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mercoledì, gennaio 17, 2007

Economia della repubblica italiana



Italia è sessantesima in libertà economica: è questo il verdetto della classifica annuale della libertà economica, l�Index of Economic Freedom elaborato dalla Heritage Foundation di Washington DC e dal Wall Street Journal, con la collaborazione dell'Istituto Bruno Leoni.

Sinteticamente la situazione italiana è descritta così:
La libertà dall'intervento dello Stato, i diritti di proprietà e la libertà dalla corruzione sono relativamente deboli. La spesa pubblica e le aliquote fiscali raggiungono livelli straordinariamente elevati al fine di finanziare un pervasivo stato assistenziale. Se raffrontata a quella di altri Paesi, la corruzione non è particolarmente grave, ma è elevata per un'economia avanzata. Il compito di garantire il rispetto delle normative pubbliche e delle sentenze giudiziarie viene ulteriormente ostacolato da un'amministrazione pubblica inefficiente.

La situazione economica dell'Italia continua a peggiorare e lo stato repubblicano sembra incapace di migliorare il proprio grado di libertà economica.
Infatti la spesa pubblica e le aliquote fiscali raggiungono livelli straordinariamente elevati al fine di finanziare un pervasivo ed inefficiente stato assistenziale .
Inoltre l'amministrazione pubblica è inefficiente ed ostacola gli italiani.

A ciò si aggiunge che la classe politica è incapacità di trasformare le necessarie riforme da slogan elettorale in politica di governo, non ha il coraggio di liberare l'Italia dai troppi vincoli che lo avvolgono.
Infatti nel nostro paese l'ingerenza dello Stato è il maggior ostacolo per una economia piu' libera , le numerose regole imbrigliano la creatività degli imprenditori, le poche liberalizzazioni realizzate in italia invece di favorire lo sviluppo del paese hanno arricchito alcuni alti esponenti finanzieri.

Come la repubblica nacque da un asse dc-pci anche l'attuale struttura economica e sociale dell'Italia è stata forgiata dall'asse dc-pci, e perciò la colpa della bassa posizione economica è del sistema repubblicano!
Nella storia repubblicana lo sviluppo dell'economia italiana è stato bloccato dai grandi sindacati, che si siedono ancor'oggi sulle poltrone più alte dello Stato; la Pubblica Amministrazione italiana è nata e vissuta nel culto del posto fisso, lavoro ottenuto non certo per merito ma piegandosi ai potenti del tempo; l'imprenditoria italiana è da mezzo secolo drogata di assistenzialismo, e la politica repubblicana, con la scusa dell'interesse pubblico, tiene sotto scacco l'imprenditoria e controlla i cittadini.

La repubblica italiana ha subito il fascino del comunismo, la cultura italiana è dominata dai postcomunisti ed anche l'economia è stata obbligata a convivere con il comunismo, in Italia è avvenuto una specie di proletarizzazione degli italiani.
Ormai c'è la percezione diffusa del peggioramento del tenore di vita (non solo economico) ed adesso senza un progetto di riforma (anzi una rivoluzione .. ) che guardi al futuro l'Italia non può competere con gli altri stati.

La beffa è che mentre gli ex Paesi comunisti stanno facendo grandi passi in avanti, la repubblica italiana rimane sostanzialmente ferma.
Lo stato repubblicano italiano è peggio degli stati post-comunisti!

Indice liberta' economica 2007, Italia al 60 posto, nostra intervista con Alberto Mingardi, direttore generale dell’Istituto Bruno Leoni
Nell’edizione 2007 indice di libertà economica (Economic Freedom), L’Italia scende al 60° posto (era 42° nel 2006 e 26° nel 2005).
L’indice, che considera molti fattori, è redatto dalla Heritage Foundation e dal Wall Street Journal.

Abbiamo intervistato Alberto Mingardi, direttore generale dell'Istituto Bruno Leoni che fa parte di un pool di 6 think tank europei (IBL, Centre for the New Europe, Institute of Economic Affairs, Hayek Foundation, Lithuanian Free Market Institute) che affiancano Heritage e WSJ nella loro attività per l'Index

1) Quali sono i principali motivi per cui l'Italia e' al 60 posto?

L'Index of Economic Freedom non fa la fotografia dell'attuale grado di prosperità di un Paese: non ci dice quanto siamo ricchi.
Fotografa invece l'assenza (o, al contrario, la presenza) di vincoli all'economia, al libero operare produttori e consumatori.
Siamo sessantesimi perché, nonostante qualche riforma favorevole al mercato sia stata fatta, e meritoriamente, negli scorsi dieci anni, restiamo un Paese nel quale lo Stato è troppo pesante, le regole sono troppe, e l'uno e le altre riescono ad imbrigliare l'altrimenti strepitosa creatività dei nostri imprenditori.
Ma siamo "solo" sessantesimo anche perché 58 Paesi nel mondo sono più liberi di noi, hanno saputo cioè imboccare con maggior decisione la strada della concorrenza, delle liberalizzazioni, dell'apertura dei mercati. Il fatto che alcuni di questi Paesi abbiano scoperto di recente tali principi, e siano riusciti ad ispirare assai efficaciemente ad essi la loro legislazione, ci dà speranza: non è mai troppo tardi.

2)Perchè siamo peggiorati rispetto all'anno precedente

Il peggioramento in classifica dell'Italia è dovuto in larga misura al cambiameto della metodologia deciso dall'Advisory Board che da quest'anno affianca gli autori dell'Index.
Non si possono quindi fare paragoni con l'anno passato.
Tuttavia è vero che l'Italia è uno dei Paesi economicamente meno liberi della stessa Europa: il 28mo, in termini di libetà economica, sui 41 conteggiati in quest'area.
Vuol dire che, soprattutto gli ex Paesi comunisti stanno facendo grandi passi in avanti, mentre noi stiamo sostanzialmente fermi.

3) Quali sono le cose + importanti che il governo dovrebbe fare per migliorare il punteggio?

La lista lunga, ed è nota.
Le liberalizzazioni, su cui sembra volersi concentrare (pur fra mille problemi) il governo, sono importanti. Ma la loro importanza impallidisce se si considera il peso della pressione fiscale italiana, che era e resta altissima.
L'Index of Economic Freedom segnala anche come problemi il mercato del lavoro (nel quale si è liberalizzato in entrata, ma non in uscita) e i tempi della giustizia, talmente lunghi da indebolire la stessa certezza del diritto.
E come dimenticare la grande sfida della semplificazione normativa? C'è molto, moltissimo da fare e sono problemi ormai noti a tutti.
Solo che di leader politici col coraggio di imbarcarsi nella fatica immane di liberare questo Paese dai troppi vincoli che lo avvolgono, non ce n'è.

menostato

venerdì, gennaio 12, 2007

ospedali repubblicani



Non è la prima volta (e nemmeno l'ultima..) che vediamo in tv o giornali scioccanti servizi sul degrado repubblicano.
Nella vicenda della malasanità agli ospedali quello che sorprende di piu' e' come sia possibile che ci si accorga solo ora del degrado. Infatti sono ormai da decine di anni che gli ospedali versano in queste condizioni e le situazioni disastrose sono conosciute da tutti; la sporcizia è ovunque negli ospedali, la privacy non è rispettata, gli sprechi, materiale biologico e radioattivo sono alla portata di chiunque...
Di fronte a questa situazione, sempre più insostenibile ed ingiustificata, è sacrosanta l’indignazione, rabbia e lo sconforto.

Una prima considerazione è che nel nostro paese le indagini partono dalle denunce dei giornalisti, ormai i giornalisti hanno preso il posto degli ispettori ministeriali e regionali, e questa anomalia è un'altra prova che l'Italia repubblicana non è un paese normale.
La situazione dell'Italia continua a peggiorare e, circondati da scandali di ogni genere, sembra che solo eventi eclatanti riescono a prestare attenzione a problemi altrimenti dimenticati o coperti.

Un'altra considerazione è che quasi tutti i servizi su scandali avvenuti nel nostro paese rischiano di essere solo uno spettacolo voyeurista, che indicano il marcio ed il degrado senza però mai migliorare nulla.
Piuttosto è da domandarci perchè dopo queste inchieste "boom" di televisioni e giornali non si risolve nulla ...
Secondo me la risposta è che la colpa non è di quel politico ma della Politica, la colpa non è di quel primario ma di molti medici, insomma il degrado è "colpa del sistema" che ha corrotto la società e molti italiani.

Un'altra considerazione è il caso di smetterla con la politica da stadio (tifosi di destra e sinistra..), i politici su qualsiasi tema (economia, infrastrutture,sanità) non fanno altro che dare la colpa agli avversari distogliendo l’attenzione dai veri problemi, bisogna incominciare a ragionare trasversalmente ed è giunto il momento di guardare più in alto.
Per fare questo sono convinto che si devo cominciare a pensare di rinnovare completamente il sistema, la classe politica, la cultura, la società ....
Da tempo penso che l'Italia non ha speranza e forse solo una rivoluzione potrà salvarci...

Un'altra considerazione è che il vero scandalo è l’omerta’ che finora ha coperto tutto cio’, mi indigna il silenzio che finora ha nascosto tutto.
In genere nelle aziende private il manager o l’amministratore che non fa bene il suo lavoro viene liquidato, ma la stessa cosa non succede per gli amministratori statali o per i politici. Perchè?
E' giunta l’ora di premiare chi adotta comportamenti virtuosi, e sanzionare chi non opera per garantire la sicurezza

Un'altra considerazione è che la situazione degli ospedali non è un problema di fondi ma di responsabilità, di cultura, di comportamenti, troppo spesso sbagliati.
Gli ospedali non devono essere solo puliti dall’immondizia, ma anche da tutti i giochi di potere che un medico nel proprio ruolo esercita.
Sappiamo bene che un primario è politicizzato, per fare carriera bisogna avere appoggi politici.
Inoltre l’importanza di un ospedale è anche misurata dalla quantità di denaro che riesce ad avere dallo stato, il magna-magna repubblicano ....

Rimane l'amarezza e la paura di vivere in una repubblica che non garantisce neanche la sanità.

mercoledì, gennaio 10, 2007

UE boccia la repubblica italiana



Per ridurre l'impatto dell'inquinamento sul clima e sulla salute dell'uomo la Commissione Ue ha votato un documento che indica le linee alla quali dovranno atteneresi gli Stati membri.
Il rapporto ha stabilito che per raggiungere l'ambizioso obbiettivo si dovrebbe ridurre in 15 anni le emissioni di gas del 20% rispetto ai livelli del 1990 (colpevoli del riscaldamento globale del 30% entro il 2020), senza ridurre l'uso del nucleare ed aumentare le fonti rinnovabili fino al 20% del fabbisogno.
Inoltre si deve diminuire l'uso di petrolio e, in parte anche di gas naturale.

Il giudizio dell'Ue sull'Italia è negativo :
Nonostante un forte sviluppo nei settori dell'eolico, del biogas e del biodiesel l'Italia è ancora molto lontana dal raggiungere gli obbiettivi fissati sia a livello nazionale sia a livello europeo

Parecchi fattori contribuiscono a questa situazione. Innanzi tutto ci sono grandi elementi di incertezza dovuti ai recenti cambi politici ed alle ambiguità dell'attuale disegno politico.

ci sono restrizioni amministrative come un sistema complesso per le procedure di autorizzazione a livello locale.

esistono barriere finanziarie che rendono molto elevati i costi di connessione alle reti

Leggendo il rapporto e vedendo quello che succede in Italia, si evince che la repubblica italiana fa esattamente l'opposto di quello che dovrebbe fare, infatti :
ha vietato l'utilizzo dell'energia nucleare
si usa sempre di più petrolio e gas
le leggi e burocrazie repubblicane impediscono lo sviluppo
l'ambiguità della classe politica è evidente
in Italia il contributo delle energie rinnovabili e' diminuito (dal 16% del 1997 al 15,3% di oggi)
rispetto agli altri paesi l'italia è lontana all'obiettivo nazionale del 25% di quota da rinnovabili sul totale del consumo energetico
aumenta la dipendenza energetica dall'estero


Il rapporto conferma che l' Italia non si e' per niente attrezzata per rispettare il protocollo di Kyoto e combattere i mutamenti climatici.

Inoltre, come se non bastasse, gli italiani devono pagare le bollette piu' care.


ENERGIA: RAPPORTO UE, ITALIA ULTIMA SULLE RINNOVABILI

Sulle energie rinnovabili, l'Italia e' l'ultima d'Europa. E' quanto sostiene una anticipazione, fornita dal Wwf, del rapporto sulle rinnovabili che sara' presentato domani a Bruxelles, nell'ambito del piano su energia e ambiente, dal presidente della commissione Ue Barroso.
Dal 1997 ad oggi in Italia il contributo delle energie rinnovabili e' diminuito, passando dal 16% del 1997 al 15,3% di oggi. L'Italia e' tra i paesi maggiormente lontani dall' obiettivo nazionale del 25% di quota da rinnovabili sul totale del consumo energetico.
Dati, afferma il Wwf, confermati anche dal rapporto sul 2005 del Ministero dello sviluppo economico, e dai i dati provvisori d'esercizio di Terna relativi al 2006.
Accanto ai dati sulla situazione italiana compariranno due faccine che piangono, a differenza di quanto avverra' per Danimarca, Germania, Ungheria, Finlandia, Irlanda, Lussemburgo, Spagna e Olanda, la cui situazione -dice il Wwf- viene giudicata molto o abbastanza positivamente. Altri Paesi nei quali la situazione delle rinnovabili e' invece giudicata negativamente, sono Austria, Cipro, Estonia, Francia, Lettonia, Malta e Slovacchia.
In tutti questi anni, nonostante i miliardi spesi con le incentivazioni, afferma il Wwf, i risultati non si sono fatti vedere, mentre gli altri paesi sono andati avanti a passi da gigante. Il dato sulle fonti rinnovabili non fa che confermare che l' Italia non si e' per niente attrezzata per rispettare il protocollo di Kyoto e combattere i mutamenti climatici.

Non solo, l'inazione sulle fonti rinnovabili non fa che aumentare la dipendenza energetica dall'estero.
Come si e' arrivati a tale situazione?
I meccanismi d' incentivazione per le energie rinnovabili -dice il Wwf- hanno ben altre finalita' di un virtuoso sviluppo del settore. Il programma CIP6, pagato dai consumatori in bolletta per finanziare le energie rinnovabili, per il 70% incentiva normali centrali di generazione con combustibili fossili o rifiuti. Il meccanismo dei certificati verdi, anziché essere un virtuoso sistema di mercato, oggi e' una nicchia di privilegi privo di obbiettivi di sviluppo delle rinnovabili. La quota d'obbligo di certificati verdi non viene aggiornata a volumi necessari per promuovere l' Italia dalla posizione degli ultimi della classe. E l' aggiornamento non avverra' mai ai livelli auspicati dall'Europa, poiche' il meccanismo dei certificati verdi incorpora innumerevoli privilegi ed esenzioni.In pratica solo il 50% della produzione ed importazione di energia elettrica paga l'obbligo dei certificati. E' come se si volesse riparare il debito pubblico esentando la meta' della popolazione italiana dal pagamento delle tasse''.
Occorre una seria strategia e, soprattutto, pratica per attuare davvero il protocollo di Kyoto e prepararsi a ulteriori riduzioni di emissioni. Sulle rinnovabili, come sul resto, non si puo' piu' mantenere la situazione preesistente, correggendo qui e la', senza riformare il settore per metterlo al pari degli altri paesi europei.

ansa


Ue: caro energia, male per l'Italia
(ANSA) - BRUXELLES, 7 GEN - In Europa e' allarme per il caro energia. E a pagare le bollette piu' care sono proprio le famiglie e le imprese italiane.
Secondo gli ultimi dati Eurostat (luglio 2006) il prezzo di gas e elettricita' continua a salire, cosi' come la dipendenza da Paesi extra Ue, in primis la Russia. In un anno le tariffe elettriche Ue sono salite in media del 7% per i consumi domestici, del 15% per quelli industriali.
Ma per le aziende italiane nuovo 'anno nero', con aumenti ben oltre il 25%.

ansa