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martedì, ottobre 10, 2006

La privacy vale solo per i politici?


Il risultato del servizio delle 'Iene' (previsto stasera) è diventato un incidente diplomatico ed il Garante per la Privacy ha deciso di bloccare il servizio televisivo della trasmissione di Italia1.

Come noto, dal test antidroga effettuato "a sorpresa" su 50 deputati, sembrerebbe che un deputato su tre fa uso di sostanze stupefacenti, per la maggior parte cannabis, ma anche cocaina.

Mentre si discute sulla validità del test, e se ci siano o meno gli estremi per imputare agli inviati la violazione della privacy, a Montecitorio domina la confusione e la strumentalizzazione politica.

Alcuni sono contenti di avere partecipato al programma e si augurano che "sia l'occasione di un dibattito contro l'ipocrisia del proibizionismo", altri querelano la trasmissione "pur non avendo niente da nascondere", altri ancora invitano le Iene a trasmettere in onda il servizio.

Forse il metodo usato dalle iene è stato poco ortodosso ma mi chiedo : perche' poi bloccare la messa in onda del filmato di una notizia gia nota?
Al limite si poteva stoppare la diffusione della notizia.

Anche se non sono convinto, rispetto la decisione del garante per la Privacy, ma a questo punto mi chiedo perchè si difendono gli onorevoli mentre in altre occcasioni non si è fatto altrettanto?.

La privacy vale solo per i politici?

Ricordo il caso del principe Vittorio Emanuele di Savoia, dove ci sono state palesi violazioni della legge sulla privacy, come le intercettazioni telefoniche pubblicate nei giornali e televisioni.

Il Garante della Privacy non ha mai notato che in questa repubblica molte persone sono state sottoposte a linciaggi morali ?

Cosa ha fatto finora il Garante della privacy per tutelare i cittadini italiani ?



Il servizio : «Un onorevole su 3 fa uso di sostanze stupefacenti»
Droga alla Camera, stop a servizio delle Iene
Il garante per la privacy vieta di mandare in onda il test condotto su 50 onorevoli: «È stata violata la privacy»

ROMA - Il garante per la Privacy ha deciso di bloccare il servizio delle «Iene» sul test antidroga effettuato su 50 deputati. Il servizio, che dimostrerebbe l'uso di sostanze stupefacenti da parte di un onorevole su tre, doveva andare in onda stasera. Ma aveva scatenato una serie di polemiche.

LE REAZIONI - Il leader dell'Udc, Pierferdinando Casini, aveva parlato di «pessima trovata pubblicitaria. L'attendibilità di questa specie di esperimento scientifico è equivalente allo zero». Parere opposto dal segretario dei Radicali Italiani, Daniele Capezzone: «Ancora complimenti a 'Le iene' - aveva detto -. Niente complimenti, invece, ai finti stupiti, ai finti indignati, ai 'caduti dalle nuvole', ai 'Cappucetto Rosso' che fingono di non sapere e non vedere. Adesso, c'è una cosa seria che la politica può fare, ed è depenalizzare il consumo».

PRIVACY - Daniela Santanché, di Alleanza Nazionale, aveva dichiarato che «o quella delle Iene è una burla, o altrimenti deve intervenire il presidente della Camera, Bertinotti, rimasto finora in un silenzio assordante. Trovo che questa cosa sia inaccettabile; stiamo diventando Il Grande Fratello. Io sono anche una madre e l'idea che possa essere sospettata di fare uso di droga è un'idea che mi dà profondamente fastidio. In questo caso non si è rispettata quella che è la tutela della propria privacy». Per il capogruppo della Lega Nord, Roberto Castelli, si tratta di «una ennesima dimostrazione di questi tempi barbari e decadenti: è barbaro e decadente chi consuma droga, ma lo è anche chi ha avuto l’idea di questa indagine con i tamponi». Usa l'ironia il capogruppo vicario della Dc alla Camera dei deputati, Giampiero Catone, che giudica «interessante il drug wipe usato nel servizio della trasmissione televisiva. Non escludo - prosegue - l'ipotesi di una proposta di legge antidoping per essere applicata semmai dopo aver discusso e votato provvedimenti importanti come la legge finanziaria. Bisognerebbe far eseguire questo test, assieme a quello dell'etilometro, come avviene in altri Paesi europei e anche in alcuni comuni d'Italia.

ilcorrieredellasera

lunedì, ottobre 09, 2006

Molti politici sono drogati


Mi ero sempre chiesto come mai molti politici sono antiproibizionisti o perlomeno favorevole alla depenalizzazione dello spaccio od uso di droga.

Rimanevo interdetto ogni volta che si presentavano leggi discutibili come aumentare il quantitativo massimo di cannabis detenibile oppure evitare che il possesso di qualche spinello facesse rischiare di incorrere nella presunzione di spaccio...

Adesso il Test delle Iene su 50 parlamentari fa capire perchè molti politici propongono leggi del genere.

Tra i consumatori di stupefacenti ci sono anche molti parlamentari, e quindi la depenalizzazione e liberalizzazione dell'uso di "spinelli" e droghe cosidette leggere è un modo per evitare di andare in carcere!!!

Un altro record della repubblica italiana :
un onorevole su tre fa uso di droga !

Vergogna!!




Diversi deputati e senatori sono stati sottoposti, a loro insaputa, al "drug wipe"
una prova quasi infallibile. Quattro positivi alla cocaina, 12 alla cannabis
"Un onorevole su tre fa uso di droghe"
Test delle Iene su 50 parlamentari
I risultati saranno presentati nella trasmissione in onda domani sera alle 21

"Un onorevole su tre fa uso di droghe"
Test delle Iene su 50 parlamentari

ROMA - Un onorevole su tre fa uso di stupefacenti, prevalentemente cannabis ma anche cocaina: è il risultato di un test eseguito, a loro insaputa, su 50 deputati dalle Iene, che ne proporranno i risultati nella prima puntata della nuova serie del programma, domani alle 21 su Italia 1. Questo il dato: il 32% degli 'intervistati' è risultato positivo: di questo il 24% (12 persone) alla cannabis, e l'8% (4 persone) alla cocaina.

Il test eseguito con uno stratagemma è il drug wipe, un tampone frontale che, spiega Davide Parenti, capo autore delle Iene, "ha una percentuale di infallibilità del 100%". I deputati sono stati avvicinati con la scusa di un'intervista. poi, una finta truccatrice, si accorgeva che la fronte dell' intervistato era "troppo lucida" e tamponava. In realtà l'ignaro si era sottoposto, senza saperlo, al test che svela se si è fatto uso di stupefacenti nelle ultime 36 ore.

"Il test - spiega Parenti - è infallibile al 100% se si sono assunte sostanze stupefacenti nelle ultime 36 ore. Il che vuole dire che basta averne fatto uso più di due giorni prima per risultare negativi. L'errore, piuttosto, può essere fatto per difetto: può succedere che il test non rilevi chi ha fatto uso di cannabis coca o altro ma non che risulti positivo se qualcuno è pulito".

Nel servizio-inchiesta non si riconosceranno i deputati sottoposti al test: "Noi stessi non sappiamo chi, dei 50 testati, sono i 'positivi'. Per noi la parte interessante non è la violazione, ma il dato percentuale".

larepubblica

giovedì, ottobre 05, 2006

Gli istriani denunciano la repubblica italiana




Gli esuli istriani hanno un sacrosanto diritto a chiedere un risarcimento giusto ed equo dei beni abbandonati.

Come è scritto nell'articolo :
La repubblica italiana (con il primo governo Prodi, ndr) ha portato la Slovenia come una sposa all'altare dell'Europa ed ora sembra non voler usare il diritto di veto all'ingresso nella Ue della Croazia per ottenere la restituzione dei beni abbandonati.
Allora l'unica strada da percorrere è quella legale



Gli istriani denunciano la repubblica italiana.

Vergognati repubblica!!


Gli esuli istriani fanno causa al governo «Giusto indennizzo per i beni perduti» - di Fausto Biloslavo -

da Trieste

Questa volta l'avvocato americano fa sul serio ed oggi saranno presentate al tribunale di Trieste le prime quaranta cause degli esuli istriani e fiumani, contro lo Stato italiano, per un equo indennizzo dei beni depredati dalla Jugoslavia di Tito dopo la fine della seconda guerra mondiale. Ci voleva Giovanni De Pierro, 44 anni, figlio di emigrati negli Stati Uniti, originari della provincia di Benevento, per dare il via ad una probabile valanga di cause civili contro lo Stato per aver elargito, fino ad oggi, solo elemosina a chi ha perso tutto perché italiano. In 350mila fuggirono davanti alle violenze dei partigiani comunisti dall'Istria, da Fiume e dalla Dalmazia, lasciando alle spalle attività, case, terreni, nazionalizzati dal nuovo regime jugoslavo. «Si tratta della prima azione legale seria degli ultimi 60 anni. Domani (oggi per chi legge, ndr) presentiamo le prime quaranta cause a Trieste e nelle prossime settimana contiamo di arrivare, nel resto dell'Italia, a circa duecento richieste di giusto ed attuale risarcimento danni per i beni perduti», spiega al Giornale De Pierro, che ha presentato l'iniziativa nel capoluogo giuliano.
Una bella grana per il governo Prodi, tenendo conto che vengono chiamati in causa il ministero dell'Economia e la presidenza del Consiglio. «Se vinciamo, altro che finanziaria pesante ­ sostiene con una battuta De Pierro ­. Sarà una sconfitta pesante per le casse del tesoro italiano e gli esuli che faranno causa, o i loro eredi, diventeranno migliaia». L'ufficiale giudiziario notificherà all'avvocatura dello stato di Trieste le prime quaranta cause degli esuli che si sono visti sequestrare case o grandi appezzamenti terrieri a Pisino,

Fiume, Pirano e altre località che oggi si trovano in Slovenia o Croazia.
«L'obiettivo delle cause è far riconoscere il diritto ad un risarcimento giusto ed equo dei beni abbandonati dagli esuli appellandoci alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo», spiega l'avvocato triestino Gian Paolo Sardos Albertini, che fa parte del pool legale creato da De Pierro.
Lo Stato italiano sta risarcendo da anni gli esuli, ma a causa delle lungaggini burocratiche e della cronica mancanza di fondi i parametri di rivalutazione, rispetto al valore del bene del 1938, vengono considerati miserevoli. «I coefficienti attuali sono fra il 200 ed il 350 per cento, ma le stesse leggi che giacciono in Parlamento, presentate sia da Fassino che da Fini, chiedono indennizzi più alti con coefficienti che variano dal 4000 al 5000 per cento», sottolinea De Pierro. L'iniziativa era partita lo scorso anno, ma poi l'avvocato d'oltreoceano aveva deciso di rimandare perché sembrava che con la vicina Croazia si potesse aprire uno spiraglio sulla restituzione dei beni. «L'Italia ha portato la Slovenia come una sposa all'altare dell'Europa (con il primo governo Prodi, ndr) ed ora sembra non voler usare il diritto di veto all'ingresso nella Ue della Croazia per ottenere la restituzione dei beni abbandonati. Allora l'unica strada da percorrere è quella legale», osserva l'avvocato, esperto di diritto internazionale, che ha uno studio nel New Jersey. De Pierro ha appreso la tragica vicenda degli esuli dai racconti del padre, operaio a New York. Il giovane avvocato si occupa da qualche anno delle vicende dell'esodo e Oltreoceano aveva fondato l'Alleanza Italiana Istriano-Fiumano-Dalmata andando a protestare sotto i consolati sloveno e croato a New York per le ingiustizie subite alla fine della seconda guerra mondiale.

Nessuno, fino ad ora, aveva mai pensato ad un'azione collettiva per chiedere il risarcimento di beni perduti 60 anni fa, che rispetti il valore del mercato attuale. «Chiederemo al giudice che venga eseguita una perizia sui beni abbandonati ­ spiega Albertini ­: l'Italia ha tradito i suoi cittadini risarcendoli in maniera iniqua ed ora deve pagare». Il valore dei primi risarcimenti richiesti potrebbe ammontare a 20 milioni di euro, ma il pool degli avvocati di cui fanno parte tre giuristi esperti di diritto internazionale, per il momento preferisce non parlare di cifre, ma solo del riconoscimento legale di un equo e giusto indennizzo agli esuli. «I rappresentanti della Farnesina si battono per far riconoscere alla Croazia il diritto degli italiani di acquistare oltre confine. Ma gli esuli cosa dovrebbero fare, ricomprarsi le case rubate?», sbotta De Pierro. Dopo Trieste, capitale morale dell'esodo, le cause partiranno a Roma, Lucca, Torino, Genova e Milano con l'obiettivo di creare un effetto valanga che ottenga giustizia dopo oltre mezzo secolo di promesse mancate.


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