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mercoledì, maggio 02, 2007

Quirinale repubblicano


Per mantenere il Quirinale gli italiani sborsano una somma quattro volte superiore al capitolo di spesa per Buckingham Palace. I dipendenti sono pagati il doppio rispetto a quelli della Regina d'Inghilterra, le spese sono cresciute in 10 anni del 61%. (senza tener conto della inflazione).

Il confronto con i costi degli altri stati è disarmante, gli sprechi della repubblica italiana non hanno limiti a partire dal quirinale.
Mentre nel Regno Unito si sa tutto sui costi della Famiglia Reale, in Italia quelli della repubblica sono top secret.
In tema di trasparenza, guardare gli inglesi c’è da impallidire. La Regina pubblica i bilanci su internet e non solo li fa certificare da KPMG.( royal.gov.uk )
Un atto di estrema onestà e trasparenza, che purtroppo non viene replicato nella nostra amata repubblica.

La disgustosa speculazione repubblicana ha fatto credere ai cittadini che la repubblica era giusta anche perchè "era tempo di finirla con i Re che sbafano sulle spalle dei lavoratori".
In realtà la repubblica costa molto di più della monarchia e che è la repubblica che succhia sul sudore del Popolo!
Altro che rigore e trasparenza.
La repubblica trasforma in spreco tutto ciò che tocca, ed anche il Quirinale è diventato un lusso eccessivo. c'è uno spreco sbalorditivo dei soldi degli italiani.

I costi del Quirinale sono sbalorditivi, e' impensabile che nella situazione economica in cui versa l'Italia, in cui la stessa sussistenza di milioni di persone e' minacciata dalla crisi economica, possano essere spese simili cifre per il mantenimento dell'apparato del presidente della repubblica.

Inoltre è opportuno ricordare che nel Regno d'Italia i costi della Monarchia, facendo i dovuti calcoli, erano di venti volte inferiori; lo stesso Re Vittorio Emanuele III non volle mai aumentare il suo appannaggio nei 46 anni in cui regno.

Trovo sgradevole che non ci sia una scusa o spiegazione dell'oblio che c'è stato finora da parte della repubblica sui costi del quirinale.
Perchè questo silenzio?

Il 2 maggio esce nelle librerie: ecco una sintesi
Dai dipendenti ai giardini. I costi del Colle
Libro-inchiesta dei giornalisti del Corriere: spese cresciute del 61% in 10 anni, fermo lo «stipendio» del Presidente

ROMA — Giorgio Napolitano non ha mai messo i cappellini della regina Elisabetta. Dio lo benedica. Non ha un marito gaffeur come il principe Filippo che a una donna cieca col cane guida che vedeva per lei disse: «Lo sa cara che ci sono cani che mangiano per le anoressiche?». E Dio lo benedica. Preferisce i babà del caffè Gambrinus alle cakes di patate, frutta secca e pancetta affumicata. E Dio lo benedica. Sulla trasparenza, però, Dio salvi la regina. La quale ha messo on line tutti i suoi conti: tutti. Precisando quanto spende per questo e quanto spende per quello fin nei dettagli. Fino all'ultimo centesimo. Da noi no: segreto. Il bilancio del Quirinale è vietato ai cittadini. (…) O meglio, alcuni dati generici il Colle li ha dati. Per la prima volta, come se volesse farsi britannicamente carico dei nomignoli di «Sir George» e di «Lord Carrington» che si trascina da una vita, il presidente ha deciso, nel gennaio del 2007, di render note le «fondamentali scelte contenute nel bilancio interno». (…) La fitta coltre di nebbia sui costi della Presidenza, però, è stata appena scalfita. (…) Tutto pubblico, in Gran Bretagna.

Su Internet: www.royal.gov.uk/output/page3954.asp. Con 33 pagine ricche di dettagli sulle tabelle entrate-uscite dedicate alla prima voce, 54 alle residenze, 33 ai viaggi. Sei un cittadino? Hai diritto di sapere che i dipendenti a tempo indeterminato a carico della Civil List alla fine del 2005 erano 310, cioè 3 in più rispetto all'anno prima. Che la regina ha avuto regali ufficiali per 152.000 euro. Che nelle cantine reali sono stoccati vini e liquori «in ordine di annata», per un valore stimato in 608.000 euro. Che le uniformi del personale sono costate 152.000 euro e «catering e ospitalità» 1.520.000. Che sul volo di Stato numero tale, il giorno tale, in viaggio da qui a lì c'erano i passeggeri Tizio, Caio e Sempronio. La convinzione democratica che chi sta ai vertici del potere abbia il dovere (non la facoltà: il dovere) di rendere conto del pubblico denaro è talmente radicata che una tabellina indica, con nome e cognome, lo stipendio dei massimi dirigenti. Sappiamo quindi che la busta paga di Lord Chamberlain (Richard Luce fino all'11 ottobre del 2006, poi William Peel) è stata di 97.000 euro, quella del segretario particolare della regina Robin Janvrin di 253.000, quella del responsabile del Portafoglio privato Alain Reid di 276.000, quella del Maestro di Casa David Walker 191.000 euro. E da noi? Boh... (…)

Certo è che i costi, stando all'unica fonte a disposizione (la comunicazione annuale con cui il Quirinale informa il governo di aver bisogno di «tot soldi» senza spiegare nulla su come vengano spesi) hanno continuato inesorabilmente a lievitare senza che mai sia stato segnalato un taglio e senza che mai sia stata fornita una risposta alle richieste di aggiornamento dei dati conosciuti e mai smentiti. Ci sono ancora 71 alloggi a disposizione dei massimi dirigenti e dei collaboratori più stretti? I cavalli della ex Guardia del re sono ancora 60? (…) Dall'altra parte, in Inghilterra, la regina ha deciso di fornire ai cittadini non solo tutti i particolari del bilancio ma di far certificare questo bilancio dalla Kpmg. (…) Altra cultura.
Un giorno di qualche anno fa, per dire, il governo inglese si accorse che la Civil List aveva calcolato un'inflazione (7,5%) più alta di quella poi effettivamente registrata, col risultato che la famiglia reale aveva ricevuto 45 milioni di euro in più. Bene: Tony Blair e il cancelliere dello Scacchiere Gordon Brown, come riportarono tutti i giornali, decisero il congelamento dell'appannaggio per andare al recupero dei soldi. Invitata a «dimagrire», Elisabetta II ha preso l'impegno molto sul serio. Taglia di qua e taglia di là, per fare un solo esempio, a Buckingham Palace ci sono oggi 6 centralinisti a tempo pieno. La metà di quelli assunti dalla Asl di Frosinone nella tornata del dicembre del 2002. (…) Gli operai (falegnami, tappezzieri, orologiai...) impegnati nelle manutenzioni di Buckingham Palace sono in tutto 15, compreso il supervisore. Va da sé che la situazione finanziaria è letteralmente rifiorita. (…) Nel 1991-1992 la spesa pubblica per la Corona era di 132 milioni di euro, oggi è sotto i 57 milioni. Un taglio radicale. E il Quirinale? Negli ultimi anni, una sola voce è rimasta uguale: la busta paga del capo dello Stato. Che a partire da Enrico De Nicola, che non toccava gli 11 milioni di lire l'anno di indennità, è ancora praticamente la stessa. (…)

Intorno a lui, però, il Palazzo si è gonfiato e gonfiato e gonfiato negli anni senza che neppure Ciampi, che del risanamento dei conti pubblici e della sobrietà aveva fatto una ragione di vita riuscisse a fare argine. Eppure il nostro amatissimo Carlo Azeglio, già nel febbraio del 2001, aveva sotto gli occhi una fotografia nitida della situazione. Il rapporto del comitato che lui stesso aveva voluto subito dopo l'insediamento e guidato da Sabino Cassese. Le 49 pagine, allegati compresi, non furono mai rese note. E si capisce: le conclusioni, fra le righe, non erano lusinghiere. Nonostante i paragoni non fossero fatti con la monarchia inglese ma con la presidenza francese e quella tedesca.
Al 31 agosto del 2000 il personale in servizio da noi era composto da 931 dipendenti diretti più 928 altrui avuti per «distacco», per un totale di 1.859 addetti. Tra i quali i soliti 274 corazzieri, 254 carabinieri (di cui 109 in servizio a Castelporziano!), 213 poliziotti, 77 finanzieri (64 della Tenenza di Torvajanica, che è davanti alla tenuta presidenziale sul mare sotto Ostia, e 14 della Legione Capo Posillipo), 21 vigili urbani e 16 guardie forestali, ancora a Castelporziano. Numeri sbalorditivi.
Il solo gabinetto di Gaetano Gifuni era composto da 63 persone.
Il servizio Tenute e Giardini da 115, fra cui 29 giardinieri (…) e 46 addetti a varie mansioni.
Quanto ai famosi 15 craftsmen di Elisabetta II, artigiani vari impegnati nella manutenzione dei palazzi reali, al Quirinale erano allora 59 tra i quali 6 restauratrici al laboratorio degli arazzi, 30 operai, 6 tappezzieri, 2 orologiai, 3 ebanisti e 2 doratori. (…) Nel rapporto si sottolineava che la presidenza tedesca, dai compiti istituzionali simili, aveva dimensioni molto più contenute: 50 addetti alle tre direzioni organizzative, 100 ai servizi logistici e di supporto e 10 agli uffici degli ex presidenti. Totale: 160. Cioè 29 in meno dei soli addetti alla sicurezza di Castelporziano.

Quanto all'Eliseo, il confronto era almeno altrettanto imbarazzante: nonostante il presidente francese abbia poteri infinitamente superiori a quello italiano, aveva allora (compresi 388 militari) 923 dipendenti. La metà del Quirinale. E infatti costava pure quasi la metà: 86 milioni e mezzo di euro in valuta attuale, contro 152 e mezzo.
Per non dire del confronto, umiliante, con la presidenza tedesca che sulle casse pubbliche pesava per 18 milioni e mezzo di euro: un ottavo della nostra. (…) Eppure, dopo quella denuncia interna sull'elefantiasi della struttura, non solo sono aumentati perfino i corazzieri ma il personale di ruolo è salito (…) a 1.072 persone. E ancora più marcato è stato l'aumento sul versante del «personale militare e delle forze di polizia distaccato per esigenze di sicurezza del presidente e dei compendi»: poliziotti, carabinieri e uomini di scorta vari sono 1.086. Cioè 382 in più rispetto a dieci anni fa. Con un balzo del 54%. Fatte le somme: nelle tre sedi rimaste in dotazione alla presidenza dopo la cessione alla Regione Toscana della tenuta di San Rossore, e cioè il Colle, Castelporziano e Villa Rosebery a Napoli, lavorano oggi 2.158 persone. Il doppio, come abbiamo visto, di quelle impiegate dalla corte inglese o dall'Eliseo. (…)
Col risultato che il solo personale costa oltre 160 milioni di euro. Pari, grossolanamente, a una busta paga pro capite di oltre 74.000 euro. Il doppio dello stipendio di uno statale medio. E il doppio di un dipendente della regina. I numeri più ustionanti, tuttavia, sono quelli assoluti.
La «macchina» del Quirinale costava nel 1997 «solo» 117 milioni di euro. Dieci anni dopo ne costa 224 (più altri 11 milioni che arrivano al Colle da «entrate proprie quali gli interessi attivi sui depositi e le ritenute previdenziali»). Un'impennata del 91%. Si dirà: c'è stata l'inflazione. Giusto. Fatta la tara, però, l'aumento netto resta del 61%. Per non dire del paragone con vent'anni fa. Sapete quanto costava la presidenza della Repubblica nel 1986? In valuta attuale meno di 73 milioni e mezzo di euro. Il che significa che in vent'anni la spesa reale, depurata dall'inflazione, è triplicata. Mentre lassù in Gran Bretagna veniva più che dimezzata. Col risultato che oggi Buckingham Palace costa un quarto del Quirinale.

ilcorrieredellasera

martedì, maggio 01, 2007

Repubblica turca



Il supremo tribunale ha accolto la tesi dell'opposizione parlamentare secondo la quale non era presente un numero sufficiente di deputati e la Corte Costituzionale Turca ha dichiarato invalida la prima votazione per l'elezione presidenziale, facendo sprofondare la Turchia in una crisi politica.

Il portavoce del governo ha annunciato che la candidatura del filoislamico Gul sarà riproposta.

Il governo e l'opposizione sono favorevole alle elezioni anticipate, ed in questo caso il presidente uscente Ahmet Necdet Sezer rimarrebbe come capo dello Stato ad interim fino a quando il nuovo parlamento non avrà scelto il suo successore.

Non solo la Turchia sprofonda in una profonda crisi politica, ma il clamoroso annullamento delle votazione presidenziale dimostra ancora una volta che la repubblica, invece di unire, divide i cittadini.


La repubblica divide.
La Monarchia unisce!


I giudici hanno deciso a larghissima maggioranza
Turchia: annullato il voto presidenziale
Aperta via a elezioni anticipate dalla decisione delle Corte Costituzionale di annullare il primo turno dello scrutinio

ANKARA - La Corte costituzionale turca ha annullato il voto del primo turno delle elezioni presidenziali. I giudici hanno deciso a larghissima maggioranza (9 contro 2) che per l'elezione del nuovo presidente della repubblica sarebbe stato necessario raggiungere il quorum dei 2/3 dei votanti. Il vicepresidente della corte costituzionale Hasim Kilic ha detto che la corte ha accolto l'appello dell'opposizione laica, che aveva fatto ricorso affermando che nella prima votazione da parte del parlamento per l'elezione del capo dello stato, in cui l'attuale ministro Abdullah Gul non era riuscito ad avere la maggioranza qualificata richiesta, mancava il numero legale. Gul è il candidato del partito di radici islamiche Akp.
Il primo ministro Tayyip Erdogan potrebbe ora proporre un diverso candidato per la massima carica dello Stato, ma molti osservatori ritengono che la soluzione più probabile sarà l'organizzazione di elezioni anticipate (che probabilmente avranno luogo a fine giugno inizio luglio) per cercare di far calare la tensione politica.

I FATTI - Il primo turno del voto presidenziale aveva innescato un'aspra crisi fra l’esercito e il governo, accusato di mettere a repentaglio il principio della laicità, in vigore nel Paese. Venerdì scorso, nel primo turno di voto, 361 deputati erano presenti in aula. Il Chp, maggiore partito d'opposizione, aveva boicottato la seduta e presentato ricorso alla Corte costituzionale. Dei 361 deputati presenti, 357 avevano votato in favore del candidato unico, il ministro degli esteri Abdullah Gul, designato dal filoislamico Akp. Gul avrebbe dovuto passare al terzo turno quando per l'elezione è sufficiente la maggioranza assoluta di 276 voti. I militari si erano espressi in maniera forte per la laicità dello stato e domenica, a Istanbul, oltre un milione di persone era sceso in piazza per difendere i valori di Ataturk. Anche le manifestazioni per il primo maggio si sono trasformate in espressioni di dissenso verso la scelta di Gul come candidato presidente.

GOVERNO FAVOREVOLE A ELEZIONI ANTICIPATE - Il governo turco, dopo il proniciamento della Corte Costituzionale, è pronto a tenere delle elezioni legislative anticipate dopo l'annullamento dello scrutinio presidenziale deciso oggi dalla Corte costituzionale. Lo ha detto il portavoce governativo Cemil Cicek. «Noi siamo favorevoli ad anticipare la data delle elezioni e a farle nel più breve tempo possibile», ha detto Cicek ai giornalisti al termine del consiglio dei ministri.
Il primo ministro Recep Tayyip Erdogan ha convocato una riunione dei massimi dirigenti del suo Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp, di ispirazione islamica) al governo della Turchia.
Senza dire quando potrebbero tenersi le elezioni politiche, ora previste per il prossimo 4 novembre, Cicek ha sottolineato che la sola condizione posta dall'Akp è un emendamento della costituzione che abbassi l'età di elegibilità dei deputati dagli attuali 30 ai 25 anni.

ilcorrieredellasera

mercoledì, aprile 25, 2007

Riconciliazione repubblicana



Se questa è una riconcilazione .....

In Italia non può esserci una vera riconciliazione perchè la repubblica divide gli italiani !

25 aprile
PRODI, paese verso RICONCILIAZIONE

L'Italia e' sulla via della riconciliazione.
Lo ha detto il premier Romano Prodi a margine della cerimonia dell'anniversario della liberazione.
agi


La manifestazione a Milano per la commemorazione del 25 aprile
Fischi alla Moratti e slogan contro Bertinotti

Dura contestazione in piazza Duomo al discorso del sindaco.

Slogan anche contro Diliberto e la pm Boccassini

La manifestazione del 25 aprile a Milano è finita con un netta spaccatura.
Parte di piazza Duomo ha infatti contestato duramente Letizia Moratti: l'intervento del sindaco di Milano dal palco è stato a tratti sovrastato dai fischi e dai cori della folla che, assiepata sulle transenne, ha gridato: Fascista, vergogna.

Il nucleo della contestazione è venuto proprio dalle prime file di chi ha assistito ai comizi finali in piazza Duomo, mentre sventolavano cartelloni a supporto di Emergency e bandiere rosse.


CONTESTAZIONI ANCHE A BERTINOTTI E DILIBERTO

Gli autonomi hanno urlato Bertinotti e Diliberto servi dei padroni prima scendete in piazza e poi firmate le missioni.


TENSIONE TRA RIFONDAZIONE E CENTRI SOCIALI - Ci sono stati momenti di tensione tra i militanti del centro sociale il Cantiere e il servizio d'ordine di Rifondazione comunista.


STRISCIONE DI SOLIDARIETA' AI BR
Libertà per i compagni. Dai vostri compagni di lotta.


ilcorrieredellasera

La repubblica libera la Balzerani



La libertà condizionale concessa all’ex brigatista rossa incrina la fiducia (già molto scarsa..) fra cittadini e la repubblica.
Volontè (Udc) afferma : Questa sentenza appare basata più su considerazioni politico-culturali che su motivi giuridici.

Appunto la repubblica ha voluto liberare la brigatista!!

Balzerani libera: è bufera

Barbara Balzerani, 57 anni, ex primula rossa condannata a tre ergastoli per il sequestro e l’uccisione di Aldo Moro oltre al concorso morale negli omicidi di quattro carabinieri, è libera dopo quasi 22 anni di reclusione dal giorno del suo arresto avvenuto il 19 giugno 1985.
La Cassazione ha confermato ieri la sentenza con cui era stata concessa la libertà condizionale all’ex brigatista rossa che quindi non tornerà più dietro le sbarre di Rebibbia. Nei suoi confronti restano ben poche restrizioni come il divieto di abbandonare l’Italia. Alla decisione si era appellato il Tribunale di sorveglianza; l’obiezione erano i mancati «segni di resipiscenza» del passato della Balzerani nel terrorismo. Prima di concedere la libertà vigilata, i giudici di sorveglianza hanno interpellato i parenti di alcune vittime, ma l’unica a esprimere parere favorevole è stata Maria Fida Moro.
Molte le reazioni. Secco il coordinatore di Fi, Sandro Bondi: «Gli italiani faranno non poca fatica a comprendere le ragioni giuridiche e morali della decisione della Cassazione. Si rischia di incrinare la fiducia fra cittadini e magistratura, oltre che tra i diversi poteri dello Stato». Il senatore azzurro Maurizio Sacconi ha detto che la libertà alla Balzerani «è espressione della generosa comprensione politica verso il brigatismo, alimentato da alcuni settori della maggioranza e del Governo. Nonostante il permanere di un pericolo eversivo in Italia e solo in Italia». Gli ha fatto eco Luca Volontè (Udc): «Questa sentenza appare basata più su considerazioni politico-culturali che su motivi giuridici».

ilgiornale

martedì, aprile 24, 2007

Deficit repubblicano



Nel Rapporto annuale 2006 della Bce si legge che l'Italia è uno dei pochi stati dove il rapporto debito pubblico-Pil non è diminuito.
Secondo la BCE si deve evitare atteggiamenti di compiacimento, per assicurare la rapida attuazione del risanamento è indispensabile definire ulteriori misure di risanamento dei conti concrete e credibili.

L’Unione monetaria europea obbliga l'Italia a tenere a freno deficit e debito accumulato, ma non i cordoni della spesa pubblica, al punto che oltre la metà del prodotto interno lordo se ne va per i mille rivoli delle amministrazioni statali e degli enti locali.
La spesa pubblica italiana continua a correre. Nel 2006 - secondo i dati di Eurostat notificati dal Governo - è salita al 50,1% rispetto al 48,3% del 2005 e al 47,7 del 2004.
Il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, in occasione della riunione Ecofin a Berlino, aveva lanciato l’allarme sulla spesa pubblica affermando che l’obiettivo primario è ridurre la spesa primaria.

Ho l'impressione che per ridurre le spese ci vuole una rivoluzione.
E' la repubblica che ha creato questo enorme deficit pubblico, lo ha fatto quasi scientificamente per occupare tutti i gangli dello stato, per controllare gli italiani e per mantenere il potere.

Purtroppo nonostante i numerosi sacrifici degli italiani, il deficit pubblico dello stato repubblicano è ancora troppo alto perchè le spese (e gli sprechi ...) dello stato repubblicano continuano.

Solo una rivoluzione potrà ridurre le spese dello stato repubblicano !!
Eurostat: deficit/pil italiano al 4,4%. Istat: nel 2007 discesa al 2,3% Bce: «Il debito italiano è il più alto» La Banca centrale europea: «Vanno ridotte le spese. No a un allentamento della politica fiscale»

ROMA - «Il rapporto debito pubblico-Pil dell'area dell'euro è diminuito nel 2006, riflettendo le riduzioni conseguite in gran parte dei Paesi, con le eccezioni rilevanti dell'Italia, divenuto il Paese con il più elevato debito, e del Portogallo». È quanto si legge nel Rapporto annuale 2006 della Bce, in cui si invitano tutti i Paesi di Eurolandia ancora lontani dall'aver risanato i conti a «non sovrastimare il ritmo del risanamento» a causa delle entrate inattese, a non «allentare la politica fiscale» e a procedere, piuttosto, a una «riforma strutturale della spesa» e quindi a una sua «riduzione».

GIU' SPESA, NO CALO TASSE - «Nel 2006 l'evoluzione dei conti pubblici nell'area dell'euro è stata relativamente favorevole. Tale andamento però - si legge nel Rapporto della Banca centrale - è principalmente il risultato della forte crescita del Pil e di entrate in attese, e solo in piccola parte di un reale risanamento dei conti pubblici». Per questo è necessario «accelerare» e dare la giusta lettura al calo di deficit e debito: infatti, «il miglioramento del saldo strutturale del bilancio - si legge nel Rapporto - potrebbe in parte riflettere le predette entrate inattese e sovrastimare pertanto il ritmo di fondo del risanamento». Per la Bce, «è quindi indispensabile definire ulteriori misure di risanamento dei conti che siano concrete e credibili e assicurarne la rapida attuazione. Queste - si legge nel rapporto - avranno maggiori possibilità di riuscita se saranno basate su una strategia complessiva e credibile di medio periodo, incentrata sulla riduzione della spesa anziché sull'incremento delle entrate». Dunque, bisogna «mettersi al riparo da atteggiamenti di compiacimento», perché «l'atteso proseguimento della congiuntura favorevole nel futuro prossimo deve essere pienamente sfruttato per raggiungere quanto prima posizioni di bilancio solide e una rapida riduzione del debito pubblico». E al fine di evitare che si ripetano gli errori del passato e di prevenire l'insorgenza di squilibri macroeconomici, è essenziale che tutti i Paesi si astengano dall'adottare un orientamento pro-ciclico di allentamento della politica fiscale e si impegnino invece a conseguire posizioni di bilancio solide durante l'attuale ripresa».

EUROSTAT - Il rapporto annuale della Bce arriva dopo la prima notifica sui conti pubblici dei paesi membri da parte dell'Eurostat. Secondo i dati, l'Italia ha chiuso il 2006 con un deficit al 4,4% del Pil e un debito pubblico al 106,8% del Pil. Nella zona euro e nei Ventisette il disavanzo è sceso, rispetto al 2005: in Eurolandia è passato dal 2,5% all'1,6% lo scorso anno, mentre nell'Ue nel suo insieme dal 2,4% all'1,7%. «Nel 2006 - scrive l'Ufficio europeo di statistica - i disavanzi maggiori rispetto al Pil sono stati registrati da Ungheria (-9,2%), Italia (-4,4%), Polonia e Portogallo (entrambi -3,9%) e Slovacchia (-3,4%). Undici paesi hanno invece concluso il 2006 in surplus, in testa Danimarca (+4,2%) e Finlandia (+3,9%). A seguire poi Estonia (+3,8%), Bulgaria (+3,3), Irlanda (+2,9%), Svezia (+2,2) Spagna (+1,8%), Paesi Bassi (+0,6%), Lettonia (+0,4%), Belgio (+0,2%) e Lussemburgo (+0,1%). »In tutto - scrive ancora Eurostat - 22 paesi membri hanno registrato un miglioramento del deficit, rispetto al 2005, solo in 5 stati è stato osservato un peggioramento«.
ISTAT: PREVISIONI 2007 - Contestualmente ai dati Eurostat, l'Istat ha reso noto che l'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche si attesterà quest'anno al 2,3%, in calo rispetto al 4,4% del 2006, mentre il debito pubblico scenderà al 105,4 del Pil.

ilcorrieredellasera

lunedì, aprile 23, 2007

Siccità repubblicana



Lo stato dei corsi d’acqua e dei bacini italiani è preoccupante. Il deficit delle precipitazioni nel periodo autunno-inverno si ferma su valori tra il 20 e il 40% inferiori a quelli medi, ma in alcune zone del Nord-Est e del Centro si scende al 50-60% in meno. La neve ricopre un terzo del territorio che imbiancava l’anno scorso. Anche per questo il Po, in tutte e cinque le stazioni di rilevamento, ha una portata di 500 metri cubi al secondo inferiore alla media mentre il lago di Garda è ben al di sotto della media.
http://eurosot.protezionecivile.it/siccitaFinale.pdf

Il cambiamento climatico sta causando una drastica riduzione delle riserve idriche, piove sempre di meno e la temperatura del globo aumenta, ma l’emergenza che scatta ogni anno con l’arrivo del caldo dimostra che le cause sono anche nella cattiva gestione delle nostre risorse idriche.
Insomma il rischio di siccità in Italia è una sciagura naturale ma a ciò si aggiunge l'assoluta incapacità della repubblica.

Infatti che io sappia non ci sono mai stati interventi che blocchino i consumi non necessari, gli sprechi idrici aumentano, non è mai partito un piano per l'uso razionale della risorsa idrica.

Purtroppo in Italia si lavora sempre in emergenza, manca sempre la prevenzione.
E' ormai da anni che il problema fa parte dell'agenda dei governi, ma si è fatto molto poco, se non dire nulla.
Ecco così che sulla siccità l'orientamento dei tecnici è di far scattare lo stato di crisi, anche per fronteggiare la criticità del settore elettrico per l'estate 2007.
L'emergenza rischia infatti di mettere l'Italia in difficoltà nei prossimi mesi, anche sul fronte di un blackout elettrico.

E' ovvio però che lo stato d'emergenza, però non basta, ma servono interventi strutturali.
Uno stato serio e capace dovrebbe varare un piano antisprechi e avviare l'ammodernamento della rete idrica italiana, che disperde una quantità inaccettabile delle risorse a causa della propria fatiscenza.
L'acqua è un bene che, a causa dei cambiamenti climatici in atto, diventa di anno in anno sempre più prezioso e va assolutamente tutelata.




Riunione di tecnici al ministero dello Sviluppo economico
già avviato il programma per il risparmio delle risorse idriche
Italia, è allarme siccità, rischio blackout
Pecoraro Scanio: "Stato d'emergenza"
Preoccupazione per il livello del Po, mai così basso ad aprile

Italia, è allarme siccità, rischio blackout
Pecoraro Scanio: "Stato d'emergenza"


ROMA - Italia ad alto rischio siccità: è allarme per i prossimi mesi, anche per le forniture di elettricità. I tecnici che seguono la situazione si sono riuniti, oggi, al ministero per lo Sviluppo economico per fare il punto alla luce del dossier "Emergenza Estate 2006", e sarebbero orientati a chiedere al governo lo stato di crisi, prevedendo anche il contingentamento delle risorse idriche nei prossimi mesi, ma non di quelle ad uso domestico. Una richiesta che trova sponda nel ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio: "Domani chiederò lo stato di emergenza nel corso del Cdm". A pesare sarebbero anche le previsioni delle temperature, sopra le medie stagionali, oltre alla carenza idrica: il lago Maggiore, ad esempio, registra un livello di invaso inferiore di 60 milioni di metri cubi rispetto al 2006. "Lo stato d'emergenza, però, non basta, servono interventi strutturali - continua Pecoraro Scanio - In particolare è necessario varare un piano antisprechi ed avviare l'ammodernamento della rete idrica italiana, che disperde una quantità inaccettabile delle risorse a causa della propria fatiscenza".

All'ordine del giorno della riunione di oggi, l'ottimizzazione delle poche risorse a disposizione, con l'ipotesi di "rilasci controllati" che consentano di evitare sprechi e mantenere il più alto possibile il livello del Po, mai così basso ad aprile. Ma anche la predisposizione di misure operative che consentano di ridurre il rischio blackout. Non c'è ancora la dichiarazione di stato di emergenza ma, di fatto, il programma per la razionalizzazione dei consumi idrici è stato già avviato.

Produttori e gestori di energia, Authority e Regioni, Autorità di bacino e Protezione civile, nella riunione di questa mattina hanno ritenuto necessario definire un programma da subito operativo. Perché le previsioni per i prossimi mesi non consentono di recuperare il deficit idrico accumulato in autunno e in inverno e, dunque, il problema della siccità è ormai una realtà più che un rischio.

Il programma prevede quindi che già da ora vengano effettuati dei rilasci controllati di acqua, sia dai grandi laghi sia dagli invasi alpini, in modo da consentire di ripristinare soprattutto il livello del Po. Un ripristino che, in ogni caso, non consentirà di tornare a livelli abituali, visto che ad oggi il grande fiume ha una portata inferiore anche a quella del 2003, quando vi fu la necessità di intervenire pesantemente con la dichiarazione dello stato d'emergenza e il varo di una cabina di regia nazionale per la razionalizzazione delle risorse a disposizione.

Quanto al rischio blackout, sempre secondo quanto si è appreso, gli esperti stanno già studiando le misure necessarie per impedire che un eccessivo utilizzo di energia faccia saltare l'intera rete. Allo studio ci sono due misure: una interna, il distacco delle utenze industriali cosiddette 'interrompibili' (quelle cioè che a fronte di riduzioni tariffarie sono pronte ai distacchi) e una esterna, l'acquisto di una maggiore quantità di energia dall'estero.

larepubblica

giovedì, aprile 19, 2007

Fassino chiama Ciampi nel partito democratico

ciampi è stato banchiere, ministro sotto il governo prodi e d'alema, Presidente del Consiglio, presidente della repubblica.
Adesso fassino confida che lo vorrebbe nel nascituro partito democratico.

ciampi : un vero superpartes repubblicano !!

Roma 19/04/2007 09:03
FASSINO AL CORRIERE: NEL NUOVO PARTITO DEMOCRATICO VORREI CIAMPI

Roma, 19 apr. (APCom) - Il segretario dei Ds vorrebbe personaggi come il presidente emerito della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi nel nascituro Partito democratico. Lo confida lo stesso Piero Fassino in un colloquio con il 'Corriere della sera'. Oggi si apre, a Firenze, l'ultimo congresso della Quercia prima della creazione del Pd. Comincia una storia nuova, evoluzione della precedente. E' come quando due persone si uniscono per generare una creatura, che poi diviene autonoma, con una sua identità. Nel nostro caso - spiega Fassino - il generatore è l'Ulivo. Infatti il simbolo resterà, così come faremo le feste della doppia U, Unità e Ulivo. Senza l'alleanza nell'Ulivo non ci sarebbe oggi il partito democratico. Ora passiamo dai Dico al matrimonio". Non è detto, per il leader Ds, che il presidente del nuovo partito debba essere anche il candidato premier. "Questo può essere vero in linea di principio, ma se guardo in Europa vedo esperienze diverse. Ne riparleremo. In questo momento contano tutt'altre cose. Adesso dobbiamo fare bene il Pd". Quanto alla prevista scissione, "Mussi e le sue idee peserebbero di più dentro un grande partito anziché in un piccolo movimento". Compagne e compagni' saranno le prime parole che dirò al congresso", dice Fassino. "Però dirò anche 'amiche e amici', perché intendo rivolgermi ai vecchi compagni di viaggio e ai nuovi". Nella relazione il segretario affronterà anche i temi di attualità come il dialogo per le riforme con Berlusconi e il caso Telecom.

la7

repubblica pubblicitaria

repubblica francese

Il fatto che le elezioni presidenziali francesi ispirano la pubblicità dimostra i limiti del sistema repubblicano.
Infatti significa che la repubblica è in fondo un business, dove la scelta del capo di stato repubblicano è influenzata anche dalla pubblicità, dai soldi, da immagini osè, dai reggiseni sexy, dalla pizza, dai detergenti....
Dai prodotti pubblicitari inevitabilmente si giunge alla ironia, alla mancanza di rispetto per la repubblica.
D'altronde non mancano certi motivi più validi per criticare il sistema repubblicano.

Inoltre c'è anche lo spot di una nota marca di biancheria intima femminile (reggiseno), dove una donna dallo sguardo provocante e in posizione lasciva, dice : Con me, nessun astenuto.
Visto che secondo i sondaggi il 42% degli elettori è ancora indeciso su chi votare, ho l'impressione che la repubblica francese per diminuire l'astensionismo ha in un certo senso spinto, autorizzato questo spot, o perlomeno si è sola compiaciuta ...

Ripeto : la Monarchia è meglio della repubblica!!

Francia, le elezioni ispirano la pubblicità Dai reggiseni sexy («Con me nessun astenuto») alle «pizzadenziali»: così le presidenziali influenzano gli spot

PARIGI – Dai reggiseni sexy alle assicurazioni, passando per le pizze e i detergenti. In Francia, le elezioni ispirano pubblicitari e aziende che
sfruttano il periodo elettorale per vendere prodotti con slogan presidenziali. In fondo, lo scopo finale è quasi lo stesso e l'ironia non guasta mai.

ASTINENZA - Una nota marca di biancheria intima femminile promuove un reggiseno contro l'astensionismo. La candidata, una modella bionda dallo sguardo provocante e in posizione lasciva, annuncia: «Con me, nessun astenuto», oppure «finalmente una candidatura ben sostenuta». Efficace.

MOZZARELLA - «Voglio ridare dignità ai funghi, al prosciutto cotto e alla mozzarella» è il programma di una delle quattro candidate della Domino's Pizza che si contendono le "pizzadenziali": pizza regina, pizza margherita, pizza stravagante e quattro formaggi.

BARBA - Tre partiti lottano per l'Eliseo dello yogurt: il Collettivo per i fusi del cioccolato, il Fronte di liberazione dei sapori e l’Unione per la Repubblica dei golosi. Si vota via Internet. Tre candidati si battono per il "No alla dittatura della rasatura tradizionale". Tre stili (free style, rasatura simmetrica e sexy), una marca: lamette Wilkinson.

AIDS - Più seriamente, tutti i principali candidati (salvo Le Pen) si sono prestati a sostenere la campagna di sensibilizzazione per la lotta all'Aids. La foto del presidenziabile è accompagnata da una domanda che non lascia scampo: «Votereste per me se fossi sieropositivo?».

VIDEO - Ikea e Pagine Gialle hanno optato per spot video, diffusi anche via Internet. Il gruppo svedese da ottobre chiede ai francesi di votare Ikea, "per dire sì al cambiamento». L'elenco telefonico si affida invece a spietati imitatori di Royal, Sarkozy e Bayrou, tic e manie incluse. L'assicuratore Maaf infine garantisce a tutti una salute buona, un ambiente sano, più potere d’acquisto, una pensione certa e strade più sicure. Come? Basta sottoscrivere la polizza.

ILCORRIEREDELLASERA

martedì, aprile 17, 2007

Telecom: governo da repubblica banane



Ai microfoni del Tg3, Pier Ferdinando Casini intervenendo nel dibattito sul futuro di Telecom ha detto che l'italia è davvero una repubblica delle banane.

Al contrario di quello che capita negli altri Paesi europei, il governo sta certamente esercitando un’influenza enorme ma non per tutelare i risparmiatori.

Inoltre le Authority devono essere ed apparire tali, se diventano strumento del governo non sono più Autorità indipendenti.



Telecom: Casini, governo da repubblica banane

“C’è un atteggiamento irresponsabile del governo, con ministri in libertà che evocano il cambiamento delle regole mentre questa sorta di trattativa è in corso.

Davvero una repubblica delle banane. Un grande Paese come l’Italia non cambia le regole in corso d’opera e una classe dirigente responsabile si comporta diversamente. Il tutto avviene con la totale noncuranza dei risparmiatori italiani, che sono poi anche quelli che in Telecom investono”.
Ai microfoni del Tg3, Pier Ferdinando Casini interviene così nel dibattito sul futuro di Telecom. “Il governo — prosegue il leader Udc — sta certamente esercitando un’influenza enorme, cosa che non capita in alcun Paese europeo, ma non per tutelare i risparmiatori”. C’è un appunto anche alle Authority: “Penso che anche le Autorità indipendenti dovrebbero riflettere autocriticamente. Non sono il braccio armato del governo, le Autorità indipendenti sono terze: debbono essere ed apparire tali. Quando diventano strumento del governo — conclude Casini — non sono più Autorità indipendenti”.

kataweb

Alta velocità repubblicana



Leggendo un articolo pubblicato su La Stampa si vede che il costo delle linee ferroviarie italiane ad alta velocità è 3-4 superiore a quella di Spagna e Francia, insomma una denuncia della incapacità della repubblica italiana ad essere competitiva con gli altri stati europei.

L'amministratore delegato di FS sostiene che :
- abbiamo vincoli unici al mondo.
- ha contato ben 400 km di nuova viabilità e lavori di adeguamento su altri 700 km (cavalcavia e sottovia, varianti autostradali....).
- ha puntato il dito soprattutto contro vincoli, richieste e prescrizioni di autorità centrali e locali che hanno complottato per far aumentare i costi.

Le cifre lasciano sconcertati: i 564 chilometri di linee ad alta velocità realizzate in Italia hanno avuto un costo medio di 32 milioni al chilometro, contro i 10 pagati dai francesi (1.549 km) ed i 9 degli spagnoli (1.030 km).
Un trend confermato anche per i lavori futuri: le Fs infatti calcolano che i 647 km di nuove linee avranno un costo medio per chilometro di 45 milioni, contro 13-15 dei nostri cugini.

Ma non basta perché poi c’è la ferrovia con le relative opere di contorno e sovrappassi, come pendenza dei cavalcavia del 4% invece del 6 preesistente che aumenta il costo, la permeabilità delle strutture all’acqua per le risaie....

Difronte a questi dati si conclude che lo Stato repubblicano continua a sperperare i soldi degli italiani, i costi dell’alta velocità aumentano rispetto al preventivo e nessuno fa nulla.
Cosa fa la magistratura?
Si perde tempo con le intercettazioni telefoniche per sapere i gusti sessuali di alcuni personaggi, ma non c'è nessuno che difende gli italiani.

Forse l'opera tav potrà anche essere utile, ma rimane il problema che il sistema repubblicano considera le opere pubbliche come modi per arricchirsi e scambiarsi favori tra amici ...

Purtroppo la Tav in Val di Susa è un altro emblema della rapina repubblicana, del continuo esproprio delle nostre tasse.

lunedì, aprile 16, 2007

L'Italia è la repubblica del taroccato

Leggendo questo articolo pubblicato dal quotidiano La Stampa si apprende che l’Italia è al primo posto in Europa per consumo di beni contraffatti.

Ma perchè nel titolo di questo articolo La Stampa ha usato il termine regno invece di repubblica?
Eppure in Italia (purtroppo) c'è una repubblica.

La maggior parte dei massmedia italiani sono controllati dal sistema repubblicano, e siamo arrivati al punto di usare il termine "regno" in senso spregiativo oppure per screditare un sistema.

La repubblica è così pura e perfetta che se in Italia c'è qualcosa che non funziona si deve parlare di regno.
Incredibile!



L'Italia è il regno del "taroccato"

La conferma viene dal primo rapporto presentato al Parlamento dall’Alto commissario per la lotta alla contraffazione

L’Italia è al primo posto in Europa per consumo di beni contraffatti. La conferma viene dal primo rapporto presentato al Parlamento dall’Alto commissario per la lotta alla contraffazione Giovanni Kessler. Un fenomeno in costante crescita e che nei primi 6 mesi del 2006 ha portato a 817 arresti, 7mila 702 denunce e 11mila 728 sanzioni amministrative. I sequestri penali, sempre nello stesso periodo, sono stati 10.779, quelli amministrativi 12.283. Complessivamente, nel primo semestre 2006, le operazioni condotte a buon fine dalle Forze dell’ordine nelle diverse fasi del processo economico, dalla produzione fino alla commercializzazione, sono state 79mila 774.

Il giro d’affari stimato dei produttori di falsi in Italia, al 2005, è di tre miliardi e mezzo di euro: tessile, pelletteria e calzature rappresentano una quota del 60%, mentre il resto riguarda beni di consumo, componentistica, software, orologi, cd e dvd. L«industrià della contraffazione è diffusa in tutto il territorio nazionale, con punte particolarmente elevate in Campania, ’specializzatà in abbigliamento, componentistica e beni di largo consumo; in Toscana, nel Lazio e nelle Marche (pelletteria), nelle aree del Nord-Ovest e del Nord-Est (componentistica e orologeria).

Le norme in vigore nel nostro Paese per combattere contraffazioni e pirateria, sottolinea Kessler, sono, »almeno sulla carta«, tra le più avanzate in Europa. Occorre però verificare l’efficacia della legislazione sanzionatoria del consumo consapevole di beni contraffatti »oggi di fatto inapplicata«. Ma sopratutto, l’efficacia di alcune norme rischia di essere vanificata, rileva Kessler, dall’indulto e dalla legge ex Cirielli. (L’indulto, precisa Kessler, si applica ai reati commessi fino al maggio 2006 e puniti con la reclusione non superiore a tre anni e pene pecuniarie non superiori a 10mila euro. «Questa legge -osserva l’Alto commissario- porta alla fine della maggior parte dei procedimenti penali in corso, e analoga sorte avranno futuri procedimenti penali relativi a reati commessi prima del maggio dello scorso anno». Quanto alla ex Cirielli, questa, dice Kessler, «determina la cancellazione per prescrizione della maggioranza dei procedimenti penali in corso per i reati di contraffazione e pirateria, con la conseguente inefficacia delle sanzioni previste».

Eppure, la quantità dei prodotti contraffatti è aumentata a dismisura negli ultimi dieci anni, contestualmente ad un vero e proprio «cambio di marcia» da parte di organizzazioni delinquenziali in continua ’evoluzionè. «Fino a dieci anni fa -spiega Kessler- la figura del venditore extracomunitario era quella preponderante. Oggi ci si confronta sempre più spesso con soggetti preparati ad eludere i presidi legislativi e tecnologici predisposti ad hoc per contrastare la violazione di diritti di proprietà industriale od intellettuale. E se è vero che l’era digitale ha messo a disposizione dei legittimi titolari dei marchi strumenti sempre più nuovi e utili per difendersi dagli abusi altrui, è altrettanto vero che quello stesso progresso tecnologico ha rifornito anche i contraffattori di mezzi sempre più sofisticati».

I danni non sono solo di carattere economico, ma possono investire anche la sfera dell’incolumità dei cittadini: «basti pensare -rileva Kessler- ai farmaci, ai giocattoli, ai prodotti elettrici e di elettronica di consumo, agli accessori di telefonia mobile, solo per citarne alcuni».

lastampa

venerdì, aprile 13, 2007

Pensioni repubblicane

In Italia nel 1995 si riformò il sistema pensionistico con la legge Dini (a sfavore dei lavoratori) ed adesso si discute di innalzare l’età pensionabile, ma lo status pensionistico dei parlamentari è gestito in maniera opposta.
Secondo i regolamenti interni delle due Camere i parlamentari stabiliscono un vitalizio per coloro che abbiano prestato servizio per almeno 2 anni e mezzo e che abbia pagato 5 anni di contributi. Inoltre il vitalizio viene automaticamente pagato al raggiungimento del 50° anno di età ai parlamentari non più in attività ed è cumulabile con altre fonti di reddito e varia in base agli anni di servizio.

Mentre il sistema pensionistico nazionale attualmente prevede un’età minima alla pensione di 57 anni e 35 anni di contributi per gli uomini, la non comulabilità con altri redditi e una retribuzione su base contributiva, il sistema pensionistico dei parlamentari presenta un’età minima alla pensione di solo 5 anni di contributi, la possibilità di pagare i contributi in comodissime rate e la comulabilità con altri redditi.
Inoltre (vedi l'articolo riportato qui) i dipendenti pubblici e privati (magistrati, docenti universitari, ambasciatori, e così via), una volta eletti al Parlamento, possano mettersi in aspettativa conservando il vecchio posto di lavoro e ricevendo i contributi per la pensione, che così si sommano a quelli ottenuti come onorevoli o senatori.

L'abissale differenza tra il sistema pensionistico degli italiani e della classe politica repubblicana dimostra che il sistema repubblicano è una oligarchia dove i politici, tramite regolamenti nascosti e commi vari, aumentano i loro privilegi.
E'inaudita che i parlamentari solo dopo due anni e mezzo di mandato ricevono una pensione quando un qualsiasi dipendente statale, come sono loro, deve lavorare 40 anni per prendere meno della metà di quello che a loro spetta di diritto.
Secondo me in Italia si può riformare il sistema pensionistico solo se prima la classe politica riforma il suo status pensionistico, è un passaggio necessario senza il quale potrà esserci una rivolta popolare.
Prima di toccare le pensioni degli italiani, la classe politica deve dare l'esempio!!

Purtroppo le condizioni degli italiani stanno peggiorando di anno in anno, subendo un sistema repubblicano oligarchico e clientelistico, abbiamo una classe politica senza etica e vergogna alla quale dobbiamo ribellarci.

E non solo.
E' assurdo ed incredibile, ma i parlamentari della repubblica italiana, i più pagati tra i colleghi europei, continuano ad aumentare i loro privilegi mentre (leggi la ricerca Eurispes) i salari degli italiani sono i più bassi d'Europa.

Questi dati danno l'idea come il funzionamento della repubblica italiana sia paradossale, è anche il segno che la repubblica è marcita, dominata da una casta politica che non ha più alcun rapporto con la realtà del Paese, e che non ha altra mira e scopo di vivere profumatamente della politica come mestiere.
Stipendi e pensioni in politica sono alle stelle, mentre i cittadini faticano ad arrivare a fine mese.

Mi chiedo: ma quando gli italiani prenderanno coscienza che la repubblica italiana è priva di etica, arrogante, egoista, autoritaria ?
Italiani ribelliamoci alla oligarchia della repubblica!


Vitalizio irrinunciabile a duemila exparlamentari; molti lo cumulano con l'assegno di vecchiaia

Ci sono anche due volti noti del mondo del pallone, Giancarlo Abete e Guido Rossi, fra i beneficiari del vitalizio regalato dallo Stato agli ex parlamentari. Il neo presidente della Figc riceve 6.590 euro al mese per i suoi 13 anni a Montecitorio,
mentre l’ex Commissario straordinario della Figc riceve ogni mese 3.108 euro per i suoi 5 anni trascorsi al Senato dall’87 al ’92. E pensare che il 76enne ex presidente di Telecom Italia non ama incassare pensioni. Preferisce gestirsele
direttamente tanto è vero che citò la Cassa Forense per riavere in contanti tutti i contributi che vi aveva versato come avvocato. E nel 2003 la Cassazione gli dette ragione: la Cassa gli rimborsò parecchi milioni di euro, ma cambiò poi le regole per evitare che altri legali lo imitassero.
Sono circa 2 mila gli ex parlamentari e poco più di mille gli eredi di deputati e senatori che ricevono gratis da Camera e Senato un vitalizio, variabile da 3 mila 108 (più di 6 volte la pensione sociale) a 9
mila 947 euro al mese a seconda della durata in carica.
Costo annuo per l’Erario: 187 milioni di euro (127 pagati dalla Camera e 60 dal Senato).
Il vitalizio non può essere rifiutato.
Unica alternativa è quella seguita dal Sindaco di Roma Walter Veltroni, già ministro dei Beni Culturali, che con un nobile gesto ha devoluto in beneficenza alle popolazioni africane l’assegno di 9.014 euro mensili.
Ma quanti seguiranno il suo esempio? Se il vitalizio può essere in qualche modo giustificato come segno di riconoscenza dello Stato per chi ha rappresentato la Nazione, sedendo sui banchi di Montecitorio o di palazzo Madama senza avere altre forme di pensione, fa invece discutere l’entità dell’assegno anche per chi è rimasto poco tempo in carica e la sua cumulabilità con altri redditi.

Da 37 anni c’è poi un’altra anomalia che nessun politico intende correggere: i dipendenti pubblici e privati eletti deputati, senatori, europarlamentari, governatori di Regioni e sindaci di grandi città - grazie all’art. 31 dello Statuto dei lavoratori - possono conservare il posto di lavoro mettendosi in aspettativa con il diritto di vedersi accreditare i contributi figurativi dall'Inpdap, dall'Inps o dall'Inpgi.

In pratica, quasi per magia magistrati, professori universitari, militari, ambasciatori, insegnanti, bancari, piloti, medici ospedalieri, ferrovieri, telefonici e giornalisti hanno diritto al vitalizio dello Stato ed ai contributi in gran parte gratuiti (fino al ’99 il regalo era, invece, totale) sulla loro futura pensione per tutta la durata del mandato se al momento dell’elezione era già aperta una posizione previdenziale. Molti vitalizi finiscono così per sommarsi a pensioni maturate a spese di “Pantalone” o di enti previdenziali di categoria. E d’incanto ottengono quasi gratis 2 pensioni per lo stesso arco di tempo in cui hanno svolto funzioni pubbliche. Il costo per l’Erario è stato calcolato in almeno 5 miliardi di euro, pari a circa 10 mila miliardi di lire, ma nella legge n. 300 del ’70 non era prevista alcuna copertura di spesa. Ad esempio, molti giornalisti parlamentari hanno chiesto l’accredito dei contributi figurativi: dal leader di An ed ex ministro degli Esteri Gianfranco Fini al ministro degli Esteri ds Massimo D'Alema, dall'ex ministro delle Poste Maurizio Gasparri (An) all'ex ministro della Sanità Francesco Storace (An), dall'ex Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti (Forza Italia) all'ex segretario Udc e ideatore del Movimento dell'Italia di Mezzo Marco Follini. In pratica, la loro pensione finisce per essere in parte pagata dai loro colleghi in attività perché l’Inpgi è un ente privatizzato senza più l’ombrello dello Stato. Altri loro colleghi hanno, invece, già maturato la pensione: il ministro della Giustizia Clemente Mastella (Udeur), il presidente della Rai Claudio Petruccioli, gli ex direttori del Tg2 Alberto La Volpe, del Gr Rai Gustavo Selva, di “Panorama” Carlo Rognoni, de “L’Europeo” Gianluigi Melega, de “Il Tirreno” Sandra Bonsanti, de “La Gazzetta del Mezzogiorno” Giuseppe Giacovazzo, de “L’Avanti” Ugo Intini, nonchè Corrado Augias, Alberto Michelini, Carla Mazzuca, Luciana Castellina e Gianfranco Spadaccia. Solo due giornalisti hanno sinora rinunciato ai contributi figurativi gratis sulla loro pensione: l’ex direttore de “il Tempo” ed ex Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta e il Vicedirettore de “il Giornale” Paolo Guzzanti.

Persino chi ha frequentato poco o niente Montecitorio come il professor Toni Negri, eletto nell’83 nelle file dei radicali, e che ha preferito restare in quei 5 anni a Parigi perché ricercato, incassa 3.109 euro al mese oltre ai contributi gratis per 5
anni sulla pensione di docente universitario.
Anche l’ex ministro della Difesa Mario Tanassi condannato nel ’79 dalla Corte Costituzionale per lo scandalo Lockheed gode di un vitalizio di 7.709 euro. Ricevono lo cheque tre ex presidenti della Corte Costituzionale: Leopoldo Elia (6.590 euro) e Aldo Corasaniti (3.108 euro) poi eletti al Senato, mentre l’ex ministro, Mauro Ferri, riceve 9.387 euro per i suoi 25 anni trascorsi alla Camera. Per la loro attività parlamentare assegni anche per due ex vicepresidenti della Consulta: Ugo Spagnoli (9.760 euro) e Francesco Guizzi (3.108).

Duplice vantaggio (vitalizio di 8.455 euro più contributi gratis sulla futura pensione Inpdap) per il presidente di sezione di Cassazione ed ex sottosegretario agli Esteri Claudio Vitalone e per l’ex ministro dei Lavori Pubblici Enrico Ferri (3.108 euro). Pensione di magistrato con contributi figurativi per l’ex Capo dello Stato e senatore a vita Oscar Luigi Scalfaro, che ha indossato la toga solo per pochi anni nel dopoguerra.

Anche l’ex P.G. di Roma ed ex ministro della Giustizia Filippo Mancuso beneficia di un vitalizio della Camera di 4.725 euro.

Stesso importo per l’ex p.m. del pool di Mani Pulite Tiziana Parenti, mentre l’ex deputato di An Publio Fiori percepisce 9.947 euro, ma gli spettano anche i contributi gratuiti sulla pensione di avvocato dello Stato.
Altri legali beneficiano del vitalizio: 3.108 euro sia al professor Carlo Taormina, ex difensore della signora Annamaria Franzoni, sia all’ex presidente della Commissione pari opportunità Tina Lagostena Bassi. Più consistenti, invece, gli importi per il radicale Mauro Mellini rimasto per 16 anni a Montecitorio (6.963 euro) e per l’Udeur Lorenzo Acquarone (9.387 euro).
A questa cifra risultano ex-aequo l’attuale presidente del Cnel ed ex ministro per le Attività produttive Antonio Marzano, l’ex ministro dei Lavori Pubblici Nerio Nesi, il demoproletario Mario Capanna e il sindaco di Venezia Massimo Cacciari.

Lunga la lista di altri ministri della Prima Repubblica: Franco Bassanini, Giuseppe Zamberletti, Remo Gaspari, Luigi Gui, Virginio Rognoni, Vincenzo Scotti e Franco Nicolazzi (9.947 euro ognuno), Antonio Gava (9.636 ), Filippo Maria Pandolfi (9.512), Salvatore Formica (9.387), Salvo Andò, Pietro Longo e Claudio Martelli (8.455), Renato Altissimo (8.828) ed Emilio De Rose (4.725). Tra i medici incassa un vitalizio di 3.108 euro il celebre cardiochirurgo Gaetano Azzolina. Stessa cifra per
il regista Pasquale Squitieri, mentre a Franco Zeffirelli vanno 4.725 euro. Tra i beneficiari del vitalizio come ex parlamentari non mancano, infine, personaggi del mondo della finanza, ma nel loro caso non vi è, però, il cumulo con i contributi figurativi a spese di “Pantalone”: l’ex ministro degli Esteri Susanna Agnelli (8.455 euro), l’ex ministro dei Lavori Pubblici Francesco Merloni (9.947), Luigi Rossi di Montelera (8.455), Franco Debenedetti (6.590), Vittorio Cecchi Gori (4.725) e Luciano Benetton (3.108).

lastampa

martedì, aprile 10, 2007

impeachment europeo

Tempo fa napolitano aveva rilanciato il progetto Costituzione europea.
A Riga in un incontro con altri sette capi di Stato, il presidente della repubblica italiana napolitano chiede che i governi degli stati europei non lascino cadere il progetto di una Costituzione unitaria.

A questo punto mi chiedo :
Il capo di stato della repubblica italiana può auspicare la nascita di una costituzione europea?

Se non sbaglio il presidente della repubblica ha il dovere di difendere la costituzione, compito secondo me incompatibile con la nascita della costituzione europea.
Infatti la costituzione europea inevitabilmente altera profondamente lo stato italiano, una costituzione europea creerebbe un superstato europeo che ingloba e forse distruggerebbe lo stato italiano, e quindi mi chiedo se il capo di stato possa essere messo in stato d'accusa.
empeachment


Inoltre napolitano (come precedentemente ciampi) spinge i politici ed essere europeisti, e quindi svolge un ruolo politico di primo piano che è in contrasto con la costituzione.

Ecco la solita doppiezza della costituzione repubblicana.
Il presidente della repubblica è considerato il capo di stato apolitico e superpartes, mentre in realtà è un politico, per mestiere e passato, imposto dai partiti ( se non addirittura solo dalla maggioranza) al quirinale.

Per quanto riguarda l'Unione Europea un capo di stato dovrebbe avere una posizione molto più bilanciata, e non dovrebbe dichiararsi europeista.
Come ho già scritto, l'UE altera profondamente gli stati e quindi per il capo di stato l'UE è una questione molto delicata che impone perlomeno cautela.

Napolitano è il capo di stato dell'Italia o dell'UE?


Ue, Napolitano: servono riforme

Presidente a Riga incontra 7 capi di Stato europei

(ANSA) - RIGA - 10 APR - Senza le riforme previste dalla Costituzione, l'Unione europea rischia di non sopravvivere: lo sottolinea il capo dello Stato, Napolitano. In particolare senza il voto a maggioranza, si va incontro alla paralisi e all'irrilevanza sul piano internazionale. Napolitano auspica dunque che il Consiglio di giugno crei le condizioni per approvare le riforme prima delle elezioni 2009. Il presidente della Repubblica ne ha parlato a Riga con gli altri sette capi di Stato che partecipano all'incontro.

ansa

mercoledì, aprile 04, 2007

La repubblica fa scappare i cervelli



Non sta dando i frutti attesi il programma promosso nel 2001 dal Ministero dell’Università e della Ricercache che aveva lo scopo di richiamare i giovani ricercatori italiani impegnati all'estero
L'inefficenza della repubblica e la burocrazia vincono su tutto e gli scienziati che sono rientrati in Italia sei anni fa non riescono a trovare posto nelle Università e sono destinati a lavorare altrove.

Buona parte di questi finanziamenti sono rimasti inutilizzati, anche perchè le Università hanno considerato il programma di rientro dei cervelli come una forzatura istituzionale (leggi lobbies).

Lo Stato repubblicano prevede investimenti troppo ridotti nel settore ricerca, infatti l'Italia destina alla ricerca meno dell'1% del Pil.
La media europea è dell'1,93%. Francia, Germania e Gran Bretagna stanno tra il 2% e il 2,5%.

La repubblica è una struttura che rende meno competitiva anche la ricerca universitaria, si innesca un circolo vizioso dove le imprese investono meno nella ricerca e la ricerca produce sempre meno.
In Italia non si investe in ricerca, i ricercatori sono poco pagati e questo di certo non li spinge a restare.
Ciò che serve all’Italia è la vera applicazione di un sistema meritocratico che attualmente non c’è.

La burocratizzazione è data dalla natura giuridica dello Stato repubblicano italiano che predilige la forma rispetto al contenuto, ed i primi ad essere burocratici sono i professori universitari.

Altro punto dolente sono i sistemi di reclutamento dei docenti universitari che continuano ad essere selezionati in base a criteri non di risultati ma puramente burocratici.

Il sistema repubblicano sta collassando, sta distruggendo le energie degli italiani e frena lo sviluppo.
Purtroppo l'Italia non ha futuro.

Fuga di cervelli: Italia secondo fornitore agli Usa dopo l'India

MILANO - L'Italia rappresenta il secondo "fornitore" di cervelli agli Stati Uniti, dopo l'India. A sottolineare un fenomeno in costante crescita, e' il presidente della Commissione Sanita' del senato Ignazio Marino, in occasione di un convegno sulla ricerca in Sanita'.

Nel 2003 gli Stati Uniti hanno rilasciato 200mila visti a ricercatori stranieri e il contributo italiano, secondo per numero, e' relativo soprattutto al settore delle biotecnologie.

Preoccupante secondo Marino, il quadro della ricerca in Italia: "Un Paese che non investe in ricerca - ha affermato - e' un Paese che svende il proprio futuro". (Agr)

corrieredellasera

venerdì, marzo 30, 2007

innovazione repubblicana



Nella classifica globale del Network Readiness Index stilata dal World Economic Forum l'Italia è al 38esimo posto.
(tre anni fa era scesa dal 28esimo al 45esimo)

Questo è un dato preoccupante perchè in sintesi certifica come in Italia tutti i nodi fondamentali della società dell'informazione (diffusione ed efficienza della tecnologia, rete, cultura digitale .. ) non brillano certo, il cosiddetto "processo di informatizzazione" avanza troppo lentamente rispetto agli altri stati.

In particolare l'aspetto molto preoccupante è il quadro normativo, i regolamenti governativi e l'alta imposizione fiscale.

Come se bastasse, il Global Information Technology Report assegna all'Italia una "capacità di innovazione" inferiore a quella di paesi come Qatar, Tunisia o Thailandia e posiziona il Belpaese subito sopra Lituania, Barbados e Slovacchia.

Al contrario sono i paesi del Nord Europa ad emergere nella rivoluzione digitale: oltre alla già citata Danimarca, tra i primi 10 della classifica si collocano Svezia, Finlandia, Olanda, Islanda e Norvegia.
Tra i maggiori paesi dell'Unione Europea, solo il Regno Unito si attesta su un dignitosissimo nono posto.
puntoinformatico

Osservazione.
L'Italia continua ad arrancare nell'ICT (Information and Communications Technology), perchè il recupero di 4 posizioni non rappresenta un segnale forte di ripresa, anzi rimane incolmabile la distanza dell'Italia dagli altri membri del G7.
Visto che l'aspetto molto preoccupante è il quadro normativo, i regolamenti governativi e l'alta imposizione fiscale è evidente che per cercare di riacquistare competitività nel settore ICT è necessario che ci sia anche una classe politica che stabilisca vere liberalizzazioni del mercato delle telecomunicazioni, nonché aiuti l'impegno dei privati ad investire maggiormente in settori, come il mercato della banda larga.
Per modernizzare l'Italia occorre un forte ed efficace coordinamento tra le Istituzioni e la Società, ma questo è il problema irrisolvibile perchè il sistema repubblicano è completamento lontano dalla società, dagli italiani e dai lavoratori.

Un esempio che dimostra l'incapacità delle istituzioni repubblicane :
il portale nazionale del turismo cioè italia.it
un sito stanziato dal governo, fatto male ma che è costato 45 milioni di euro, una somma enorme per un sito internet.
Questo mega portale del turismo, criticato in modo pressoché unanime da esperti, sviluppatori e blogger, contiene “macroscopici errori” che vanno corretti al più presto per evitare danni.
Leggete qui

giovedì, marzo 29, 2007

Stipendi repubblicani



Secondo una ricerca pubblicata dall' Eurispes, in Europa il potere di acquisto di un lavoratore italiano è al penultimo posto, superiore solo a quello di un portoghese.
CLASSIFICA PER STIPENDI.
Gran Bretagna 28.007, Olanda 23.289, Germania 21.235, Irlanda 21.112, Finlandia 19.890, Danimarca 18.735, Francia 19.731, Belgio 19.729, Spagna 17.412, Grecia 16.720, Italia 16.242, Portogallo 13.136.

Inoltre l'Eurispes specifica che
negli ultimi tre anni la nostra posizione è peggiorata: nel 2004 ed ancora nel 2005 le nostre retribuzioni nette erano superiori a quelle greche e appena inferiori a quelle spagnole: solo nel 2006 vi è stato il sorpasso della Grecia.


L'effetto congiunto dell'erosione del potere d'acquisto causata dall'inflazione, dell'elevato peso del cuneo fiscale e della contenuta dinamica salariale insieme concorrono a spiegare buste paga fra le più leggere d'Europa.
L'inflazione - conclude lo studio - ha infine giocato un ruolo non trascurabile nel deprimere i salari dei nostri lavoratori in termini di potere d'acquisto: essa infatti negli ultimi quattro anni ha avuto un andamento decisamente superiore alla crescita dei salari lordi calcolati in euro riducendo ulteriormente il valore reale dei salari netti in termini di potere d'acquisto.

Crescono poco i salari in Italia e comunque molto meno degli altri paesi europe.

In Italia il costo medio in euro per ora di lavoro è inferiore a quello di tutti paesi europei ad eccezione della Spagna, della Grecia e del Portogallo.

A questo punto una osservazione :
ma cosa fanno i sindacati in Italia ?

Ah già, ora ci sono !
CGIL CISL UIL fanno politica, anche loro sono diventati dei partiti e quindi pensano ai loro interessi ....

Poveri lavoratori italiani...


Lavoro, Eurispes: Salari italiani tra i più bassi d'Europa

salari in Italia sono tra i più bassi in Europa, e in termini di potere d'acquisto addirittura inferiori a quelli della Grecia e superiori, in Europa, solo a quelli del Portogallo. È quanto emerge da una ricerca dell' Eurispes intitolata "Povero lavoratore: l'inflazione ha prosciugato i salari".

Inoltre negli ultimi tre anni, specifica l'Eurispes, "la nostra posizione è peggiorata: nel 2004 ed ancora nel 2005 le nostre retribuzioni nette erano superiori a quelle greche e appena inferiori a quelle spagnole: solo nel 2006 vi è stato il sorpasso della Grecia".

Quindi - si legge nel rapporto - se a fine mese un dipendente italiano mette in tasca mediamente 16.242 euro, un tedesco arriva a 21.235, un inglese a 28 mila.
Prendendo in considerazione il periodo 2000-2005, l'istituto demoscopico sottolinea che "mentre vi è stata una crescita media del salario comunitario (per l'insieme dei paesi europei) del 18%, nel nostro Paese i lavoratori dell'industria e dei servizi (con esclusione della Pubblica amministrazione) hanno visto la propria busta paga crescere solo del 13,7%". Il risultato è la "posizione infima del lavoratore italiano" quanto agli stipendi netti e "penultimo nel 2006 fra tutti i paesi europei".
In Italia il costo medio in euro per ora di lavoro, calcolato sui dati forniti dallo Yearbook dell'Eurostat, è inferiore a quello di tutti i paesi europei ad eccezione della Spagna, della Grecia e del Portogallo, che è anche il paese dove i costi del lavoro sono minimi (9,5 euro all'ora) mentre Danimarca e Svezia fanno registrare i valori massimi (30,7 e 30,4 euro per ora rispettivamente).
L'effetto congiunto dell'erosione del potere d'acquisto causata dall'inflazione, dell'elevato peso del cuneo fiscale e della contenuta dinamica salariale insieme concorrono a spiegare buste paga fra le più leggere d'Europa.
Proprio il cuneo fiscale, spiega l'Eurispes, "appare, se confrontato con quello degli altri Paesi europei, particolarmente gravoso nel nostro Paese", e "tanto più punitivo in quanto la base di partenza (ossia il salario lordo) è molto al di sotto della media europea e poco più della metà di quello dei tedeschi, degli inglesi e dei danesi".
Quanto al peso delle diverse politiche della famiglia sui salari, l' Eurispes mette a confronto il cuneo fiscale del lavoratore single, ossia senza persone a carico, e quello del lavoratore con moglie e due figli a carico.
Con due sole eccezioni (Francia e Grecia) il cuneo fiscale è più lieve nei confronti del lavoratore con carichi familiari, ma alcuni paesi (Irlanda, Gran Bretagna, Spagna e Portogallo, ad esempio) si mostrano abbastanza insensibili alle necessità familiari, ed il cuneo fiscale si riduce solo di poco per favorire la famiglia.
Germania e Olanda invece attuano decurtazioni del cuneo superiori al 14% del costo complessivo del lavoro e quindi nella fiscalità complessiva sul lavoro danno vita a una decisa politica 'familiare'.
L'Italia attua una moderata politica 'familiare'. Infatti il cuneo che si inserisce fra il costo complessivo del lavoro ed il salario netto in busta e' del 9% inferiore per il lavoratore con tre persone a carico, rispetto a quello senza carichi familiari.

web
noipress

mercoledì, marzo 28, 2007

La repubblica distrugge l'Italia



All'indomani dell'approvazione al Senato del ddl sul rifinanziamento delle missioni all'estero, l'Udc è salita al Quirinale per dire a napolitano che l'Italia ha bisogno di un governo di salute pubblica.

Il Paese è in difficoltà, il governo modifica l'attività parlamentare e non è in grado di intercettare la ripresa. Quello di Prodi è un governo esaurito che sta in piedi solo grazie al muro contro muro
Inoltre:
Abbiamo espresso a napolitano l’opinione che questo governo è causa di una grave crisi istituzionale, in particolare al Senato.

Un governo di salute pubblica è necessaria e possibile solo in situazioni di estrema emergenza, e quindi ciò presuppone che l'Italia è profondamente malata.

L’Italia sta sperimentando in tutti gli ambiti della vita pubblica e in tutti i tipi di organizzazioni gli effetti della inadeguatezza del sistema repubblicano.
L’Italia non ha solo bisogno di un nuovo governo, ma di un nuovo sistema istituzionale, una nuova costituzione, una nuova classe dirigenza che dia speranza, fiducia e stabilità al paese.

Poveri italiani !
Subire questa repubblica è veramente un supplizio.
Quando finirà?

I centristi contro gli ex alleati: "In Senato commesso un errore politico ed aritmetico.
La casa delle libertà è finita dopo la sconfitta elettorale"
L'Udc chiede un incontro al Quirinale
"Serve un governo di salute pubblica"

repubblica

Al Senato hanno perso tutti

Dopo la caduta del governo Prodi 1, il Capo dello Stato napolitano al termine delle consultazioni al Quirinale chiese al premier dimissionario la verifica in Senato della necessaria maggioranza politica.
Maggioranza politica e non solo numerica.

Come allora anche adesso il governo ottiene al Senato solamente la maggioranza numerica, l'Unione conferma la precarietà della sua autosufficienza politica, mimetizzata dal soccorso bianco dei centristi, i voti dei senatori a vita continuano ad essere indispensabili.

I voti favorevoli all'Unione si sono fermati a 155 ma la maggioranza richiesta era di 158 voti. Dei 180 si', 20 sono stati quelli dell'Udc, e tra i restanti 160 4 erano i voti dei senatori a vita (Colombo, Ciampi, Rita Levi Montalcino e Scalfaro) e uno del senatore di Forza Italia Lino Iannuzzi.
Da registrare i 2 no di Turigliatto e Rotondi, i 132 astenuti (70 di Fi, 41 di An, 13 della Lega e 8 tra Dc, Mpa e Pri).


L'ormai soglia dei 158 voti di senatori elettivi, che costituirebbero la maggioranza politica e che era stata richiesta come condizione per superare l'ultima crisi di governo dall'inquilino del Colle, non è stata raggiunta.


Se prodi fosse coerente dovrebbe dimettersi.
Il superpartes-comunista napolitano, che a sua tempo aveva avanzato la teoria dell'autosufficienza della maggioranza politica, commenta:
Sono molto contento che il decreto sia stato approvato. Non aggiungo altro.
Non c'è un capo di stato superpartes ....

In realtà ieri al Senato hanno perso tutti:
il governo e la maggioranza hanno perso perchè non hanno la maggioranza politica;
ha perso l'opposizione, che si è anche divisa;
ha perso napolitano che continua a dimostrarsi di parte;
ma soprattutto continua a perdere l'Italia, guidata da un sistema disastroso e da una classe politica che pensa solo ai loro interessi.

lunedì, marzo 26, 2007

Lepanto no, giuliani si



La Camera della repubblica (presieduto da bertinotti) ha rimosso dalla Sala del Cavaliere l'allegoria della Battaglia navale di Lepanto dipinta da Veronese.

Il portavoce del Presidente della Camera ha detto :
La decisione è stata presa all'inizio delle legislatura in sintonia con la linea di dialogo e di pace scelta da Bertinotti, si è voluto mandare un segnale di novità e diversità.

Con il gioco di parole e con alchimie politichesi si cerca di nascondere la verità.
Dopo le rimozioni storiche ( risorgimento, monarchia, Casa Savoia ..) si passa anche alle rimozioni pittoriche.

A questo punto ricordo che pochi giorni fa lo stesso inFausto bertinotti fece di tutto per intitolare un'aula del Senato al ... patriota ... giuliani.
Per il "compagno di cashmere" le gesta di giuliani valgono di più di una battaglia storica come quella di Lepanto.

Questa tendenza al cedimento della nostra cultura e storia, non è solo comunista, fa parte integrante del DNA storico-ideologico della repubblica.
L'alleanza tra la DC ed il PCI, sulla quale si fonda la repubblica, non poteva che generare questo aborto politico e culturale, in quanto i democristiani (de gasperi, moro, andreotti ..) si sono sempre sentiti succubi od inferiori ai comunisti, ed in particolare la cultura è stata dominata dalla sinistra.
Da quando i comunisti hanno completamente conquistato il potere (quirinale, camera, senato, governo ...) sembra proprio che l'idiozia repubblicana non abbia limiti.

La decisione presa dalla presidenza della Camera di rimuovere l'antico dipinto celebrativo della Battaglia di Lepanto è un chiaro esempio di abbandono dell'identità del nostro Paese.,lepanto

domenica, marzo 25, 2007

Il carrozzone del Presidente




Il carrozzone del Presidente
Una repubblica fondata sul privilegio


Nel 1946 l’Italia divenne una repubblica e la monarchia dovette fare le valigie. Eravamo diventati un paese “democratico”.
Però non si capiva perché il Presidente della Repubblica eletto dal popolo guadagnava più del re che non era stato eletto da nessuno. Qualcuno fece qualche conto e ci si accorse che la democrazia non tornava.
L’ultima “lista civile” di re Vittorio Emanuele III era di 11 milioni e 250 mila lire l’anno. L’assegno personale del Presidente della Repubblica era di L.12.000.000, più la dotazione di L.180.000.000 per il pagamento degli stipendi del personale, più L.730.000.000 per il Segretariato Generale della Presidenza, più L.20.000.000 per la manutenzione dei beni demaniali assegnati al presidente, più L.129.000.000 di reddito della tenuta di San Rossore.
Totale: L.1.071.000.000.
Cifra che superava la dotazione della regina Elisabetta d’Inghilterra (L.800.000.000), di re Federico IX di Danimarca (L.200.000.000), della regina Giuliana d’Olanda (L.450.000.000), di re Gustavo di Svezia (L.250.000.000), di re Baldovino del Belgio (L.400.000.000).

Re Vittorio Emanuele pagava di tasca propria gli stipendi del personale. Con la Repubblica questi stipendi vennero messi a carico del Tesoro invece che sul conto della dotazione del Presidente.

Quanto agli immobili il Capo dello Stato italiano, come il monarca prima di lui, disponeva del palazzo del Quirinale, del castello di Caprarola, della tenuta di San Rossore, della villa Rosebery a Napoli, della tenuta di Castelporziano dove venne costruita una villa con denaro prelevato sul fondo per la ricostruzione dei fabbricati distrutti dalla guerra.

Diego Calcagno sul “Tempo” di Roma del 1952 commentò: “Mentre non è ancora spenta l’eco del dramma di Primavalle sorto nel clima della miseria, della promiscuità, della crisi edilizia delle case popolari, giunge notizia che gli uffici della Presidenza della Repubblica stanno innalzando in quella tenuta, a spese dello stato, non nel conto dei 180 milioni della lista civile, ma con i mezzi e l’opera del Genio, un’altra casa. I tanti cittadini senza tetto che ne penseranno?”.

La conclusione malinconica di Calcagno era che nei boschi di Castelporziano una casa c’era già ed essa bastava ai rudi e sempliciotti re sabaudi, mentre agli uomini della repubblica non bastava più.

Le spese del Quirinale son tornate oggetto di critiche sessant’anni dopo, quando a proposito del bilancio del Quirinale appena pubblicato si è osservato che una maggiore sobrietà converrebbe allo stile di una repubblica, mentre la pletora di dipendenti e di clienti fa piuttosto venire in mente gli intrecci di sangue e di clan delle affollate e colorite corti orientali.
2181 i dipendenti complessivi del Quirinale, di cui 1095 addetti al ruolo della presidenza; 1086 militari, comprendenti i 297 corazzieri, e addetti alla polizia e alla sicurezza.

In appena dieci anni, restando inalterate le funzioni, il personale del Quirinale è aumentato di 587 unità.
Spese previste dal Colle per quest’anno: 235 milioni euro; il 60% in più rispetto a dieci anni fa. Stabile l’assegno personale del capo dello stato: 218.407 euro.

Mario Cervi sul “Giornale” ha fornito questi dati di confronto. La regina d’Inghilterra dispone di 300 dipendenti; il re di Spagna di 543; il presidente Bush di 446, l’imperatore del Giappone di mille circa. Gli Stati Uniti hanno 2.000.000 di dipendenti pubblici, l’Italia con un quinto di abitanti ne ha più del doppio.

Siamo forse il paese più costoso e peggio amministrato d’Europa.
Il nostro ministero delle Finanze, il più attivo, ha otto volte il numero dei dipendenti degli stessi dicasteri degli Stati Uniti e del Giappone. In nessun altro paese d’Europa vige l’orario unico continuato negli enti pubblici. Una riforma in senso contrario provocherebbe una rivoluzione.

In nessun altro paese il “lavoro” viene chiamato “posto”, parola molto più comoda e riposante.
La posta prioritaria è diventata posta ordinaria, così si è tornati ai tempi di prima a prezzo maggiorato.
L’Italia ha la metà della rete ferroviaria francese, ma il doppio dei dipendenti. Anni fa per rimediare ai perpetui ritardi le ferrovie allungarono i tempi di percorrenza di mezz’ora. I treni continuano ad arrivare con mezz’ora di ritardo. Com’era bella la repubblica sotto l’impero!


di Romano Bracalini
opinione
(05/02/2007)

venerdì, marzo 16, 2007

Anniversario dell'Unità d'Italia

Il 17 marzo è l'anniversario dell'Unità d'Italia.


La Festa dell'Italia!!



Il 17 marzo 1861, il primo atto del nuovo Parlamento Italiano fu la proclamazione del Regno d'Italia, con capitale a Torino.
In seguito alla votazione unanime del Parlamento, Re Vittorio Emanuele II assunse per sè ed i suoi discendenti il titolo di "Re d'Italia, per grazia di Dio e volontà della nazione".

mercoledì, marzo 07, 2007

barzelletta repubblicana



Può essere anche una barzelletta ma non c'è molto da ridere perchè per colpa dello stato repubblicano l'Italia peggiora sempre di più ...


...
«Se il bipolarismo a cui sono affezionati in tanti - ha detto il leader Udc, Pier Ferdinando Casini nel suo intervento in Aula - produce barzellette come la maggioranza variabile, io credo che non possiamo lamentarci se la gente è sempre più lontana dalla politica».
....
ilgiornale

martedì, marzo 06, 2007

Lavoro nero repubblicano



Un'altra vergogna della repubblica italiana:
il lavoro nero in Parlamento.


Dopo i test antidroga e i test sul livello culturale dei parlamentari italiani, un servizio delle Iene mostra come il Parlamento italiano sia pieno di persone che lavorano in nero.

Secondo una inchiesta portata avanti da "Le Iene", sono 683 gli assistenti degli onorevoli (il 92% del totale) che vengono pagati senza alcun contratto, a prezzi molto bassi, con orari di lavoro massacranti e reperibilità di 24 ore.
Solo 54 su 683 hanno un contratto secondo le regole.

Oltre a testimonianze degli assistenti, che hanno raccontato la loro condizione lavorativa, le Iene hanno intervistato un parlamentare che ha ammesso, davanti alle telecamere, che anche in parlamento c'è lavoro in nero.
C'è anche chi ha sostenuto che i costi della politica sono troppo alti e che si ricorre al nero perchè costa troppo assumere regolarmente un collaboratore.

Se i dati raccolti e diffusi dalle Iene corrispondono alla realtà è una vergogna.
Questo significa che i politici che a parole vorrebbero approvare leggi contro la precarietà e il lavoro nero, sarebbero i primi a ricorrere a pratiche di impiego illegali e irrispettose della dignità umana.
La battaglia contro la precarietà è solo un modo per accalappiare i voti dei poveri lavoratori.

I politici sfruttano il lavoro di tanti giovani assistenti.
Lo Stato repubblicano predica bene e poi inevitabilmente razzola male.

Se un imprenditore assume un lavoratore in nero e lo scoprano finisce nei guai, mentre alla casta parlamentare repubblicana tutto è concesso.

A questo punto è chiaro che i giornalisti sono solo i lacchè del potere repubblicano!!!
Infatti scoop del genere non sono mai scoperti dai giornalisti, i quali evidentemente svaccano sulle poltrone del Transatlantico interessandosi solo degli avvezzi e magagne del Palazzo.


Un'inchiesta delle "Iene" su come vivono i "bracci destri" degli onorevoli
Dieci ore al giorno, per anni e anni, gratis o 800 euro al mese
Lavoro nero anche in Parlamento
Senza contratto 629 assistenti su 683

Lavoro nero anche in Parlamento
Senza contratto 629 assistenti su 683

ROMA - Neanche in Parlamento si sfugge al lavoro nero. Sono 683 gli assistenti degli onorevoli. Lavorano in un posto di prestigio, passano le giornate tra le "stanze dei bottoni" e gli spostamenti dei loro assistiti, hanno contatti con "quelli che contano". Ma dietro tutto questo fumo c'è davvero poco di concreto: il 92 per cento di loro lavora in nero, da anni, per tante ore al giorno, senza una retribuzione regolare. In numeri: solo 54 su 683 hanno un contratto secondo le regole.

L'inchiesta è stata portata avanti da "Le Iene", che sono riuscite ad entrare in possesso di documenti che testimoniano come funziona il lavoro dell'esercito di persone che aiuta gli onorevoli.
Ogni anno, per accreditare alla Camera i propri assistenti, i parlamentari devono dichiarare se lavorano a titolo oneroso - e quindi devono allegare un regolare contratto - o a titolo gratuito. Attraverso l'ufficio di presidenza della Camera, le Iene sono venute in possesso di questi documenti. Ne emerge un quadro disastroso. Sono ben 629, su un totale di 683, a prestare servizio senza aver mai firmato un contratto.
Molti di loro sono laureati in attesa di trovare, tra un contatto e l'altro, qualcosa con cui poter svoltare.
Ma stare accanto al potere spesso significa non averlo ma esserne schiavizzati: come hanno testimoniato alcuni di loro, con il volto oscurato, ai microfoni delle Iene, le loro giornate lavorative variano da otto a dieci ore al giorno, con disponibilità praticamente h24. Una vita che per alcuni va avanti così anche da dieci anni, per ottocento euro al mese, nella speranza che un giorno qualcosa possa cambiare.
Durante il servizio che andrà in onda domani, intervengono anche vari parlamentari. Uno in particolare, spiegano gli autori, ammette davanti alle telecamere il lavoro nero in Parlamento.
L'inchiesta è partita da una dichiarazione rilasciata diverso tempo fa da Casini che, da presidente della Camera, aveva spiegato, in seguito a un servizio delle Iene, la procedura per dare il badge agli assistenti. Il servizio di
Filippo Roma, di cui è autore Marco Occhipinti, andrà in onda domani sera su Italia Uno.

larepubblica

lunedì, marzo 05, 2007

Maggioranza variabile = imbroglio repubblicano

Nel disperato tentativo di non cadere un'altra volta, nel governo si fa strada la cosiddetta formula delle “maggioranze variabili”, già molto usata in molte legislature repubblicane.

In un’intervista pubblicata sul corrieredellasera, il dottor sottile Amato riprende il tema della governabilità e della stabilità, e da scaltro politico propone la vecchia e pericolosa formula delle “maggioranze variabili”.

Più correttamente si dovrebbe parlare di una manovra che consentirebbe una più lunga sopravvivvenza a questo governo traballante.

Inoltre se molte decisioni (ad esempio la politica estera) sono il frutto di un accordo tra maggioranza ed opposizione ne risulta che chi guida l’esecutivo lo fa solo in una logica di potere per essere sicuro della sua poltrona.

E' proprio quest'ultimo punto che è intollerabile.
Infatti in questa repubblica è avvenuto che la politica è diventata secondaria alla gestione del potere ed agli interessi personali.

Inoltre se pur di non perdere il potere un governo si appoggia ai voti della opposizione significa che non ha proprio più senso andare a votare.
Perchè votare un partito quando poi si allea con un altro partito che aveva un progetto politico opposto a quello che preferivo?

D'altronde non c'è nulla di nuovo.
Nella storia repubblicana il gioco era stato fin troppo sperimentato per garantire la continuità dell'esecutivo a dispetto della variabilità delle maggioranze.

Inoltre la Dc e PCI litigavano solo al momento delle elezioni, ma poi molto spesso si mettevano d'accordo per far passare le leggi e le finanziarie.

La formula delle maggioranze variabili è solo un imbroglio per conservare il potere !

domenica, marzo 04, 2007

lunedì, febbraio 26, 2007

governo repubblicano

Un modo per prevedere se il nuovo governo sarà più coeso di quello precedente è capire cosa differenzia il governo prodi dal governo prodi-bis.
Infatti il tentativo della maggioranza di rilanciare il governo prodi è credibile solo se esistono delle differenze di sostanza tra il programma politico del governo prodi e prodibis che rendono appunto la maggioranza più unita e forte.

Ebbene, quello che lascia assolutamente esterrefatti è che non c'è nulla di nuovo nei 12 dodici punti del nuovo programma, c'è solo la conferma delle contraddizioni e gli intenti della maggioranza, insomma l'incapacità della maggioranza di governare.
D'altronde se finora non sono riusciti a mettersi d’accordo su nessuna delle 281 pagine di programma, come è possibile che in poche ore possano aver risolto i loro problemi senza cambiare nulla ?
Inoltre se questo idillio fosse vero, perchè allora non scrivere subito solo 12 punti invece di un romanzo di 281 pagine ?
A questo punto è evidente che il libro giallo del programma prodi era solo carta straccia e che si è perso tempo.

In realtà il rilancio del governo bis serve solo per mantenere le poltrone e per evitare di essere mandati a casa.
D'altronde questo non è una novità, in questa repubblica delle banane i politici italiani sono dei maestri nel mantenere il potere (soprattutto la sinistra), gli interessi degli italiani sono sempre secondari alle convenienze personali...

Purtroppo nella questione non c'è solo una comicità estrema perchè rimane l'aspetto più inquietante del governo prodibis, ed in genere della classe politica, e cioè un evidente segnale di spregio della democrazia, c'è il disprezzo dei voti degli italiani ed il tradimento del mandato ricevuto dagli elettori. Tra un paio di giorni assisteremo alla solita incapacità a governare e naturalmente crescerà la lontananza dei cittadini verso la politica.


Il governo prodibis non è solo il fallimento dell'unione, ma di tutta la classe politica.
Il pantano in cui si trova oggi il nostro paese è colpa innanzitutto di una classe politica senza visione strategica, accecata da odio ideologico e da fame di potere ed incapace di una minima prospettiva a medio-lungo termine.

A questo si aggiunge che abbiamo un capo di stato di parte, al Quirinale siede un alto esponente politico del PCI-PDS che non poteva fare altro che aiutare la sinistra ....
Pur seguendo la logica costituzionale, il presidente della repubblica è sempre un politico e quindi il politico-comunista napolitano rimandando alle camere prodi ha preso una decisione politica e quindi è criticabile sotto il profilo politico.

alla prossima puntata repubblicana ....

giovedì, febbraio 08, 2007

Sofri vulnus repubblicano




Olga D’Antona, deputata DS e vedova del giuslavorista assassinato dalle Brigate Rosse, ha dato una lezione di civiltà al suo partito ed a tutto il sistema repubblicano.

Un ex terrorista (sofri) condannato con sentenza passata in giudicato per l’omicidio di un servitore dello Stato, che non ha finito di scontare la sua pena, è interlocutore privilegiato del partito principale di governo.

Solo in un paese delle banane possono succedere cose del genere.
Credo che si debbano fare i conti con la storia e che il modo peggiore sia comportarsi come se non fosse successo niente.


«Perché era presente al dibattito dei Ds?»

Sofri è un interlocutore privilegiato dei Ds?
A porre la domanda è Olga D’Antona, vedova del giuslavorista assassinato dalla «nuove» Br e deputata della Quercia.
«In occasione della presentazione della mozione di maggioranza dei Ds, tra gli interlocutori chiamati a discutere con Piero Fassino, Massimo D'Alema e Walter Veltroni, c'era anche Adriano Sofri», ha reso noto la donna.
«Premetto che a volte ho avuto modo di apprezzare le cose che Sofri ha scritto e che, in considerazione del suo stato di salute, non ho mai manifestato contrarietà alla concessione della grazia nei suoi confronti per motivi umanitari», spiega D’Antona, aggiungendo che non ha mai «mostrato un particolare accanimento né spirito di vendetta verso chi, pur essendo stato autore di gravi atti di terrorismo, ha scontato la propria pena e ha mostrato segni di ravvedimento».

Questo caso, però, è diverso. Infatti, «Sofri è stato condannato con una sentenza passata in giudicato per l'omicidio di un servitore dello Stato e non ha ancora finito di scontare la sua pena». Quindi la riflessione sull’imbarazzante scelta del partito di Fassino: «Mi chiedo - continua la donna - perché il gruppo dirigente del mio partito, che è partito di governo, lo sceglie come interlocutore privilegiato, in un passaggio che indubbiamente è un passaggio epocale nel nostro partito e nella storia della politica italiana. Qual è il messaggio simbolico di questa scelta? Se si ritiene che Sofri sia vittima di un errore giudiziario, in base ad elementi concreti, perché non chiedere la revisione del processo per scagionarlo e cercare i veri colpevoli? Ma se invece è colpevole, come la magistratura ha ritenuto - conclude la deputata dei Ds - chiedo ai dirigenti del mio partito, che hanno ricoperto e ricoprono importanti incarichi di governo, se in un Paese democratico questo non rappresenti un vulnus nei rapporti con una delle più importanti istituzioni dello Stato, cioè nei confronti della magistratura, che ha emesso una sentenza definitiva, infliggendo una pena non ancora completamente scontata».

Naturalmente, sull’episodio non sono mancate polemiche: «La presenza di Sofri, condannato per omicidio del Commissario Calabresi, come interlocutore privilegiato alla presentazione della mozione di maggioranza dei DS, getta una luce inquietante sulla nascita del Partito Democratico», ha dichiarato Publio Fiori, segretario di Rifondazione DC e già vittima di un grave attentato delle BR nel quale fu colpito da sei colpi alle gambe e tre al torace.
«La scelta dei Ds ha avuto il solo effetto di rinnovare una ferita mai sanata a tutte quelle famiglie di servitori dello Stato che hanno dato la vita nell'adempimento del proprio dovere», fa notare il capogruppo di Idv alla Camera Massimo Donadi. Una scelta, tuttavia, difesa dalla segreteria della Quercia.
«Sofri è una personalità della cultura italiana, espressione anche di una visione globale dei problemi del mondo e di una tensione innovativa della politica e della sinistra - sostiene il coordinatore della segreteria Maurizio Migliavacca - Per questi motivi siamo ben felici che abbia portato il suo contributo, peraltro apprezzato, alla presentazione della mozione e siamo fiduciosi che come altre personalità della cultura sarà interessato alla costruzione del Partito Democratico». Gli fa eco Andrea Ranieri, sempre della segreteria Ds: «Sofri è una testimonianza di capacità di cambiamento, per questo sono stato felice di vederlo al tavolo per la presentazione della mozione Fassino».

iltempo