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martedì, novembre 06, 2007

Cristianesimo ed Islam


Incontro storico tra il Pontefice Benedetto XVI ed il re dell'Arabia Saudita Abdullah II, è la prima volta che il Custode delle due Sacre Moschee della Mecca e di Medina viene ricevuto da un Pontefice

Questo evento è molto importante perchè unisce la dimensione religiosa e quella politica e stabilisce l'impegno comune per la pace e per le richieste legittime del riconoscimento della libertà religiosa.

C'è da segnalare che nello Stato dell'Arabia Saudita è un reato professare una religione diversa dall'Islam e che l'udienza è significativa anche perché si svolge in assenza di rapporti diplomatici tra Santa Sede e Arabia Saudita, anche se negli ultimi mesi si sono registrati segnali di disgelo.




Storico incontro in Vaticano tra il Papa e il re dell’Arabia Saudita. Sottolineato l’impegno per la pace e il dialogo interreligioso

I colloqui, si legge nella nota della Sala Stampa, “si sono svolti in un clima di cordialità e hanno permesso di toccare temi che stanno a cuore” al Papa e al re saudita. “In particolare - informa la nota - si sono ribaditi l’impegno in favore del dialogo interculturale ed interreligioso, finalizzato alla pacifica e fruttuosa convivenza tra uomini e popoli, e il valore della collaborazione tra cristiani, musulmani ed ebrei per la promozione della pace, della giustizia e dei valori spirituali e morali, specialmente a sostegno della famiglia”. Nell’augurio di prosperità a tutti gli abitanti del Paese da parte delle autorità vaticane, “si è fatto menzione della presenza positiva e operosa dei cristiani”. Non è mancato, infine, conclude la Sala Stampa, “uno scambio di idee sul Medio Oriente e sulla necessità di trovare una giusta soluzione ai conflitti che travagliano la regione, in particolare quello israeliano-palestinese”.


Nell’edizione odierna, L’Osservatore Romano, sottolinea che grazie a re Abdallah il regno saudita “ha assunto negli ultimi anni un importante ruolo di mediatore nei conflitti nel Vicino e nel Medio Oriente”. Alla visita del sovrano saudita, prosegue il quotidiano, possono ben adattarsi le parole con cui il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, ha recentemente definito le relazioni tra cristiani e musulmani. "La cosa importante - ha sottolineato il porporato - è conoscersi, conoscersi, conoscersi. Ognuno di noi ha sempre qualcosa da imparare dall'altro”.

radiovaticano

domenica, novembre 04, 2007

4 novembre 1918

Vittorio Emanuele III, il Re Soldato, portava alla vittoria l’Italia.
La prima pagina de “La Domenica del Corriere” dopo la Vittoria.

La Vittoria della Prima Guerra Mondiale è la più importante impresa della nostra storia, per la prima volta gli italiani furono un esercito solo, per restituire alla Patria i suoi naturali confini.

In quest’ora solenne ricordiamo i Caduti il cui esempio deve guidare gli italiani.
In realtà i Caduti non muoiono sui campi di battaglia e non spariscono nei sacrari, ma soltanto quando sono dimenticati !
Se così succede allora vuol dire che il popolo vivente non è più degno del grande popolo dei morti!


Una volta il 4 novembre era la ‘Festa delle Forze armate’ durante la quale le caserme erano aperte al pubblico.
In seguito la repubblica cambiò nome alla festa che, invece della ‘Festa delle Forze armate’, divenne ‘Festa dell’Unità nazionale e delle Forze armate’.
E' un messaggio fuorviante, perchè l’unità nazionale fu proclamata il 17 marzo 1861 con la proclamazione del regno d’Italia e non il 4 novembre 1918.

Evidentemente la "vulgata repubblicana" vuole normalizzare tutto, anche questa festa, cioè cancellare che la Vittoria fu del Regno d'Italia (e non della repubblica) e che la festa dell'Unità nazionale è il 17 marzo 1861 (proclamazione del Regno d’Italia)

martedì, ottobre 23, 2007

Mafia e repubblica


Secondo il decimo Rapporto di Sos Impresa Confesercenti Le mani della criminalità sulle imprese, le mafie sono sempre più forti nel Paese, taglieggiano il 20% del totale degli imprenditori e commercianti e investono sempre più in affari legali, imponendo merci e controllando appalti.

Dopo più di mezzo secolo di regime repubblicano, l'Italia è sempre più nelle mani della mafia.

I dati del rapporto sono in difetto e quindi più drammatici: le azioni mafiose sono meno eclatanti dai tempi delle stragi, ma l’ingerenza mafiosa negli affari italiani è aumentata, inoltre la ricerca di Confesercenti include solo le entrate del ramo commerciale della criminalità organizzata, senza considerare le enormi entrare provenienti dal traffico di sostanze illegali.

Secondo questo Rapporto con oltre 90 miliardi di euro di fatturato le mafie si confermano la prima azienda italiana.
Il fatturato della malavita organizzata è alimentato da estorsioni, usura, contraffazione e contrabbando e dall’imposizione di merce e dal controllo degli appalti.

Alcuni dati:
- la presenza criminale si consolida in ogni attività economica, tanto che il fatturato del ramo commerciale delle mafie si appresta a toccare i 90 miliardi di euro, una cifra intorno al 7% del PIL nazionale, pari a 5 manovre finanziarie, 8 volte il mitico tesoretto.
- Tragico il bilancio dei reati a danni dei commercianti e imprenditori, principalmente di casi di pizzo: la stima è di 1300 reati al giorno
- I commercianti taglieggiati oscillano intorno ai 160.000: oltre il 20% dei negozi italiani, anche in regioni che nell’immaginario collettivo sono prive di mafia.

Inoltre la Mafia mette in discussione anche l'idea dell'unità nazionale. Infatti nel 2006 su 68 imprese straniere che hanno investito in Italia, una soltanto l'ha fatto al Sud.

Uno degli elementi che colpisce maggiormente è l'espansione della cosiddetta collusione partecipata, cioè quel fenomeno che investe il gotha della grande impresa italiana, in particolare quella impegnata nei grandi lavori pubblici. Gli imprenditori preferiscono venire a patti con la mafia piuttosto che denunciare i ricatti e ciò conferma il crescente condizionamento esercitato delle organizzazioni criminali di stampo mafioso nel tessuto economico del Paese.

Senza dubbio questi dati mettono in gioco la credibilità delle istituzioni.

Purtroppo la classe politica continua a fare gli stessi errori di prima, cioè nuove leggi (molte inutili oppure non applicate ...), altri pacchetti sulla sicurezza, retorica, convegni ...

Lo stato e la politica non può limitarsi a gesti simbolici. Deve fare cioè che non ha mai fatto cioè agire senza tragiche sollecitazioni per cercare di creare una società sana.

Ma per contrastare in maniera efficiente la mafia manca uno stato davvero non convivente con la mafia e che abbia la fiducia e rispetto da parte degli italiani.

Il cosiddetto pizzo - il reato tipico della criminalità organizzata - serve anche per sostenere le famiglie, i clan, assicurare uno stipendio ai carusi, assistere i carcerati, pagare gli avvocati.
Il pizzo è la tassa della mafia.
Insomma la mafia funzione bene ed ha successo perchè si fa Stato, non solo controlla il territorio, ma risolve controversie, distribuisce lavoro e favori.
Si determina, in tal modo, un nuovo sistema di relazioni economiche in cui il pizzo surroga la tangente, la collusione rimpiazza la corruzione, quello che in tangentopoli era un sistema di arricchimento personale.
La Mafia è il Sistema.

Questa abnorme ed assurda realtà non può esistere in uno stato serio, e quindi la Mafia è forse la più eclatante dimostrazione del totale fallimento dello stato repubblicano e della classe politica.

Uno stato che, dopo più di mezzo secolo, ha fatto ben poco contro la mafia - retorica e convivenza - e che anzi ha permesso (aiutato?) la sua crescita, non dovrebbe chiedere scusa ed essere sostituito da un altro?

Il rapporto integrale Sos impresa 2007 in formato pdf