Articoli in evidenza:

giovedì, aprile 19, 2007

Fassino chiama Ciampi nel partito democratico

ciampi è stato banchiere, ministro sotto il governo prodi e d'alema, Presidente del Consiglio, presidente della repubblica.
Adesso fassino confida che lo vorrebbe nel nascituro partito democratico.

ciampi : un vero superpartes repubblicano !!

Roma 19/04/2007 09:03
FASSINO AL CORRIERE: NEL NUOVO PARTITO DEMOCRATICO VORREI CIAMPI

Roma, 19 apr. (APCom) - Il segretario dei Ds vorrebbe personaggi come il presidente emerito della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi nel nascituro Partito democratico. Lo confida lo stesso Piero Fassino in un colloquio con il 'Corriere della sera'. Oggi si apre, a Firenze, l'ultimo congresso della Quercia prima della creazione del Pd. Comincia una storia nuova, evoluzione della precedente. E' come quando due persone si uniscono per generare una creatura, che poi diviene autonoma, con una sua identità. Nel nostro caso - spiega Fassino - il generatore è l'Ulivo. Infatti il simbolo resterà, così come faremo le feste della doppia U, Unità e Ulivo. Senza l'alleanza nell'Ulivo non ci sarebbe oggi il partito democratico. Ora passiamo dai Dico al matrimonio". Non è detto, per il leader Ds, che il presidente del nuovo partito debba essere anche il candidato premier. "Questo può essere vero in linea di principio, ma se guardo in Europa vedo esperienze diverse. Ne riparleremo. In questo momento contano tutt'altre cose. Adesso dobbiamo fare bene il Pd". Quanto alla prevista scissione, "Mussi e le sue idee peserebbero di più dentro un grande partito anziché in un piccolo movimento". Compagne e compagni' saranno le prime parole che dirò al congresso", dice Fassino. "Però dirò anche 'amiche e amici', perché intendo rivolgermi ai vecchi compagni di viaggio e ai nuovi". Nella relazione il segretario affronterà anche i temi di attualità come il dialogo per le riforme con Berlusconi e il caso Telecom.

la7

repubblica pubblicitaria

repubblica francese

Il fatto che le elezioni presidenziali francesi ispirano la pubblicità dimostra i limiti del sistema repubblicano.
Infatti significa che la repubblica è in fondo un business, dove la scelta del capo di stato repubblicano è influenzata anche dalla pubblicità, dai soldi, da immagini osè, dai reggiseni sexy, dalla pizza, dai detergenti....
Dai prodotti pubblicitari inevitabilmente si giunge alla ironia, alla mancanza di rispetto per la repubblica.
D'altronde non mancano certi motivi più validi per criticare il sistema repubblicano.

Inoltre c'è anche lo spot di una nota marca di biancheria intima femminile (reggiseno), dove una donna dallo sguardo provocante e in posizione lasciva, dice : Con me, nessun astenuto.
Visto che secondo i sondaggi il 42% degli elettori è ancora indeciso su chi votare, ho l'impressione che la repubblica francese per diminuire l'astensionismo ha in un certo senso spinto, autorizzato questo spot, o perlomeno si è sola compiaciuta ...

Ripeto : la Monarchia è meglio della repubblica!!

Francia, le elezioni ispirano la pubblicità Dai reggiseni sexy («Con me nessun astenuto») alle «pizzadenziali»: così le presidenziali influenzano gli spot

PARIGI – Dai reggiseni sexy alle assicurazioni, passando per le pizze e i detergenti. In Francia, le elezioni ispirano pubblicitari e aziende che
sfruttano il periodo elettorale per vendere prodotti con slogan presidenziali. In fondo, lo scopo finale è quasi lo stesso e l'ironia non guasta mai.

ASTINENZA - Una nota marca di biancheria intima femminile promuove un reggiseno contro l'astensionismo. La candidata, una modella bionda dallo sguardo provocante e in posizione lasciva, annuncia: «Con me, nessun astenuto», oppure «finalmente una candidatura ben sostenuta». Efficace.

MOZZARELLA - «Voglio ridare dignità ai funghi, al prosciutto cotto e alla mozzarella» è il programma di una delle quattro candidate della Domino's Pizza che si contendono le "pizzadenziali": pizza regina, pizza margherita, pizza stravagante e quattro formaggi.

BARBA - Tre partiti lottano per l'Eliseo dello yogurt: il Collettivo per i fusi del cioccolato, il Fronte di liberazione dei sapori e l’Unione per la Repubblica dei golosi. Si vota via Internet. Tre candidati si battono per il "No alla dittatura della rasatura tradizionale". Tre stili (free style, rasatura simmetrica e sexy), una marca: lamette Wilkinson.

AIDS - Più seriamente, tutti i principali candidati (salvo Le Pen) si sono prestati a sostenere la campagna di sensibilizzazione per la lotta all'Aids. La foto del presidenziabile è accompagnata da una domanda che non lascia scampo: «Votereste per me se fossi sieropositivo?».

VIDEO - Ikea e Pagine Gialle hanno optato per spot video, diffusi anche via Internet. Il gruppo svedese da ottobre chiede ai francesi di votare Ikea, "per dire sì al cambiamento». L'elenco telefonico si affida invece a spietati imitatori di Royal, Sarkozy e Bayrou, tic e manie incluse. L'assicuratore Maaf infine garantisce a tutti una salute buona, un ambiente sano, più potere d’acquisto, una pensione certa e strade più sicure. Come? Basta sottoscrivere la polizza.

ILCORRIEREDELLASERA

martedì, aprile 17, 2007

Telecom: governo da repubblica banane



Ai microfoni del Tg3, Pier Ferdinando Casini intervenendo nel dibattito sul futuro di Telecom ha detto che l'italia è davvero una repubblica delle banane.

Al contrario di quello che capita negli altri Paesi europei, il governo sta certamente esercitando un’influenza enorme ma non per tutelare i risparmiatori.

Inoltre le Authority devono essere ed apparire tali, se diventano strumento del governo non sono più Autorità indipendenti.



Telecom: Casini, governo da repubblica banane

“C’è un atteggiamento irresponsabile del governo, con ministri in libertà che evocano il cambiamento delle regole mentre questa sorta di trattativa è in corso.

Davvero una repubblica delle banane. Un grande Paese come l’Italia non cambia le regole in corso d’opera e una classe dirigente responsabile si comporta diversamente. Il tutto avviene con la totale noncuranza dei risparmiatori italiani, che sono poi anche quelli che in Telecom investono”.
Ai microfoni del Tg3, Pier Ferdinando Casini interviene così nel dibattito sul futuro di Telecom. “Il governo — prosegue il leader Udc — sta certamente esercitando un’influenza enorme, cosa che non capita in alcun Paese europeo, ma non per tutelare i risparmiatori”. C’è un appunto anche alle Authority: “Penso che anche le Autorità indipendenti dovrebbero riflettere autocriticamente. Non sono il braccio armato del governo, le Autorità indipendenti sono terze: debbono essere ed apparire tali. Quando diventano strumento del governo — conclude Casini — non sono più Autorità indipendenti”.

kataweb

Alta velocità repubblicana



Leggendo un articolo pubblicato su La Stampa si vede che il costo delle linee ferroviarie italiane ad alta velocità è 3-4 superiore a quella di Spagna e Francia, insomma una denuncia della incapacità della repubblica italiana ad essere competitiva con gli altri stati europei.

L'amministratore delegato di FS sostiene che :
- abbiamo vincoli unici al mondo.
- ha contato ben 400 km di nuova viabilità e lavori di adeguamento su altri 700 km (cavalcavia e sottovia, varianti autostradali....).
- ha puntato il dito soprattutto contro vincoli, richieste e prescrizioni di autorità centrali e locali che hanno complottato per far aumentare i costi.

Le cifre lasciano sconcertati: i 564 chilometri di linee ad alta velocità realizzate in Italia hanno avuto un costo medio di 32 milioni al chilometro, contro i 10 pagati dai francesi (1.549 km) ed i 9 degli spagnoli (1.030 km).
Un trend confermato anche per i lavori futuri: le Fs infatti calcolano che i 647 km di nuove linee avranno un costo medio per chilometro di 45 milioni, contro 13-15 dei nostri cugini.

Ma non basta perché poi c’è la ferrovia con le relative opere di contorno e sovrappassi, come pendenza dei cavalcavia del 4% invece del 6 preesistente che aumenta il costo, la permeabilità delle strutture all’acqua per le risaie....

Difronte a questi dati si conclude che lo Stato repubblicano continua a sperperare i soldi degli italiani, i costi dell’alta velocità aumentano rispetto al preventivo e nessuno fa nulla.
Cosa fa la magistratura?
Si perde tempo con le intercettazioni telefoniche per sapere i gusti sessuali di alcuni personaggi, ma non c'è nessuno che difende gli italiani.

Forse l'opera tav potrà anche essere utile, ma rimane il problema che il sistema repubblicano considera le opere pubbliche come modi per arricchirsi e scambiarsi favori tra amici ...

Purtroppo la Tav in Val di Susa è un altro emblema della rapina repubblicana, del continuo esproprio delle nostre tasse.

lunedì, aprile 16, 2007

L'Italia è la repubblica del taroccato

Leggendo questo articolo pubblicato dal quotidiano La Stampa si apprende che l’Italia è al primo posto in Europa per consumo di beni contraffatti.

Ma perchè nel titolo di questo articolo La Stampa ha usato il termine regno invece di repubblica?
Eppure in Italia (purtroppo) c'è una repubblica.

La maggior parte dei massmedia italiani sono controllati dal sistema repubblicano, e siamo arrivati al punto di usare il termine "regno" in senso spregiativo oppure per screditare un sistema.

La repubblica è così pura e perfetta che se in Italia c'è qualcosa che non funziona si deve parlare di regno.
Incredibile!



L'Italia è il regno del "taroccato"

La conferma viene dal primo rapporto presentato al Parlamento dall’Alto commissario per la lotta alla contraffazione

L’Italia è al primo posto in Europa per consumo di beni contraffatti. La conferma viene dal primo rapporto presentato al Parlamento dall’Alto commissario per la lotta alla contraffazione Giovanni Kessler. Un fenomeno in costante crescita e che nei primi 6 mesi del 2006 ha portato a 817 arresti, 7mila 702 denunce e 11mila 728 sanzioni amministrative. I sequestri penali, sempre nello stesso periodo, sono stati 10.779, quelli amministrativi 12.283. Complessivamente, nel primo semestre 2006, le operazioni condotte a buon fine dalle Forze dell’ordine nelle diverse fasi del processo economico, dalla produzione fino alla commercializzazione, sono state 79mila 774.

Il giro d’affari stimato dei produttori di falsi in Italia, al 2005, è di tre miliardi e mezzo di euro: tessile, pelletteria e calzature rappresentano una quota del 60%, mentre il resto riguarda beni di consumo, componentistica, software, orologi, cd e dvd. L«industrià della contraffazione è diffusa in tutto il territorio nazionale, con punte particolarmente elevate in Campania, ’specializzatà in abbigliamento, componentistica e beni di largo consumo; in Toscana, nel Lazio e nelle Marche (pelletteria), nelle aree del Nord-Ovest e del Nord-Est (componentistica e orologeria).

Le norme in vigore nel nostro Paese per combattere contraffazioni e pirateria, sottolinea Kessler, sono, »almeno sulla carta«, tra le più avanzate in Europa. Occorre però verificare l’efficacia della legislazione sanzionatoria del consumo consapevole di beni contraffatti »oggi di fatto inapplicata«. Ma sopratutto, l’efficacia di alcune norme rischia di essere vanificata, rileva Kessler, dall’indulto e dalla legge ex Cirielli. (L’indulto, precisa Kessler, si applica ai reati commessi fino al maggio 2006 e puniti con la reclusione non superiore a tre anni e pene pecuniarie non superiori a 10mila euro. «Questa legge -osserva l’Alto commissario- porta alla fine della maggior parte dei procedimenti penali in corso, e analoga sorte avranno futuri procedimenti penali relativi a reati commessi prima del maggio dello scorso anno». Quanto alla ex Cirielli, questa, dice Kessler, «determina la cancellazione per prescrizione della maggioranza dei procedimenti penali in corso per i reati di contraffazione e pirateria, con la conseguente inefficacia delle sanzioni previste».

Eppure, la quantità dei prodotti contraffatti è aumentata a dismisura negli ultimi dieci anni, contestualmente ad un vero e proprio «cambio di marcia» da parte di organizzazioni delinquenziali in continua ’evoluzionè. «Fino a dieci anni fa -spiega Kessler- la figura del venditore extracomunitario era quella preponderante. Oggi ci si confronta sempre più spesso con soggetti preparati ad eludere i presidi legislativi e tecnologici predisposti ad hoc per contrastare la violazione di diritti di proprietà industriale od intellettuale. E se è vero che l’era digitale ha messo a disposizione dei legittimi titolari dei marchi strumenti sempre più nuovi e utili per difendersi dagli abusi altrui, è altrettanto vero che quello stesso progresso tecnologico ha rifornito anche i contraffattori di mezzi sempre più sofisticati».

I danni non sono solo di carattere economico, ma possono investire anche la sfera dell’incolumità dei cittadini: «basti pensare -rileva Kessler- ai farmaci, ai giocattoli, ai prodotti elettrici e di elettronica di consumo, agli accessori di telefonia mobile, solo per citarne alcuni».

lastampa

venerdì, aprile 13, 2007

Pensioni repubblicane

In Italia nel 1995 si riformò il sistema pensionistico con la legge Dini (a sfavore dei lavoratori) ed adesso si discute di innalzare l’età pensionabile, ma lo status pensionistico dei parlamentari è gestito in maniera opposta.
Secondo i regolamenti interni delle due Camere i parlamentari stabiliscono un vitalizio per coloro che abbiano prestato servizio per almeno 2 anni e mezzo e che abbia pagato 5 anni di contributi. Inoltre il vitalizio viene automaticamente pagato al raggiungimento del 50° anno di età ai parlamentari non più in attività ed è cumulabile con altre fonti di reddito e varia in base agli anni di servizio.

Mentre il sistema pensionistico nazionale attualmente prevede un’età minima alla pensione di 57 anni e 35 anni di contributi per gli uomini, la non comulabilità con altri redditi e una retribuzione su base contributiva, il sistema pensionistico dei parlamentari presenta un’età minima alla pensione di solo 5 anni di contributi, la possibilità di pagare i contributi in comodissime rate e la comulabilità con altri redditi.
Inoltre (vedi l'articolo riportato qui) i dipendenti pubblici e privati (magistrati, docenti universitari, ambasciatori, e così via), una volta eletti al Parlamento, possano mettersi in aspettativa conservando il vecchio posto di lavoro e ricevendo i contributi per la pensione, che così si sommano a quelli ottenuti come onorevoli o senatori.

L'abissale differenza tra il sistema pensionistico degli italiani e della classe politica repubblicana dimostra che il sistema repubblicano è una oligarchia dove i politici, tramite regolamenti nascosti e commi vari, aumentano i loro privilegi.
E'inaudita che i parlamentari solo dopo due anni e mezzo di mandato ricevono una pensione quando un qualsiasi dipendente statale, come sono loro, deve lavorare 40 anni per prendere meno della metà di quello che a loro spetta di diritto.
Secondo me in Italia si può riformare il sistema pensionistico solo se prima la classe politica riforma il suo status pensionistico, è un passaggio necessario senza il quale potrà esserci una rivolta popolare.
Prima di toccare le pensioni degli italiani, la classe politica deve dare l'esempio!!

Purtroppo le condizioni degli italiani stanno peggiorando di anno in anno, subendo un sistema repubblicano oligarchico e clientelistico, abbiamo una classe politica senza etica e vergogna alla quale dobbiamo ribellarci.

E non solo.
E' assurdo ed incredibile, ma i parlamentari della repubblica italiana, i più pagati tra i colleghi europei, continuano ad aumentare i loro privilegi mentre (leggi la ricerca Eurispes) i salari degli italiani sono i più bassi d'Europa.

Questi dati danno l'idea come il funzionamento della repubblica italiana sia paradossale, è anche il segno che la repubblica è marcita, dominata da una casta politica che non ha più alcun rapporto con la realtà del Paese, e che non ha altra mira e scopo di vivere profumatamente della politica come mestiere.
Stipendi e pensioni in politica sono alle stelle, mentre i cittadini faticano ad arrivare a fine mese.

Mi chiedo: ma quando gli italiani prenderanno coscienza che la repubblica italiana è priva di etica, arrogante, egoista, autoritaria ?
Italiani ribelliamoci alla oligarchia della repubblica!


Vitalizio irrinunciabile a duemila exparlamentari; molti lo cumulano con l'assegno di vecchiaia

Ci sono anche due volti noti del mondo del pallone, Giancarlo Abete e Guido Rossi, fra i beneficiari del vitalizio regalato dallo Stato agli ex parlamentari. Il neo presidente della Figc riceve 6.590 euro al mese per i suoi 13 anni a Montecitorio,
mentre l’ex Commissario straordinario della Figc riceve ogni mese 3.108 euro per i suoi 5 anni trascorsi al Senato dall’87 al ’92. E pensare che il 76enne ex presidente di Telecom Italia non ama incassare pensioni. Preferisce gestirsele
direttamente tanto è vero che citò la Cassa Forense per riavere in contanti tutti i contributi che vi aveva versato come avvocato. E nel 2003 la Cassazione gli dette ragione: la Cassa gli rimborsò parecchi milioni di euro, ma cambiò poi le regole per evitare che altri legali lo imitassero.
Sono circa 2 mila gli ex parlamentari e poco più di mille gli eredi di deputati e senatori che ricevono gratis da Camera e Senato un vitalizio, variabile da 3 mila 108 (più di 6 volte la pensione sociale) a 9
mila 947 euro al mese a seconda della durata in carica.
Costo annuo per l’Erario: 187 milioni di euro (127 pagati dalla Camera e 60 dal Senato).
Il vitalizio non può essere rifiutato.
Unica alternativa è quella seguita dal Sindaco di Roma Walter Veltroni, già ministro dei Beni Culturali, che con un nobile gesto ha devoluto in beneficenza alle popolazioni africane l’assegno di 9.014 euro mensili.
Ma quanti seguiranno il suo esempio? Se il vitalizio può essere in qualche modo giustificato come segno di riconoscenza dello Stato per chi ha rappresentato la Nazione, sedendo sui banchi di Montecitorio o di palazzo Madama senza avere altre forme di pensione, fa invece discutere l’entità dell’assegno anche per chi è rimasto poco tempo in carica e la sua cumulabilità con altri redditi.

Da 37 anni c’è poi un’altra anomalia che nessun politico intende correggere: i dipendenti pubblici e privati eletti deputati, senatori, europarlamentari, governatori di Regioni e sindaci di grandi città - grazie all’art. 31 dello Statuto dei lavoratori - possono conservare il posto di lavoro mettendosi in aspettativa con il diritto di vedersi accreditare i contributi figurativi dall'Inpdap, dall'Inps o dall'Inpgi.

In pratica, quasi per magia magistrati, professori universitari, militari, ambasciatori, insegnanti, bancari, piloti, medici ospedalieri, ferrovieri, telefonici e giornalisti hanno diritto al vitalizio dello Stato ed ai contributi in gran parte gratuiti (fino al ’99 il regalo era, invece, totale) sulla loro futura pensione per tutta la durata del mandato se al momento dell’elezione era già aperta una posizione previdenziale. Molti vitalizi finiscono così per sommarsi a pensioni maturate a spese di “Pantalone” o di enti previdenziali di categoria. E d’incanto ottengono quasi gratis 2 pensioni per lo stesso arco di tempo in cui hanno svolto funzioni pubbliche. Il costo per l’Erario è stato calcolato in almeno 5 miliardi di euro, pari a circa 10 mila miliardi di lire, ma nella legge n. 300 del ’70 non era prevista alcuna copertura di spesa. Ad esempio, molti giornalisti parlamentari hanno chiesto l’accredito dei contributi figurativi: dal leader di An ed ex ministro degli Esteri Gianfranco Fini al ministro degli Esteri ds Massimo D'Alema, dall'ex ministro delle Poste Maurizio Gasparri (An) all'ex ministro della Sanità Francesco Storace (An), dall'ex Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti (Forza Italia) all'ex segretario Udc e ideatore del Movimento dell'Italia di Mezzo Marco Follini. In pratica, la loro pensione finisce per essere in parte pagata dai loro colleghi in attività perché l’Inpgi è un ente privatizzato senza più l’ombrello dello Stato. Altri loro colleghi hanno, invece, già maturato la pensione: il ministro della Giustizia Clemente Mastella (Udeur), il presidente della Rai Claudio Petruccioli, gli ex direttori del Tg2 Alberto La Volpe, del Gr Rai Gustavo Selva, di “Panorama” Carlo Rognoni, de “L’Europeo” Gianluigi Melega, de “Il Tirreno” Sandra Bonsanti, de “La Gazzetta del Mezzogiorno” Giuseppe Giacovazzo, de “L’Avanti” Ugo Intini, nonchè Corrado Augias, Alberto Michelini, Carla Mazzuca, Luciana Castellina e Gianfranco Spadaccia. Solo due giornalisti hanno sinora rinunciato ai contributi figurativi gratis sulla loro pensione: l’ex direttore de “il Tempo” ed ex Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta e il Vicedirettore de “il Giornale” Paolo Guzzanti.

Persino chi ha frequentato poco o niente Montecitorio come il professor Toni Negri, eletto nell’83 nelle file dei radicali, e che ha preferito restare in quei 5 anni a Parigi perché ricercato, incassa 3.109 euro al mese oltre ai contributi gratis per 5
anni sulla pensione di docente universitario.
Anche l’ex ministro della Difesa Mario Tanassi condannato nel ’79 dalla Corte Costituzionale per lo scandalo Lockheed gode di un vitalizio di 7.709 euro. Ricevono lo cheque tre ex presidenti della Corte Costituzionale: Leopoldo Elia (6.590 euro) e Aldo Corasaniti (3.108 euro) poi eletti al Senato, mentre l’ex ministro, Mauro Ferri, riceve 9.387 euro per i suoi 25 anni trascorsi alla Camera. Per la loro attività parlamentare assegni anche per due ex vicepresidenti della Consulta: Ugo Spagnoli (9.760 euro) e Francesco Guizzi (3.108).

Duplice vantaggio (vitalizio di 8.455 euro più contributi gratis sulla futura pensione Inpdap) per il presidente di sezione di Cassazione ed ex sottosegretario agli Esteri Claudio Vitalone e per l’ex ministro dei Lavori Pubblici Enrico Ferri (3.108 euro). Pensione di magistrato con contributi figurativi per l’ex Capo dello Stato e senatore a vita Oscar Luigi Scalfaro, che ha indossato la toga solo per pochi anni nel dopoguerra.

Anche l’ex P.G. di Roma ed ex ministro della Giustizia Filippo Mancuso beneficia di un vitalizio della Camera di 4.725 euro.

Stesso importo per l’ex p.m. del pool di Mani Pulite Tiziana Parenti, mentre l’ex deputato di An Publio Fiori percepisce 9.947 euro, ma gli spettano anche i contributi gratuiti sulla pensione di avvocato dello Stato.
Altri legali beneficiano del vitalizio: 3.108 euro sia al professor Carlo Taormina, ex difensore della signora Annamaria Franzoni, sia all’ex presidente della Commissione pari opportunità Tina Lagostena Bassi. Più consistenti, invece, gli importi per il radicale Mauro Mellini rimasto per 16 anni a Montecitorio (6.963 euro) e per l’Udeur Lorenzo Acquarone (9.387 euro).
A questa cifra risultano ex-aequo l’attuale presidente del Cnel ed ex ministro per le Attività produttive Antonio Marzano, l’ex ministro dei Lavori Pubblici Nerio Nesi, il demoproletario Mario Capanna e il sindaco di Venezia Massimo Cacciari.

Lunga la lista di altri ministri della Prima Repubblica: Franco Bassanini, Giuseppe Zamberletti, Remo Gaspari, Luigi Gui, Virginio Rognoni, Vincenzo Scotti e Franco Nicolazzi (9.947 euro ognuno), Antonio Gava (9.636 ), Filippo Maria Pandolfi (9.512), Salvatore Formica (9.387), Salvo Andò, Pietro Longo e Claudio Martelli (8.455), Renato Altissimo (8.828) ed Emilio De Rose (4.725). Tra i medici incassa un vitalizio di 3.108 euro il celebre cardiochirurgo Gaetano Azzolina. Stessa cifra per
il regista Pasquale Squitieri, mentre a Franco Zeffirelli vanno 4.725 euro. Tra i beneficiari del vitalizio come ex parlamentari non mancano, infine, personaggi del mondo della finanza, ma nel loro caso non vi è, però, il cumulo con i contributi figurativi a spese di “Pantalone”: l’ex ministro degli Esteri Susanna Agnelli (8.455 euro), l’ex ministro dei Lavori Pubblici Francesco Merloni (9.947), Luigi Rossi di Montelera (8.455), Franco Debenedetti (6.590), Vittorio Cecchi Gori (4.725) e Luciano Benetton (3.108).

lastampa

martedì, aprile 10, 2007

impeachment europeo

Tempo fa napolitano aveva rilanciato il progetto Costituzione europea.
A Riga in un incontro con altri sette capi di Stato, il presidente della repubblica italiana napolitano chiede che i governi degli stati europei non lascino cadere il progetto di una Costituzione unitaria.

A questo punto mi chiedo :
Il capo di stato della repubblica italiana può auspicare la nascita di una costituzione europea?

Se non sbaglio il presidente della repubblica ha il dovere di difendere la costituzione, compito secondo me incompatibile con la nascita della costituzione europea.
Infatti la costituzione europea inevitabilmente altera profondamente lo stato italiano, una costituzione europea creerebbe un superstato europeo che ingloba e forse distruggerebbe lo stato italiano, e quindi mi chiedo se il capo di stato possa essere messo in stato d'accusa.
empeachment


Inoltre napolitano (come precedentemente ciampi) spinge i politici ed essere europeisti, e quindi svolge un ruolo politico di primo piano che è in contrasto con la costituzione.

Ecco la solita doppiezza della costituzione repubblicana.
Il presidente della repubblica è considerato il capo di stato apolitico e superpartes, mentre in realtà è un politico, per mestiere e passato, imposto dai partiti ( se non addirittura solo dalla maggioranza) al quirinale.

Per quanto riguarda l'Unione Europea un capo di stato dovrebbe avere una posizione molto più bilanciata, e non dovrebbe dichiararsi europeista.
Come ho già scritto, l'UE altera profondamente gli stati e quindi per il capo di stato l'UE è una questione molto delicata che impone perlomeno cautela.

Napolitano è il capo di stato dell'Italia o dell'UE?


Ue, Napolitano: servono riforme

Presidente a Riga incontra 7 capi di Stato europei

(ANSA) - RIGA - 10 APR - Senza le riforme previste dalla Costituzione, l'Unione europea rischia di non sopravvivere: lo sottolinea il capo dello Stato, Napolitano. In particolare senza il voto a maggioranza, si va incontro alla paralisi e all'irrilevanza sul piano internazionale. Napolitano auspica dunque che il Consiglio di giugno crei le condizioni per approvare le riforme prima delle elezioni 2009. Il presidente della Repubblica ne ha parlato a Riga con gli altri sette capi di Stato che partecipano all'incontro.

ansa

mercoledì, aprile 04, 2007

La repubblica fa scappare i cervelli



Non sta dando i frutti attesi il programma promosso nel 2001 dal Ministero dell’Università e della Ricercache che aveva lo scopo di richiamare i giovani ricercatori italiani impegnati all'estero
L'inefficenza della repubblica e la burocrazia vincono su tutto e gli scienziati che sono rientrati in Italia sei anni fa non riescono a trovare posto nelle Università e sono destinati a lavorare altrove.

Buona parte di questi finanziamenti sono rimasti inutilizzati, anche perchè le Università hanno considerato il programma di rientro dei cervelli come una forzatura istituzionale (leggi lobbies).

Lo Stato repubblicano prevede investimenti troppo ridotti nel settore ricerca, infatti l'Italia destina alla ricerca meno dell'1% del Pil.
La media europea è dell'1,93%. Francia, Germania e Gran Bretagna stanno tra il 2% e il 2,5%.

La repubblica è una struttura che rende meno competitiva anche la ricerca universitaria, si innesca un circolo vizioso dove le imprese investono meno nella ricerca e la ricerca produce sempre meno.
In Italia non si investe in ricerca, i ricercatori sono poco pagati e questo di certo non li spinge a restare.
Ciò che serve all’Italia è la vera applicazione di un sistema meritocratico che attualmente non c’è.

La burocratizzazione è data dalla natura giuridica dello Stato repubblicano italiano che predilige la forma rispetto al contenuto, ed i primi ad essere burocratici sono i professori universitari.

Altro punto dolente sono i sistemi di reclutamento dei docenti universitari che continuano ad essere selezionati in base a criteri non di risultati ma puramente burocratici.

Il sistema repubblicano sta collassando, sta distruggendo le energie degli italiani e frena lo sviluppo.
Purtroppo l'Italia non ha futuro.

Fuga di cervelli: Italia secondo fornitore agli Usa dopo l'India

MILANO - L'Italia rappresenta il secondo "fornitore" di cervelli agli Stati Uniti, dopo l'India. A sottolineare un fenomeno in costante crescita, e' il presidente della Commissione Sanita' del senato Ignazio Marino, in occasione di un convegno sulla ricerca in Sanita'.

Nel 2003 gli Stati Uniti hanno rilasciato 200mila visti a ricercatori stranieri e il contributo italiano, secondo per numero, e' relativo soprattutto al settore delle biotecnologie.

Preoccupante secondo Marino, il quadro della ricerca in Italia: "Un Paese che non investe in ricerca - ha affermato - e' un Paese che svende il proprio futuro". (Agr)

corrieredellasera

venerdì, marzo 30, 2007

innovazione repubblicana



Nella classifica globale del Network Readiness Index stilata dal World Economic Forum l'Italia è al 38esimo posto.
(tre anni fa era scesa dal 28esimo al 45esimo)

Questo è un dato preoccupante perchè in sintesi certifica come in Italia tutti i nodi fondamentali della società dell'informazione (diffusione ed efficienza della tecnologia, rete, cultura digitale .. ) non brillano certo, il cosiddetto "processo di informatizzazione" avanza troppo lentamente rispetto agli altri stati.

In particolare l'aspetto molto preoccupante è il quadro normativo, i regolamenti governativi e l'alta imposizione fiscale.

Come se bastasse, il Global Information Technology Report assegna all'Italia una "capacità di innovazione" inferiore a quella di paesi come Qatar, Tunisia o Thailandia e posiziona il Belpaese subito sopra Lituania, Barbados e Slovacchia.

Al contrario sono i paesi del Nord Europa ad emergere nella rivoluzione digitale: oltre alla già citata Danimarca, tra i primi 10 della classifica si collocano Svezia, Finlandia, Olanda, Islanda e Norvegia.
Tra i maggiori paesi dell'Unione Europea, solo il Regno Unito si attesta su un dignitosissimo nono posto.
puntoinformatico

Osservazione.
L'Italia continua ad arrancare nell'ICT (Information and Communications Technology), perchè il recupero di 4 posizioni non rappresenta un segnale forte di ripresa, anzi rimane incolmabile la distanza dell'Italia dagli altri membri del G7.
Visto che l'aspetto molto preoccupante è il quadro normativo, i regolamenti governativi e l'alta imposizione fiscale è evidente che per cercare di riacquistare competitività nel settore ICT è necessario che ci sia anche una classe politica che stabilisca vere liberalizzazioni del mercato delle telecomunicazioni, nonché aiuti l'impegno dei privati ad investire maggiormente in settori, come il mercato della banda larga.
Per modernizzare l'Italia occorre un forte ed efficace coordinamento tra le Istituzioni e la Società, ma questo è il problema irrisolvibile perchè il sistema repubblicano è completamento lontano dalla società, dagli italiani e dai lavoratori.

Un esempio che dimostra l'incapacità delle istituzioni repubblicane :
il portale nazionale del turismo cioè italia.it
un sito stanziato dal governo, fatto male ma che è costato 45 milioni di euro, una somma enorme per un sito internet.
Questo mega portale del turismo, criticato in modo pressoché unanime da esperti, sviluppatori e blogger, contiene “macroscopici errori” che vanno corretti al più presto per evitare danni.
Leggete qui

giovedì, marzo 29, 2007

Stipendi repubblicani



Secondo una ricerca pubblicata dall' Eurispes, in Europa il potere di acquisto di un lavoratore italiano è al penultimo posto, superiore solo a quello di un portoghese.
CLASSIFICA PER STIPENDI.
Gran Bretagna 28.007, Olanda 23.289, Germania 21.235, Irlanda 21.112, Finlandia 19.890, Danimarca 18.735, Francia 19.731, Belgio 19.729, Spagna 17.412, Grecia 16.720, Italia 16.242, Portogallo 13.136.

Inoltre l'Eurispes specifica che
negli ultimi tre anni la nostra posizione è peggiorata: nel 2004 ed ancora nel 2005 le nostre retribuzioni nette erano superiori a quelle greche e appena inferiori a quelle spagnole: solo nel 2006 vi è stato il sorpasso della Grecia.


L'effetto congiunto dell'erosione del potere d'acquisto causata dall'inflazione, dell'elevato peso del cuneo fiscale e della contenuta dinamica salariale insieme concorrono a spiegare buste paga fra le più leggere d'Europa.
L'inflazione - conclude lo studio - ha infine giocato un ruolo non trascurabile nel deprimere i salari dei nostri lavoratori in termini di potere d'acquisto: essa infatti negli ultimi quattro anni ha avuto un andamento decisamente superiore alla crescita dei salari lordi calcolati in euro riducendo ulteriormente il valore reale dei salari netti in termini di potere d'acquisto.

Crescono poco i salari in Italia e comunque molto meno degli altri paesi europe.

In Italia il costo medio in euro per ora di lavoro è inferiore a quello di tutti paesi europei ad eccezione della Spagna, della Grecia e del Portogallo.

A questo punto una osservazione :
ma cosa fanno i sindacati in Italia ?

Ah già, ora ci sono !
CGIL CISL UIL fanno politica, anche loro sono diventati dei partiti e quindi pensano ai loro interessi ....

Poveri lavoratori italiani...


Lavoro, Eurispes: Salari italiani tra i più bassi d'Europa

salari in Italia sono tra i più bassi in Europa, e in termini di potere d'acquisto addirittura inferiori a quelli della Grecia e superiori, in Europa, solo a quelli del Portogallo. È quanto emerge da una ricerca dell' Eurispes intitolata "Povero lavoratore: l'inflazione ha prosciugato i salari".

Inoltre negli ultimi tre anni, specifica l'Eurispes, "la nostra posizione è peggiorata: nel 2004 ed ancora nel 2005 le nostre retribuzioni nette erano superiori a quelle greche e appena inferiori a quelle spagnole: solo nel 2006 vi è stato il sorpasso della Grecia".

Quindi - si legge nel rapporto - se a fine mese un dipendente italiano mette in tasca mediamente 16.242 euro, un tedesco arriva a 21.235, un inglese a 28 mila.
Prendendo in considerazione il periodo 2000-2005, l'istituto demoscopico sottolinea che "mentre vi è stata una crescita media del salario comunitario (per l'insieme dei paesi europei) del 18%, nel nostro Paese i lavoratori dell'industria e dei servizi (con esclusione della Pubblica amministrazione) hanno visto la propria busta paga crescere solo del 13,7%". Il risultato è la "posizione infima del lavoratore italiano" quanto agli stipendi netti e "penultimo nel 2006 fra tutti i paesi europei".
In Italia il costo medio in euro per ora di lavoro, calcolato sui dati forniti dallo Yearbook dell'Eurostat, è inferiore a quello di tutti i paesi europei ad eccezione della Spagna, della Grecia e del Portogallo, che è anche il paese dove i costi del lavoro sono minimi (9,5 euro all'ora) mentre Danimarca e Svezia fanno registrare i valori massimi (30,7 e 30,4 euro per ora rispettivamente).
L'effetto congiunto dell'erosione del potere d'acquisto causata dall'inflazione, dell'elevato peso del cuneo fiscale e della contenuta dinamica salariale insieme concorrono a spiegare buste paga fra le più leggere d'Europa.
Proprio il cuneo fiscale, spiega l'Eurispes, "appare, se confrontato con quello degli altri Paesi europei, particolarmente gravoso nel nostro Paese", e "tanto più punitivo in quanto la base di partenza (ossia il salario lordo) è molto al di sotto della media europea e poco più della metà di quello dei tedeschi, degli inglesi e dei danesi".
Quanto al peso delle diverse politiche della famiglia sui salari, l' Eurispes mette a confronto il cuneo fiscale del lavoratore single, ossia senza persone a carico, e quello del lavoratore con moglie e due figli a carico.
Con due sole eccezioni (Francia e Grecia) il cuneo fiscale è più lieve nei confronti del lavoratore con carichi familiari, ma alcuni paesi (Irlanda, Gran Bretagna, Spagna e Portogallo, ad esempio) si mostrano abbastanza insensibili alle necessità familiari, ed il cuneo fiscale si riduce solo di poco per favorire la famiglia.
Germania e Olanda invece attuano decurtazioni del cuneo superiori al 14% del costo complessivo del lavoro e quindi nella fiscalità complessiva sul lavoro danno vita a una decisa politica 'familiare'.
L'Italia attua una moderata politica 'familiare'. Infatti il cuneo che si inserisce fra il costo complessivo del lavoro ed il salario netto in busta e' del 9% inferiore per il lavoratore con tre persone a carico, rispetto a quello senza carichi familiari.

web
noipress

mercoledì, marzo 28, 2007

La repubblica distrugge l'Italia



All'indomani dell'approvazione al Senato del ddl sul rifinanziamento delle missioni all'estero, l'Udc è salita al Quirinale per dire a napolitano che l'Italia ha bisogno di un governo di salute pubblica.

Il Paese è in difficoltà, il governo modifica l'attività parlamentare e non è in grado di intercettare la ripresa. Quello di Prodi è un governo esaurito che sta in piedi solo grazie al muro contro muro
Inoltre:
Abbiamo espresso a napolitano l’opinione che questo governo è causa di una grave crisi istituzionale, in particolare al Senato.

Un governo di salute pubblica è necessaria e possibile solo in situazioni di estrema emergenza, e quindi ciò presuppone che l'Italia è profondamente malata.

L’Italia sta sperimentando in tutti gli ambiti della vita pubblica e in tutti i tipi di organizzazioni gli effetti della inadeguatezza del sistema repubblicano.
L’Italia non ha solo bisogno di un nuovo governo, ma di un nuovo sistema istituzionale, una nuova costituzione, una nuova classe dirigenza che dia speranza, fiducia e stabilità al paese.

Poveri italiani !
Subire questa repubblica è veramente un supplizio.
Quando finirà?

I centristi contro gli ex alleati: "In Senato commesso un errore politico ed aritmetico.
La casa delle libertà è finita dopo la sconfitta elettorale"
L'Udc chiede un incontro al Quirinale
"Serve un governo di salute pubblica"

repubblica

Al Senato hanno perso tutti

Dopo la caduta del governo Prodi 1, il Capo dello Stato napolitano al termine delle consultazioni al Quirinale chiese al premier dimissionario la verifica in Senato della necessaria maggioranza politica.
Maggioranza politica e non solo numerica.

Come allora anche adesso il governo ottiene al Senato solamente la maggioranza numerica, l'Unione conferma la precarietà della sua autosufficienza politica, mimetizzata dal soccorso bianco dei centristi, i voti dei senatori a vita continuano ad essere indispensabili.

I voti favorevoli all'Unione si sono fermati a 155 ma la maggioranza richiesta era di 158 voti. Dei 180 si', 20 sono stati quelli dell'Udc, e tra i restanti 160 4 erano i voti dei senatori a vita (Colombo, Ciampi, Rita Levi Montalcino e Scalfaro) e uno del senatore di Forza Italia Lino Iannuzzi.
Da registrare i 2 no di Turigliatto e Rotondi, i 132 astenuti (70 di Fi, 41 di An, 13 della Lega e 8 tra Dc, Mpa e Pri).


L'ormai soglia dei 158 voti di senatori elettivi, che costituirebbero la maggioranza politica e che era stata richiesta come condizione per superare l'ultima crisi di governo dall'inquilino del Colle, non è stata raggiunta.


Se prodi fosse coerente dovrebbe dimettersi.
Il superpartes-comunista napolitano, che a sua tempo aveva avanzato la teoria dell'autosufficienza della maggioranza politica, commenta:
Sono molto contento che il decreto sia stato approvato. Non aggiungo altro.
Non c'è un capo di stato superpartes ....

In realtà ieri al Senato hanno perso tutti:
il governo e la maggioranza hanno perso perchè non hanno la maggioranza politica;
ha perso l'opposizione, che si è anche divisa;
ha perso napolitano che continua a dimostrarsi di parte;
ma soprattutto continua a perdere l'Italia, guidata da un sistema disastroso e da una classe politica che pensa solo ai loro interessi.

lunedì, marzo 26, 2007

Lepanto no, giuliani si



La Camera della repubblica (presieduto da bertinotti) ha rimosso dalla Sala del Cavaliere l'allegoria della Battaglia navale di Lepanto dipinta da Veronese.

Il portavoce del Presidente della Camera ha detto :
La decisione è stata presa all'inizio delle legislatura in sintonia con la linea di dialogo e di pace scelta da Bertinotti, si è voluto mandare un segnale di novità e diversità.

Con il gioco di parole e con alchimie politichesi si cerca di nascondere la verità.
Dopo le rimozioni storiche ( risorgimento, monarchia, Casa Savoia ..) si passa anche alle rimozioni pittoriche.

A questo punto ricordo che pochi giorni fa lo stesso inFausto bertinotti fece di tutto per intitolare un'aula del Senato al ... patriota ... giuliani.
Per il "compagno di cashmere" le gesta di giuliani valgono di più di una battaglia storica come quella di Lepanto.

Questa tendenza al cedimento della nostra cultura e storia, non è solo comunista, fa parte integrante del DNA storico-ideologico della repubblica.
L'alleanza tra la DC ed il PCI, sulla quale si fonda la repubblica, non poteva che generare questo aborto politico e culturale, in quanto i democristiani (de gasperi, moro, andreotti ..) si sono sempre sentiti succubi od inferiori ai comunisti, ed in particolare la cultura è stata dominata dalla sinistra.
Da quando i comunisti hanno completamente conquistato il potere (quirinale, camera, senato, governo ...) sembra proprio che l'idiozia repubblicana non abbia limiti.

La decisione presa dalla presidenza della Camera di rimuovere l'antico dipinto celebrativo della Battaglia di Lepanto è un chiaro esempio di abbandono dell'identità del nostro Paese.,lepanto

domenica, marzo 25, 2007

Il carrozzone del Presidente




Il carrozzone del Presidente
Una repubblica fondata sul privilegio


Nel 1946 l’Italia divenne una repubblica e la monarchia dovette fare le valigie. Eravamo diventati un paese “democratico”.
Però non si capiva perché il Presidente della Repubblica eletto dal popolo guadagnava più del re che non era stato eletto da nessuno. Qualcuno fece qualche conto e ci si accorse che la democrazia non tornava.
L’ultima “lista civile” di re Vittorio Emanuele III era di 11 milioni e 250 mila lire l’anno. L’assegno personale del Presidente della Repubblica era di L.12.000.000, più la dotazione di L.180.000.000 per il pagamento degli stipendi del personale, più L.730.000.000 per il Segretariato Generale della Presidenza, più L.20.000.000 per la manutenzione dei beni demaniali assegnati al presidente, più L.129.000.000 di reddito della tenuta di San Rossore.
Totale: L.1.071.000.000.
Cifra che superava la dotazione della regina Elisabetta d’Inghilterra (L.800.000.000), di re Federico IX di Danimarca (L.200.000.000), della regina Giuliana d’Olanda (L.450.000.000), di re Gustavo di Svezia (L.250.000.000), di re Baldovino del Belgio (L.400.000.000).

Re Vittorio Emanuele pagava di tasca propria gli stipendi del personale. Con la Repubblica questi stipendi vennero messi a carico del Tesoro invece che sul conto della dotazione del Presidente.

Quanto agli immobili il Capo dello Stato italiano, come il monarca prima di lui, disponeva del palazzo del Quirinale, del castello di Caprarola, della tenuta di San Rossore, della villa Rosebery a Napoli, della tenuta di Castelporziano dove venne costruita una villa con denaro prelevato sul fondo per la ricostruzione dei fabbricati distrutti dalla guerra.

Diego Calcagno sul “Tempo” di Roma del 1952 commentò: “Mentre non è ancora spenta l’eco del dramma di Primavalle sorto nel clima della miseria, della promiscuità, della crisi edilizia delle case popolari, giunge notizia che gli uffici della Presidenza della Repubblica stanno innalzando in quella tenuta, a spese dello stato, non nel conto dei 180 milioni della lista civile, ma con i mezzi e l’opera del Genio, un’altra casa. I tanti cittadini senza tetto che ne penseranno?”.

La conclusione malinconica di Calcagno era che nei boschi di Castelporziano una casa c’era già ed essa bastava ai rudi e sempliciotti re sabaudi, mentre agli uomini della repubblica non bastava più.

Le spese del Quirinale son tornate oggetto di critiche sessant’anni dopo, quando a proposito del bilancio del Quirinale appena pubblicato si è osservato che una maggiore sobrietà converrebbe allo stile di una repubblica, mentre la pletora di dipendenti e di clienti fa piuttosto venire in mente gli intrecci di sangue e di clan delle affollate e colorite corti orientali.
2181 i dipendenti complessivi del Quirinale, di cui 1095 addetti al ruolo della presidenza; 1086 militari, comprendenti i 297 corazzieri, e addetti alla polizia e alla sicurezza.

In appena dieci anni, restando inalterate le funzioni, il personale del Quirinale è aumentato di 587 unità.
Spese previste dal Colle per quest’anno: 235 milioni euro; il 60% in più rispetto a dieci anni fa. Stabile l’assegno personale del capo dello stato: 218.407 euro.

Mario Cervi sul “Giornale” ha fornito questi dati di confronto. La regina d’Inghilterra dispone di 300 dipendenti; il re di Spagna di 543; il presidente Bush di 446, l’imperatore del Giappone di mille circa. Gli Stati Uniti hanno 2.000.000 di dipendenti pubblici, l’Italia con un quinto di abitanti ne ha più del doppio.

Siamo forse il paese più costoso e peggio amministrato d’Europa.
Il nostro ministero delle Finanze, il più attivo, ha otto volte il numero dei dipendenti degli stessi dicasteri degli Stati Uniti e del Giappone. In nessun altro paese d’Europa vige l’orario unico continuato negli enti pubblici. Una riforma in senso contrario provocherebbe una rivoluzione.

In nessun altro paese il “lavoro” viene chiamato “posto”, parola molto più comoda e riposante.
La posta prioritaria è diventata posta ordinaria, così si è tornati ai tempi di prima a prezzo maggiorato.
L’Italia ha la metà della rete ferroviaria francese, ma il doppio dei dipendenti. Anni fa per rimediare ai perpetui ritardi le ferrovie allungarono i tempi di percorrenza di mezz’ora. I treni continuano ad arrivare con mezz’ora di ritardo. Com’era bella la repubblica sotto l’impero!


di Romano Bracalini
opinione
(05/02/2007)

venerdì, marzo 16, 2007

Anniversario dell'Unità d'Italia

Il 17 marzo è l'anniversario dell'Unità d'Italia.


La Festa dell'Italia!!



Il 17 marzo 1861, il primo atto del nuovo Parlamento Italiano fu la proclamazione del Regno d'Italia, con capitale a Torino.
In seguito alla votazione unanime del Parlamento, Re Vittorio Emanuele II assunse per sè ed i suoi discendenti il titolo di "Re d'Italia, per grazia di Dio e volontà della nazione".

mercoledì, marzo 07, 2007

barzelletta repubblicana



Può essere anche una barzelletta ma non c'è molto da ridere perchè per colpa dello stato repubblicano l'Italia peggiora sempre di più ...


...
«Se il bipolarismo a cui sono affezionati in tanti - ha detto il leader Udc, Pier Ferdinando Casini nel suo intervento in Aula - produce barzellette come la maggioranza variabile, io credo che non possiamo lamentarci se la gente è sempre più lontana dalla politica».
....
ilgiornale

martedì, marzo 06, 2007

Lavoro nero repubblicano



Un'altra vergogna della repubblica italiana:
il lavoro nero in Parlamento.


Dopo i test antidroga e i test sul livello culturale dei parlamentari italiani, un servizio delle Iene mostra come il Parlamento italiano sia pieno di persone che lavorano in nero.

Secondo una inchiesta portata avanti da "Le Iene", sono 683 gli assistenti degli onorevoli (il 92% del totale) che vengono pagati senza alcun contratto, a prezzi molto bassi, con orari di lavoro massacranti e reperibilità di 24 ore.
Solo 54 su 683 hanno un contratto secondo le regole.

Oltre a testimonianze degli assistenti, che hanno raccontato la loro condizione lavorativa, le Iene hanno intervistato un parlamentare che ha ammesso, davanti alle telecamere, che anche in parlamento c'è lavoro in nero.
C'è anche chi ha sostenuto che i costi della politica sono troppo alti e che si ricorre al nero perchè costa troppo assumere regolarmente un collaboratore.

Se i dati raccolti e diffusi dalle Iene corrispondono alla realtà è una vergogna.
Questo significa che i politici che a parole vorrebbero approvare leggi contro la precarietà e il lavoro nero, sarebbero i primi a ricorrere a pratiche di impiego illegali e irrispettose della dignità umana.
La battaglia contro la precarietà è solo un modo per accalappiare i voti dei poveri lavoratori.

I politici sfruttano il lavoro di tanti giovani assistenti.
Lo Stato repubblicano predica bene e poi inevitabilmente razzola male.

Se un imprenditore assume un lavoratore in nero e lo scoprano finisce nei guai, mentre alla casta parlamentare repubblicana tutto è concesso.

A questo punto è chiaro che i giornalisti sono solo i lacchè del potere repubblicano!!!
Infatti scoop del genere non sono mai scoperti dai giornalisti, i quali evidentemente svaccano sulle poltrone del Transatlantico interessandosi solo degli avvezzi e magagne del Palazzo.


Un'inchiesta delle "Iene" su come vivono i "bracci destri" degli onorevoli
Dieci ore al giorno, per anni e anni, gratis o 800 euro al mese
Lavoro nero anche in Parlamento
Senza contratto 629 assistenti su 683

Lavoro nero anche in Parlamento
Senza contratto 629 assistenti su 683

ROMA - Neanche in Parlamento si sfugge al lavoro nero. Sono 683 gli assistenti degli onorevoli. Lavorano in un posto di prestigio, passano le giornate tra le "stanze dei bottoni" e gli spostamenti dei loro assistiti, hanno contatti con "quelli che contano". Ma dietro tutto questo fumo c'è davvero poco di concreto: il 92 per cento di loro lavora in nero, da anni, per tante ore al giorno, senza una retribuzione regolare. In numeri: solo 54 su 683 hanno un contratto secondo le regole.

L'inchiesta è stata portata avanti da "Le Iene", che sono riuscite ad entrare in possesso di documenti che testimoniano come funziona il lavoro dell'esercito di persone che aiuta gli onorevoli.
Ogni anno, per accreditare alla Camera i propri assistenti, i parlamentari devono dichiarare se lavorano a titolo oneroso - e quindi devono allegare un regolare contratto - o a titolo gratuito. Attraverso l'ufficio di presidenza della Camera, le Iene sono venute in possesso di questi documenti. Ne emerge un quadro disastroso. Sono ben 629, su un totale di 683, a prestare servizio senza aver mai firmato un contratto.
Molti di loro sono laureati in attesa di trovare, tra un contatto e l'altro, qualcosa con cui poter svoltare.
Ma stare accanto al potere spesso significa non averlo ma esserne schiavizzati: come hanno testimoniato alcuni di loro, con il volto oscurato, ai microfoni delle Iene, le loro giornate lavorative variano da otto a dieci ore al giorno, con disponibilità praticamente h24. Una vita che per alcuni va avanti così anche da dieci anni, per ottocento euro al mese, nella speranza che un giorno qualcosa possa cambiare.
Durante il servizio che andrà in onda domani, intervengono anche vari parlamentari. Uno in particolare, spiegano gli autori, ammette davanti alle telecamere il lavoro nero in Parlamento.
L'inchiesta è partita da una dichiarazione rilasciata diverso tempo fa da Casini che, da presidente della Camera, aveva spiegato, in seguito a un servizio delle Iene, la procedura per dare il badge agli assistenti. Il servizio di
Filippo Roma, di cui è autore Marco Occhipinti, andrà in onda domani sera su Italia Uno.

larepubblica

lunedì, marzo 05, 2007

Maggioranza variabile = imbroglio repubblicano

Nel disperato tentativo di non cadere un'altra volta, nel governo si fa strada la cosiddetta formula delle “maggioranze variabili”, già molto usata in molte legislature repubblicane.

In un’intervista pubblicata sul corrieredellasera, il dottor sottile Amato riprende il tema della governabilità e della stabilità, e da scaltro politico propone la vecchia e pericolosa formula delle “maggioranze variabili”.

Più correttamente si dovrebbe parlare di una manovra che consentirebbe una più lunga sopravvivvenza a questo governo traballante.

Inoltre se molte decisioni (ad esempio la politica estera) sono il frutto di un accordo tra maggioranza ed opposizione ne risulta che chi guida l’esecutivo lo fa solo in una logica di potere per essere sicuro della sua poltrona.

E' proprio quest'ultimo punto che è intollerabile.
Infatti in questa repubblica è avvenuto che la politica è diventata secondaria alla gestione del potere ed agli interessi personali.

Inoltre se pur di non perdere il potere un governo si appoggia ai voti della opposizione significa che non ha proprio più senso andare a votare.
Perchè votare un partito quando poi si allea con un altro partito che aveva un progetto politico opposto a quello che preferivo?

D'altronde non c'è nulla di nuovo.
Nella storia repubblicana il gioco era stato fin troppo sperimentato per garantire la continuità dell'esecutivo a dispetto della variabilità delle maggioranze.

Inoltre la Dc e PCI litigavano solo al momento delle elezioni, ma poi molto spesso si mettevano d'accordo per far passare le leggi e le finanziarie.

La formula delle maggioranze variabili è solo un imbroglio per conservare il potere !

domenica, marzo 04, 2007

lunedì, febbraio 26, 2007

governo repubblicano

Un modo per prevedere se il nuovo governo sarà più coeso di quello precedente è capire cosa differenzia il governo prodi dal governo prodi-bis.
Infatti il tentativo della maggioranza di rilanciare il governo prodi è credibile solo se esistono delle differenze di sostanza tra il programma politico del governo prodi e prodibis che rendono appunto la maggioranza più unita e forte.

Ebbene, quello che lascia assolutamente esterrefatti è che non c'è nulla di nuovo nei 12 dodici punti del nuovo programma, c'è solo la conferma delle contraddizioni e gli intenti della maggioranza, insomma l'incapacità della maggioranza di governare.
D'altronde se finora non sono riusciti a mettersi d’accordo su nessuna delle 281 pagine di programma, come è possibile che in poche ore possano aver risolto i loro problemi senza cambiare nulla ?
Inoltre se questo idillio fosse vero, perchè allora non scrivere subito solo 12 punti invece di un romanzo di 281 pagine ?
A questo punto è evidente che il libro giallo del programma prodi era solo carta straccia e che si è perso tempo.

In realtà il rilancio del governo bis serve solo per mantenere le poltrone e per evitare di essere mandati a casa.
D'altronde questo non è una novità, in questa repubblica delle banane i politici italiani sono dei maestri nel mantenere il potere (soprattutto la sinistra), gli interessi degli italiani sono sempre secondari alle convenienze personali...

Purtroppo nella questione non c'è solo una comicità estrema perchè rimane l'aspetto più inquietante del governo prodibis, ed in genere della classe politica, e cioè un evidente segnale di spregio della democrazia, c'è il disprezzo dei voti degli italiani ed il tradimento del mandato ricevuto dagli elettori. Tra un paio di giorni assisteremo alla solita incapacità a governare e naturalmente crescerà la lontananza dei cittadini verso la politica.


Il governo prodibis non è solo il fallimento dell'unione, ma di tutta la classe politica.
Il pantano in cui si trova oggi il nostro paese è colpa innanzitutto di una classe politica senza visione strategica, accecata da odio ideologico e da fame di potere ed incapace di una minima prospettiva a medio-lungo termine.

A questo si aggiunge che abbiamo un capo di stato di parte, al Quirinale siede un alto esponente politico del PCI-PDS che non poteva fare altro che aiutare la sinistra ....
Pur seguendo la logica costituzionale, il presidente della repubblica è sempre un politico e quindi il politico-comunista napolitano rimandando alle camere prodi ha preso una decisione politica e quindi è criticabile sotto il profilo politico.

alla prossima puntata repubblicana ....

giovedì, febbraio 08, 2007

Sofri vulnus repubblicano




Olga D’Antona, deputata DS e vedova del giuslavorista assassinato dalle Brigate Rosse, ha dato una lezione di civiltà al suo partito ed a tutto il sistema repubblicano.

Un ex terrorista (sofri) condannato con sentenza passata in giudicato per l’omicidio di un servitore dello Stato, che non ha finito di scontare la sua pena, è interlocutore privilegiato del partito principale di governo.

Solo in un paese delle banane possono succedere cose del genere.
Credo che si debbano fare i conti con la storia e che il modo peggiore sia comportarsi come se non fosse successo niente.


«Perché era presente al dibattito dei Ds?»

Sofri è un interlocutore privilegiato dei Ds?
A porre la domanda è Olga D’Antona, vedova del giuslavorista assassinato dalla «nuove» Br e deputata della Quercia.
«In occasione della presentazione della mozione di maggioranza dei Ds, tra gli interlocutori chiamati a discutere con Piero Fassino, Massimo D'Alema e Walter Veltroni, c'era anche Adriano Sofri», ha reso noto la donna.
«Premetto che a volte ho avuto modo di apprezzare le cose che Sofri ha scritto e che, in considerazione del suo stato di salute, non ho mai manifestato contrarietà alla concessione della grazia nei suoi confronti per motivi umanitari», spiega D’Antona, aggiungendo che non ha mai «mostrato un particolare accanimento né spirito di vendetta verso chi, pur essendo stato autore di gravi atti di terrorismo, ha scontato la propria pena e ha mostrato segni di ravvedimento».

Questo caso, però, è diverso. Infatti, «Sofri è stato condannato con una sentenza passata in giudicato per l'omicidio di un servitore dello Stato e non ha ancora finito di scontare la sua pena». Quindi la riflessione sull’imbarazzante scelta del partito di Fassino: «Mi chiedo - continua la donna - perché il gruppo dirigente del mio partito, che è partito di governo, lo sceglie come interlocutore privilegiato, in un passaggio che indubbiamente è un passaggio epocale nel nostro partito e nella storia della politica italiana. Qual è il messaggio simbolico di questa scelta? Se si ritiene che Sofri sia vittima di un errore giudiziario, in base ad elementi concreti, perché non chiedere la revisione del processo per scagionarlo e cercare i veri colpevoli? Ma se invece è colpevole, come la magistratura ha ritenuto - conclude la deputata dei Ds - chiedo ai dirigenti del mio partito, che hanno ricoperto e ricoprono importanti incarichi di governo, se in un Paese democratico questo non rappresenti un vulnus nei rapporti con una delle più importanti istituzioni dello Stato, cioè nei confronti della magistratura, che ha emesso una sentenza definitiva, infliggendo una pena non ancora completamente scontata».

Naturalmente, sull’episodio non sono mancate polemiche: «La presenza di Sofri, condannato per omicidio del Commissario Calabresi, come interlocutore privilegiato alla presentazione della mozione di maggioranza dei DS, getta una luce inquietante sulla nascita del Partito Democratico», ha dichiarato Publio Fiori, segretario di Rifondazione DC e già vittima di un grave attentato delle BR nel quale fu colpito da sei colpi alle gambe e tre al torace.
«La scelta dei Ds ha avuto il solo effetto di rinnovare una ferita mai sanata a tutte quelle famiglie di servitori dello Stato che hanno dato la vita nell'adempimento del proprio dovere», fa notare il capogruppo di Idv alla Camera Massimo Donadi. Una scelta, tuttavia, difesa dalla segreteria della Quercia.
«Sofri è una personalità della cultura italiana, espressione anche di una visione globale dei problemi del mondo e di una tensione innovativa della politica e della sinistra - sostiene il coordinatore della segreteria Maurizio Migliavacca - Per questi motivi siamo ben felici che abbia portato il suo contributo, peraltro apprezzato, alla presentazione della mozione e siamo fiduciosi che come altre personalità della cultura sarà interessato alla costruzione del Partito Democratico». Gli fa eco Andrea Ranieri, sempre della segreteria Ds: «Sofri è una testimonianza di capacità di cambiamento, per questo sono stato felice di vederlo al tavolo per la presentazione della mozione Fassino».

iltempo

mercoledì, febbraio 07, 2007

Repubblica delle banane




Con una lettera aperta gli ambasciatori di sei Paesi della Nato hanno chiesto all'italia di continuare a sostenere la presenza dei nostri soldati in afghanistan.

Il ministro degli esteri italiano d'alema ha rispedito le richieste al mittente definendo l'iniziativa dei diplomatici un'inopportuna interferenza esterna nel corso di un processo decisionale su una materia che è e resta di esclusiva competenza del governo e del Parlamento.

La risposta italiana sarebbe giusta se l'italia avesse una politica estera chiara e forte ma non è così, anzi la sinistra massimalista tiene in scacco il governo in materia di politica estera e forse proprio per questo appaiono le preoccupazioni dei paesi alleati sono comprensibili...

In realtà l'attuale maggioranza ha usato toni duri contro gli altri stati della Nato più che altro per uscire dall'empasse nel quale il governo è costretto a vivere, e cioè soddisfare glì estremisti di sinistra.

Secondo me, non solo l'attuale esecutivo ma fin dal 1946, lo stato repubblicano italiano non ha mai avuto una qualche parvenza di credibilità in politica estera.
La repubblica italiana è uno stato di confine, di sovranità limitata, un paese diviso in due anche all'interno ...

In fondo ha ragione caldaroli, viviamo in una repubblica delle banane.
Ma non solo adesso ..


Calderoli a d’Alema: Trattati come “Repubblica banane”

Roberto Calderoli, coordinatore delle segreterie della Lega Nord dice che “sicuramente, come scrive il ministro D’Alema, sono inopportune interferenze le lettere degli ambasciatori inviate ad un altro Stato sovrano”.

Ma il problema — aggiunge — è capire dove sia caduta la nostra credibilità internazionale dopo appena otto mesi di governo del centrosinistra se Paesi come Usa, Gran Bretagna, Canada, Australia, Olanda e Romania non ci ritengano più tali, ovvero uno Stato sovrano e tanto meno un alleato affidabile, al punto di dover dare suggerimenti non attraverso i Capi di Stato o i rispettivi ministri degli Esteri, ma attraverso i loro ambasciatori proprio come si farebbe con una Repubblica delle banane…“.

kataweb

domenica, febbraio 04, 2007

Il calcio è morto, lo stato dov'è ?



Ho la sensazione che la vicenda di catania è quella del Déjà Vu, cose già visto. Anche le frasi che si ascoltano dalle autorità politiche e sportive non sono nuove.
A questo punto siamo stufi di discussioni sterili.

Purtroppo il calcio non è più uno sport, ci sono troppi interessi economici, il dio denaro ha trasformato il calcio in business, non esiste più il calciatore legato ad una squadra ed amante del pallone, quel che conta è il contratto, la popolarità...
Infatti i giovani si avvicinano al calcio non più per imitare i campioni (ci sono ancora ?) ma per guadagnare un sacco di soldi senza fare sacrifici e per evitare di studiare ...
Inoltre i giocatori di serie A, neanche più bravi dei dilettanti, guadagnano milioni di euro all'anno ....mentre molti giovani italiani non hanno lavoro o sono sottopagati e sfruttati...
Nel calcio ci sono tanti soldi, la popolarità, le belle donne, non si studia, non esistono i sacrifici, macchine, moto, interviste televisive e giornalistiche...

Secondo me la colpa di quello che succede nel calcio, non è solo dei club e dei tifosi, ma anche e soprattutto della società che è marcia.
Quello che è successo a Catania più che sconvolgente è disperante, i fatti di Catania riproducono ed esasperano un fenomeno presente ovunque in Italia cioè il disagio giovanile e la mancanza di principi e valori.
Inoltre c'è anche il bisogno di un nemico contro il quale sfogare ire e frustrazioni e al quale addossare qualsiasi tipo di colpe.

Insomma la società moderna, plasmata anche dallo stato repubblicano, ha distrutto la gioventù, non esistono valori, i giovani non sanno più cosa sia la responsabilità.

Non per difendere nessuno, ma i giovani rifiutano la società attuale e non avendo modelli validi da seguire, per rabbia e disperazione compiono atti così sbagliati ...

E' deprimente constatare come nemmeno di fronte alle tragedie più toccanti, come la morte dell'ispettore di polizia a Catania, in italia la classe dirigente (politici, presidenti dei club e giornalisti) non abbia mai il coraggio di chiedere scusa e si cerchi di cambiare strada.

Uno stato con una moralità ridotta ed incapace di svolgere il suo ruolo si deve solo vergognare.
Un paese così sicuramente non ha futuro !!

giovedì, febbraio 01, 2007

Cocaina


L'enorme consumo di cocaina è indice di una società in profonda crisi dove non ci sono più punti di riferimento e gli uomini hanno paura del futuro.

Ormai gli esperti paragonano la cocaina all'influenza: facile da prendere, veloce nel diffondersi e in grado di colpire tutti, indipendentemente da età o classe sociale. Secondo i dati più recenti riferiti al 2005, ben 7 italiani su 100 dichiarano di averne fatto uso.

Questa piaga è distribuita in tutto il mondo, ma se sono proprio gli stati più avanzati a farne più uso significa che il cosiddetto progresso sta costruendo un mondo moderno dove l'uomo non si trova a suo agio.
In fondo l'uomo usa la droga per scappare dalla società perchè l'uomo è confuso e sconvolto da un mondo disumano e anacronistico che non gli da la possibilità di poter discernere con senso di responsabilità il suo modo di comportarsi.

Infatti si conoscono benissimo gli effetti che la droga produce e quindi le persone che la usano lo fanno perché non credono più nella vita.
La lotta alla droga si vince solo con un discorso serio e preventivo proponendo politiche sociali che facciano sentire all'uomo il senso della sua creatività, il senso della sua autogestione e la gioia del vivere.
Purtroppo le politiche sociali sono completamente assenti dall' ordinamento socio-politico del nostro paese, c'è più che altro una forma di assistenzialismo caritativo e il diritto di fare quello che si vuole.

Per tornare al nostro paese, mi sembra opportuno ricordare che tra i consumatori di stupefacenti ci sono anche molti parlamentari, ed ecco forse perchè molti politici sono antiproibizionisti o perlomeno favorevole alla depenalizzazione dello spaccio od uso di droga.
Dall'allarme del ministro dell'interno nasce una domanda spontanea :
Non ha nessuna responsabilità la classe politica repubblicana di questa spaventosa domanda di cocaina ?
Riflettano i politici e seriamente comincino a pensare a quali sono i veri e reali interessi dei cittadini.

L'allarme del ministro dell'Interno Giuliano Amato a Napoli
«Italia, consumo gigantesco di cocain
Il ministro ha posto l'attenzione sul problema droga dicendo che in Italia c'è «un consumo gigantesco di cocaina, una spaventosa domanda di cocaina»

Il ministro dell'Interno, Giuliano Amato, a Napoli per fare il punto sul patto per la sicurezza pone l' attenzione sul problema droga e dice che in Italia c'è «un consumo gigantesco di cocaina, una spaventosa domanda»

Amato prende ad esempio proprio il caso Campania, dove in una anno è stata sequestrata una tonnellata di cocaina. «Tutta questa droga forse non era destinata alla regione ma vuol dire comunque che c'è un consumo gigantesco nel Paese - ha detto nel corso della conferenza stampa seguita agli incontri in prefettura a Napoli».
Che poi ha continuato: «Se la nostra collettività esprime una domanda così grande, è bene che si rifletta e l'azione di contrasto si intreccia con il terreno dell'azione privata. La diffusione della cocaina, tra l'altro, è una delle attività che provoca più tensioni e conflitti, eppure trova un consenso così ampio».

ilcorrieredellasera

mercoledì, gennaio 31, 2007

Lusso repubblicano

Un interessante articolo è stato pubblicato su Il Giornale (30-gennaio-2007) sui costi del quirinale ed ho deciso di postarlo nel mio blog.
Se ce ne fosse bisogno, questo articolo dimostra che - anche - al quirinale c'è uno spreco sbalorditivo dei soldi degli italiani.

Altro che rigore e trasparenza.

La repubblica trasforma in spreco tutto ciò che tocca, ed anche il Quirinale è diventato un lusso eccessivo.

Mi sia concesso che trovo sgradevole che non ci sia una scusa o spiegazione dell'oblio che c'è stato finora da parte della repubblica sui costi del quirinale.
Perchè questo silenzio?

Uno può continuare a preferire la repubblica, ma non certo perchè costa meno della monarchia.
Cari repubblicani dovete accettare che la repubblica costa molto di più della monarchia!




Ma quanto ci costa il Quirinale

Un gesto di buona volontà del Quirinale - dove è stato finalmente deciso di rendere pubblico il bilancio interno - ha riattizzato il dibattito sui costi spropositati della politica in Italia. Risulta dalla nota del Colle che il personale complessivo è di 2181 dipendenti. Di questi, gli addetti di ruolo alla Presidenza ammontano a 1095 unità. Tra loro ci sono 108 dipendenti in diretta collaborazione con i vertici della Presidenza: e poi 1086 militari - tra loro i 297 corazzieri - e addetti alla polizia e alla sicurezza. Un organico superiore di unità a quello del 1998. Questo apparato - e la manutenzione dell'immenso palazzo che fu dei Papi e dei re d'Italia, nonché dei suoi giardini - imporrà quest'anno una spesa di 235 milioni di euro: il che in valori monetari depurati dell'inflazione significa il 60 per cento in più rispetto a dieci anni or sono, e il triplo rispetto a vent'anni or sono. Il bilancio di previsione è inferiore d'un milione di euro a quanto stabilito dal bilancio pluriennale dello Stato, 3,23 per cento di aumento anziché 3,5.
Cioè si spenderà un pochino meno di quanto previsto, ma più che l'anno prima.

L'unica voce praticamente stabile, e oltretutto ragionevole, è quella dell'appannaggio presidenziale, fermo a 218.407 euro (e soggetto, per una decisione presa a suo tempo da Oscar Luigi Scalfaro, alla normale tassazione). Alle critiche per la spesa quirinalizia si è associato Emanuele Filiberto di Savoia affermando che i costi della monarchia erano «venti volte inferiori» (prescindendo, è ovvio, dal costo, dalle distruzioni, dalle perdite umane di una guerra perduta). Seccato per i rilievi negativi, il Quirinale li ha detti «inappropriati» ed ha sottolineato che sono affiorate ultimamente nuove esigenze di sicurezza e di valorizzazione del patrimonio artistico.

Fermissima impressione del cittadino comune è che il Quirinale sia un lusso eccessivo, e sia gestito con lusso eccessivo.
Impressione giusta o impressione sbagliata? I raffronti risultano impietosi per il mastodonte burocratico del colle più alto. Raffaele Costa scrisse nel suo libro «L'Italia dei privilegi» che la regina Elisabetta II d'Inghilterra dispone di 300 dipendenti, il re di Spagna di 543, il presidente Usa di 466, l'imperatore del Giappone di mille all'incirca. Ma proviamo a esaminare i casi di presidenze vicine all'italiana, ossia la tedesca e la francese. Ho fatto ricorso, per avere dati recenti e precisi, alla cortesia dei colleghi Salvo Mazzolini (Berlino) e Alberto Toscano (Parigi).

In Germania il presidente della Repubblica - attualmente Horst Kohler - ha, come il nostro, compiti soprattutto di rappresentanza e di garanzia, ma rispetto al nostro più affievoliti. Lo si può paragonare ai sovrani scandinavi. Il potere vero spetta al cancelliere. Ecco allora le informazioni di Mazzolini: «Nel 2006 sono stati stanziati per le spese della Presidenza diciannove milioni 354mila euro. Questa cifra è comprensiva di tutto, stipendio del presidente e del personale, spese ordinarie e straordinarie, viaggi all'estero, manutenzione delle due residenze (Bonn e Berlino). Il presidente ha uno stipendio annuo netto di 199mila euro, e dispone inoltre d'uno straordinario (78mila euro nel 2006) per spese di rappresentanza e interventi di vario tipo. Gli organici della presidenza ammontano a 160 unità tra consiglieri, funzionari, impiegati, personale addetto alla manutenzione e alla sicurezza. Il numero dei dipendenti è fissato per legge. «Meno d'un decimo di quella del Quirinale la spesa tedesca, molto meno d'un decimo il personale».

Il presidente francese non è una figura rappresentativa e notarile: ha un forte ruolo operativo - e in settori come quello degli esteri e della difesa prevalente - nella politica francese. L'Eliseo di Jacques Chirac - ancora per poco - non è un osservatorio o un luogo di verifiche, è una plancia di comando. Ecco il ragguaglio di Toscano: «Effettivi della Presidenza: 941 persone di cui 365 militari. Tra quei 941 gli addetti al Capo dello Stato, alla sua famiglia, alla sua abitazione e alle sue relazioni personali sono 192 di cui 29 militari; gli addetti ai servizi della presidenza sono 749 di cui 336 militari. La presidenza include le sedi staccate o di vacanza di palazzo Marigny (accanto all'Eliseo), castello di Rambouillet, forte di Bregancon e altri immobili. Tra questi un appartamento, vicino alla torre Eiffel, dove Mitterrand ospitava la madre di Mazarine, la sua figlia segreta.

La dotazione del presidente della Repubblica, comprese le spese di rappresentanza e di viaggio, è di un milione 736mila euro. Aggiungendo le retribuzioni del personale si arriverà per il 2007 a circa 32 milioni di euro, in lieve calo sul 2006. Inoltre sono previsti «fondi speciali» per oltre cinque milioni di euro annui. Il Presidente paga l'Irpef su un salario mensile lordo di 6627,45 euro. Lasciato l'Eliseo Mitterrand ebbe 4300 euro mensili della pensione di ex presidente e 4400 euro mensili di altre pensioni: gli spettavano inoltre, come ex, lo stipendio per due addetti al segretariato, una guardia del corpo, auto blu e autista». La disparità enorme tra la spesa per l'Eliseo - 32 milioni di euro - e la spesa per il Quirinale - 235 milioni - lascia supporre che in Francia alcune voci importanti siano contabilizzate a parte. Poco più di un anno fa un'inchiesta di Nouvel Observateur sostenne che i bilanci dell'Eliseo erano truccati, e che la spesa era tripla di quella resa nota, ossia 90 milioni di euro. La cifra parve ai francesi mostruosamente alta.

Perché il Quirinale è così caro?
Intanto perché la politica e la burocrazia italiana tendono a dimensionarsi, nei piani alti, al livello delle cinque stelle lusso. Ci comportiamo - o meglio loro si comportano - come un Paese straricco. Parlamentari ed europarlamentari sono i più pagati d'Europa, i consiglieri regionali sfiorano - e in Sicilia raggiungono o superano - la retribuzione sontuosa di deputati e senatori, il governatore della Banca d'Italia è il banchiere centrale meglio retribuito del mondo - tranne pare Hong Kong -, anche nelle propaggini manageriali della politica non si scherza e chi guida l'Alitalia in bancarotta incassa più di chi guida la Lufthansa.
Si sciala nelle retribuzioni, si sciala nell'assegnazione di personale anche se da ogni ufficio pubblico si levano strazianti invocazioni perché «gli organici non sono completi». Qualche giorno fa s'è accennato all'istituzione d'una «autorità» per la tutela dei diritti dei detenuti, e veniva ventilato un organico di cento (cento!) dipendenti. A far che?

Torniamo al Quirinale. Per strutturare una presidenza che è forte per la stabilità - sette anni - ma debole per l'ambito decisionale potevano essere seguite due strade: un Quirinale leggero e un Quirinale pesante. L'opzione della leggerezza era suggerita dal fatto che il Presidente della Repubblica «non è responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni» tranne che per Alto Tradimento o per attentato alla Costituzione. Nessun suo atto è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti (e s'è visto quale diatriba giuridica sia stata inscenata per la grazia a Sofri e altri).

È stata invece prescelta, non disinteressatamente, la formula della pesantezza, e d'un fatato universo quirinalizio dove per esempio all'ufficio postale - Raffaele Costa dixit - erano adibite 16 persone. Il Quirinale così messo in piedi è una sorta di bonsai - ma anche un bonsai può essere gigantesco - che riproduce quasi tutte le varietà della selva burocratica italiana. Tre boiardi stanno alla sommità della piramide, il segretario generale e i suoi due vice. Ci sono poi i consiglieri, ciascuno di loro è un miniministro a capo di un miniministero: consigliere per gli affari giuridici e le relazioni costituzionali (ministro della Giustizia), consigliere diplomatico (ministro degli Esteri), consigliere militare (ministro della Difesa), consigliere per gli affari interni (ministro dell'Interno) e così via. Il tocco quirinalizio fa lievitare le retribuzioni. Chi è «comandato» al Quirinale da altre amministrazioni riceve, anche se le sue mansioni in sostanza non cambiano, una vistosa gratifica monetaria (successivamente avrà anche, il più delle volte, gratificazioni di carriera).

Non si può dare addosso al solo Quirinale: men che meno nel momento in cui dal colle più alto viene, dopo troppo lunghe reticenze, un esempio di trasparenza. Semplicemente si vorrebbe che la questione dei costi della politica, messa sul tappeto, non finisse presto nel cestino. La politica - e con termine più alto la democrazia - è necessaria e ha costi che dobbiamo accettare: così come li ha l'automobile, egualmente necessaria. Ma non è indispensabile muoversi in Rolls Royce, va bene anche la Panda.

Mario Cervi

ilgiornale

martedì, gennaio 30, 2007

La Chiesa contro napolitano



La Cei boccia l'appello di Napolitano

Il Monsignor Giuseppe Betori, segretario generale della Cei, ha replicato al presidente della repubblica respingendo, di fatto, l’indicazione di napolitano per una legge sulle unioni civili che tenga conto dei timori e delle sensibilità della chiesa cattolica.
Per la Chiesa approvare i Pacs significa scardinare i valori della famiglia tradizionale.
Non è possibile trovare un compromesso sulle coppie di fatto perchè se si mettono accanto al modello della famiglia monogamica (uomo e donna) altri modelli che non hanno in se' tutti questi elementi non fanno altro che scardinare i valori che la Chiesa presenta ai giovani.
Sono modelli sociali che entrano in concorrenza fra di loro e per questo e' estremamente difficile accettare quelli che sono concorrenti alla famiglia tradizionale.



Il segretario generale della Cei ha ben compreso il senso più preciso delle affermazioni madrilene di napolitano, e cioè che lui ritiene in ogni caso che una legge, invece, vada fatta. E che il Parlamento italiano la farà.

La Chiesa ha ben capito che il presidente della repubblica è un politico!

Per l'ennesima volta le dichiarazioni di napolitano sono interferenze politiche in quanto ha detto che la legge sulle coppie di fatto si farà .

Inoltre, ancora una volta, napolitano si dimostra di parte in quanto è evidente il suo aiuto e la sua simpatia alla maggioranza.

A questo punto l'operato del presidente della repubblica è criticabile in quanto svolge un ruolo politico .





radio vaticano

sabato, gennaio 27, 2007

Quirinale repubblicano




Finalmente dopo più di mezzo secolo, la repubblica si degna di pubblicare i costi del quirinale.

Infatti i costi del quirinale sono un segreto di stato da più di mezzo secolo e la repubblica italiana non ha mai pubblicato i suoi bilanci.
Che io sappia il Segretario generale della presidenza della repubblica ha sempre detto che il bilancio del quirinale per “consuetudine costituzionale” ha “natura di atto interno non pubblico”.



Ma più che trasparenza direi che si scopre l'acqua calda !

Infatti si continua a non sapere come sono spesi tutti questi soldi.
Dov'è la trasparenza?
Si scoprono cose già note come ad esempio il numero enorme del personale di ruolo (987 unità, di cui 84 appartenenti alla carriera direttiva, 124 alla carriera di concetto, 228 alla carriera esecutiva e 551 ausiliari ..).

Cosa serve tutto questo esercito?
Quanto guadagna il personale ?
Come sono stati scelti? .... Su questo non si sa nulla.

Ma non basta.
Nella nota del bilancio di previsione dell’amministrazione della presidenza della repubblica per il 2007 si legge solo che la richiesta è inferiore rispetto alle previsioni, ma le spese del Quirinale continuano ad essere sbalorditive.

Altro che rigore, sobrietà e trasparenza.
In dieci anni il personale di ruolo del Quirinale è aumentato del 20% e le spese del Quirinale sono cresciute del 91% in cifra assoluta e del 61% al netto della inflazione.
Sono aumentati i corazzieri, saliti a 297, e il personale per la sicurezza, 1086 persone. Mentre i dipendenti (tra dirigenti, quadri e ausiliari) sono saliti a quota 1072.

Non è un mistero che tra le mansioni di un ausiliario assunto ci fosse quella di tenere sempre aggiornata l'ora dei pendoli e degli orologi a cucù.
L'11% del totale delle spese, 23 milioni di euro circa se ne va per il cerimoniale e il mantenimento dei palazzi e delle tenute presidenziali.

Quanto ci costa la repubblica?
Come sono spesi i soldi degli italiani?
Non basterebbe un quinto di quanto si spende per il quirinale?


quirinale

venerdì, gennaio 26, 2007

Ricordo di Regina Maria Josè





A Ginevra il 27 gennaio 2001 moriva la Regina Maria Josè.

Adesso riposa al fianco di S.M. Umberto II nell'Abbazia Reale di Altacomba (Francia).