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domenica, marzo 25, 2007

Il carrozzone del Presidente




Il carrozzone del Presidente
Una repubblica fondata sul privilegio


Nel 1946 l’Italia divenne una repubblica e la monarchia dovette fare le valigie. Eravamo diventati un paese “democratico”.
Però non si capiva perché il Presidente della Repubblica eletto dal popolo guadagnava più del re che non era stato eletto da nessuno. Qualcuno fece qualche conto e ci si accorse che la democrazia non tornava.
L’ultima “lista civile” di re Vittorio Emanuele III era di 11 milioni e 250 mila lire l’anno. L’assegno personale del Presidente della Repubblica era di L.12.000.000, più la dotazione di L.180.000.000 per il pagamento degli stipendi del personale, più L.730.000.000 per il Segretariato Generale della Presidenza, più L.20.000.000 per la manutenzione dei beni demaniali assegnati al presidente, più L.129.000.000 di reddito della tenuta di San Rossore.
Totale: L.1.071.000.000.
Cifra che superava la dotazione della regina Elisabetta d’Inghilterra (L.800.000.000), di re Federico IX di Danimarca (L.200.000.000), della regina Giuliana d’Olanda (L.450.000.000), di re Gustavo di Svezia (L.250.000.000), di re Baldovino del Belgio (L.400.000.000).

Re Vittorio Emanuele pagava di tasca propria gli stipendi del personale. Con la Repubblica questi stipendi vennero messi a carico del Tesoro invece che sul conto della dotazione del Presidente.

Quanto agli immobili il Capo dello Stato italiano, come il monarca prima di lui, disponeva del palazzo del Quirinale, del castello di Caprarola, della tenuta di San Rossore, della villa Rosebery a Napoli, della tenuta di Castelporziano dove venne costruita una villa con denaro prelevato sul fondo per la ricostruzione dei fabbricati distrutti dalla guerra.

Diego Calcagno sul “Tempo” di Roma del 1952 commentò: “Mentre non è ancora spenta l’eco del dramma di Primavalle sorto nel clima della miseria, della promiscuità, della crisi edilizia delle case popolari, giunge notizia che gli uffici della Presidenza della Repubblica stanno innalzando in quella tenuta, a spese dello stato, non nel conto dei 180 milioni della lista civile, ma con i mezzi e l’opera del Genio, un’altra casa. I tanti cittadini senza tetto che ne penseranno?”.

La conclusione malinconica di Calcagno era che nei boschi di Castelporziano una casa c’era già ed essa bastava ai rudi e sempliciotti re sabaudi, mentre agli uomini della repubblica non bastava più.

Le spese del Quirinale son tornate oggetto di critiche sessant’anni dopo, quando a proposito del bilancio del Quirinale appena pubblicato si è osservato che una maggiore sobrietà converrebbe allo stile di una repubblica, mentre la pletora di dipendenti e di clienti fa piuttosto venire in mente gli intrecci di sangue e di clan delle affollate e colorite corti orientali.
2181 i dipendenti complessivi del Quirinale, di cui 1095 addetti al ruolo della presidenza; 1086 militari, comprendenti i 297 corazzieri, e addetti alla polizia e alla sicurezza.

In appena dieci anni, restando inalterate le funzioni, il personale del Quirinale è aumentato di 587 unità.
Spese previste dal Colle per quest’anno: 235 milioni euro; il 60% in più rispetto a dieci anni fa. Stabile l’assegno personale del capo dello stato: 218.407 euro.

Mario Cervi sul “Giornale” ha fornito questi dati di confronto. La regina d’Inghilterra dispone di 300 dipendenti; il re di Spagna di 543; il presidente Bush di 446, l’imperatore del Giappone di mille circa. Gli Stati Uniti hanno 2.000.000 di dipendenti pubblici, l’Italia con un quinto di abitanti ne ha più del doppio.

Siamo forse il paese più costoso e peggio amministrato d’Europa.
Il nostro ministero delle Finanze, il più attivo, ha otto volte il numero dei dipendenti degli stessi dicasteri degli Stati Uniti e del Giappone. In nessun altro paese d’Europa vige l’orario unico continuato negli enti pubblici. Una riforma in senso contrario provocherebbe una rivoluzione.

In nessun altro paese il “lavoro” viene chiamato “posto”, parola molto più comoda e riposante.
La posta prioritaria è diventata posta ordinaria, così si è tornati ai tempi di prima a prezzo maggiorato.
L’Italia ha la metà della rete ferroviaria francese, ma il doppio dei dipendenti. Anni fa per rimediare ai perpetui ritardi le ferrovie allungarono i tempi di percorrenza di mezz’ora. I treni continuano ad arrivare con mezz’ora di ritardo. Com’era bella la repubblica sotto l’impero!


di Romano Bracalini
opinione
(05/02/2007)