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martedì, luglio 01, 2008

Architettura e repubblica



L'Unione Internazionale degli Architetti (Uia) ha scelto l’Italia per celebrare i suoi sessant'anni, la cerimonia di apertura del 23simo Congresso mondiale degli architetti si è tenuta nei Giardini della Reggia di Venaria Reale e nei giorni seguenti si svolgeranno a Torino seminari, incontri e tavole rotonde per approfondire il rapporto tra architettura e società.
Lo slogan Transmitting Architecture – Comunicare Architettura, ovvero il canale di comunicazione tra l'architettura e la società, fa subito capire che non assistiamo ad un seminario tecnico dedicato solo agli architetti, il congresso ambizioso stimola la riflessione sul rapporto tra l’architettura società e libertà e sul significato della progettazione e la necessità di scelte condivise.

Il programma è articolato in tre grandi filoni, ovvero Cultura, il passato - Democrazia, il presente - Speranza, il futuro.
Questi tre temi affrontati da relatori di fama internazionale evidenziano l’architettura come strumento di lettura della storia che contribuisce alla creazione di democrazia e che contribuisce ad uno sviluppo del territorio e dell’ambiente compatibile con le risorse disponibili.

Prendendo spunto da alcune dichiarazione di politici ed architetti, sposto l’attenzione sull’aspetto politico.
Sono d’accordo con Bondi quando dice che gli edifici con meno di 60 anni sono brutti, banali e insignificanti, ma dal mio punto di vista si dimentica – o meglio si vuole nascondere - il fallimento della repubblica confermato appunto anche dal punto di vista architettonico.

L’architettura, come in genere l’Arte, è un indicatore importante della storia, essa cambia nel tempo e fotografa la società e perciò attraverso le “lenti dello stile architettonico” si può analizzare un periodo storico. Se lo stile architettonico di un periodo ci appare bello e gradevole significa che, in sostanza, la società e politica sono sane, sviluppate all'interno di uno stato valido ed efficiente e quindi amato dal popolo.

Al contrario adesso viviamo in un periodo di profonda decadenza, una situazione confermata anche dallo scarsa qualità della architettura.

Anche molti architetti ritengono che l’edilizia del nostro Paese è pessima, alcune giungono addirittura a dire che, per motivi estetici ed energetici, il 70% degli edifici dovrebbe essere abbattuti, ma difendono la propria professionalità dicendo che la colpa è della Politica e che si dovrebbe rottamare l’edilizia e sostituirla con l’architettura.

E’ evidente che la decadenza è causata da molti fattori, politica, architetti, artisti, sociologi, intellettuali, giornalisti, cittadini....
Anch’io però penso che la colpa principale sia della Politica, in effetti gli architetti interpretano la volontà del Potere, hanno il compito di trasformare le idee e le visioni dei politici in edifici, lo stile architettonico è, in un certo senso, dettato dal Regime Politico vigente, l’architettura è figlia della cultura politica e della storia sociale del Paese.

Un altro importante aspetto correlato alla Politica, e che pesa molto sulla architettura, è la pessima gestione della cosa pubblica.
Infatti in Italia c’è un sistema di vincoli agghiacciante che impedisce ci possa essere una buona architettura, non esistono competizioni fra progetti ma gare che sono vinte sempre da chi promette spendere di meno e di fare più in fretta (a scapito della qualità) oppure dall'impresa sponsorizzata dai partiti vincenti.

Senza dubbio i turisti vengono in Italia per vedere anche i bellissimi edifici, monumenti e le opere del passato,
Diciamo una verità : gli edifici del periodo repubblicano sono brutti ed insignificanti perchè la repubblica è brutta e squallida.

Come dice Bondi è necessario recuperare saggezza del progettare e del costruire, ma per fare questo c'è assoluto bisogno di uno nuovo Stato capace e funzionale, una nuova classe Politica all’altezza, una nuova cultura, una nuova società sana.

Purtroppo finora si continua a portare ossigeno ad una repubblica ormai morente e disastrosa.
Come più volte detto, ci vuole una Rivoluzione.

Il ministro Bondi boccia i nostri urbanisti: «Recuperare saggezza del progettare e del costruire»

«Occorre recuperare la saggezza del progettare e del costruire, con il dovere di ricercare un necessario benessere e armonia tra gli uomini e tra l’uomo e l’ambiente». Lo ha detto il ministro dei Beni Culturali, Sandro Bondi, aprendo ieri a Torino il XXIII Congresso mondiale degli architetti. «Anche considerando solo il lato estetico -ha spiegato il ministro- ci rendiamo subito conto che i palazzi delle nostre città che hanno più di sessant’anni nell’insieme sonno gradevoli. Al contrario gli edifici con meno di 60 anni ci appaiono per lo più brutti, banali e insignificanti.

Non dico ovviamente che non esistano realizzazioni spettacolari anche nell’architettura moderna. Il punto è che sono troppo rare i un mare di disperante squallore come le periferie delle nostre città». «Nel Dopoguerra in Italia -ha proseguito- si è costruito "molto e male" perchè è stata privilegiata l’esigenza di fare una casa a tutti in tempi brevi. Una volta superata l’emergenza di è però continuato a costruire seguendo questa filosofia. Così sono nate periferie mostruose: da quella di Roma a quella di Milano». Secondo il ministro Bondi «le città d’arte sono il frutto della libertà, mentre oggi paradossalmente piani regolatori, le leggi, hanno prodotto la bruttezza e lo squallore delle nostre città».
lastampa

venerdì, giugno 20, 2008

scalfaro, berlusconi e giustizialismo

Il nuovo scontro tra berlusconi e la magistratura rossa sta ridando spazio e forza a quella parte della sinistra legata al giustizialismo, guidata al parlamento da di pietro e scalfaro.

Oscar Luigi Scalfaro, durante il suo mandato al Quirinale, inventò il ribaltone a favore del centrosinistra.
Il suo settennato fu devastante per le deboli istituzioni repubblicane, si schierò contro Berlusconi, se ne infischiò del ruolo super partes e le regole elementari di una corretta dialettica democratica furono violate diverse volte.
Scalfaro è stato un pessimo presidente della Repubblica (non l’unico).

Avendo nei confronti di berlusconi una incompatibilità che sfocia in avversione, Scalfaro non poteva esimersi dall’esternare sullo scontro tra Berlusconi e le toghe ed intervistato dai giornali lo attacca nuovamente.
In una intervista al Corriere il senatore a vita ribadisce il suo antiberlusconismo, confessa di aver avuto simpatie per i girotondi, e se la prende con Berlusconi che ritorna con i proclami contro le toghe rosse.

Sponsor del veltronismo e garante giustizialista dell’ordine giudiziario, in riferimento al decreto appena approvato dal governo, Scalfaro parla di intervento incostituzionale e rivolge un appello a Berlusconi, chiedendogli di fare un sacrificio nell’interesse del nostro popolo e lo invita ad affrontare la sofferenza di una procedura giudiziaria.

Nulla da obiettare sul principio evocato da Scalfaro, in effetti dovrebbe essere la stella polare seguita dai politici, ma la storia insegna che questo principio rimane sulla carta e mai applicato, insomma si predica bene, ma si razzola male.

In questo periodo repubblicano, non certo esaltante, troppo spesso coloro che hanno avuto grandi responsabilità della cosa pubblica hanno invece pensato ai loro interessi, ormai gli italiani sanno che il sacrosanto principio di operare per gli interessi del popolo è stato dimenticato dalla classe politica.

Anzi aggiungo che la repubblica ha sollecitato ed insegnato agli italiani a fregare il prossimo pur di fare i propri interessi, in questo contesto la repubblica è diventata lo stato dei furbi e dei disonesti.

Altro aspetto inquietante è la Giustizia che, non solo non funziona, ma opera spesso seguendo progetti politici, eliminare il personaggio scomodo di turno.
Se in uno stato esiste una magistratura politicizzata non può esistere una vera, quanto necessaria, Giustizia.

Piuttosto chi invece ha dimostrato di applicare il principio, evocato da scalfaro, è stato l’indimenticabile Re Umberto II il quale, anche se aveva il diritto e dovere di attendere che la Corte di Cassazione verificasse la correttezza del referendum istituzionale, per scongiurare agli Italiani nuovi lutti e nuovi dolori, nel supremo interesse della Patria, decise di abbandonare l’Italia.

venerdì, giugno 13, 2008

Referendum irlandese boccia il trattato di lisbona

In una repubblica il capo dello stato superpartes è una leggenda metropolitana, una falsa percezione della verità propagandata dalla repubblica.

Si dice con enfasi che il presidente della repubblica è al di fuori delle parti e che non fa politica.
Ebbene Napolitano continua a fare politica non solo con la chiara intenzione di condizionare il parlamento italiano ma si permette di dare indicazioni agli altri stati.
Infatti ha chiesto di lasciare fuori chi dice no. Non si può pensare che la decisione di poco piu' della metà degli elettori di un Paese che rappresenta meno dell'1% della popolazione dell'Ue possa arrestare il processo di riforma.

Innanzitutto la percentuale detta da napolitano non ha senso in quanto ricorda solo gli irlandesi e non anche i francesi,olandesi, e danesi che precedentemente avevano bocciato i trattati europei.

Inoltre se poco più della metà di un popolo, che corrisponde all'1% degli europei, non può bloccare il cosiddetto processo di riforma allora mi permetto di ricordare che questo processo è voluto dagli euroburocrati di bruxelles (una minoranza), e che in Italia la decisione è stata presa solo dal Parlamento, cioé da circa 1000 persone, una quisquilia rispetto alla popolazione.
In Italia l'adesione alla costituzione ed ai trattati europei è stata presa dalla casta dei politici, la repubblica italiana non ha permesso agli italiani di decidere il loro futuro.
A quanto pare napolitano non rispetta la scelta democraticamente voluta dai popoli che con un referendum hanno bocciato il trattato.
Alla faccia del principio, così tanto decantato dai repubblicani, che la sovranità appartiene al popolo.

La verità è che quando i popoli sono stati consultati con un referendum, i trattati costituzionali europei sono stati rifiutati.

L'Europa è fatta dai popoli, non dagli euroburocrati

Ue: Napolitano, non partire da zero
Capo Stato, 'lasciare fuori' chi blocca costruzione europea

(ANSA) - ROMA, 13 GIU - Dopo il no irlandese al Trattato europeo 'non si puo' ripartire da zero'. Lo dice Napolitano che chiede di 'lasciare fuori' chi dice no.'Non si puo' pensare -afferma- che la decisione di poco piu' della meta' degli elettori di un Paese che rappresenta meno dell'1% della popolazione dell'Ue possa arrestare il processo di riforma'. Quindi 'l'iter delle ratifiche dovra' andare avanti' ed 'e' l'ora di una scelta coraggiosa' lasciando fuori dalla costruzione europea, 'chi minaccia di bloccarla'.

ansa

giovedì, giugno 12, 2008

Discorso di Re Umberto - 13.06.1946

La lettura del discorso pronunciato da Re Umberto II prima della partenza per l'esilio il 13 Giugno 1946.



Italiani!

Nell'assumere la Luogotenenza Generale del Regno prima e la Corona poi, io dichiarai che mi sarei inchinato al voto del popolo, liberamente espresso, sulla forma istituzionale dello Stato. E uguale affermazione ho fatto subito dopo il 2 giugno, sicuro che tutti avrebbero atteso le decisioni della Corte Suprema di Cassazione, alla quale la legge ha affidato il controllo e la proclamazione dei risultati definitivi del referendum.

Di fronte alla comunicazione di dati provvisori e parziali fatta dalla Corte Suprema; di fronte alla sua riserva di pronunciare entro il 18 giungo il giudizio sui reclami e di far conoscere il numero dei votanti e dei voti nulli; di fronte alla questione sollevata e non risoluta sul modo di calcolare la maggioranza, io, ancora ieri, ho ripetuto che era mio diritto e dovere di Re attendere che la Corte di Cassazione facesse conoscere se la forma istituzionale repubblicana avesse raggiunto la maggioranza voluta.
Improvvisamente questa notte, in spregio alle leggi e al potere indipendente e sovrano della Magistratura, il governo ha compiuto un gesto rivoluzionario, assumendo, con atto unilaterale ed arbitrario, poteri che non gli spettano e mi ha posto nell'alternativa di provocare spargimento di sangue o di subire la violenza.

Italiani!
Mentre il Paese, da poco uscito da una tragica guerra, vede le sue frontiere minacciate e la sua stessa unità in pericolo, io credo mio dovere fare quanto sta ancora in me perché altro dolore e altre lacrime siano risparmiate al popolo che ha già tanto sofferto. Confido che la Magistratura, le cui tradizioni di indipendenza e di libertà sono una delle glorie d'Italia, potrà dire la sua libera parola; ma, non volendo opporre la forza al sopruso, né rendermi complice dell'illegalità che il Governo ha commesso, lascio il suolo del mio Paese, nella speranza di scongiurare agli Italiani nuovi lutti e nuovi dolori. Compiendo questo sacrificio nel supremo interesse della Patria, sento il dovere, come Italiano e come Re, di elevare la mia protesta contro la violenza che si è compiuta; protesta nel nome della Corona e di tutto il popolo, entro e fuori i confini, che aveva il diritto di vedere il suo destino deciso nel rispetto della legge e in modo che venisse dissipato ogni dubbio e ogni sospetto.

A tutti coloro che ancora conservano fedeltà alla Monarchia, a tutti coloro il cui animo si ribella all'ingiustizia, io ricordo il mio esempio, e rivolgo l'esortazione a voler evitare l'acuirsi di dissensi che minaccerebbero l'unità del Paese, frutto della fede e del sacrificio dei nostri padri, e potrebbero rendere più gravi le condizioni del trattato di pace.
Con animo colmo di dolore, ma con la serena coscienza di aver compiuto ogni sforzo per adempiere ai miei doveri, io lascio la mia terra. Si considerino sciolti dal giuramento di fedeltà al Re, non da quello verso la Patria, coloro che lo hanno prestato e che vi hanno tenuto fede attraverso tante durissime prove. Rivolgo il mio pensiero a quanti sono caduti nel nome d'Italia e il mio saluto a tutti gli Italiani.
Qualunque sorte attenda il nostro Paese, esso potrà sempre contare su di me come sul più devoto dei suoi figli.
Viva l'Italia! Umberto

Roma, 13 giugno 1946.

repubblica, magistratura, politica

In Italia ci sono troppe intercettazioni telefoniche, a volte poco giustificabili, a volte con evidente aberrazione del principio del Diritto, costano troppo alla Giustizia, le capacità investigative della polizia giudiziaria rimagono ad essere scarse, ed ormai la privacy è violata anche dalle istituzioni.
Spesso si vede gente innocente catapultate in prima pagina dei giornali, tv, web senza alcuna garanzia, quando si parla di garanzie civili si tocca un nervo scoperto del nostro paese .

È incivile diffondere fatti privati, ma è anche incivile non permettere ai cittadini di conoscere fatti moralmente e politicamente rilevanti. Senza questi due capisaldi la democrazia è a rischio.

In questa situazione di allarme democratico è perciò ragionevole ed auspicabile che presto al parlamento si approvi una nuova legge che regolamenti (attualmente assente) l’utilizzo di questo strumento ed in particolar modo la diffusione.

È evidente che la questione delle intercettazioni telefoniche deve essere inquadrata nel più ampio problema del sistema giustizia in Italia, un sistema che non funziona, che risulta inefficiente, discutibile e costoso. Ben venga quindi una seria e profonda riforma del sistema Giustizia in Italia.

Le intercettazioni telefoniche sono uno strumento molto utile, se non indispensabile, di indagine delicate e difficile, ma all'interno di in un corretto sistema giustizia.
In Italia però la Giustizia, come tutto lo stato repubblicano, è caotico, il numero elevato di leggi impedisce di concludere, in nodo chiaro e definitivo, una causa, non ne parliamo poi della lentezza.

Si deve avere la consapevolezza che esiste un problema centrale che impedisce qualsiasi risoluzione, cioé la guerra tra le Politica e la Magistratura, o meglio tra la parte politicizzata della Magistratura e la Politica, la quale è divisa anche su principi ed idee che dovrebbero invece appartenere a tutti gli schieramenti politici.

Purtroppo in Italia c’è una parte della Magistratura politicizzata che vuole condizionare la Politica, distruggendo, in questo modo, quel poco di Stato di diritto che si è faticosamente riusciti a costruire in cinquant’anni di storia repubblicana.

D’altro canto la Politica, dimostrata corrotta ed incapace, ha paura di essere ostaggio della magistratura e quindi cerca di limitare la sua indipendenza.

Ci troviamo di fronte ad un cortocircuito tra le istituzioni dello stato che genera una situazione di allarme democratico, nel quale tutto è più difficile.

Secondo me ormai in questa repubblica è impossibile che tra la magistratura e la politica possa esserci un rispetto e collaborazione reciproca, tra questi due fondamentali poteri di uno stato c’è una vera e propria guerra.

Le ultime esternazioni di cossiga sono eloquenti.
Il presidente emerito ha espresso, con il proprio stile, il suo parere sullo scontro tra la magistratura ed il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, relativamente alle nuove misure sulle intercettazioni previste dal Governo Berlusconi.

Nel periodo repubblicano sono avvenuti una serie di fattori rilevanti - la corruzione sistematica della classe politica, uno stato incapace, il crollo delle ideologie sulle quale si fonda la repubblica (comunismo, fascismo/antifascismo) - che hanno dato forza ad una frangia della magistratura politicizzata di auto nominarsi custodi della verità, dell'etica, dello stato.

In qualsiasi stato democratico e di diritto non esiste una magistratura che si opponga alle iniziative legislative di un governo, quale che esso sia. Invece ci sono magistrati che esternano la loro contrarietà a qualsiasi proposta di mutare qualcosa nell'ordinamento giudiziario.

La situazione è ancor più drammatica perché la repubblica è un sistema multi oligarchico dove esistono molte caste in lotta tra di loro : la casta della politica, dei sindacati, degli intellettuali, degli industriali, dei banchieri, della magistratura ....

In questo contesto il bene comune non esiste, tutto è secondario agli interessi delle caste, la cosiddetta normalità o democrazia è generata dall’equilibrio tra le caste, un sistema che però funziona solo quando le risorse economiche possono soddisfare tutti gli appetiti...
Adesso però c'è una profonda crisi economica a livello mondiale...

Il regime repubblicano ha frantumato il nostro Bel Paese ed in questa lotta tra le caste l’Italia affonda!

Forse l’unico modo di ridare riscatto al nostro Paese è di riscrivere una nuova costituzione, ricostruire un nuovo stato.
Insomma una Rivoluzione.


INTERCETTAZIONI: COSSIGA, ALFANO BUON RAGAZZO MA E' SCOPPIATO IL PUTIFERIO

Roma, 11 giu. - (Adnkronos) - "Quel buon ragazzo di Angelino Alfano, ministro della Giustizia, aveva avuto il mandato di fare la pace con la magistratura e da bravo scolaretto, subito dopo aver giurato, si e' recato alla sede dell'Associaziona nazionale magistrati a rendere devoto omaggio agli 'oligarchi della giustizia' ed aveva lanciato il 'nuovo verbo': 'Nulla mai il governo fara' che abbia a che vedere anche da lontano con la giustizia e la magistratura, se non con l'accordo dei magistrati!'. Poi il premier Berslusconi volle le leggi sulla sicurezza e ed anche quelle per la limitazione delle intercettazioni: e scoppio' un putiferio!". E' quanto dichiara il presidente emerito Francesco Cossiga.

adnkronos


GRAZIE, PRESIDENTE COSSIGA! FINALMENTE IN POLITICA SI PUO’ DIRE LA VERITA'.

IL PRESIDENTE EMERITO FRANCESCO COSSIGA DENUNCIA AL PRESIDENTE NAPOLITANO E AGLI ITALIANI L’ASSOCIAZIONE A DELINQUERE DELLA MAGISTRATURA.

“Signor Presidente, mi permetto di scriverLe questa lettera aperta. Da ex-capo dello Stato a Capo dello Stato in carica. (…….) Da liberale, sono per la più ampia libertà di associazione e per la più ampia libertà di critica, libertà senza le quali non vi può essere un regime di libertà.

L’Associazione Nazionale Magistrati non è però un’associazione di cittadini qualunque: essa è quell’associazione – ormai diventata, per debolezza delle istituzioni democratiche e della politica, una potente lobby politico-sindacale di carattere quasi eversivo -, che raccoglie giudici e pubblici ministeri, cioè coloro che in pratica dicono, al di là ed anche fuori della volontà del Parlamento, che cosa sia legge e che cosa legge non sia. Addirittura, decidono in pratica quasi ciò che sia giusto e giusto non sia, spesso dilettandosi a riscrivere la storia, dettare giudizi morali e politici, e perfino osando trasferire gli stessi in aberranti richieste, ordinanze e sentenze. (…….)”

(Puoi leggere il testo intero della Lettera su vari Quotidiani e in tutte le Agenzie, di oggi 10 giugno 2008)
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giovedì, giugno 05, 2008

napolitano divide gli italiani

Oltre che far rispettare la costituzione, il presidente della repubblica deve difendere l’Unità d’Italia e perciò dovrebbe insegnare gli italiani ad amare la Patria ed a sentirsi un popolo unito.
Invece ieri a Napoli, napolitano, dopo aver ammesso i troppi errori compiuti dai politici, non ha potuto resistere alla tentazione di difendere la parte politica alla quale appartiene e la città dove ha vissuto.
Infatti napolitano ha denunciato senza mezzi termini la complicità con la camorra napoletana di numerose industrie del nord ed ha aggiunto che i rifiuti tossici in gran parte sono arrivati dal nord, ne sia consapevole l’opinione pubblica delle regioni del nord.

Se è vero che la responsabilità non è esclusivamente colpa di bassolino & company e dei napoletani, comunque per risolvere i gravi e impellenti problemi un capo di stato dovrebbe facilitare la risoluzione dei problemi e non certo aumentare la divisione tra nord e sud, tra gli italiani.
Quindi le parole di Napolitano sono sbagliate e pericolose.
Buttare la colpa anche al Nord, significa sminuire se non nascondere le responsabilità della classe politica della Campania e del disastroso tessuto sociale campano.
Il discorso di napolitano è tipico della classe politica (alla quale lui appartiene), cioè quel giustificazionismo senza assumersi le responsabilità.
Forse la colpa maggiore che si può additare alla repubblica è la mancanza di responsabilità, e storicamente si è visto che quando la rabbia e rancore degli italiani nei confronti dello stato ha superato i livelli d’allarme, per salvare il salvabile il regime ha additato come unico responsabile del disastro il cattivo di turno (craxi, berlusconi, mastella, mafia...).
Piuttosto visto che napolitano ha fatto ben poco per sollecitare soluzioni a Napoli, non dovrebbe chiedere scusa ai napoletani?
Se non sbaglio, mesi fa aveva minimizzato l’emergenza, sostenendo che i richiami europei erano eccessivi. Ebbene, poi siamo arrivati alla procedura d’infrazione UE.
Ricordo che quando il governo Prodi tentò di aprire le prime discariche Napolitano, richiamando la popolazione ad un’assunzione di responsabilità, si affrettò a farsi garante della provvisorietà di quelle discariche, alimentando perciò le proteste.

In realtà dai vari discorsi di napolitano, dei politici ed osservatori l’unica convinzione che si ha è che lo stato repubblicano è un sistema corrotto e corruttrice, dal Nord al Sud, e quindi ben poche persone hanno il diritto ad ergersi a giudici e a fustigatori.

Inutile aggiungere che scaricando le colpe al Nord napolitano ha peggiorato la situazione ed assistiamo ad uno scontro frontale tra il presidente della repubblica e la Lega Nord.
E non basta, perché le nuove parole del capo dello Stato non hanno posto termine alla polemica, anzi l'hanno rinfocolata, tanto che il presidente leghista della commissione Ambiente della Camera ha detto : Forse è Napolitano che non ha letto abbastanza bene gli atti parlamentari della commissione sui rifiuti, se vuole gli do una mano io in commissione a leggere meglio

Non solo l'emergenza dei rifiuti sono di difficile risoluzione, ma le istituzioni repubblicane alimentano le divisioni tra gli italiani.


linko due blog.

Sembrerò un becero leghista, lo so. Ma quando sento dal Presidente della Repubblica, mio conterraneo, che i rifiuti tossici “in gran parte sono arrivati dal nord, ne sia consapevole l’opinione pubblica delle regioni del nord”, mi tocca ‘a nervatura…
Questi discorsi li sento da una vita, ed innescano meccanismi autoassolutori molto in voga dalle mie parti. Dire che il Nord ha mandato i rifiuti tossici in Campania, viene tradotto dalla degradata società campana come una sorta di “E adesso voi del Nord ci dovete risolvere il problema”. Alla fine i riflettori si spostano sui cattivi nordisti, ponendo in secondo piano il criminale traffico dei rifiuti posto in essere dalla camorra con il silenzio dei cittadini.
Togliamoci dalla testa il fatto che tutto il disastro ambientale che viviamo in Campania sia colpa delle imprese del Nord. A meno di non credere alla favola che ci narra di imprese padane che dalla sera alla mattina venivano a scaricare nell’Agro aversano, nel Litorale Domitio o nel triangolo della morte Nola-Acerra-Marigliano.
Il prodotto tossico è stato “richiesto” dalla camorra, che ha poi incrociato la domanda di “smaltimento” a basso costo delle imprese padane. Senza la camorra era ed è impossibile sversare anche un solo fustino tossico, dato lo storico “controllo” del nostro territorio da parte delle organizzazioni criminali. La camorra non viene dopo che i padani hanno deciso di sversare illegalmente ogni tipo di rifiuto. No, la camorra viene prima, cerca i padani e si offro loro per smaltire a basso costo.
E c’è di più. Le terre su cui si sversava non erano di nessuno. Erano di cittadini campani, di agricoltori e non, che quasi mai si sono opposti a tale fenomeno criminale e dannoso per la salute, anche la loro. Andate a Parete, a Trentola e chiedete in giro se sapevano che si smaltivano rifiuti tossici nelle campagne circostanti. Tanti diranno di sì (ma mai in pubblico). Sapevano e tacevano, “tanto prima o poi se ne andranno”. Cercavano di autoconvincersi.
Per questo, le parole di Napolitano sono sbagliate e pericolose. Buttare la croce sulle aziende del Nord (che devono pagare, sia chiaro), significa sminuire se non nascondere le responsabilità della classe dirigente della Campania e del disastroso tessuto sociale campano. Basta con il giustificazionismo. Assumiamoci le nostre responsabilità. Sarebbe pure ora…
blog1



Bravo Napolitano!
La camorra è responsabile di molti traffici compreso quello dei rifiuti tossici, ha ricordato Napolitano sottolineando che questi rifiuti insalubri «in gran parte sono arrivati dal nord, ne sia consapevole - ha aggiunto - l'opinione pubblica delle regioni del nord». Ai cittadini della Campania invece Napolitano fa osservare che nell'attuale situazione non è minacciata solo la salute di un quartiere ma di «milioni di cittadini». E la soluzione «consiste nell'estirpare la criminalità e nell'eliminare la piaga dei traffici camorristici riprendendo la strada per creare le condizioni per un ordinato ciclo di smaltimento con soluzioni urgenti e non più rinviabili».
blog2

lunedì, giugno 02, 2008

2 giugno repubblica monarchia


Si sa benissimo che non esiste nulla di eterno, eppure in Italia la repubblica è considerata eterna.
Infatti l'articolo 139 della costituzione afferma che la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione.

Lascio da parte le battute, i noti brogli del referendum istituzionale del 1946 ed il fatto che la repubblica non è mai stata proclamata.

Si dice che l’Italia deve rimanere per sempre una repubblica, perché così volle il nostro popolo dopo la seconda guerra mondiale.
I fatti, però, dimostrano il contrario.
1. La legge istitutiva dell’Assemblea Costituente stabiliva che quest’ultima avrebbe avuto un anno di tempo per approvare la Costituzione.
In caso contrario, l’assemblea sarebbe stata sciolta di diritto e il popolo avrebbe dovuto eleggerne un’altra.
2. Alla scadenza del termine annuale (17 Giugno 1947) la Costituzione non era ancora pronta.
3. L’Assemblea Costituente si autoprorogò il mandato, violando la legge e impedendo al popolo di esprimersi in proposito.
I costituenti temevano che nuove elezioni avrebbero modificato la composizione dell’assemblea in senso favorevole a un ritorno della Monarchia, previo nuovo referendum.
4. Nel tentativo di evitare un ritorno democratico alla Monarchia, venne introdotto l’art. 139 della Costituzione, che stabilisce: “La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale”.
5. Questa norma fu approvata solo da una minoranza dei componenti dell’assemblea. Infatti, votarono a favore solo 274 membri su 556 (il 49%), mentre 205 erano assenti e 77 votarono contro. Gli emendamenti che chiedevano la soppressione di tutto l’art. 139 non vennero neppure messi in votazione.
6. L’art. 139 vorrebbe impedire al popolo di scegliere liberamente la forma istituzionale del proprio Stato.

In altre parole, mentre la Monarchia, nella persona di Umberto II di Savoia, accettò che fosse il popolo italiano a decidere fra Monarchia e Repubblica, quest’ultima vieta allo stesso popolo di esprimersi su un argomento di tale importanza.

Re Umberto II non ha mai abdicato e ha sempre affermato che nel giugno 1946 il governo italiano si rese responsabile di un vero e proprio atto rivoluzionario, che impedì di stabilire quale fosse stata veramente la volontà espressa dal popolo nel referendum istituzionale.

Il regime repubblicano ha rimossi dalla Storia i punti elencati in questo post.
Perchè?
E' giusto che questi dati oggettivi siano stati nascosti?

Se, come afferma la repubblica, la sovranità è popolare che senso ha l'articolo 139 se non la paura di essere spazzata via prima o poi dal popolo?

venerdì, maggio 30, 2008

Polizia, stato, repubblica, indulto

L’altro giorno il capo della Polizia è stata chiamato dalle commissioni Giustizia e Affari costituzionali del Senato a dare un parere in vista dei provvedimenti annunciati dal governo.
In genere i capi della Polizia, un po’ per vocazione e un po’ per convenienza, non rilasciano interviste se non in occasioni eccezionali, come brevi discorsi di circostanza nell’occasione di qualche ricorrenza.
Questa volta invece Manganelli ha messo il dito su una piaga endemica del nostro sistema : inefficienza delle leggi, incapacita dello stato, e mancanza della certezza della pena.
Il capo della polizia, Antonio Manganelli, ha lanciato un vero e proprio allarme al Senato e, parlando della questione sicurezza, ha sottolineato la difficoltà riscontrata dalle forze dell'ordine nel contrastare la criminalità clandestina.

In particolare Manganelli ha puntato il dito sulla situazione instabile da indulto quotidiano che si viene a creare ogni giorno tra le strade grazie all’incertezza e alla duttilità delle pene che vanno a danneggiare di conseguenza il lavoro della magistratura e della Polizia.
Manganelli ha ammesso che l'emergenza clandestini è più grave che mai e che gli strumenti in mano alle forze dell'ordine per contrastare i crimini, in aumento, compiuti da immigrati irregolari sono ancora poco efficaci.

Evidentemente in un Paese si giunge ad un’emergenza del genere solo se lo vuole lo stato.

La radiografia di Manganelli è insieme coraggiosa e impressionante.
L’allarme lanciato dal capo della Polizia, che ha addirittura parlato di indulto quotidiano, ha un profondo significato politico in quanto è una dura critica all’operato svolto finora dal regime repubblicano.
Se addirittura la Polizia si sente in obbligo di criticare lo stato vuol dire proprio che la repubblica ha fallito.

Manganelli ha detto che l'indulto quotidiano e' una situazione vergognosa.
Io aggiungo : repubblica vergognati !!

Visto che il capo della polizia non ha fatto certo giri di parole per raccontare le dimensioni di un disastro tutto italiano, riporto alcuni punti illustrati dal capo della Polizia e pubblicati in alcuni giornali.

  • Non gioco a fare il giurista – spiega – né voglio entrare nelle prerogative del Parlamento, ma quella che abbiamo oggi è una situazione vergognosa.

  • Le forze dell’ordine non sono in grado di contrastare l’immigrazione clandestina

  • «Viviamo una situazione di indulto quotidiano di cui tutti parlano. Ma su cui non si è fatto nulla negli ultimi anni».

  • In tutto il 2007 gli immigrati clandestini fermati e avviati ad espulsione sono stati 33.897, ma solo 6.366 di loro hanno trovato posto nei Cpt: di fatto, 27 mila sono stati destinatari di un ordine scritto (di allontanamento), naturalmente non accolto nella stragrande maggioranza, se non nella totalità, dei casi».

  • viviamo in «una situazione vergognosa di indulto quotidiano che rende assolutamente inutile la risposta dello Stato e vanifica gli sforzi di polizia e magistratura».

  • i problemi maggiori, spiega Manganelli, li provoca l’immigrazione irregolare

  • Il trenta per cento dei reati di criminalità diffusa vengono commessi da clandestini.

  • Un terzo della popolazione carceraria è composto da stranieri arrivati di straforo

  • non basta pattugliare meglio le coste, perché, racconta: «Gli sbarchi rappresentano solo il dieci per cento del fenomeno, il sessanta-settanta per cento della popolazione clandestina è rappresentato da chi entra regolarmente con visti turistici e poi rimane sul nostro territorio».

  • Il vero guaio, prosegue il capo della polizia, è che attualmente rimandarli a casa è un’impresa quasi impossibile

  • «Dal primo gennaio a oggi le forze dell’ordine hanno fermato oltre 10.500 clandestini per i quali hanno ritenuto di avviare le procedure di espulsione». Ebbene, «solo 2.400 di costoro hanno trovato posto nei centri di permanenza, gli altri ottomila hanno di fatto ottenuto un perdono sul campo, cioè gli è stato consegnato un foglio di via, che equivale a un niente»

  • Serve «qualsiasi norma che possa rendere certa la pena e rendere effettiva l’espulsione, attraverso l’adeguatezza dei centri e dei tempi di permanenza e attraverso qualsiasi altra cosa che vada incontro alla rapidità delle procedure».

  • «la madre di tutte le soluzioni è quella di stipulare accordi bilaterali con i Paesi dai quali provengono gli stranieri irregolari».

  • andrebbero abolite alcune norme, come quella che prevede che, per fargli scontare la pena nella sua terra d’origine, ci sia l’assenso pure del detenuto

  • spesso all’estero la situazione delle carceri è peggiore della nostra. «L’ultima volta che sono andato a Bucarest c’erano in una sola cella 23 letti per 43 detenuti».


  • Alcuni links
    ilgiornale
    ilmessagero
    corrieredellasera
    lastampa

    giovedì, maggio 22, 2008

    I norvegesi preferiscono la monarchia


    l'attuale emblema ufficiale di stato del Regno di Norvegia. Lo scudo è composto da un leone d'oro, linguato e coronato, impugnante un'ascia al naturale, caricato su campo rosso.

    Giovedì scorso una proposta del partito socialista è stato nettamente battuta dal parlamento della Norvegia.
    Dei 169 membri del parlamento norvegese solo 21 hanno appoggiato la proposta mentre 106 membri del parlamento norvegese l'hanno bocciata, sostenendo la monarchia.

    Già nel giugno del 2004 una proposta simile aveva ottenuto 26 voti e quindi negli ultimi anni la monarchia è sempre più sostenuta, anche tra la sinistra.

    Berit Brorby, membro del Labour Party che è la forza principale del governo di coalizione rosso-verde, dice che la monarchia lavora molto bene e che l'opinione pubblica è decisamente a favore della monarchia.

    W il RE !
    W la Monarchia !

    Proposal to abolish Norwegian monarchy scrapped

    Oslo - A proposal to scrap the Norwegian monarchy was voted down Thursday by a strong majority in parliament.
    The opposition Socialist Left Party introduced the proposal to re-write the constitution.
    The party has 15 seats and garnered 21 votes, including from the opposition Liberal Party, while 106 members of the 169-seat parliament voted against.
    A similar proposal in June 2004 garnered 26 votes in favour of doing away with the monarchy.
    Berit Brorby, member of the Labour Party, the main force in the ruling red-green coalition, said the monarchy worked well and had strong public support, Norwegian news agency NTB reported.

    Proposal_to_abolish_Norwegian_monarchy_scrapped

    martedì, maggio 20, 2008

    Rifiuti e caos repubblicano


    Non si attenua l’emergenza rifiuti che ha colpito la Campania, a Napoli ci sono sempre incendi, blocchi stradali e tensione e recentemente i vigili del fuoco hanno dovuto spegnere 75 roghi tra Napoli e provincia, alcuni dei quali di consistenti dimensioni.
    I cittadini sono indignati di vivere in mezzo ai rifiuti, respirano un’aria tossica e non riescono più a dedicarsi ad altro se non alla protesta.
    Abbandonati dallo stato la gente rovescia i bidoni bloccando le strade dicendo che fanno cosi' perchè Questo è l’unico modo per far togliere i rifiuti, Se li buttiamo all’aria verranno a prenderli.
    Napoli ripiomba nel caos e c’è allarme salute dai medici.

    Finora l'unica azione concreta per diminuire l'immondizia che invade Napoli sono i treni che portano i rifiuti in Germania, che pero’ ha un alto costo economico e non risolve il problema ma serve solo per dare un po’ di ossigeno alla citta’ e diminuire il fetore che rende l'area nauseabonda.

    Ieri tra l’altro è arrivato all’Italia l’ennesimo richiamo della UE, o meglio un diktat in quanto il commissario all’Ambiente, Stavros Dimas, ha detto che l'Italia deve agire subito per risolvere la situazione dei rifiuti a Napoli, per evitare peggiori conseguenze per la salute pubblica.
    La Commissione Ue ha deferito il 6 maggio scorso l'Italia alla Corte di giustizia europea, ma non possiamo aspettare la sentenza della Corte: le autorità italiane devono agire rapidamente per mettere fine ad una situazione che presenta alti rischi per la salute pubblica.

    Comunque la risposta, oltre e prima che all’Europa, deve essere data ai cittadini che non possono continuare a vivere in questa maniera.
    La situazione ambientale sociale e politica della campania non puo’ essere risolta in poco tempo, ma mi auspico che il nuovo governo possa almeno migliorare la situazione.

    Solo una presa di responsabilità da parte di tutti potrà risolvere la drammatica situazione, ma questo è un ostacolo quasi impossibile da superare perchè ci troviamo davanti ad un caos sociale e politico e solo in secondo luogo ambientale .

    I politici od alti funzionari non hanno mai pagato per gli errori compiuti, il sistema repubblicano ha sempre insegnato gli italiani a fregare il prossimo, la repubblica italiana è il paese dei furbi e degli approfittatori non certo delle persone oneste e laboriose.
    Se questo è vero come si puo’ immaginare che tutti (a partire dalla classe politica), con grande senso di responsabilità, comincino a pensare ed agire per il ben di tutti ?
    Piuttosto per quel che si intravede, c’è già qualcuno che cerca di approfittare dell'emergenza per annunciare contestazioni al governo, come i centri sociali di Caruso che protesteranno contro la devastazione ambientale, la precarietà e il razzismo.
    In questo clima Napoli si appresta ad accogliere mercoledì il primo consiglio dei ministri.

    In ogni caso una emergenza del genere puo’ realizzarsi solo in uno stato incapace e corrotto e quindi l’emergenza dei rifiuti in campania è la metafora della repubblica.

    Un video di una discarica abusiva e abitata di napoli.

    mercoledì, maggio 14, 2008

    La costituzione e la monarchia

    Riporto nel mio blog un bell'articolo pubblicato sul quotidiano L'Opinione.
    In Italia è raro trovare giornalisti che scrivono quello che davvero pensano senza preoccuparsi di andare contro il Pensiero Unico imposto dal regime repubblicano.
    In Italia c'è una quasi totale accettazione della Vulgata repubblicana che secondo me e' preoccupante in quanto dimostra che gli intellettuali ed i giornalisti sono per lo piu’ indottrinati.
    Quindi l'autore (ed anche il giornale l'Opinione) ha il grande merito di pubblicare la sua riflessione storiche e politiche di quello che successe in Italia nel 1943-46 criticando anche chi (napolitano) oggi pretende di insegnarci la Storia.

    L’articolo è un'analisi seria, concreta ed incontrovertibile della storia del nostro Paese ma purtroppo temo che non troverà eco. Le scuole ed i media sono quasi completamente succube di un Pensiero Unico che limita la democrazia e la liberta’.
    Il regime repubblicano con una spietata propaganda tiene sotto controllo la stampa, televisioni e le scuole e solo nel web e’ facile trovare opinioni e riflessioni autentiche, nel senso che sono scritte da persone libere.

    E' importante che gli italiani mantengano costantemente viva la memoria, ma il difficile processo di maturazione di coscienza deve avvenire senza che la Storia sia strumentalizzata.
    Purtroppo invece il periodo della Liberazione e’ stato completamente falsato dai partiti ed in particolare dai comunisti.
    L'avvento della repubblica era la prima tappa per poi far trionfare anche in Italia il comunismo e qundi il PCI doveva innanzitutto eliminare la Monarchia.
    Inoltre per il PCI l'unico modo per legittimarsi completamente era quello di far parte dei vincitori e di "occupare la Liberazione". Per far cio' il PCI elimino' personaggi scomodi come i numerosi partigiani monarchici (ricordo Sogno) ed i soldati fedeli al Re.
    L’errore fatale e’ stato che nel periodo difficile e delicato della Liberazione e Riscatto nazionale, insieme all’acque sporche si butto’ via anche il bambino, nel senso che, cancellando la Monarchia insieme al fascismo, l’Italia perse l'Identita' e la Forza, e quello che stiamo assistendo in senso negativo e' in gran parte causato dagli errori compiuti allora dai partiti.

    Essendo un monarchico, e quindi non repubblichino o postfascista, non ho problemi a riconoscere che la Resistenza e' stato un momento di riscatto dell'Italia ma il "25 aprile" e' una data storica sbagliata ma che pero' è necessario riscrivere la Storia.
    Si deve avere il coraggio di raccontare la Resistenza senza nascondere nulla, smitizzare quel che c'è da smitizzare, e per ottenere questo si deve procedere su due piani.
    Su quello politico si deve liberare la Storia e le Istituzioni dalle ideologie e dalle strumentalizzazione da parte dei partiti.
    Sul piano storico e culturale si deve insegnare che la Resistenza fu soprattutto fatta dai soldati del Regno d’Italia fedeli al Re (il primo esempio e' quello di Cefalonia) piuttosto che dai partigiani.

    Riscrivere la Storia non significa denigrare o svalutare la Resistenza ma per giungere ad una vera pacificazione insegnando che quel moto di riscatto nazionale al quale dobbiamo la riconquista dell'indipendenza, dignità e libertà dell'Italia lo dobbiamo alla Monarchia, ai Savoia, ai Soldati fedeli al Re ed a quei partigiani che, senza macchiarsi di atti contro altri italiani, hanno combattuto pensando solo al bene della nostra Patria.

    I punti fondamentali da chiarire sono che la repubblica e la resistenza non sono le stesse cose, come non lo sono la democrazia e repubblica.
    Se nel referendum istituzionale del 1946 avesse vinto la Monarchia, la Resistenza non sarebbe stata certo cancellata ma anzi rafforzata ed accettata piu' di adesso per il semplice motivo che non sarebbe strumentalizzata dai partiti.

    Quindi gli Italiani hanno potuto scegliere liberamente le sue forme costituzionali per le scelta opportune e corrette fatte da Re Vittorio Emanuele III, che garantirono la permanenza dello Stato sovrano nato dal Risorgimento (Monarchia), e per la presenza di una volontà politica democratica fedele al luogotenenza ed al breve regno di Umberto II.

    Quindi i repubblicani, non solo i monarchici, dovrebbero ringraziare i Savoia ma evidentemente questa verita' e’ molto scomoda alla repubblica che continua a tenere le Salme dei Sovrani lontane dal Pantheon risorgimentale.


    La costituzione e la monarchia
    di Riccardo Scarpa

    Le riflessioni sulla “Resistenza” del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, hanno riaffermato, nell’occasione dell’ultimo 25 d’aprile, un profilo alto del garante delle libere istituzioni e della coscienza nazionale. Con quel ricordo rispettoso d’ogni caduto, a prescindere dalla scelta compiuta in momenti difficili, ed al contempo con quel esigere rispetto per la storia, per quanto attenga ai principî fondanti dello Stato libero. Ne risulta la conferma d’un profilo della suprema magistratura dello Stato tanto morale quanto, direi, fisica, da re, quale un Umberto che non avesse patito i risultati referendarî alla Romita e fosse lì, ringiovanito, con una sua naturale tendenza ad una «monarchia socialista», quella ipoteticamente saragattiana e non l’obiettivo polemico del Missiroli prefascista. Detto questo, si consentano dei rispettosi rilievi storiografici, indispensabili proprio per rimarcare i principî fondanti d’un senso di patria che possa essere condiviso appieno.

    Il Capo dello Stato, nel discorso di Genova, avoca alla «Resistenza» il merito d’aver fatto sì che la nuova Costituzione del 1947-48, promulgata da Enrico De Nicola, sia frutto d’un Assemblea costituente eletta a suffragio universale diretto, al contrario delle due altre date alle potenze dell’«asse» sconfitta. Queste ultime, infatti, o sono frutto, come la «Legge fondamentale» della Repubblica Federale di Germania, di opera dei Länder locali sotto controllo delle potenze occidentali, con l’approvazione d’una Consulta costituzionale eletta per modo di dire, oppure, come in Giappone, direttamente date per ispirazione dello stesso generale Douglas Arthur MacArthur, comandante delle forze alleate del Pacifico. Questo avvenne, però, per tre circostanze che debbono essere rese esplicite. Sono le scelte del re Vittorio Emanuele III e del principe Umberto quale luogotenente generale del Regno, nei difficili frangenti fra la fine dell’ultimo governo Mussolini, il 25 luglio del 1943, l’8 settembre successivo e la ricostituzione delle Regie forze armate col I Raggruppamento motorizzato e, poi, Corpo italiano di liberazione.

    Queste scelte furono: 1) la tanto discussa decisione, costituito un Governo che liberasse lo Statuto dalle sovrastrutture fasciste, nelle difficili circostanza generate da modi e forme nelle quali gli anglo-americani resero noto l’armistizio, di «mettere al sicuro» i vertici istituzionali da rappresaglie germaniche per conservare la continuità dello Stato italiano, esattamente come fece Stalin nell’Unione Sovietica, riparando in gelide regioni interne distanti da Mosca per leghe non paragonabili al tiro di schioppo che separa Roma da Brindisi o Salerno, e non prendendo neppure in considerazione di riparare all’estero, come fecero i sovrani d’Olanda o Belgio e fece il generale Charles De Gaulle, per «dirigere la resistenza francese»; 2) l’allaccio immediato di contatti istituzionali con gli alleati, che perciò non occuparono mai le province sotto controllo del regno, e ne riconobbero la sovranità sui territorî mano a mano liberati, sino a riaccreditare a Roma le rispettive rappresentanze diplomatiche una volta liberata la capitale; 3) la immediata e spontanea resistenza, checché se ne dica, di molte unità militari agli occupanti germanici nella penisola, nelle isole greche e nei Balcani, e la ricostituzione di Forze armate regolari, combattenti con valore al fianco degli alleati, dalla partecipazione alla battaglia di Montelungo del I Raggruppamento motorizzato, nel dicembre del 1943, alla costituzione del Corpo italiano di liberazione (un corpo d’armata) nell’aprile del 1944, coi Gruppi di combattimento (divisioni) Cremona, Friuli, Folgore, Legnano, Mantova i Piceno, cioè d’un esercito di 413.000 uomini, coadiuvato da una marina di 83.000 uomini e un’aeronautica di 31.000, è a dire di Forze armate che hanno lasciato sul campo 87.000 caduti tra l’8 settembre del 1943 e l’8 di maggio del 1945, alle quali s’aggiungono gli 80.000 militari presenti nelle formazioni partigiane ed i 590.000 internati dai Germanici, poiché rifiutarono con essi ogni collaborazione, pel giuramento reso al Re ed alla Patria.

    Tutto ciò ha impedito che lo Stato italiano abbia dovuto subire alcuna «debellatio», cioè annullamento della sua esistenza statuale. Proprio quanto, invece, venne imposto alla Germania rappresentata dall’ammiraglio Karl Dœnitz, per conto del governo d’affari formato dal conte Johann Schweirn von Krosigk per trattare una resa che fu incondizionata. Situazione espressa nella «legge» promulgata, il 25 di Febbraio del 1946, col n°46, da parte del Comitato di Controllo interalleato che dispone: «Lo Stato prussiano, insieme col suo governo centrale ed i suoi ufficî, è abolito». Apparte il tono ridicolo dell’enunciato, che è come se gli alleati, nel 1943 o nel 1945, avessero abolito il Regno di Sardegna, sta in fatto che lo Stato italiano, per le tanto discusse scelte politiche del momento di S. M. il Re Vittorio Emanuele III, e del suo governo, non subì una simile «debellatio», e per tanto fu pienamente sovrano nel scegliere come e con quali forme riformare il proprio ordinamento costituzionale. Se, poi, le modalità scelte per decidere la forma di Stato e di Governo furono quelle del referendum e dell’elezione d’un Assemblea costituente, votati per suffragio universale e diretto, ciò lo si deve a decreti legislativi luogotenenziali di Umberto di Savoia.

    Infatti re Vittorio Emanuele III, col Regio decreto del 2 agosto 1943, n.705, aveva sciolto la Camera dei fasci e delle corporazioni e dichiarato, così, chiusa la XXX legislatura, ma le elezioni per la nuova Camera si davano per rinviate alla fine delle ostilità, e nelle more il potere legislativo veniva assunto dal governo, con decreti legge, che comunque mantenevano la clausola della presentazione al Parlamento per la conversione. Il sovrano, cioè, si limitò ad agire nell’ambito statutario, in attesa che le circostanze politiche consentissero il normale funzionamento dello Statuto Albertino. È con la nomina d’Umberto a luogotenente generale del Regno, che quest’ultimo, alla fine di tutto un processo politico, con decreto legislativo luogotenenziale del 25 giugno del 1944, n°151, che onestamente gli editori dovrebbero pubblicare a premessa storica della Costituzione vigente, si prevede l’elezione a suffragio universale diretto dell’Assemblea costituente e lo svolgimento del referendum sulla forma istituzionale dello Stato.

    Quindi, la nazione ha scelto liberamente le sue forme costituzionali per due fatti storici concreti: la permanenza dello Stato sovrano nato dal Risorgimento, procurata da scelte, rivelatesi opportune e corrette, colle quali Re Vittorio Emanuele III ha concluso il suo lungo regno; una volontà politica democratica, rappresentata con fedeltà dalla luogotenenza e dal breve regno di Umberto II. Se, poi, un personale politico miope, nelle sue visioni di prospettiva storica, tiene ancora le ossa dei protagonisti lontane dal Pantheon risorgimentale, ciò lo si deve alla mancanza di coraggio con cui lor signori affrontano ogni giorno quel referendum diuturno che, come scriveva Ernest Rénan, è la nazione: il sentimento della quale, proprio per questo, continua a perdere il referendum ogni giorno, esclusi quelli in cui gioca la nazionale.

    opinione

    venerdì, maggio 09, 2008

    9 maggio 1946 abdicazione di Re Vittorio Emanuele III


    9 maggio 1946
    Re Vittorio Emanuele III abdica in favore di Umberto II



    Nello stesso tempo questa data è una ricorrenze gioiose e triste per l'Italia perché segna il passaggio da un Re ad un altro.

    Vittorio Emanuele III (detto Re Soldato) fu importante per la vittoria della prima guerra mondiale e riuscì a limitare il potere di mussolini.

    Umberto II (detto Re Amato) in poco tempo lasciò un ricordo incancellabile e per il bene della Patria decise di lasciare l'Italia per evitarle una guerra civile.

    martedì, aprile 29, 2008

    Economia e politica in Italia

    Nel rapporto sulle previsioni economiche la Commissione Ue ha pubblicato che nel 2008 la crescita dell’Europa è in calo dove l’Italia guadagna, per l’ennesima volta, la maglia nera d’Europa.
    L’inflazione record e crescita rallentata mette a rischio le famiglie a basso reddito e quindi in particolare in Italia dove gli stipendi sono piu’ leggeri rispetto alla media europea.
    Le proiezioni sono all’insegna del pessimismo, che prevedono un aumento dei prezzi al 3,2% ed una diminuzione della crescita che si fermerà all’1,7%.
    I dati provenienti da Bruxelles stimano che l’economia italiana crescerà appena dello 0,5% quest’anno e dello 0,8% nel 2009, ben al di sotto sia del potenziale, che è dell’1,6% circa, sia della crescita media dell’Eurozona.
    Inoltre l’inflazione per il 2008 si situerà al 3% di media e il deficit, che nel 2007 era sceso per la prima volta sotto la soglia del 3% indicata dal Patto di Stabilità, dovrebbe risalire dall'1,9% al 2,3%.
    Nonostante il debito pubblico sia previsto in diminuzione dal 104% del 2007 al 103,2% nel 2008, lo stato di salute dell’economia italiana è pessimo ed il nostro paese avrà, per il secondo anno consecutivo, la peggiore perfomance tra i 27 paesi dell’Ue

    Per capire il persistente divario negativo di crescita dell’Italia rispetto alla media della zona euro ci sono due strade:
    o gli italiani lavorano meno degli altri popoli (opzione non sostenibile)
    oppure lo stato non è in grado di aiutare il lavoro degli italiani

    Evidentemente la causa della debole e grave situazione economica e finanziaria del nostro paese è del Sistema Italia, e quindi del regime repubblicano.
    L’economia italiana avrebbe bisogno di una cura, ma tutto è drammaticamente complicato dal fatto che il vero malato è lo stato.
    L'Italia avrebbe bisogno di Finanze pubbliche sostenibili e usarle per favorire una crescita ma ho l’impressione che tutti i governi italiani non hanno il coraggio di fare quello che si dovrebbe fare.

    Uno stato non dovrebbe aiutare una azienda non in grado di competere nel mercato. Oppure nel caso si rileva la necessità di aiutarla almeno si dovrebbe eliminare la maggior parte dei suoi tentacoli incancreniti.
    Nulla di tutto ciò, e lo stato continua a compiere gli stessi errori.

    Per il caso Alitalia lo Stato regala 300 milioni di Euro per dare ossigeno all’azienda, senza migliorare l’efficienza degli aeroporti e contemporaneamente coinvolgere anche il sistema ferroviario.
    Infatti lo scopo non è salvare l’Alitalia ma migliorare la mobilità degli uomini e delle merci in Italia, e per realizzare questo ci dovrebbe essere una sinergia tra aeroporti e ferrovie.

    A questo punto è spontaneo chiedere : Che differenza c’è tra l’assistenza di Prodi e quella di Berlusconi ?
    La classe politica è in grado di fare vigorose politiche economiche?

    Me lo auguro, ma rimango scettico.
    Io vedo sempre le stesse persone, la stessa classe politica, temo che con le recenti elezioni ci sia solo un cambiamento di facciata, ma la nomenKlatura intesa come Pensiero politico-culturale rimane ancora saldamente al Potere.

    Solo una virtuosa rivoluzione - in particolare culturale - potrebbe realizzare un reale e positivo cambiamento.

    La scure di Bruxelles sui conti italiani

    Crescita in stallo, irrilevante e comunque inferiore agli altri partner europei. Conti pubblici in peggioramento in un contesto di globale di frenata dell’economia e di allarme inflazione. È un quadro a tinte fosche per l’Italia quello indicato dalle previsioni economiche di primavera presentate dal commissario Ue per gli Affari economici e monetari Joaquin Almunia.

    Crescita economica

    I dati indicano che il motore dell’economia italiana continua a rallentare e nel corso dell’anno toccherà il fondo con una crescita dello 0,5 per cento, a febbraio si prevedeva lo 0,7 per cento, per risalire nel 2009 allo 0,8 per cento. «Complessivamente la crescita del Pil reale nel 2008 è prevista allo 0,5 per cento - si legge nel documento - chiaramente al di sotto del potenziale» e «il persistente gap negativo di crescita rispetto alla media dell’area euro si allargherà ulteriormente, nonostante l’esposizione relativamente modesta del sistema bancario italiano alle turbolenze finanziarie».

    Secondo gli esperti del motore comunitario «il previsto rallentamento della crescita è causato da tutte le componenti della domanda». «Quando guardo alle previsioni per l’Italia la preoccupazione principale è la crescita molto molto ridotta - ha spiegato Almunia - è una crescita molto bassa e al di sotto del potenziale dell’Italia».

    Inoltre, «questa crescita è accompagnata nelle nostre previsioni da un’evoluzione molto debole della produttività» e «tutto questo in un Paese che avrebbe bisogno di una maggiore crescita equilibrata per migliorare la sostenibilità e la qualità delle proprie finanze pubbliche e ridurre il peso del debito pubblico per poter utilizzare le risorse come uno strumento che favorisca la crescita». Queste, per il rappresentante dell’esecutivo Ue, «sono le questioni che devono essere affrontate dal Governo italiano, vecchio e nuovo».

    PIL e Conti Pubblici

    Sul fronte dei conti pubblici infatti da Bruxelles avvertono già i segnali di un peggioramento dei dati: quest’anno il rapporto deficit/Pil delle finanze pubbliche italiane dovrebbe risalire al 2,3 per cento contro l’1,9 del 2007 e, anche se il dato è inferiore al 2,4 per cento indicato dal Governo ed è al di sotto della soglia del 3 per cento indicata dal Patto di Stabilità, nel 2008 i dati dei conti pubblici italiani sono in peggioramento. Quest’anno, si legge nel documento, «l’avanzo primario dovrebbe ridursi di mezzo punto percentuale rispetto al Pil». Inoltre «al netto dei fattori ciclici ed escludendo le misure una tantum, sia per il deficit che per il bilancio primario è previsto un peggioramento di più di un quarto di punto percentuale rispetto al Pil» e «questo deterioramento è dovuto alla spesa addizionale e ai tagli di tasse».

    Debito pubblico

    Il debito pubblico è invece previsto in diminuzione dal 104 per cento del 2007 al 103,2 per cento nel 2008 e ad un livello ancora più basso, nell’ipotesi di politiche invariate, l’anno prossimo. Nel resto d’Europa in medio la situazione è migliore ma non di molto. la Commissione ha ritoccato al ribasso le stime di crescita per il 2008 all’1,7 per cento, contro l’1,8 indicato il 21 febbraio scorso, lasciando invariate le previsioni per l’Ue a 27, al 2 per cento. A suscitare allarme però è la corsa inarrestabile dei prezzi che fa schizzare le stime sull’inflazione per l’anno in corso al 3,2 per cento nella zona euro e al 3,6 per cento nell’Ue, contro una previsione di febbraio di rispettivamente 2,6 e 2,9 per cento. Per l’Italia la stima è 3 per cento nel 2008 e 2,2 per cento nel 2009.

    abcfinanze

    martedì, aprile 22, 2008

    Matrimonio Umberto Margherita



    22 APRILE 1868

    A Torino 140 anni fa il Principe di Piemonte Umberto (Re d'Italia dal 1878 al 1900) sposò la cugina Margherita dalla quale ebbe un figlio, Vittorio Emanuele, Principe del Piemonte (1878-1900) e Re d'Italia (1900-1946).

    In occasione delle fauste nozze del futuro Re Umberto I, il Padre della Patria Vittorio Emanuele II concedeva le prime nomine nell’Ordine della Corona d’Italia.

    giovedì, aprile 10, 2008

    Berlusconi e napolitano : caos della repubblica

    A proposito della possibilità che la presidenza di una delle Camere possa venir data all’opposizione, Silvio Berlusconi, intervistato da La 7, ha detto che questa eventualità potrebbe verificarsi solo se fosse eletto un altro capo dello Stato nella nostra parte politica.
    In caso di vittoria del Pdl, se il Presidente della Repubblica decidesse di dimettersi per fare un gesto nei confronti della nuova situazione italiana, allora si potrebbe anche pensare di dare una Camera all'opposizione, sottolineando che questo è una pura ipotesi di scuola.
    Inoltre Berlusconi accusa la sinistra di essersi impadronita di tutte le istituzioni e propone la soluzione: Se fosse eletto un capo dello Stato della nostra parte politica, sarebbe nostro dovere dare la seconda carica dello Stato, cioè la presidenza del Senato, al centrosinistra.

    Apriti cielo!
    Si è subito scatenata un'ondata di indignazione da parte dei paladini del regime repubblicano.
    Non c’è nulla di peggio di dire il falso sapendo di mentire.

    Se si lascia da parte la favola raccontata dal regime repubblicano – cioè il presidente della repubblica garante di tutti e superpartes – la dichiarazione di berlusconi e la dura polemica scatenata tra i partiti sono utili perché permettono di scoprire l’ipocrisia del sistema repubblicano.

    Al contrario di quello che dicono i conservatori, l'ipotesi-Quirinale presentata da berlusconi non rappresenta l'ennesimo tentativo di avvelenare la vita democratica del paese ma piuttosto permette di liberarci della ipocrisia delle repubblica ed avere la consapevolezza che tutti i presidente della repubblica sono dei politici e quindi di parte.
    Come si fa a continuare a credere che il presidente della repubblica possa essere garante di tutti e superpartes quando è un politico, che ha fatto carriera all'interno di un partito, di un governo, ....ed inoltre è imposto solo da alcuni partiti (alle volte addirittura solo dalla maggioranza di un governo) ?

    Quello che avvelena la democrazia è l’equivoco istituzionale della repubblica.

    Infatti l’imparzialità del presidente della repubblica è l’ideale degli idioti e la maschera dei faziosi, e dobbiamo avere il coraggio d’affrontare questo problema.

    E poi perché i cosiddetti “conservatori dello status quo repubblicano” difendono napolitano ma nessuno ricorda che anni fa napolitano, assieme ai suoi compagni del PCI, chiese di buttare fuori Leone e Cossiga?

    Ma come si può essere così ingenui da credere che un uomo, da sempre fedele militante di una parte estrema, sia divenuto, per investitura e vecchiaia, un saggio equanime?

    E non solo.
    Secondo la Costituzione (art. 87) il presidente della repubblica deve essere muto, potendosi rivolgere solo alle Camere, ma nella realtà non stanno zitti un minuto e parlano ovunque e di tutto.

    I giornali al fianco del regime e del PD ne approfittano per attaccare berlusconi.
    Il direttore del quotidiano la repubblica scrive che Finora non eravamo ancora giunti fin qui, nel punto più basso della Repubblica, dove si confondono ambizioni e istituzioni...larepubblica

    Il Corriere della Sera si stupisce e scrive :
    E sembra non rendersi conto che un’istituzione di garanzia come la presidenza della Repubblica non può essere valutata comunque con gli stessi criteri delle altre cariche dello Stato: non a caso dura sette e non cinque anni.
    corrieredellasera

    Berlusconi è uomo scaltro, già altre volte ha tirato in ballo napolitano, e quindi gli attacchi al capo dello Stato sono l’inizio di un conflitto deciso a tavolino.
    Innanzitutto non vi è dubbio che ciò fa presagire un confronto molto duro tra le due principali cariche del Paese e tento di fare alcune osservazioni in merito.

    Berlusconi sta lavorando su più fronti.
    La prima è che Berlusconi non crede nella carica di garanzia rivestita dal presidente della repubblica, ed inoltre lo ripete da sempre che napolitano è stato eletto con i soli voti del centrosinistra prodiano.
    La figura del presidente della repubblica è alla stessa stregua di una qualsiasi nomina scaturente dalla lottizzazione del potere e quindi ecco che la seconda carica dello Stato potrebbe essere affidata al centrosinistra solo se Napolitano si dimetta.

    Inoltre il fatto che il quirinale appartenga alla sinistra è la valida scusa per non dover cedere nulla all’avversario : l’opposizione può al massimo avere o il Quirinale o il Senato.

    La seconda osservazione lascia prevedere che, con questi presupposti, Berlusconi vuole far intendere che questa volta non si lascerà condizionare dalle ingerenze del Capo dello Stato.
    Egli sa benissimo che dal presidente, per il passato sfacciatamente schierato dalla parte di veltroni, non avrà di certo un appoggio, cosa d’altronde giàesperimentato con scalfaro e ciampi

    La terza osservazione è che berlusconi si aspica che la vittoria alle urne del PDL possa portare addirittura all'uscita di scena del capo dello Stato napolitano, costretto a dimettersi per conformarsi in fretta e furia alla nuova situazione politica.

    La quarta osservazione è che questa volta berlusconi non nasconde la sua bramosia di potere, e comincia ad avvicinarsi al quirinale.
    Parliamoci chiaro, in una repubblica il capo di stato è scelto dal parlamento e quindi se dovesse vincere la destra il sogno di berlusconi è legittimo, quasi banale.

    Già mi immagino cosa dirà la sinistra se il prossimo capo di stato sarà davvero berlusconi, scommetto che questa volta anche per la sinistra il capo di stato non sarà più superpartes e faranno di tutto pur di cacciarlo via.

    A questo punto la guerra è dichiarata : da una parte coloro che difendono la repubblica parlamentare e dall’altra chi vuole il presidenzialismo.
    Lo scontro sarà totale e durissimo e pochi sopravviveranno.

    Se vogliamo evitare di farci del male da soli e distruggere ancora di più l’Italia, non ci rimane che ricordare che esiste una terza ipotesi, un sistema istituzionale dove il capo di stato non appartiene alla politica, ma alla Storia alla Tradizione alla Famiglia.
    Parlo della Monarchia Costituzionale dove il capo dello stato è garante di tutti perché non imposto dai partiti e dove lo Stato educa e protegge la Corona.

    Se si vuole diminuire il Potere della casta dei politici, se si vuole difendere l’Identità di un Popolo e di una Nazione, minacciate dal globalismo e dalle Lobby Finanziarie, non rimane altro che preferire la Monarchia alla repubblica.

    W il Re!

    martedì, aprile 08, 2008

    Incendio al Castello di Moncalieri


    Dopo il rogo della Santa Sindone, che si trova nel Duomo di Torino, un altro incendio in una delle torri del Castello di Moncalieri, una delle Residenze Sabaude tutelate anche dall’Unesco.

    Tra le stanze più compromesse c'è quella dove fu firmato il Proclama di Moncalieri, nel novembre del 1849: il re Vittorio Emanuele II scioglieva la Camera ed invitava il nuovo Parlamento a ratificare la pace con l'Austria.
    Per fortuna il documento storico è salvo, custodito all'Archivio di Stato di Torino.

    Le origini del Castello di Moncalieri risalgono al XIII secolo; ampliato nella seconda metà del Quattrocento da Jolanda de Valois e, successivamente, sul finire del Cinquecento da Carlo Emanuele I, il Castello deve l'impianto attuale alle trasformazioni attuate nel corso del XVII secolo da Padre Costaguta ed Amedeo di Castellamonte per volere di Vittorio Amedeo I e Cristina di Francia.

    Solo gli ingenui e gli sprovveduti pensano che questi incendi sono stati voluti dal caso o dalla sfortuna.
    Guarda caso questi due incendi si sono sviluppati durante una manutenzione, naturalmente voluta e stabilita dalle istituzioni repubblicane.
    In teoria tutto in regole, con tanto di permessi e leggi da rispettare.
    A questo punto alcune domande.
    Come è stato vinta l'appalto?
    Chi doveva far rispettate le norme di sicurezza?
    Quanto doveva costare?

    Come al solito non verranno accertate le cause e le responsabilità, nessuno pagherà nulla, come è anche certo che il Popolo italiano diventerà più povero essendo andati in fumo un pezzo del proprio passato, della storia sabauda e così della nostra Patria.

    La Monarchia seppe costruire e lasciò monumenti e palazzi dei quali siamo ancora oggi orgogliosi.
    Al contrario la repubblica non ha costruito nulla, se non stadi, lasciati mezzi vuoti.

    Lascia sgomenti ed interdetti l'assoluta incapacità, da parte della repubblica, di tutelare e difendere l'enorme patrimonio del passato della nostra Patria.

    Si dice chi rompe paga, ma questo non vale per una oligarchia, come appunto lo è la repubblica.
    C'è qualcuno che ha mai pagato gli errori compiuti?

    sabato, aprile 05, 2008

    Brogli, elezioni, repubblica

    I brogli sono una costante realtà inquietante della repubblica italiana .

    La riammissione della DC di Pizza alle elezioni e le seguenti dichiarazioni scoprono una inquietante realtà sempre tacciata dal regime repubblicano.

    Dopo la rinuncia di Pizza a chiedere il rinvio delle elezioni sembrava che tutto fosse risolto ma non è per nulla così.
    Il segretario della Dc è di nuovo sul piede di guerra e in una conferenza stampa parla di un piano per far saltare il voto, accusando il ministro dell'Interno di non svolgere correttamente i suoi compiti.

    Anche Berlusconi ricorre ai toni forti lanciando l'allarme-brogli.

    A queso punto è impossibile non ricordare il referendum istituzionale monarchia-repubblica del 1946, i cui risultati sono stati considerati falsati. (non solo dai monarchici)
    Il grave è che i brogli non appartengono solo al passato lontano (1946), ma sono avvenuti nelle elezioni politiche recenti, e continuano ad esistere per le prossime elezioni del 13-14 aprile 2008.

    A questo punto, secondo me, la repubblica è o complice dei brogli o è incapace di eliminarli.

    Dc attacca Amato, Pdl lancia allarme brogli

    C'è un accordo sotterraneo per far saltare il voto'

    Il Viminale alla Dc: fino alla Cassazione no al simbolo nelle schede

    Elezioni, Dc: "Amato
    è inadempiente"


    C'è un piano per far saltare le elezioni

    Caso Pizza, Viminale chiede a Dc di aspettare fino all’8 aprile

    C'è un piano per far saltare il voto

    venerdì, aprile 04, 2008

    la repubblica divide l'Italia

    Queste ultime dichiarazioni di berlusconi dimostrano un fatto incontestabile, cioe’ che la repubblica e’ un sistema che divide gli italiani.

    Se berlusconi si lamenta delle interferenze politiche che ha dovuto subire anche da parte dei presidenti della repubblica, si deve anche avere il coraggio di dire che i conflitti tra le massime cariche dello stato sono alimentate dalla repubblica, in quanto anche il presidente della repubblica e' un politico e quindi di parte.

    Inoltre si deve capire che qualsiasi dichiarazioni o azioni dei presidenti della repubblica, anche quelle banali o "giuste", sono sempre criticabili perche' sono espressioni di una persona che appunto e' di parte.

    Non puo' esistere un presidente della repubblica di tutti gli italiani.
    Come si sa, il pesce comincia a puzzare sempre dalla testa.


    BERLUSCONI, AVRO' CONTRO LE ISTITUZIONI

    Ci sono da fare tante, troppe cose per un governo che avra' contro molto, se non tutto, il sistema istituzionale italiano: credo che la prima cosa da cambiare sara' la nostra architettura istituzionale".
    Il leader del Pdl, Silvio Berlusconi intervenendo alla Confapi critica il fatto che "oggi il premier ha il potere solo di stendere l'ordine del giorno del Consiglio dei ministri ma non puo' dimissionare un ministro".
    Il Cavaliere torna anche a denunciare che l'attuale legge elettorale, realizzata dal centrodestra, fu cambiata "per un'interpretazione dubbia del Quirinale" polemizzando cosi' con l'intervento dell'allora Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi. I
    n particolare riguardo l'attribuzione su base regionale del premio di maggioranza al Senato, Berlusconi dice: "per una interpretazione dubbia del Quirinale fummo costretti a cambiare quel sistema".

    Anche oggi il numero uno del Pdl torna a parlare del timore di brogli sottolineando la necessita' "di uno spoglio scheda per scheda" e osservando come esista "una circolare del ministero dell'Interno che dice che chi non fa lo spoglio scheda per scheda e' passibile del carcere da 3 a 6 mesi".
    Per il Cavaliere senza brogli "credo potremo avere la vittoria con due premi di maggioranza sia alla Camera che al Senato e ci serve questa vasta maggioranza perche' la situazione economica e' difficile".
    Berlusconi non risparmia una stoccata al leader del Pd e ricorda che "Walter Veltroni ha lasciato nove miliardi di debito come amministrazione comunale e per quanto riguarda le consulenze le ha fatte passare da 30 a 130 milioni, con un aumento del 243%. A Roma lascia un disastro!".
    Altra stoccata a Pier Ferdinando Casini che ha scelto di correre da solo e non con la Cdl. "Non e' stata una scelta politica, ma ha prevalso -sostiene Berlusconi- l'ambizione personale. Forse l'Udc e' l'unica forza che puo' superare la soglia del 4% alla Camera, ma sicuramente al Senato non e' in grado di superare lo sbarramento dell'8%".
    (AGI) - Roma, 4 apr. –

    agi

    giovedì, aprile 03, 2008

    pressioni di napolitano sulle elezioni?

    E' stata fissata all'8 aprile prossimo l'udienza nella quale la seconda sezione bis del Tar del Lazio deciderà nel merito sul ricorso presentato dalla Dc di Giuseppe Pizza contro l'esclusione del Viminale del simbolo del suo partito per le elezioni del 13 e 14 aprile.
    Intanto il Viminale ha annunciato di aver dato mandato all'Avvocatura dello Stato per proporre ricorso contro l'ordinanza che riammette la lsta alla consultazione del 13 aprile.

    La decisione del Consiglio di Stato di rimettere in corsa per le elezioni politiche il simbolo con lo scudo crociato mette a soqquadro il mondo della politica e nel frattempo Berlusconi e veltroni sono contrari al rinvio.

    La verità è che nel caso Pizza sono in molti ad avere qualche responsabilità.
    Berlusconi a dargli corda, nell'illusione di infastidire l'altro Scudo Crociato di Casini, Veltroni (o prodi?) nel nascondere finora questo rinvio per poi utilizzarlo per mettere in difficolta’ berlusconi, il Viminale a escluderlo dalle liste, nonostante una sentenza del tribunale che lo confermava titolare del simbolo, la magistratura amministrativa che ha preso forse una decisione irresponsabile. ...
    Il ministro degli Esteri d'alema considera la vicenda "molto delicata” e persino l'ex capo dello Stato cossiga sollecita la presidenza della repubblica, dicendo : La decisione di rinviare le elezioni e' molto discrezionale e sostanzialmente dipende dal Quirinale.

    Dalla dichiarazione di cossiga si evince che la patata bollente e’ completamente nelle mani di napolitano, perche’ sara’ lui a decidere quando si andra’ a votare
    Cosa confermata anche dalla ultime dichiarazione di Pizza che, consapevole di aver provocato un vero terremoto nel mondo politico, si fa conciliante ed afferma : Io sono un uomo mite e dialogante e dunque non escludo che se arrivasse una sollecitazione del Capo dello Stato e se il ministero dell'Interno

    Io prevedo che, sotto fortissime pressione dal quirinale, Pizza fara’ passi indietro, ma la nuova posizione sara’ spiegabile solo ipotizzando un ordine del presidente della repubblica.

    Insomma la decisione politica di rinviare o no le elezioni sara’ presa da napolitano, cioe’ da un politico di chiara matrice politica, ma non si deve nascondere che qualsiasi decisione sara’ inevitabilmente occasione di divisioni e di interpretazione politica di parte.

    La situazione è di estrema incertezza, ormai in questa repubblica nessuno sa cosa fare, ed anche la posizione assunta dall'Esecutivo è schizofrenica, che manifesta una chiara volontà di escludere la lista della Dc dalla competizione elettorale, scavalcando la decisione del Consiglio di Stato.

    Insomma non stiamo piu’ solo assistendo a un altro episodio della commedia della repubblica italiana ma temo che ormai e’ a rischio la democrazia.


    rainews
    ansa
    voceditalia

    mercoledì, aprile 02, 2008

    DC, Pizza, elezioni


    La Dc di Pizza è stata riammessa alle consultazioni elettorali dal Consiglio di Stato distruggendo cosi' il trofeo di guerra sbandierato con spavalderia da Casini, che allora ebbe la meglio nella guerra sullo Scudo crociato.

    La clamorosa riammissione della DC alle prossime imminente elezioni sembrerebbe un pesce d’aprile ma invece e’ un fatto vero e la Dc di Giuseppe Pizza, che si fregia di rappresentare la storia della Balena Bianca, correrà alle elezioni.

    La riammissione della DC ha l’effetto di un terremoto che smuove tutto il mondo politico, adesso c’e’ chi si lamenta, chi ha paura di perdere, chi gioisce che forse vincera’, chi non sa cosa fare, chi prega, chi da tempo lo prevedeva e si sta divertendo...

    Non sono un esperto, ma forse il ricorso e’ giusto perche’ Pizza e la sua Dc erano le uniche ad avere il diritto a presentarsi con lo scudo crociato dal momento che aveva vinto la battaglia giudiziaria per i beni e il simbolo della vecchia Democrazia Cristiana, ma perche’ si arriva a questo punto solo adesso ?
    Non si poteva giungere a questa conclusione prima?

    E poi, chi si sobbarcherà i costi di questa bella frittata all’Italiana?
    Ovviamente saranno gli italiani a pagarli, che devono pagare sempre gli errori compiuti dalla repubblica che inesorabilmente “uccide” il nostro paese.

    Si puo' considerare questa notizia come una burla, una barzelletta, un pesce d’aprile in ritardo, una pazzia, una bacchetta magica di qualche politico di razza ma, secondo me, rimane il fatto che la DC di pizza rappresenta un altro sfregio all’immagine, gia’ negativa, della repubblica.

    Altro che telenovelas, questo e’ puro ed insuperabile spettacolo repubblicano!!

    l Consiglio di Stato riammette la lista apparentata con il Pdl al Senato
    Torna la Dc di Pizza: «Ora rinvio del voto»
    Ricorso accolto: potrà correre alle elezioni. Il segretario: ci spettano altri 15 giorni per la campagna


    MILANO - L'ex sindaco di Padova Settimo Gottardo ancora non ci crede: «Sono un vecchio dc, scettico: ho paura che sia vero come i pinguini che volano della Bbc». E invece niente pesce d'aprile, la notizia ha l'ufficialità di uno stemma della Repubblica e il crisma di una sentenza del Consiglio di Stato: la Dc di Giuseppe Pizza è stata riammessa alle elezioni del 13-14 aprile, dalle quali era stata esclusa qualche settimana fa. Notizia solo apparentemente di nicchia: perché la vittoria giudiziaria rischia di deflagrare in una competizione elettorale già avviata, destabilizzando il centrodestra. Con il rischio estremo, ancora allo stadio di ipotesi, di uno slittamento del voto che potrebbe dare tempo prezioso al partito democratico di Walter Veltroni. All'origine della disputa giudiziaria, l'utilizzo dello scudo crociato. Troppo simile a quello dell'Udc di Pier Ferdinando Casini, secondo una precedente ordinanza del Tar della Campania. Il rischio di creare confusione nell'elettorato aveva portato all'esclusione dalle liste. Ora, la riammissione del «glorioso simbolo dello Scudo Crociato - Libertas, dopo la proditoria esclusione», come dice Pizza. Ma che succederà ora? «Adesso — spiega — spetta al governo e al ministro Amato rimetterci nelle condizioni di svolgere correttamente la campagna elettorale, al pari di tutti gli altri partiti».

    Già, perché i giochi sono fatti da tempo, sorteggio sulle liste e operazioni burocratiche comprese. E la Dc ha meno di 15 giorni per portare a termine la sua campagna elettorale contro i 30 previsti per legge: «Infatti chiediamo un spostamento del voto di almeno quindici giorni, per il rispetto della legge sulla par condicio». Casini non sarà entusiasta della sentenza: «Io ho sempre cercato di aver un buon rapporto con lui — spiega Pizza, che festeggia con i suoi al ristorante —. Ma ha preferito creare un partito padronale. Comunque Casini usa illegittimamente il simbolo. Noi rappresentiamo la continuità storica con la Dc, che non è mai stata mandata a casa dagli elettori: l'ultima volta che si presentò, nel lontano '92, ottenne il 29,2 per cento dei consensi». Tra sofismi, cavilli, cause e faldoni, Pizza non molla. E chiede il rinvio del voto, a costo di far arrabbiare qualcuno nel centrodestra: «Non mi importa, decide la direzione della Dc non gli altri. Con il Pdl abbiamo solo un accordo tecnico al Senato. Restiamo di centro e proporzionalisti. Siamo ferocemente contrari a questo sistema elettorale e all'abolizione delle preferenze: un golpe».

    La sentenza del Consiglio di Stato ha un effetto collaterale importantissimo, come spiega Gianluigi Pellegrino, avvocato della Sinistra Arcobaleno: «Riconosce che la giurisdizione sull'ammissione delle liste alle elezioni politiche è amministrativa». Non una cosa da poco, visto che sono pendenti una serie di ricorsi presentati contro l'ammissione del Movimento per l'Autonomia di Raffaele Lombardo. Pendono, perché tutti gli organi teoricamente preposti si sono chiamati fuori dalla titolarità del giudizio: «C'è un vuoto di tutela grave — spiega Pellegrino —. Finalmente, con questa sentenza, si stabilisce che c'è un giudice a Berlino. A questo punto, da giurista, dico che occorre il tempo necessario per attivare la tutela. E quindi credo che sia necessario un rinvio della data delle elezioni».
    corriere



    Amato: non escluso rinvio elezioni per riammissione Dc

    Il ministro dell'Interno dopo l'accoglimento del ricorso da parte del Consiglio di Stato: ''La decisione in ogni caso compete a governo e presidente della Repubblica''. La Democrazia cristiana di Pizza: ''Si è trattato di un'arbitraria decisione amministrativa e di insensibilità politica da parte di Amato''. Berlusconi: ''Sarebbe un danno per il Paese che ha bisogno di un governo immediatamente operativo''.
    adnkronos

    porcellum, ciampi e la repubblica


    Molti politici, osservatori, giornalisti criticano la legge elettorale, il cosiddetto porcellum, che effettivamente causa una situazione parlamentare frammentata, altera gli effettivi equilibri di voti ed indebolisce la stabilita’ del governo.

    Il giudizio negativo sulla legge elettorale pero’ e’ strumentalmente usato solo per attaccare il governo berlusconi, dimenticando che la colpa non fu solo del ministro calderoni ma anche di ciampi.
    Evidentemente per non imbarazzare ciampi e per non screditare la figura superpartes (una farsa) del presidente della repubblica, si nasconde il fatto che la situazione del Senato è stata determinata dal presidente ciampi il quale rimandò il cosiddetto «porcellum» alle Camere perché pretendeva, ed ebbe, la ripartizione del premio di maggioranza su base regionale anziché nazionale.

    In questa situazione caotica ci sono poi gli imbrogli che sono la tipica caratteristica della repubblica, gia’ ampiamente utilizzati durante il referendum istituzionale del 1946 monarchia-repubblica.

    Oltre all’Italia territoriale in cui vota chi paga le tasse c’e’ un’Italia estera dominata da imbrogli e comportamenti farseschi : schede pazze, alle volte ci sono troppe schede altre volte poche, c’e’ chi vota due o tre volte, chi vorrebbe votare una volta sola non può perché la scheda non è arrivata, i seggi restano aperti per vari giorni ...

    Insomma per il porcellum dobbiamo ringraziare ciampi
    Per gli imbrogli dobbiamo ringraziare la repubblica

    Che razza di democrazia sarebbe questa repubblica?


    La polemica
    Quirinale: «Gravi le parole di Berlusconi»
    Il leader del Pdl: «Difficile governare con Ciampi, che stava dall'altra parte». In serata la replica del Colle

    ROMA - Silvio Berlusconi pronuncia la frase "incriminata" durante un forum organizzato dal Tempo: «Sappiamo che il Consiglio dei ministri non potrà approvare nulla che non debba passare sotto le forche caudine di un capo dello Stato che sta dall'altra parte». Il leader del Pdl ricorda il suo «rapporto con Ciampi» e cita anche un esempio: «Nell'attuale legge elettorale così maltrattata c'era solo una cosa da cambiare ed era il premio di maggioranza al Senato, che da regionale doveva diventare nazionale. Il grosso guaio fu dovuto a un'interpretazione della Costituzione da parte del Quirinale». Una critica esplicita al Colle, dunque. Poco dopo, però, è lo stesso Berlusconi a precisare il suo intervento: «Mi riferivo al rapporto dialettico con Ciampi. Non c'entra niente Napolitano, con cui ho un ottimo rapporto e a cui porto affetto e stima che so essere condivise».

    LA REPLICA - Ma al Quirinale non basta. In serata, infatti, arriva la replica: «La Presidenza della Repubblica - chiunque ne fosse il titolare - ha sempre esercitato una funzione di garanzia nell'ambito delle competenze attribuitele dalla Costituzione senza mai sottoporre a interferenze improprie le decisioni di alcun governo, e considera grave che le si possano attribuire pregiudizi ostili nei confronti di qualsiasi parte politica».

    LA TELEFONATA - Una dura presa di posizione. Tanto che poco dopo il portavoce di Berlusconi, Roberto Bonaiuti, riferisce di una telefonata chiarificatrice tra il leader del Pdl e il Capo dello Stato: «Berlusconi ha chiamato Napolitano per chiarire ancora meglio il senso del suo intervento».

    ISTITUZIONI - Ma è, in serata, ospite al programma «Conferenza stampa» su Rai Due, che Berlusconi torna a parlare delle grandi istituzioni, pur senza citare il Colle. Alla domanda se pensi che siano contro di lui ha risposto: «Non è che confermo un'opinione, è la realtà». L'ex premier ribadisce che nel 2006 ci sono state irregolarità. «La sinistra è arrivata alla pari nel 2006, ma ci sono stati molti brogli e un uso improprio delle schede bianche tanto che secondo noi si sarebbe dovuto ricontare le schede, ma la sinistra non l'ha consentito e ha messo le mani su tutte le istituzioni. La Corte Costituzionale vede 11 giudici dalla parte della sinistra, contro 3 dei nostri; al Csm è la stessa cosa, i sindacati pure, la grande stampa è a sinistra e parte dei Pm, non solo sono a sinistra, ma usano i loro poteri per fare lotta politica. Quindi la situazione è obbiettivamente difficile».

    VELTRONI - Sempre durante «Conferenza stampa», in quello che è stato una specie di duello televisivo in due tempi, anche Walter Veltroni interviene sull'argomento: «Quella di oggi è una brutta smentita» afferma, riferendosi alle tensioni tra Berlusconi e il Quirinale. «Attaccare il Capo dello Stato presente e passato e poi dover smentire e telefonare è una cosa che ci riporta esattamente indietro in questo quattordicennio».

    corriere