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giovedì, settembre 11, 2008

Storia dell 8 settembre 1943

Per integrare la discussione pubblicata ieri in questo blog, riporto un articolo che ho trovato nella blogosfera.

Per capire davvero la Storia tutti dovrebbero cercare di distinguere i fatti dalla propaganda.
Stupisce il fatto che molti, e mi riferisco soprattutto ai giovani che in genere dovrebbero ribellarsi allo status quo ed al Potere, sembrano accettare la storia del periodo dal 1943 al 1946 raccontata ed imposta dalla repubblica, senza chiedersi se poi sia vero o no.

D'altronde si sa che la repubblica e' un fallimento dal punto di vista politico, sociale, economico, ci sono troppe cose che non funzionano.
Spesso si dice che la repubblica non ha credibilta', che le istituzioni sono lontane dagli italiani, e quindi vi chiedo :
Come si fa a credere che la storia insegnata da questa repubblica, ed in particolare a cio' che si dice sulla Monarchia, sia poi la verita?

LA VERITA’: GLI ORDINI C’ERANO

A Re Vittorio Emanuele III viene spesso rivolta l’accusa di aver lasciato l’esercito senza ordini alla data dell’armistizio.
In realtà le cose andarono diversamente.
Una premessa indispensabile in ogni Monarchia Costituzionale ( in ogni Repubblica) il Capo dello Stato, pur essendo nominalmente capo delle forze armate, non interviene direttamente nell’azione di comando.
Il motivo è molto semplice: anche quando un Sovrano od un Presidente hanno una formazione militare, è evidente che il comando delle forze armate deve essere affidato alle persone più tecnicamente preparate in materia, cioè agli ufficiali di carriera. Tutt’al più, il Presidente od il Re intervengono in situazioni d’estrema gravità, quando sono in gioco i destini della Nazione. Anche in questi casi, però, si limitano a prendere poche decisioni, quelle principali, lasciando ovviamente ai quadri dell’esercito la loro esecuzione.
Fu così non solo dopo il 25 Luglio 1943, con la decisione dell’armistizio, ma anche, per esempio, nel Novembre 1917, quando Re Vittorio Emanuele III impose agli alleati francesi e britannici la sua decisione di arrestare l’offensiva germano-austro-ungarica sulla linea del Piave. In entrambi i casi, il Re salvò la Patria da ben più tristi destini.
Fra i tanti esempi stranieri accenniamo a quello russo: alla fine del 1915, in piena prima guerra mondiale, lo Zar Nicola II decise di assumere direttamente il comando dell’esercito, in grave difficoltà. Lo Zar si trasferì al quartier generale e supervisionò la condotta delle operazioni, lasciando naturalmente ai militari di carriera le decisioni tecniche. Da quel momento, le truppe russe non fecero più un passo indietro.

Tutto crollò, invece, con il colpo di stato repubblicano. Al di là della bontà delle decisioni prese dal vertice dello Stato, è evidente che il risultato finale dipende moltissimo sia dai vincoli imposti dalle situazioni di fatto sia dal modo in cui le decisioni del Capo dello Stato vengono messe in pratica.

Torniamo ora al tema specifico di questo articolo:

1) La possibilità che i tedeschi aggredissero l’Italia subito dopo la proclamazione dell’armistizio era ben nota a tutti i militari Italiani, soprattutto agli ufficiali superiori. Naturalmente, non vi era la certezza che ciò sarebbe successo, ma, giustamente, lo si riteneva estremamente probabile.

2) D’altra parte, è evidente che, in virtù del patto d’alleanza stipulato il 22 Maggio 1939, l’Italia non potesse arbitrariamente voltare i cannoni in faccia ai tedeschi per il solo fatto di aver chiesto un armistizio agli anglo-americani. Quando venne compilato il proclama che il Maresciallo Badoglio lesse alla radio la sera dell’8 Settembre 1943, ci si rese conto che non si poteva ordinare di attaccare i tedeschi. Bisognava invece impartire ordini per il caso in cui i tedeschi avessero attaccato per primi. Ecco dunque il significato della frase chiave di quel proclama: “le forze armate Italiane reagiranno ad attacchi di qualunque altra provenienza”. Un significato del resto ben chiaro anche a semplici soldati, come abbiamo avuto modo di verificare in base a testimonianze dirette. D’altra parte, cessate le ostilità con gli anglo-americani, quale avrebbe potuto essere questa “altra provenienza”, se non quella tedesca? Ricordiamo anche che già il 26 Luglio 1943 le armate di Hitler avevano oltrepassato il Brennero, spingendosi in Veneto ed in Liguria, verso il centro dell’Italia. Gli attacchi a unità italiane cominciarono la notte dell’8 settembre.

3) Ma c’è molto di più. Nella sostanza, tenendo conto del rapido evolversi della situazione, l’ordine di resistere ai tedeschi era già stato impartito con il Foglio 111 CT di metà agosto, con la memoria OP 44 (e relativo e relativo ordine applicativo (diramato da tre ufficiali superiori di Stato Maggiore del Comando Supremo, situato a Monterotondo, che telefonarono personalmente l’ordine, “in telefonia segreta”, a tutti i Comandi ai quali era stata inviata la OP 44 - cfr. Torsiello, in “Rivista Militare”, la rivista ufficiale dell’Esercito, 3 marzo 1952), con la memoria OP 45 e con i promemoria n. 1 e 2. Fu infine confermato sia dal telegramma 24202, indirizzato a tutti i comandi periferici alle ore 02,00 del 9 settembre, sia dall’ordine impartito dal Comando generale di Brindisi l’11 settembre.
Gli ordini, perciò, c’erano e infatti furono eseguiti eroicamente in moltissimi casi. Basti ricordare, per ora, che intere divisioni li eseguirono, come risulta anche dal diario ufficiale di guerra tedesco per il 1943. Citiamo, ad esempio, la “Venezia”, la “Taurinense”, l’ ”Ariete”, la “Bergamo”, la “Acqui”, la “Piave”, la “Pinerolo”, la “Perugia” e la “Firenze”.

4) Ma vi fu chi preferì non eseguire questi ordini, approfittando del clima di confusione, peraltro inevitabile, di quel momento. E per giustificarsi inventò la favola della loro mancanza, ben presto sfruttata (in chiave propagandistica anti-monarchica) da CLN, comunisti, R.S.I. e nazisti e poi perpetuata nei decenni seguenti da molti divulgatori conformisti.

In conclusione: gli ordini c’erano. Fu solo la propaganda anti-monarchica che affermò il contrario, contribuendo tra l’altro a coprire chi aveva preferito non compiere il proprio dovere

I RESPONSABILI CAV. ORAZIO MAMONE, RODOLFO ARMENIO

caserta24ore

martedì, settembre 09, 2008

8 settembre

Come ogni anno l’interpretazione dell’8 settembre imposta dal regime repubblicano continua ad essere occasione di polemiche e di divisione tra gli italiani.

Basta leggere le dichiarazioni dei vari politici per rendersi conto che ognuno continua ad interpretare la storia in una maniera diversa dagli altri, ognuno utilizza la Storia seguendo la propria convenienza politica.
Sul palco d’onore La Russa, Ministro della Difesa, Napolitano, presidente della repubblica, ed Alemanno (sindaco di roma) hanno difeso i personali orientamenti politici di riferimento.

Anche se ormai il fascismo e comunismo sono finalmente superate, i politici giornalisti ed intellettuali continuano a vedere attraverso queste ideologie, si ha la sciocchezza di usare occhiali non adatti ai propri occhi che deformano la realtà.

Quello che sugli occhi ci ha messi queste lenti deformanti è la repubblica, il quale padrone delle istituzioni, scuole, TV e giornali ha insegnato la storia secondo quello che gli conveniva.

A parte il fatto che in Italia ci sono sempre troppi post fascisti e post comunisti che si comportano come reduci di una guerra persa, bisogna registrare e capire un fattore devastante che impedisce una vera pacificazione e Storia comune.

Con questo intendo dire la modalità con la quale la repubblica ha preso e mantiene il potere, cioè quei gravissimi errori, violenti e di parte, che ha compiuti e continua a compiere.

Ricordo subito, ma solo per chiudere subito questo argomento, i brogli del referendum istituzionale del ‘46 tanto che non si proclamò la vittoria (?) della repubblica.

Andando oltre, un altro fattore che impedisce di sentirsi tutti uniti è la chiara volontà politica di intendere la repubblica come una istituzione rivoluzionaria, di rottura con il passato, non solo con il regime fascismo ma anche con la monarchia.

L’errore più grave è stato quello di considerare la monarchia e fascismo come la stessa cosa, con la chiara intenzione di cancellarli ambedue, dimenticando però che si falsifica la realtà e poi, così facendo, si indebolisce anche quei valori essenziali come il risorgimento, la tradizione, l’unità, la Patria.

Si sbagliano alcuni intellettuali appartenenti al regime repubblicano (come Galli Della Loggia) che considerano l’8 settembre la morte della Patria, secondo me invece quello che ha ucciso la Patria è stata la repubblica, intesa come istituzione rivoluzionaria che ha diviso gli italiani in due e che ha appunto colpito anche l’altra istituzione (monarchia) che invece fu essenziale per l’Italia.

Insomma il passaggio dalla monarchia alla repubblica è avvenuta in un momento sbagliato, dopo una guerra persa è troppo pericoloso modificare la istituzione, ha diviso gli italiani, ha falsificato i risultati del referendum.

Inoltre visto che la II guerra mondiale aveva sconfitto solo una delle due ideologie, la seconda (comunismo) potè continuare ad agire tanto che in Italia il passaggio verso la repubblica fu dominata dai comunisti.

Un pò per stanchezza e per paura di proseguire la guerra, a Yalta i vincitori decisero di dividere il mondo in due (USA URSS) ed in questo contesto nacque la costituzione repubblicana.
Non si deve dimenticare che la costituzione repubblicana è figlia della guerra e delle ideologie, è stata anche un esperimento internazionale (le pressioni degli USA e URSS), ed in questo contesto era inevitabile che fosse un fallimento, è una carta costituzionale non amata e rispettata dagli italiani.

Nel suo intervento Napolitano ha affermato che l’8 settembre è stato essenziale per la rinascita del nostro paese, ha reso possibile la resistenza, ed in particolare ha voluto ricordare i militari che rifiutarono la RSI .

Peccato però che napolitano ha dimenticato che la rinascita fu resa possibile da Re Vittorio Emanuele III che, sempre fedele allo Statuto Albertino, potè sostituire mussolini con un altro governo.
Peccato però che napolitano ha dimenticato che tutti questi militari difesero l’Italia rimanendo fedeli al Re.

Che tristezza e squallore vedere un capo di stato che ricorda solo quello che gli conviene e dimentica altro.
Che tristezza e squallore vedere un capo di stato che divide gli italiani.

Purtroppo dobbiamo ancora subire le lezioni della propaganda repubblicana, la lezioncina del Re in fuga,i Generali in balia dei tedeschi senza ordini, delle sofferenze provocate per questo alla popolazione ed alla morte dello Stato e dell’Italia.

Solo abbandonando questa repubblica da operetta, in Italia sarà possibile abbandonare questa propaganda per riscrivere la Storia con la “S” maiuscola.

Quando?

sabato, settembre 06, 2008

euroscetticismo e napolitano

Invece di preoccuparsi della decadenza del nostro Paese, della povertà dilagante tra gli italiani, della mancanza di punti di riferimento, napolitano si preoccupa delle prossime elezioni europee perchè si è diffuso un certo euroscetticismo.

Secondo napolitano i governi nazionali dovrebbero spiegare ai cittadini l'importanza dell'Unione e non dovrebbero fare polemiche sulla burocrazia eccessiva.

Innanzitutto napolitano dovrebbe chiedersi perchè ci sia questo euroscetticismo e se è giusto che ci sia questa eccessiva burocrazia.
Inoltre, a parte l'eccessiva azione politica svolta dalla persone che invece non dovrebbe fare politica, mi sembra che il presidente della repubblica si dimostra lontano anni luce dalle vere necessità ed interessi degli italiani.
Agli italiani interessa che ci sia lavoro, benessere, uno stato efficente, ed una classe politica corretta e capace di svolgere il proprio mestiere.

E poi una domanda.
Come si può dire la verità ai cittadini se si nasconde la realtà e si impedisce agli italiani di esprimere, ad esempio con un referendum, la loro adesione alle decisioni prese dalla casta dei politici ?


Napolitano: "Sono preoccupato per le elezioni europee"

COMO - "Guardo anch'io alle elezioni europee con apprensione perchè nei nostri Paesi si è diffuso un certo euroscetticismo". Lo ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, collegato in video conferenza con il workshop Ambrosetti a Cernobbio. "Non c'è dubbio - ha spiegato Napolitano - che c'è il maggiore o minore scetticismo è legato alle risposte che l'unione sa dare". L'appello del capo dello Stato è chiaro: i governi nazionali spieghino ai cittadini l'importanza dell'Unione e non usino l'Ue come alibi: " Non si possono fare polemiche sull'eccesso di regolamentazione o sul carattere burocratico delle direttive europee nascondendo ai cittadini che nessuna direttiva è stata approvata senza il consenso dei governi. Bisogna saper fare un discorso di verità ai cittadini".

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