saranno devoluti alla Fondazione Savoia che li utilizzerà per azioni concrete a sostegno delle fasce deboli della popolazione italiana con particolare attenzione agli anziani, alle famiglie prive di reddito o con redditi inferiori alla soglia di sussistenza e a giovani a cui fornire gli strumenti per costruire un proprio futuro.

Se l'intenzione è questa allora non si può sostenere che i Savoia pensano solo ad arricchirsi.
Piuttosto i politici ed i presidenti della repubblica cosa hanno fatto con gli ingenti denari ricevuti ?
Hanno mai regalato qualcosa a qualcuno?

Ampliando il discorso, altri paesi sono stati trattati severamente dall'Europa anche in maniera retroattiva.
E' il caso della Grecia, che ha dovuto pagare un cospicuo risarcimento a re Costantino e alla sua famiglia per l'ingiusto esilio.
Risarcimento per Re Costantino di Grecia
Lo scorso 28 novembre 2002 la Corte Europea dei Diritti Umani ha emesso una importante decisione sul ricorso presentato da S.M. il Re degli Elleni e dalle Principesse Irene e Caterina contro la legge n° 2215 del 16 aprile 1994 con cui lo stato greco ha espropriato le residenze di Tatoi, Polyendri e Mon Repos nonché tutti i beni mobili appartenenti alla Real Casa presenti sul territorio ellenico.

La Corte ha infatti dichiarato l'illegittimità (per violazione dell'Art. 1 del Protocollo n° 1 della Convenzione Europea dei Diritti Umani) della succitata legge nella parte in cui non riconosce ai membri della Real Casa il diritto ad un'indennità di esproprio, ed ha conseguentemente condannato la Repubblica Ellenica al pagamento delle somme di euro 12 milioni a S.M. il Re Costantino II, 900 mila alla Principessa Irene e 300 mila alla Principessa Caterina, ed al rimborso delle spese processuali che sono state liquidate in � 500 mila.
Si tratta dunque di una mezza vittoria, in quanto Sua Maestà non potrà rientrare in possesso delle proprietà espropriate, che comprendono le tombe dove riposano i Suo Avi, poiché il governo greco si è fermamente opposto a qualsiasi risarcimento in forma specifica.
Nel corso della conferenza stampa del 5 dicembre, S.M. il Re Costantino II ha dichiarato che le somme ottenute saranno destinate a costituire un fondo umanitario, intitolato a S.M. la Regina Anna Maria, per aiutare i greci in difficoltà e specialmente le vittime di catastrofi naturali (alluvioni, terremoti, ecc.).
Risarcimento per Re Costantino di Grecia

A questo punto visto che l'Italia e la Grecia fanno parte dell'UE, l'Italia non dovrebbero fare la stessa cosa?

Infine la risposta del governo alla richiesta dei Savoia della restituzione dei beni confiscati alla famiglia reale è stata dettata dalla stizza più che da una analisi serena della situazione.
Anzi è grave che non abbia solo rifiutato la richiesta - una risposta quasi ovvia in ogni causa - ma abbia minacciato di chiedere a sua volta causa ai Savoia.
Di cosa ?
Del fascismo? Ma non erano fascisti quasi tutti gli italiani?
Della guerra? Ma non l'ha voluto Mussolini?

Altro che pacificazione, una delle colpe più gravi della repubblica è di aver alimentato spesso odio e scontro, di dividere gli italiani e di indebolire la nostra identità.
L'odio poi della repubblica nei confronti dei Savoia ed in genere della monarchia è patologico.

Comunque sia c'è un aspetto positivo per tutti gli italiani, che va ben oltre se siamo monarchici o repubblicani o come finirà, infatti la vicenda ci obbliga a ripensare al nostro passato, a riscrivere certi passi della recente storia.

L'Italia non è nata con la repubblica, c'era già prima, grazie alla Monarchia viviamo insieme e parliamo italiano.
Il grande inganno della repubblica è la rimozione di alcuni passaggi della nostra Storia, ma non si può mai dimenticare la Monarchia ed i Savoia.

Emanuele Filiberto: non lo facciamo per i soldi, ma per giustizia. Lo Stato italiano ha sbagliato, deve pagarci

Emanuele Filiberto di Savoia affida ad una lettera le ragioni che lo hanno spinto insieme a suo padre Vittorio Emanuele a fare causa allo Stato italiano: "Nella stampa di oggi - scrive Emanuele Filiberto - tutto è stato incentrato sulla causa che mio padre ed io abbiamo intenzione di intentare contro lo Stato italiano per la violazione della Convenzione Europea sui Diritti dell'Uomo. Si è cercato di stravolgere con ironia il senso stesso dei fatti cercando di dipingerci come degli individui bramosi di denaro che in barba alle tasche degli italiani vogliono ottenere indennizzi milionari". Non una parola, nella lunga lettera, sulle responsabilità di casa Savoia durante l'era fascista e dopo l'8 settembre.

E invece...
"Vorrei esprimere la verità sull'argomento - afferma Emanuele Filiberto - e soprattutto i sentimenti che mi hanno spinto in una scelta quanto mai difficile: fare causa al mio Paese. Tutto inizia nel Giugno del 1946, all'indomani del referendum istituzionale che decretò la vittoria della repubblica (referendum i cui metodi e successivi risultati sono sempre stati oggetto delle più ampie riserve da parte di giuristi, la stessa Corte di Cassazione, e di storici) quando mia nonna e mio padre prima e mio nonno Re Umberto II poi, partirono per un esilio "temporaneo" che durò di fatto tutta la vita per mio nonno, cinquantasei anni per mio padre e trent'anni per me, che in esilio sono nato. Quel mese di giugno - prosegue Emanuele Filibero - fu per la nostra famiglia un momento drammatico ed indimenticabile; partimmo lasciando tutto nel nostro Paese, quello stesso Paese che divenne Patria Unita grazie alla mia famiglia, lo stesso Paese che ci ha condannati ad un'esistenza di cittadini diseguali, privati, da una Costituzione iniqua, di ogni diritto civile (cittadinanza, diritti elettorali, diritti alla proprietà, diritti alla libertà di espressione e di circolazione nella propria nazione)".

Una vita dimezzata
"Vorrei per un momento - prosegue la lettera di Emanuele Filiberto - portare l'attenzione del lettore su questo aspetto perché è fondamentale per comprendere la nostra vita dimezzata: in un mondo in cui i diritti dell'Uomo sono garantiti da un'apposita normativa internazionale l'Italia ha emanato una Costituzione contraria a queste leggi che ha modificato, sospendendo parzialmente gli effetti dei commi in contrasto, solo cinquantasei anni dopo la sua entrata in vigore".

Re Umberto II? Lasciò l'Italia per evitare la guerra civile
Scrive poi Emanuele Filiberto che il padre Vittorio Emanuele conserva "preziosamente"l'ultimo ricordo della sua infanzia, sul balcone del Quirinale "davanti ad un'immensa folla plaudente tenuto per mano da suo padre Umberto II appena divenuto Re d'Italia". "D'un tratto - scrive ancora - si è trovato trasportato con mille peripezie in un paese lontano, il Portogallo, poi dopo pochi mesi è stato trasferito in Svizzera per frequentare un collegio: lontano dalle persone care, dagli affetti, dalla sua Patria. Per tutta la vita ha vissuto come un uomo incompleto, e per tutta la vita ha lavorato sodo per mantenere la sua famiglia privata di ogni proprietà e di ogni diritto. Nonostante questo ha cercato di essere utile all'Italia sostenendone l'imprenditoria a livello internazionale. Mio nonno, Re Umberto II, fu un uomo dalla dignità insuperabile con un profondo amore per gli italiani: fu un esempio per tutti. Ha lasciato l'Italia per evitare una guerra civile, nonostante i brogli elettorali; ha sofferto in Portogallo con il solo sogno di poter un giorno rivedere la sua Patria, purtroppo non gli è stato consentito neppure morire in Italia e ancora oggi riposa in terra straniera. Nonostante questo ha donato al popolo italiano l'ultima sezione del Corpus Nummorum Italicorum: la più vasta collezione di monete antiche d'Italia dal valore inestimabile".

A chi andrebbero i soldi del risacimento
Per quanto lo riguarda Emanuele Filiberto crive poi che "e' vero ho vissuto una bella infanzia con una famiglia unita ed amorevole, non mi e' mancato materialmente nulla ma certamente mi è mancata la mia Patria che vedevo dalle cartoline che i tanti italiani mi spedivano. Tutta questa sofferenza e' stata provocata da una norma non solo ingiusta ma contraria a leggi internazionali chiare e limpide. Dopo una lunga e sofferta riflessione mio padre ed io abbiamo deciso di procedere mettendo in mora lo Stato Italiano per i danni patiti a causa dell'esilio per un importo di circa 260 milioni di euro. Abbiamo anche voluto evidenzare che lo Stato ha avocato a se' tutti i beni privati di Casa Savoia: beni che provenivano dal patrimonio personale che nulla aveva a che fare con la dotazione del Capo di Stato. Questa causa verrà dibattuta nelle sedi di giustizia e sarà la giustizia a decidere se la ragione è dalla nostra parte. La Convenzione sui Diritti dell'Uomo lo ha gia' sancito: molti sono gli esempi di Stati che hanno dovuto versare indennizzi a famiglie reali ingiustamente private dei diritti civili".

Emanuele Filiberto spiega poi di aver dato mandato ai suoi legali Murgia e Calvetti di costituire la Fondazione Savoia a cui sarebbe andata la cifra ottenuta dalla causa contro lo Stato. "Questa cifra - affferma - dovrà essere utilizzata per azioni concrete a sostegno delle fasce deboli della popolazione italiana con particolare attenzione agli anziani, alle famiglie prive di reddito o con redditi inferiori alla soglia di sussistenza e a giovani a cui fornire gli strumenti per costruire un proprio futuro. Non voglio fare moralismi ma credo che non ci sia fatto più grave in un paese democratico di privare il cittadino dei suoi diritti civili e della libertà, questo è accaduto alla mia famiglia e questo, purtroppo, spesso accade ingiustamente a molti italiani. La sofferenza patita per una vita intera ha un prezzo? Non per me - conclude - ma chi ha sbagliato è giusto che paghi".
rainews

martedì, novembre 20, 2007

Re Juan Carlos zittisce il presidente Chavez

Al summit Ibero-Americano a Santiago del Cile, il re di Spagna, Juan Carlos, ha puntato il dito contro il presidente venezuelano Hugo Chávez e gli ha chiesto, perché non ti stai zitto?, dopo che Chávez aveva definito l'ex primo ministro spagnolo José María Aznar un fascista, e dopo che José Luis Rodríguez Zapatero, l'attuale primo ministro spagnolo, aveva cercato di difendere Aznar.

Con questo intervento - ormai presente in ogni mezzo di informazione - Juan Carlos ha voluto giustamente difendere la Spagna dimostrando di essere un grande Re.





Grande Re Juan Carlos hai dimostrato, ancora una volta, che la Monarchia è meglio della repubblica!


Juan Carlos, la rinascita «Nuovo eroe spagnolo»

Consensi bipartisan dopo la lite con Chávez

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MADRID - Troppo tardi. Per quanto, come in una celebre tavola di Novello, Hugo Chávez si sforzi di rendere sempre più sferzante la risposta che non ha dato, faccia a faccia con Juan Carlos, il focoso confronto al vertice Ibero-americano passerà alla storia come un secco kappaò.

Manca poco che quel «por qué no te callas?», perché non taci?, con cui il re ha interrotto le contumelie del presidente venezuelano all'indirizzo dell'ex premier José Maria Aznar, diventi il ritornello dell'inno nazionale spagnolo, ancora in attesa di un paroliere. Da sabato scorso, quando il sovrano ha prima pubblicamente zittito il presidente Chávez e poi ha abbandonato la seduta conclusiva del vertice, in polemica con gli attacchi agli imprenditori spagnoli del presidente nicaraguese, Daniel Ortega, il popolo iberico si è riscoperto unito e devoto a Sua Maestà.

Con l' 84 per cento di consensi raccolti dal re con il recente viaggio alle enclave spagnole di Ceuta e Melilla, contestato dal governo marocchino, una ola di patriottismo eleva la Corona a paladina dell' onore nazionale: «Se domani si celebrassero le elezioni alla presidenza della Terza Repubblica - ipotizza Enric Juliana, vice direttore de La Vanguardia - e don Juan Carlos di Borbone si presentasse candidato, come fece a suo tempo re Simone di Bulgaria, l' attuale monarca sarebbe eletto con amplissima maggioranza».

E proprio oggi esce in Spagna un libro che celebra il carisma internazionale di Juan Carlos all' estero, Sulle orme del re, della giornalista televisiva Carmen Enríquez, che lo ha seguito per 17 anni e che non poteva scegliere momento migliore per raccontarlo, attraverso le testimonianze dei capi di Stato che lo hanno incontrato, da Bill e Hillary Clinton a Fidel Castro, che si è proclamato «realista» al defunto Yasser Arafat che lo aveva definito il «re di Gerusalemme».

Eppure soltanto un paio di mesi fa, le sue foto venivano bruciate dagli indipendentisti nelle piazze catalane, si discuteva se i falò eccedessero o no il diritto di critica alla Casa Reale, il cui principe ereditario, Filippo, era stato sbeffeggiato con la moglie sulla copertina del settimanale satirico El Jueves (i giornalisti sono stati condannati ieri a una multa di 3.600 euro a testa).

L'annus horribilis, iniziato lo scorso autunno con le accuse di un giornale russo, secondo cui Juan Carlos avrebbe ucciso, in una partita di caccia truccata, un orso domestico, ubriacato per ordine di Putin, si conclude sull'onda di un inaspettato trionfo. Appena amareggiato nelle ultime ore dalla notizia ufficiale della temporanea separazione di una delle due figlie, l'

Infanta Elena dal marito Jaime de Marichalar. I due principali partiti politici, il Psoe di Zapatero, al governo, e il Pp di Mariano Rajoy, all' opposizione, si sono compattati nell' incondizionata approvazione al sovrano. Rimangono fredde, o critiche, soltanto l' Izquierda Unida, storica amica di Chávez, e l'Esquerra Repubblicana de Cataluña, che non vedeva nulla di tanto grave nei roghi di foto reali e aveva disapprovato l' intervento della magistratura.

Ancora poche settimane fa, all'inizio di ottobre Juan Carlos si era dovuto difendere da solo, in un discorso all'università di Oviedo, ricordando che la monarchia parlamentare aveva garantito alla Spagna il più lungo periodo di stabilità. La visita a Ceuta e Melilla, forse, era stata una mossa astuta, pianificata dal governo per rialzare le quotazioni reali. Ma l'incidente con Chávez è stato un regalo del destino e del leader venezuelano al re.
Dopo un anno difficile di gaffe e polemiche il sovrano riconquista i «sudditi» «Se si candidasse, lo eleggerebbero»

Rosaspina Elisabetta
corriere della sera