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martedì, ottobre 09, 2007

Le Tasse sono belle?


In TV nella trasmissione su Rai 3 di Lucia Annunziata, il ministro Padoa Schioppa ha sostenuto che dovremmo avere il coraggio di dire che le tasse sono una cosa bellissima.

Le tasse non sono una cosa bellissima ma è anche vero che le tasse da pagare sono un dovere civile.
Le tasse sono buone e giuste solo se utili e proporzionate ai benefici che ne ricaviamo.
In Italia non è così, l’elenco di sperperi è troppo lungo e noto a tutti per nausearvi ancora.

Inoltre non si deve dimenticare che per le tasse, come in tutte le altre questioni, c'è il limite oltre il quale non si sopporta più.
L'economista Laffer, che convinse Reagan ad inserire nel suo programma la diminuzione delle imposte dirette, teorizzò una curva dove c'è un punto d'incrocio tra i valori delle ascisse (aliquota fiscale) e delle ordinate (entrate fiscali) in cui l'aumento delle imposte fungerebbe da disincentivo alle attività economiche, determinando di conseguenza minore gettito fiscale.

Gli italiani hanno tanti difetti ma non sono stupidi
ed infatti molti non pagano le tasse perchè sanno molto bene come lo stato gestisce i nostri soldi. Male, molto male.

Perchè pagare le tasse se lo stato repubblicano spreca il denaro pubblico ?

Come si può essere contenti di pagare le tasse se lo stato è corrotto, inefficente e sprecone ?


Purtroppo in Italia le tasse sono uno strumento per costringere i contribuenti a pagare più del dovuto, sono un mezzo per sprecare i sacrifici e per impoverirci sempre di più.

Quando cambierà lo stato?

venerdì, settembre 07, 2007

Le spese dello stato repubblicano



Continuano le grandi manovre in vista della presentazione della Finanziaria per il 2008 per far quadrare i conti.
Il ministro dell'Economia ha presentato il Libro verde sulla spesa pubblica per riqualificare le spese pubbliche, la parola d'ordine è spendere meglio, eliminando gli sprechi, correggendo i fenomeni di cattivo costume, riducendo i costi della politica.

Breve inciso polemico.
La Commissione tecnica per la finanza pubblica, che ha messo a punto il Libro Verde, costa un milione e 200mila euro all’anno. Lo stabiliscono il comma 474 e seguenti della legge finanziaria di quest’anno

Inoltre il Libro Verde non dà alcuna indicazione sui possibili risparmi di spesa che faranno parte della prossima finanziaria, ma mette in luce come esistano spazi oggettivi per una riqualificazione della spesa pubblica.

Quello che si legge nel libro non è una novità.
Si sa già che la spesa previdenziale italiana sia la più alta dell’area euro: il 14,7% del Pil a fronte di una media del 12,7%. Eppure, questo governo ha eliminato una riforma previdenziale che consentiva la riduzione del costo previdenziale.

E non c’era bisogno di una Commissione tecnica per rendersi conto delle performance del settore pubblico. Quelle italiane sono le più basse d’Europa.

E' noto che gli stipendi degli statali sono cresciuti del 30% in cinque anni: Il 10% in più rispetto ai lavoratori dell’industria, il doppio rispetto all’inflazione....eccetera ...


Andiamo oltre.
Conoscendo l'alta inefficienza, la corruzione, l'enorme burocrazia del sistema repubblicano (stato, regioni, province, comuni ...) evidentemente la riqualificazione della spesa pubblica è un imperativo urgente e ineludibile.
Questa è una strada a senso unico, che deve essere percorsa il più presto possibile perchè solo così è possibile spingere la crescita, elevare il benessere e dare un futuro ai giovani.

Basta leggere il recente libro di Stella e Rizzo La Casta, per capire che spendiamo molto per tenere in piedi una macchina che non produce benefici.

Secondo me questa tendenza virtuosa è possibile solo se si riforma completamente lo stato italiano, è necessario una specie di rivoluzione liberale per riscrivere una nuova costituzione e per instaurare una nuova classe politica .

La verita' e' che il dna della repubblica ( dominata dalla sinistra ) non accetta ideologicamente la possibilita' di diminuire le tasse, perche' interpreta la politica fiscale come metodo punitivo nei confronti di chi osa guadagnare piu' di altri, e la vulgata vuole che sia possibile ridurre le spese indipendentemente dalla pressione fiscale.

Inoltre non si deve dimenticare che i partiti non vogliono ridurre le spese pubbliche perchè sanno che in questo caso perderebbero milioni di voti.
Infatti i politici, per assicurarsi il consenso, hanno comprato milioni di voti, il clientelismo è una tipica abitudine repubblicana.

Lo Stato repubblicano non e' in grado di porsi autonomamente un freno quando si tratta di spendere soldi, e temo che continueranno a dominare l'impotenza di decidere sul serio e dall'altro il solito marketing politico-elettorale a buon mercato.

Se si volesse veramente prendere sul serio il doveroso obiettivo di ridurre la spesa pubblica, bisognerebbe contemporaneamente (1) tagliare spese inutili, (2) diminuire le tasse, (3) impedire un innalzamento dell'indebitamento.
Il problema è che strangolare le spese e snellire il sistema hanno l'inevitabile conseguenza di tagliare una della gambe sulle quali si fonda il sistema repubblicano (l'altra è la propaganda media), e quindi è quasi impossibile che il regime repubblicano possa autocorreggersi o limitare il suo potere.

Tempi sempre più duri ci aspettano ...

Spesa pubblica: Padoa-Schioppa, "Per ridurla spendere meglio"

ROMA - Il ministro dell'Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, ritiene che per aumentare il contributo del bilancio alla crescita, per ridurre la pressione fiscale, per alleggerire il peso del debito pubblico c'e' solo una strada da seguire: spendere meglio.
"Cio' che lascia a desiderare non e' tanto l'elevato livello della spesa pubblica quanto la qualita' insufficiente rispetto ai bisogni del Paese", scrive Padoa-Schioppa nel "Libro verde sulla spesa pubblica". Secondo il ministro "alcuni risultati possono essere ottenuti con l'eliminazione dello spreco, la correzione di fenomeni di cattivo costume portati alla luce anche di recente, la riduzione dei costi della politica". (Agr)

ilcorrieredellasera

lunedì, settembre 03, 2007

Stipendi dei lavoratori



I poveri italiani non possono sorridere.

Le retribuzioni contrattuali crescono a ritmi minimi, i più bassi degli ultimi quattro anni.

Secondo l'Istat nel mese di luglio, le retribuzioni sono cresciute dello 0,1 per cento rispetto al mese precedente.





Commento:
aumenta sempre più la differenza tra la casta dei politici, creata e foraggiata dal sistema repubblicano, ed i poveri lavoratori italiani.

Anche confrontando gli stipendi dei politici con quelli degli italiani si capisce che la repubblica italiana è una oligarchia .

Minimi aumenti ai lavoratori, massimi privilegi ai politici.


Tra gennaio e maggio più di 800 mila ore perse per conflitti sindacali Rallenta in Italia la crescita degli stipendi A luglio l'aumento è risultato dell'1,8% in più rispetto al dato del 2006. Ma è il più basso degli ultimi quattro anni. Inflazione all'1,6

ROMA - Le retribuzioni degli italiani sono in crescita ma l'ultimo aumento, registrato a luglio, pari all'1,8%, è il più basso degli ultimi quattro anni. Lo comunica l'Istat precisando che per riscontrare un tasso di crescita più basso bisogna risalire a giugno 2003, quando l'incremento fu pari all'1,7%. Le retribuzioni contrattuali a luglio sono cresciutedello 0,1% rispetto a giugno e, appunto, dell'1,8% rispetto a luglio 2006. Sempre a luglio l'inflazione è stata pari all'1,6%.

CONFLITTI SINDACALI - Dalle analisi dell'Istituto nazionale di statistica emergono altri dati che fotografano la realtà del mondo del lavoro. Tra gennaio e maggio 2007 il numero di ore non lavorate per conflitti originati dal rapporto di lavoro è stato di 824 mila, il 63,4% in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Le principali motivazioni dei conflitti, secondo quanto precisa l'Istat, sono da imputare al rinnovo del contratto e alle altre cause residuali, con quote percentuali sul totale delle ore non lavorate rispettivamente pari al 26,2% e al 41,1%.

CONTRATTI SCADUTI - Risultano scaduti 36 contratti relativi a circa 8,9 milioni di lavoratori dipendenti e pari al 74,3% del monte retributivo totale. L'Istat ricorda poi che alla fine del mese di luglio sono invece in vigore 40 accordi, che regolano il contratto normativo di 3,4 milioni di dipendenti. La quota di contratti nazionali in vigore - spiega ancora l'Istat - sottende situazioni molto differenziate a livello settoriale: la copertura infatti totale nell'agricoltura e nell'edilizia, mentre livelli di copertura più contenuta caratterizzano i settori trasporti, comunicazioni e attività connesse (52,9%) e industria in senso stretto (40,3%, in forte riduzione rispetto al mese scorso). Quote decisamente inferiori caratterizzano il settore del credito e assicurazioni (2,9%) e quella dei servizi privati (6,9%). Infine, relativamente, alla pubblica amministrazione e al commercio, pubblici esercizi e alberghi nessuno dei contratti osservati dall'indagine è in vigore (copertura nulla).

ilcorrieredellasera

mercoledì, luglio 25, 2007

FMI : l'economia globale vola, l'Italia no

Il Fondo monetario internazionale rivede al rialzo la stima della crescita 2007 per Germania, Francia e Spagna, ma l'Italia resta al palo.

Per i Paesi dell'euro le previsioni prevedono una crescita economica al rialzo fino al 2,6% nel 2007 e al 2,5% nel 2008 e, tra i grandi di Eurolandia, l'Italia è l'unica con una stima di crescita inferiore al 2% per i prossimi due anni.
Per FMI, le previsioni di crescita per l'economia italiana sono un incremento del Pil al 1,8% per quest'anno e 1,7% per il prossimo.

La colpa della scarsa crescita del nostro paese rispetto agli altri, non può che essere della classe politica.
Purtroppo i sacrifici degli italiani (tasse e lavoro) sono quasi inutili perchè lo stato repubblicano, invece di stimolare e aiutare l'economia, è una oligarchia che spreca le risorse per mantenere un sistema basato sui privilegi, corruzione, clientelismo ed inefficienza.


Fmi, in crescita l'economia mondiale. Ma l'Italia è ferma

New York - Cresce il sistema mondo. Ma l'Italia resta ferma. Secondo il Fondo monetario internazionale, nel 2007 e nel 2008 l'economia mondiale crescerà dello 0,3%, fino ad attestarsi al 5,2%. L’economia globale, si legge nel documento pubblicato oggi, "continua a espandersi": se gli Usa segnano un rallentamento nel primo trimestre (nel secondo gli indicatori evidenziano già segnali di ripresa), Eurolandia e Giappone allungano il passo con alcuni Paesi emergenti, come Cina, India e Russia, caratterizzati da proiezioni in sostenuta crescita. L’inflazione resta generalmente contenuta, mentre rischi per l’economia mondiale sono le elevate quotazioni del petrolio e alcune incertezze sui mercati finanziari per il deterioramento di alcuni settori, come nel caso dei "subprime" negli Usa.

Eurolandia: boom per la Germania, ma Italia ferma Nel vecchio continente, il Fmi prevede la crescita di Germania, Francia e Spagna. Ma tiene ferma al palo l'Italia. Per i Paesi dell’euro è stimata una crescita economica in rialzo fino al 2,6% nel 2007 e al 2,5% nel 2008, con un progresso dello 0,3% e dello 0,2% rispetto alle previsioni del World economic outlook di aprile. Tra i grandi di Eurolandia, l’Italia è l’unica con una stima di crescita inferiore al 2% quest’anno e il prossimo. La Germania segna il rialzo più corposo delle previsioni di crescita, lo 0,8% in più al 2,6% nel 2007, mentre per Francia e Spagna il miglioramento è dello 0,2% rispettivamente al 2,2% e al 3,8%. Italia invece ferma all’1,8%. Per il prossimo anno il Fmi ha rialzato la stima per la Germania dello 0,5% al 2,4%, mentre ha ridotto dello 0,1% quella della Francia al 2,3% e ha tenuto ferma la Spagna al 3,4%. Italia ferma anche nel 2008, all’1,7%. Conferme per il Regno Unito (+2,9% e +2,7%), mentre le stime di crescita dell’Unione Europea salgono al 3,1% e al 2,8% (+0,3% e +0,1%).

ilgiornale

martedì, luglio 17, 2007

Il Debito della repubblica


Secondo il governatore della Banca d’Italia non esiste alcun tesoretto da spendere e la Corte dei conti ha ribadito la necessità di ridurre la spesa pubblica.

E' possibile che lo stesso sistema repubblicano, che ha creato il debito pubblico ed aumentato le spese, possa risanare la disastrosa situazione finanziaria dello stato italiano?
Una classe politica, dalla quale arrivano soltanto segnali di impotenza ed inerzia, può riformare lo stato?


La repubblica italiana ha sempre aumentato il numero degli enti, ha moltiplicato le burocrazie, le consulenze, i privilegi.
Il clientelismo e l'aumento delle spese sono le arme con i quali i partiti hanno raggiunto il consenso, costituiscono il DNA della repubblica.
Ecco perchè quando si parla di ridurre enti, prebende e privilegi assistiamo ad una aspra lotta tra i segmenti protetti della società e della politica, tra le lobbies politiche e sociali che formano la nomenklatura del potere repubblicano.

Inevitabilmente tutte le marginali buone intenzioni sono destinate a fallire, perchè scontrano contro una sedimentazione socio-economica-politica di radicata efficacia che rappresenta il nocciolo duro della repubblica.

Il perverso meccanismo con il quale il sistema repubblicano ha provocato la crescita esponenziale del debito pubblico era di stampare i nuovi soldi che servivano per coprire le spese (spesso dannose ed inutile).
Adesso però il patto di stabilità europeo non permette più agli stati di proseguire su questa strada.

Di fronte a questa situazione, senza dubbio, per tagliare i costi della politica occorre una nuova classe politica il più possibile lontana dalla nomenklatura, c'è bisogno di nuovi partiti che sostituiscano quelli precedenti, c'è bisogno di italiani che, per il bene dell'Italia, si occupano della cosa pubblica.

Non servono a nulla ritocchi o nuovi leggi per le elezioni ma c'è l'esigenza di un cambiamento radicale.
Altrimenti ci aspetta il burrone...

SULLA SOGLIA DEL BURRONE

Il rischio è che la festa finisca e che gli italiani non siano stati neanche invitati. Mario Draghi, il governatore della Banca d'Italia ha detto: «Una fase congiunturale favorevole avrebbe consentito un più rapido riequilibrio dei conti». E il presidente della Corte dei Conti, Tullio Lazzaro, ha aggiunto «appare rischioso non cogliere appieno le occasioni offerte da un ciclo economico particolarmente favorevole». E poi a seguire le dure critiche ad una spesa pubblica che continua a crescere e ad una politica fiscale oppressiva. L'atteggiamento, è la metafora di un economista americano, sembra quello di Willy il coyote: fa due passi nel vuoto, tutto sembra per un momento andare bene, poi, però, precipita inesorabilmente nel burrone. Così la nostra spesa pubblica: alimentata dalla riduzione dell'età pensionabile e dagli aumenti dei contratti dei dipendenti pubblici. E così l'aumento delle imposte che viene mascherato dal sacrosanto principio di combattere l'evasione e che alla fine si traduce in un aumento delle aliquote per coloro che le imposte le pagano.

Troppe tasse e troppe spese sono il doppio passo che per il momento ci tiene sospesi a mezz'aria, ma che prima o poi ci precipiterà nel burrone. Denunciare questo stato di cose, ha certo un forte impatto politico, ma non rappresenta la prova ultima di una velleità politica. Draghi e Lazzaro hanno detto una volta in più ciò che gli economisti dicono da mesi e hanno aggiunto una considerazione finale originale. La congiuntura, insomma la «situazione in cui ci troviamo», è delle migliori: si rischia perciò di perdere un'occasione d'oro. In giro per il mondo l'economia cresce. Si creano più posti di lavoro, i prezzi delle merci non crescono troppo, le imprese investono e la gente consuma. Ma Draghi sa che i «cicli della bonanza» non durano per sempre. Il governo Berlusconi si è trovato per le mani un'economia ristagnante e ne ha pagato le conseguenze. Mettendoci anche del suo. Il governo Prodi è partito nel momento giusto: proprio mentre il diesel Europa iniziava a girare. Gettare alle ortiche questa occasione è gravissimo. Sul lato dei conti pubblici sarebbe bastato non mettersi in testa la scemenza di riportare a 57 anni l'età della pensione, che il precedente governo aveva alzato a 60. Sarebbe bastato dunque poco per risparmiare a regime nove miliardi di euro l'anno. E neanche questo è stato fatto.

Ma ancor più colpevole è ciò che è stato fatto nel distruggere la ricchezza del Paese. Fino a questo momento la forza dei grandi mercati europei è tale che sorregge le nostre esportazioni. Ma i consumi interni sono deboli, falcidiati dalle imposte. E le imprese, con la tassazione tra le più alte del mondo occidentale e le regole più farraginose, prima di investire sul nostro territorio ci pensano cento volte.

Il governo francese, appena insediato, fa quello che più modestamente Draghi&c dicono: ridurre le imposte sui cittadini per farli consumare e sulle imprese per farle produrre. Prodi, i sindacati e Willy il Coyote si ostinano a spendere e tassare. Il burrone ci aspetta.

ilgiornale

lunedì, giugno 25, 2007

Le famiglie italiane sempre piu' indebitate



Purtroppo le famiglie italiane sono sempre più indebitate.

L'aumento dei tassi di interesse sta mettendo in ginocchio molte famiglie e con gli alti tassi di interesse - dice la Banca dei Regolamenti Internazionali - sono aumentati i casi di morosità.

Ora la previsione è quella di un ulteriore aumento dei tassi e le vendite forzate potrebbero accrescere lo stock di abitazioni offerte sul mercato, esercitando ulteriori pressioni al ribasso sui prezzi.

In pratica pagare i mutui sarà più difficile, questo avrà un impatto sui conti delle famiglie ed è facile che immaginare che molti appartamenti finiranno a ingrossare l'elenco delle aste giudiziarie.

Quindi al debito pubblico dello stato repubblicano (ormai incalcolabile, tanto che ogni bimbo italiano che viene al mondo si ritrova già indebitato a vita) si aggiunge che molti italiani sono sempre più indebitati anche nei confronti della banche, in quanto non riescono più a pagare gli alti tassi d'interessi per l'acquisto della casa.

Di male in peggio ....

I debiti delle famiglie sfiorano i 300 miliardi
Secondo i conti ufficiali di Bankitalia ad aprile 2007

(ANSA) - ROMA, 24 GIU - Famiglie italiane sempre piu' indebitate. Tra prestiti e mutui il ricorso a banche e finanziarie sfiora ora la soglia dei 300 miliardi.

Il dato - secondo i conti ufficiali della Banca d'Italia - sono cresciuti di 24,4 miliardi in soli 12 mesi. Secondo la fotografia della situazione a fine aprile 2007, l'indebitamento dei cittadini residenti ha raggiunto la vetta di 299,2 miliardi di euro, una media di 13mila euro a famiglia.
ansa

martedì, aprile 24, 2007

Deficit repubblicano



Nel Rapporto annuale 2006 della Bce si legge che l'Italia è uno dei pochi stati dove il rapporto debito pubblico-Pil non è diminuito.
Secondo la BCE si deve evitare atteggiamenti di compiacimento, per assicurare la rapida attuazione del risanamento è indispensabile definire ulteriori misure di risanamento dei conti concrete e credibili.

L’Unione monetaria europea obbliga l'Italia a tenere a freno deficit e debito accumulato, ma non i cordoni della spesa pubblica, al punto che oltre la metà del prodotto interno lordo se ne va per i mille rivoli delle amministrazioni statali e degli enti locali.
La spesa pubblica italiana continua a correre. Nel 2006 - secondo i dati di Eurostat notificati dal Governo - è salita al 50,1% rispetto al 48,3% del 2005 e al 47,7 del 2004.
Il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, in occasione della riunione Ecofin a Berlino, aveva lanciato l’allarme sulla spesa pubblica affermando che l’obiettivo primario è ridurre la spesa primaria.

Ho l'impressione che per ridurre le spese ci vuole una rivoluzione.
E' la repubblica che ha creato questo enorme deficit pubblico, lo ha fatto quasi scientificamente per occupare tutti i gangli dello stato, per controllare gli italiani e per mantenere il potere.

Purtroppo nonostante i numerosi sacrifici degli italiani, il deficit pubblico dello stato repubblicano è ancora troppo alto perchè le spese (e gli sprechi ...) dello stato repubblicano continuano.

Solo una rivoluzione potrà ridurre le spese dello stato repubblicano !!
Eurostat: deficit/pil italiano al 4,4%. Istat: nel 2007 discesa al 2,3% Bce: «Il debito italiano è il più alto» La Banca centrale europea: «Vanno ridotte le spese. No a un allentamento della politica fiscale»

ROMA - «Il rapporto debito pubblico-Pil dell'area dell'euro è diminuito nel 2006, riflettendo le riduzioni conseguite in gran parte dei Paesi, con le eccezioni rilevanti dell'Italia, divenuto il Paese con il più elevato debito, e del Portogallo». È quanto si legge nel Rapporto annuale 2006 della Bce, in cui si invitano tutti i Paesi di Eurolandia ancora lontani dall'aver risanato i conti a «non sovrastimare il ritmo del risanamento» a causa delle entrate inattese, a non «allentare la politica fiscale» e a procedere, piuttosto, a una «riforma strutturale della spesa» e quindi a una sua «riduzione».

GIU' SPESA, NO CALO TASSE - «Nel 2006 l'evoluzione dei conti pubblici nell'area dell'euro è stata relativamente favorevole. Tale andamento però - si legge nel Rapporto della Banca centrale - è principalmente il risultato della forte crescita del Pil e di entrate in attese, e solo in piccola parte di un reale risanamento dei conti pubblici». Per questo è necessario «accelerare» e dare la giusta lettura al calo di deficit e debito: infatti, «il miglioramento del saldo strutturale del bilancio - si legge nel Rapporto - potrebbe in parte riflettere le predette entrate inattese e sovrastimare pertanto il ritmo di fondo del risanamento». Per la Bce, «è quindi indispensabile definire ulteriori misure di risanamento dei conti che siano concrete e credibili e assicurarne la rapida attuazione. Queste - si legge nel rapporto - avranno maggiori possibilità di riuscita se saranno basate su una strategia complessiva e credibile di medio periodo, incentrata sulla riduzione della spesa anziché sull'incremento delle entrate». Dunque, bisogna «mettersi al riparo da atteggiamenti di compiacimento», perché «l'atteso proseguimento della congiuntura favorevole nel futuro prossimo deve essere pienamente sfruttato per raggiungere quanto prima posizioni di bilancio solide e una rapida riduzione del debito pubblico». E al fine di evitare che si ripetano gli errori del passato e di prevenire l'insorgenza di squilibri macroeconomici, è essenziale che tutti i Paesi si astengano dall'adottare un orientamento pro-ciclico di allentamento della politica fiscale e si impegnino invece a conseguire posizioni di bilancio solide durante l'attuale ripresa».

EUROSTAT - Il rapporto annuale della Bce arriva dopo la prima notifica sui conti pubblici dei paesi membri da parte dell'Eurostat. Secondo i dati, l'Italia ha chiuso il 2006 con un deficit al 4,4% del Pil e un debito pubblico al 106,8% del Pil. Nella zona euro e nei Ventisette il disavanzo è sceso, rispetto al 2005: in Eurolandia è passato dal 2,5% all'1,6% lo scorso anno, mentre nell'Ue nel suo insieme dal 2,4% all'1,7%. «Nel 2006 - scrive l'Ufficio europeo di statistica - i disavanzi maggiori rispetto al Pil sono stati registrati da Ungheria (-9,2%), Italia (-4,4%), Polonia e Portogallo (entrambi -3,9%) e Slovacchia (-3,4%). Undici paesi hanno invece concluso il 2006 in surplus, in testa Danimarca (+4,2%) e Finlandia (+3,9%). A seguire poi Estonia (+3,8%), Bulgaria (+3,3), Irlanda (+2,9%), Svezia (+2,2) Spagna (+1,8%), Paesi Bassi (+0,6%), Lettonia (+0,4%), Belgio (+0,2%) e Lussemburgo (+0,1%). »In tutto - scrive ancora Eurostat - 22 paesi membri hanno registrato un miglioramento del deficit, rispetto al 2005, solo in 5 stati è stato osservato un peggioramento«.
ISTAT: PREVISIONI 2007 - Contestualmente ai dati Eurostat, l'Istat ha reso noto che l'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche si attesterà quest'anno al 2,3%, in calo rispetto al 4,4% del 2006, mentre il debito pubblico scenderà al 105,4 del Pil.

ilcorrieredellasera

mercoledì, gennaio 17, 2007

Economia della repubblica italiana



Italia è sessantesima in libertà economica: è questo il verdetto della classifica annuale della libertà economica, l�Index of Economic Freedom elaborato dalla Heritage Foundation di Washington DC e dal Wall Street Journal, con la collaborazione dell'Istituto Bruno Leoni.

Sinteticamente la situazione italiana è descritta così:
La libertà dall'intervento dello Stato, i diritti di proprietà e la libertà dalla corruzione sono relativamente deboli. La spesa pubblica e le aliquote fiscali raggiungono livelli straordinariamente elevati al fine di finanziare un pervasivo stato assistenziale. Se raffrontata a quella di altri Paesi, la corruzione non è particolarmente grave, ma è elevata per un'economia avanzata. Il compito di garantire il rispetto delle normative pubbliche e delle sentenze giudiziarie viene ulteriormente ostacolato da un'amministrazione pubblica inefficiente.

La situazione economica dell'Italia continua a peggiorare e lo stato repubblicano sembra incapace di migliorare il proprio grado di libertà economica.
Infatti la spesa pubblica e le aliquote fiscali raggiungono livelli straordinariamente elevati al fine di finanziare un pervasivo ed inefficiente stato assistenziale .
Inoltre l'amministrazione pubblica è inefficiente ed ostacola gli italiani.

A ciò si aggiunge che la classe politica è incapacità di trasformare le necessarie riforme da slogan elettorale in politica di governo, non ha il coraggio di liberare l'Italia dai troppi vincoli che lo avvolgono.
Infatti nel nostro paese l'ingerenza dello Stato è il maggior ostacolo per una economia piu' libera , le numerose regole imbrigliano la creatività degli imprenditori, le poche liberalizzazioni realizzate in italia invece di favorire lo sviluppo del paese hanno arricchito alcuni alti esponenti finanzieri.

Come la repubblica nacque da un asse dc-pci anche l'attuale struttura economica e sociale dell'Italia è stata forgiata dall'asse dc-pci, e perciò la colpa della bassa posizione economica è del sistema repubblicano!
Nella storia repubblicana lo sviluppo dell'economia italiana è stato bloccato dai grandi sindacati, che si siedono ancor'oggi sulle poltrone più alte dello Stato; la Pubblica Amministrazione italiana è nata e vissuta nel culto del posto fisso, lavoro ottenuto non certo per merito ma piegandosi ai potenti del tempo; l'imprenditoria italiana è da mezzo secolo drogata di assistenzialismo, e la politica repubblicana, con la scusa dell'interesse pubblico, tiene sotto scacco l'imprenditoria e controlla i cittadini.

La repubblica italiana ha subito il fascino del comunismo, la cultura italiana è dominata dai postcomunisti ed anche l'economia è stata obbligata a convivere con il comunismo, in Italia è avvenuto una specie di proletarizzazione degli italiani.
Ormai c'è la percezione diffusa del peggioramento del tenore di vita (non solo economico) ed adesso senza un progetto di riforma (anzi una rivoluzione .. ) che guardi al futuro l'Italia non può competere con gli altri stati.

La beffa è che mentre gli ex Paesi comunisti stanno facendo grandi passi in avanti, la repubblica italiana rimane sostanzialmente ferma.
Lo stato repubblicano italiano è peggio degli stati post-comunisti!

Indice liberta' economica 2007, Italia al 60 posto, nostra intervista con Alberto Mingardi, direttore generale dell’Istituto Bruno Leoni
Nell’edizione 2007 indice di libertà economica (Economic Freedom), L’Italia scende al 60° posto (era 42° nel 2006 e 26° nel 2005).
L’indice, che considera molti fattori, è redatto dalla Heritage Foundation e dal Wall Street Journal.

Abbiamo intervistato Alberto Mingardi, direttore generale dell'Istituto Bruno Leoni che fa parte di un pool di 6 think tank europei (IBL, Centre for the New Europe, Institute of Economic Affairs, Hayek Foundation, Lithuanian Free Market Institute) che affiancano Heritage e WSJ nella loro attività per l'Index

1) Quali sono i principali motivi per cui l'Italia e' al 60 posto?

L'Index of Economic Freedom non fa la fotografia dell'attuale grado di prosperità di un Paese: non ci dice quanto siamo ricchi.
Fotografa invece l'assenza (o, al contrario, la presenza) di vincoli all'economia, al libero operare produttori e consumatori.
Siamo sessantesimi perché, nonostante qualche riforma favorevole al mercato sia stata fatta, e meritoriamente, negli scorsi dieci anni, restiamo un Paese nel quale lo Stato è troppo pesante, le regole sono troppe, e l'uno e le altre riescono ad imbrigliare l'altrimenti strepitosa creatività dei nostri imprenditori.
Ma siamo "solo" sessantesimo anche perché 58 Paesi nel mondo sono più liberi di noi, hanno saputo cioè imboccare con maggior decisione la strada della concorrenza, delle liberalizzazioni, dell'apertura dei mercati. Il fatto che alcuni di questi Paesi abbiano scoperto di recente tali principi, e siano riusciti ad ispirare assai efficaciemente ad essi la loro legislazione, ci dà speranza: non è mai troppo tardi.

2)Perchè siamo peggiorati rispetto all'anno precedente

Il peggioramento in classifica dell'Italia è dovuto in larga misura al cambiameto della metodologia deciso dall'Advisory Board che da quest'anno affianca gli autori dell'Index.
Non si possono quindi fare paragoni con l'anno passato.
Tuttavia è vero che l'Italia è uno dei Paesi economicamente meno liberi della stessa Europa: il 28mo, in termini di libetà economica, sui 41 conteggiati in quest'area.
Vuol dire che, soprattutto gli ex Paesi comunisti stanno facendo grandi passi in avanti, mentre noi stiamo sostanzialmente fermi.

3) Quali sono le cose + importanti che il governo dovrebbe fare per migliorare il punteggio?

La lista lunga, ed è nota.
Le liberalizzazioni, su cui sembra volersi concentrare (pur fra mille problemi) il governo, sono importanti. Ma la loro importanza impallidisce se si considera il peso della pressione fiscale italiana, che era e resta altissima.
L'Index of Economic Freedom segnala anche come problemi il mercato del lavoro (nel quale si è liberalizzato in entrata, ma non in uscita) e i tempi della giustizia, talmente lunghi da indebolire la stessa certezza del diritto.
E come dimenticare la grande sfida della semplificazione normativa? C'è molto, moltissimo da fare e sono problemi ormai noti a tutti.
Solo che di leader politici col coraggio di imbarcarsi nella fatica immane di liberare questo Paese dai troppi vincoli che lo avvolgono, non ce n'è.

menostato

domenica, ottobre 29, 2006

Finanziaria repubblicana



Se non sbaglio, in Italia un insegnante, un'operaia od un impiegato guadagnano, mediamente, molto meno dei "colleghi" che vivono negli altri paesi europei.

Al contrario, i politici italiani (parlamentari ed europei eletti in Italia) sono remunerati di più dei quello che succede negli altri paesi europei.

Inoltre non si deve dimenticare tutti i benefici, a volte inspiegabili, che godono i politici italiani. Vi risparmio l'elenco perché è troppo lungo.

Nel sito di radioradicale si legge che :
le istituzioni italiane negli ultimi 5 anni costano ai contribuenti il 36,56% in più rispetto a cinque anni fa. Fatta la tara all'inflazione calcolata dall'Istat (il 13%) il 24% in più: 343,151 milioni di euro.
Ecco alcuni dati.
Il Quirinale spende 64 milioni di euro in più rispetto al 2001 (al netto dell’inflazione, il 42% in più); il Senato 147 milioni in più, per un totale di 527 milioni l’anno (più 39%); la Camera dei Deputati 124 milioni, per una somma complessiva di 940 milioni l’anno (più 15%); Corte Costituzionale e Csm spendono intorno al 29% in più rispetto a cinque anni fa.


I lavoratori italiani se li sognano gli stipendi dei politici.

I ricchi non sono solo gli imprenditori od i professionisti, ma anche i politici di mestiere, i parlamentari, i vari presidenti delle aziende statali (i cosiddetti boiardi) che sono tutti strapagati.

In queste repubblica la classe dei politici continua a ridere .

I PRIVILEGI REPUBBLICANI SONO SCANDALOSI !!

Ribelliamoci !!

giovedì, ottobre 19, 2006

La repubblica declassata



Le agenzie di valutazione finanziaria (Fitch, Standard and Poor's) declassano l'Italia.


La Fitch diminuisce il rating dell'Italia, da AA a AA-, perchè considera difficile per l'Italia, in continua perdita di competitività, riportare il deficit sotto il 3%.

La Standard and Poor's ha declassato il debito pubblico italiano riducendolo da 'AA-' ad 'A+' perchè la risposta del nuovo governo ai problemi strutturali economici e di bilancio dell'Italia non sono adeguati e manca la disciplina di spesa.

La decisione di queste due importanti agenzie finanziarie è un chiaro segnale di sfiducia, non solo della Finanziaria 2007 e del Governo che la sostiene, ma di tutta il sistema Italia, e quindi della repubblica.
Infatti abbiamo una classe politica (destra e sinistra) inadeguata, i politici italiani scherzano con il fuoco e purtroppo si sa che, se le cosa continueranno a peggiorare, quelli che pagheranno le conseguenze saranno i cittadini e le imprese che sono sul mercato.

La repubblica si sta sempre più indebitando, non è capace di far crescere l'economia, non difende il lavoro, perde competitività, continua a sprecare denari, ci tassa sempre più, ....

a quando la bancarotta?



Italia declassata dalle agenzie di rating

Nel giro di mezz'ora sui conti pubblici italiani si abbatte la scure della agenzie di valutazione finanziaria.
Prima Fitch, poi Standard and Poor's bocciano la manovra economica e declassano l'Italia tagliandone il "rating", ovvero il livello di affidabilità per gli investitori stranieri.
Per l'Italia si tradurrà in un miliardo e mezzo di euro di interessi in più da pagare sul debito pubblico, secondo una prima stima. Ecco la pagella: da AA- l'Italia scende ad A+ in una scala di 22 gradi di giudizio (il più alto è la tripla A).
L'Italia aveva la tripla A poco più di 10 anni fa, l'ultimo passo indietro risale al luglio 2004, oggi siamo davanti solo alla Grecia (ciò significa che bot e cct e altri titoli italiani sono considerati meno rischiosi solo di quelli greci). Gli altri paesi forti dell'euro mantengono la tripla A.

Per Standard and Poors la risposta data dal governo italiano con la finanziaria ai problemi economici è inadeguata, deludente e lontana dai progetti di riforma delle pensioni e dell'amministrazione indicati in giugno. Ci sono nella manovra economica, secondo gli analisti, troppe concessioni all'ala più radicale della maggioranza e ai sindacati mentre servono interventi strutturali sulla spesa e non più tasse. Fitch invece apprezza lo sforzo di correzione dei conti anche se osserva che resterà difficile tagliare la spesa e che il debito pubblico continuerà a crescere.

web
tg5

giovedì, luglio 13, 2006

Gli italiani si sentono sempre più poveri

Secondo l'Istituto di Studi e Analisi Economica (ISAE), che svolge indagini statistiche macroeconomiche, le famiglie italiane si sentono piu' povere.

Inoltre nel rapporto si legge :
Le famiglie hanno avvertito dunque un forte aumento del costo della vita, presumibilmente legato anche all’introduzione dell’euro, ed hanno incorporato tale percezione nella loro valutazione sul reddito ritenuto necessario, in particolare negli ultimi due anni.



Ma la classe politica, in particolare ciampi e prodi, non avevano detto che con l'euro saremmo diventati tutti più ricchi ?


Le famiglie si sentono piu' povere

La soglia drammatica e' 1.850 per nuclei di 2 persone

(ANSA) ROMA, 13 lug - Le famiglie italiane si percepiscono sempre piu' povere. L'andamento della linea di poverta' soggettiva e' costantemente in crescita dal 2000.Lo afferma l'Isae, mettendo in evidenza che l'incidenza della poverta' soggettiva, cioe' la percentuale di coloro che non ritengono adeguato il proprio livello di reddito, 'e' molto elevata, anche se negli ultimi dodici mesi e' cresciuta meno rapidamente degli anni precedenti'.La soglia di poverta' e' indicata in 1.850 euro dalle famiglie di due persone.

sito
ansa

domenica, aprile 02, 2006

OCSE e le colpe della repubblica italiana

Leggendo il rapporto dell'OCSE si vede che la situazione produttiva ed economica dell'Italia da dieci anni continua a peggiorare e quindi si può dire che sia la destra che la sinistra (si fa riferimento ai periodi 1996-2004 e 1997-2004 quando il Paese ha registrato “uno dei più bassi tassi di crescita") non sono in grado di migliorare il nostro paese.

Inoltre, confrontando l'italia con gli altri paesi, si evince che evidentemente il sistema italiano è particolarmente dannoso.

La verità è che purtroppo dobbiamo pagare le gravi inefficienze e corruzione della repubblica italiana.

Quando gli italiani apriranno gli occhi?

Ocse: Italia ultima per produttività

L’Italia è l’ultima della classe tra i Paesi Ocse in termini di produttività, le sue aziende non riescono a competere nel mondo e l’economia mostra più di un elemento di “preoccupazione”.

L’Italia ha inoltre “perso alcune posizioni negli ultimi dieci anni

Ma la situazione diventa “molto brutta”, quando si parla di produttività. Il nostro Paese, infatti, è ultimo in classifica sia in termini di produttività oraria, sia in termini di produttività multi-fattoriale, cioè la capacità di combinare insieme i fattori produttivi.

E questa perdita di produttività è accompagnata da un’altrettanto “preoccupante” perdita di competitività: nei periodi 1996-2004 e 1997-2004 il Paese ha registrato “uno dei più bassi tassi di crescita” rispettivamente delle esportazioni di beni e servizi.

Confcommercio

martedì, gennaio 10, 2006

Unipol :un'altra tragedia repubblicana

Dopo tangentopoli ecco bancopoli.
Un altro segno della decadenza repubblicana.

Io non mi occupo di finanzia, ma proprio per questo mi piacerebbe avere dai massmedia spiegazioni su cosa sta succedendo.
Ad esempio sarebbe bello sapere capire come sia gestito, negli altri stati, il difficile e delicato rapporto tra politica e finanzia,..... e soprattutto come e dove i politici ottengono i finanziamenti.

Invece no, i massmedia invece di spiegare e di informare, utilizzano gli scandali solo per aumentare gli ascolti e guadagnare di più con la pubblicità.

Telegiornali, tv e giornali sono insopportabili.

Purtroppo la vicenda Unipol è un'altra tragedia repubblicana.