Articoli in evidenza:

domenica, febbraio 14, 2010

10 febbraio Giorno del Ricordo senza oblio


L'Italia, uscita sconfitta dal conflitto mondiale, oltre a restituire tutti i territori occupati dalle sue truppe nel corso della guerra, si impegnava a cedere alla Jugoslavia la città di Fiume, il territorio di Zara, le isole Pelagosa e Lagosta, parte dell'Istria, del Carso triestino e goriziano e dell'alta valle dell'Isonzo.
Tra gli italiani che lasciarono le loro case ed affetti, ci furono molti che, vittime dell'odio etnico e politico, furono uccisi dai partigiani di Tito, abbandonati nelle foibe, profonde fratture carsiche, dove trovarono la morte dopo un volo di centinaia di metri e una lunga agonia tra atroci sofferenze.
Per questo motivo il 10 febbraio è diventato il «giorno del ricordo»

Il presidente Napolitano ha parlato al Quirinale di oblio e forme di rimozione diplomatica che hanno pesato nel passato e causato pesanti sofferenze agli esuli e ai loro familiari, ha espresso anche impegno per la soluzione dei problemi ancora aperti nel rapporto con le nuove istituzioni e autorità slovene e croate.

Ricordo una dichiarazione di Togliatti: "Lavoratori triestini! Il vostro dovere è accogliere le truppe di Tito come liberatrici e di collaborare con esse nel modo più stretto".
Ebbene, se non sbaglio, Napolitano era un fedele stimatore di Togliatti, e quindi se Lui ricordasse e chiarisse anche questo aspetto le sue dichiarazioni sarebbero più credibili.

Il presidente del Senato, Schifani: Il ricordo di tante persone uccise solo perchè italiane dopo troppi anni di oblio è un dovere assoluto da parte di tutti.

Il presidente della Camera, Fini: sempre gli umili, i più deboli e gli indifesi a patire per primi la follia dell'uomo.

L’Italia è l’unica nazione europea che ha ben due giorni dedicati alla Memoria ma, con presunzione, non chiede scusa ma lo esige agli altri.
Da anni le istituzioni repubblicane evitano il pentimento; la colpa è sempre degli altri, della Monarchia, dei Savoia, del Risorgimento, del fascismo, della mafia, del terrorismo..... ma appunto sorvola sulle sue responsabilità e colpe.

Esige però la genuflessione alla costituzione, alla classe politica, ai partiti, allo stato repubblicano.

Le parole espresse dalle più alte cariche dello stato sono vuote, non compare nemmeno un accenno al fatto che la repubblica abbandonò gli esuli italiani.
Le istituzioni si dimostrano degne quando ammettono di aver sbagliato, quando hanno il coraggio di fare autocritica.
Nulla di tutto ciò.

Ma se non c’è anche pentimento ed autocritica a che serve questo 10 febbraio?
Purtroppo la drammatica vicenda è sempre avvolta dal silenzio, la storia delle Foibe non è divulgata nelle scuole, nei centri culturali, nella televisione, sui giornali.
Insomma ci troviamo di fronte ad un evidente oscurantismo ideologico.
Da questa tragedia si possono capire gli errori e i drammi che hanno generato le dittature e le aberrazioni ideologiche.

La repubblica si illude di pulirsi la coscienza solo con un semplice e tardivo riconoscimento per le vittime di un crimine contro l'umanità.

Invece si può difendersi da questa ignominia solo con il pentimento attraverso una rielaborazione della Storia .
Questo ci attende nel futuro.

giovedì, febbraio 11, 2010

Repubblica islamica Iran

In Iran il 31° anniversario della Rivoluzione islamica si è presto trasformato in scontri, dove i poliziotti e miliziani Basiji hanno addirittura sparato in aria sulla folla.

Da alcuni blog e twitter sembra che sia morta anche una ragazza di 27 anni che si chiamerebbe Leila Zarei.
Nessun organo ufficiale ha confermato la notizia.

L'Onda verde dei contestatori è scesa in piazza per la prima volta dopo la repressione del 27 dicembre (almeno otto morti) e dopo l'impiccagione di 2 giovani monarchici.
Questi 2 monarchici non avevano neanche partecipato alle proteste seguite alla rielezione di Ahmadinejad, la loro unica colpa era di far parte di un gruppo monarchico che si oppone al regime repubblicano islamico.

Contro i manifestanti nel centro di Teheran sono stati lanciati lacrimogeni e sparati dei colpi. I feriti sarebbero diverse decine.

Purtroppo i mass media, portatori della sbagliata convinzione che la repubblica sia l’istituzione migliore, interpretano i “regimi” in maniera diversa a secondo se sono monarchie o repubbliche.
L’Iran è un chiaro esempio.

Quando in Iran cadde lo Scià, tutti i giornalisti sostenevano la repubblica islamica, considerata una svolta democratica che avrebbe permesso il progresso e il miglioramento della Persia.
La situazione invece è peggiorata, l’Iran da un paese monarchico alleato degli Stati Uniti e dove le donne si vestivano come le donne occidentali, adesso è diventata una repubblica islamica nemica dell’occidente e che nega la libertà.

Di fronte a questa enorme mistificazione della Storia e degli avvenimenti, io intendo denunciare il silenzio complice di numerosi mass media e di governi occidentali.

Mi auspico che gli iraniani abbiano la forza di liberarsi da questa dittatura repubblicana e che finalmente si capisca che la libertà è un valore irrinunciabile che deve essere difeso sempre e non solo quando non urta le convinzioni politiche.

mercoledì, febbraio 10, 2010

Il nemico dell'Unità d'Italia

L'autore dell’articolo pubblicato su Il Corriere della Sera ha cercato di spiegare come mai, proprio alla vigilia del 150° anniversario dell'Unità, il Risorgimento sia sotto processo, sostenendo che il motivo sia la saldatura di tre segmenti antirisorgimentali, cioè quello legato all’ispirazione leghista, quello che va dai neoborbonici fino ai marxisti, ed infine ai cattolici guelfo - temporalisti.

Le considerazioni sono fondate nel senso che i tre fattori considerano il Risorgimento un nemico, ma ci si limita a trovare alcuni indizi senza cogliere invece la vera essenza (o forse la nasconde).
Infatti l’articolo evita di indicare il fattore scatenante che ha causato questo fronte antirisorgimentale e antiunitario, che invece si può facilmente identificare nella repubblica italiana.
Questi tre fattori antiunitari, assolutamente deboli e quasi sconosciuti durante il Regno d’Italia, si sono rafforzati durante il periodo repubblicano.
Come mai, perchè?

E’ vero che la critica al Risorgimento ha una lunga tradizione ma si dovrebbe aggiungere che queste spinte furono facilmente assorbite dalla Monarchia.
Sia ben chiaro, l’Unità Nazionale non fu imposta dall’alto, fu una conquista desiderata da quasi tutti gli italiani, desiderio che si trasformò in realtà grazie all’intervento meritorio di Casa Savoia.
Il mio ragionamento si fonda sul fatto che la nascita della repubblica fu un drammatico momento di rottura con il passato, la nuova Italia repubblicana, voluta dai partiti del CLN, doveva rompere con la tradizione e la storia precedente.
L’errore fatale fu quello di considerare il fascismo e la monarchia due elementi quasi sovrapposti che inevitabilmente ha indebolito il Risorgimento, visto che non si può distinguere la Monarchia dal Risorgimento.

Non si deve poi dimenticare che la Monarchia è l’unica alternativa alla repubblica, storicamente l’Italia è nata grazie alla Monarchia ed in Europa esistono diversi paesi, più liberi e democratici del nostro, che si fondano sulla monarchia e quindi la repubblica, visto la sua debolezza ed inadeguatezza, continua a temerla.

Ai sostenitori del federalismo conviene screditare il Risorgimento che riuscì a creare uno stato centrale ma unitario. Detto questo però si deve ricordare che la Lega Nord deve il suo successo alla sua battaglia contro l’inefficienza dello stato repubblicano - il noto slogan “Contro Roma padrona” - contro l’enorme quantità di denaro sprecata dallo stato repubblicano con la Cassa del Mezzogiorno.
Dopo più di 60 anni di repubblica non ha senso sostenere che la colpa dei numerosi malfunzionamenti dello stato sia della Monarchia, è pura e semplice mistificazione della Storia. Se il divario tra Nord e Sud è peggiorato la colpa non può che essere dello stato repubblicano.

La repubblica ha sempre cercato di additare colpe ed ostacoli al Passato, la Monarchia è stata la valvola di sicurezza che gli ha permesso di scaricare la tensione della crisi isituzionali che altrimenti la avrebbe distrutta.
Così è stato nel passato per il fascismo, così adesso per il divario nord-sud, per il centralismo, eccetera ....

I neoborbonici fanno parte del progetto intrapreso della repubblica di screditare la Monarchia, queste persone sono aiutate dal regime repubblicano con l'intenzione di impedire che si rafforzi l’idea monarchica.
Ad esempio ricordo l’arrivo a Napoli dei Principi di Savoia (il primo rientro in Italia, visto che quello precedente fu nel vaticano) quando un gruppo di persone aiutato da forze occulte dello stato, con bandiera e manifesti, cercarono di rovinare l’evento.

I marxisti non difendono le nazioni e le Patrie ma credono nel mito dell’internazionalismo e quindi non è tanto corretto fare riferimento a queste forze.
Piuttosto si dovrebbero pensare ai grandi gruppi finanziari mondiali che vogliono il Globalismo e quindi distruggere le Patrie, trasformando i popoli in consumatori.

Per quanto riguarda i cattolici che vogliono ripristinare lo Stato Temporale del Papa, direi che la forza della Chiesa è quella spirituale e quindi ritornare ad una Chiesa con potere temporale è una contraddizione di termini.

Insomma la Monarchia,nonostante limiti e difficoltà, riuscì ad unire gli italiani.
La repubblica ha invece distrutto il Paese dimostrando di essere il vero nemico dell'Unità d'Italia.

IL RISORGIMENTO SOTTO PROCESSO
L'unità d'Italia e i suoi nemici

Proprio alla vigilia del 150esimo anniversario dell'Unità, il Risorgimento è sotto processo. Non è solo La Padania. Sono decine e decine di pubblicazioni, articoli, libri e libercoli, che ormai da anni (ma con ritmo accelerato negli ultimi tempi) stanno cambiando l'immagine di quel nodo di eventi. «Quella tangente di Mazzini inaugura il malcostume di un'Italia disonesta », «Carlo Alberto sciupafemmine, traditore e indeciso a tutto», «Perché la Liguria non appartiene all'Italia », «L'invenzione delle camicie rosse», «Da capitale estense a provincia sarda», «Complotto massonico- protestante contro la Chiesa», «I Savoia e il massacro del Sud», «Un popolo alla deriva»: è solo un piccolo campionario di titoli (di capitoli, di volumi, di articoli) che però serve a dare un'idea di che cosa stiamo parlando.
Intendiamoci: la critica al Risorgimento ha una lunga tradizione. Cominciò nel momento stesso in cui fu proclamato il Regno d'Italia, nel 1861, per voce di coloro che si erano battuti per un altro esito, diverso da quello rappresentato dalla monarchia cavouriana. Da allora in poi quella critica ha occupato un posto centrale nel discorso pubblico del Paese. Non a caso tutte le culture politiche dell'Italia del Novecento, dal socialismo al nazionalfascismo, al cattolicesimo politico, all'azionismo, al comunismo gramsciano, si sono fondate per l'appunto su una visione a dir poco problematica del modo in cui era nata l'Italia. Basta ricordare i nomi di alcuni loro fondatori: Oriani, Sturzo, Gobetti, Gramsci. Ma attenzione: questa critica, sebbene spesso assai aspra, ha sempre osservato un limite. E cioè si è sempre ben guardata dal divenire una critica all'unità in quanto tale, non ha mai ceduto alla tentazione di mettere in dubbio il carattere positivo dell'esistenza dello Stato nazionale.
E' su questo punto che invece si sta consumando una rottura decisiva. Va costituendosi negli ultimi anni, infatti, un vero e proprio fronte antirisorgimentale e insieme antiunitario che nasce dalla saldatura di tre segmenti: un segmento settentrionale d'ispirazione leghista, un secondo segmento, rappresentato da nazionalisti meridionali innestati su un variegatissimo arco ideologico che va dai tradizionalisti neoborbonici agli ultrà paleomarxisti, e infine un segmento di cattolici che potremmo definire guelfo- temporalisti.
Tutti si fanno forti di una ricostruzione del passato che dire approssimativa è dire poco: di volta in volta tagliata con la motosega o persa nei pettegolezzi minuti «dal buco della serratura». Nella quale, comunque, dominano i modelli interpretativi presi a prestito dall'Italia di oggi: quello del giustizialismo più grossolano («Chi c'ha guadagnato», «chi ha rubato », «chi ha pagato») e il complottismo maniacale che vede massoni e «misteri » dappertutto.
L'Unità d'Italia diviene così un racconto a metà tra Mani pulite, la P2, e la strage di Ustica «come non ve l'hanno mai raccontata prima ». Ridicolo, ma per molti convincente, dal momento che quel racconto riempie il vuoto che si è determinato da decenni nel nostro discorso pubblico dopo che esso ha espulso da sé, e ormai perfino dal circuito scolastico, ogni autentica e viva narrazione del Risorgimento. A riprendere la quale non basterà certo il patetico brancolare nel buio del governo attuale, che sembra considerare l'anniversario dell'Unità più che altro come la classica tegola cadutagli sulla testa.

corriere della sera