102° anniversario dell'eccidio della famiglia Imperiale Russa
17 luglio 1918
Ricordiamo l’orribile sterminio della Famiglia Imperiale Russa, martire della rivoluzione comunista.
Nella notte del 17 luglio 1918 a Ekaterinburg i rivoluzionari bolscevichi trucidarono barbaramente e con inaudita ferocia lo Zar Nicola II, la Zarina Alessandra, lo Zarevic Alessio, le Granduchesse Olga, Tatiana, Maria, Anastasia e tre membri della servitù, Anna Demidova, Trupp, Kharitonov ed il medico militare, Dott. Botkin.
Ricordiamo le parole dello Zar Nicola II: “Sono fermamente, assolutamente convinto che il destino della Russia - il Mio e quello della mia Famiglia - sono nelle mani di Dio, che mi ha voluto qui. Qualsiasi cosa accada mi inchinerò alla Sua volontà, cosciente di non aver altro pensiero che di servire il paese che Egli mi ha affidato”.
Il 20 luglio viene pubblicato a Ekaterinburg il decreto dell’eseguita esecuzione:
“Decreto del Comitato esecutivo del Soviet degli Urali dei deputati operai, contadini e dell’Armata Rossa. Avendo notizia che bande cecoslovacche minacciano Ekaterinburg, capitale rossa degli Urali, e considerando che il boia coronato, qualora si desse alla latitanza, potrebbe sottrarsi al giudizio del popolo, il Comitato esecutivo, dando corso alla volontà del popolo, ha decretato di procedere all’esecuzione dell’ex zar Nikolaj Romanov, colpevole di innumerevoli crimini sanguinosi.”
La differenza tra le due dichiarazione è abissale. In quella dello Zar Nicola, amore per la Patria e per Dio. In quella dei comunisti russi, odio e sangue.
All’una e trenta del mattino Jurovskij, l’uomo che avrebbe orchestrato lo sterminio, informò i Romanov che il conflitto tra le armate rossa e bianca stava minacciando la città e che, per la loro stessa sicurezza, dovevano essere trasferiti nel seminterrato. Dopo aver letto la dichiarazione di morte, le guardie cominciarono a sparare, e dopo venti minuti di puro orrore, l’intera famiglia e il seguito, colpiti da proiettili, armi da taglio o a mani nude, erano tutti morti.
Gli 11 corpi furono trascinati fuori di casa e caricati su una camionetta e gli studiosi ritengono che i corpi siano stati dapprima scaricati in una miniera poco profonda chiamata Ganina Jama, ma in seguito i corpi furono portati via in tutta fretta e lungo il tragitto due corpi, che ora si crede essere quelli di Aleksej e Marija, furono scaricati e gettati nella foresta. Gli altri 9 furono cosparsi di acido, bruciati e sepolti in una fossa separata non molto lontano da lì.
Nel 1990 i corpi furono ritrovati, ed identificati con l'esame del DNA. Non furono però ritrovati i resti dello zarevič Aleksej e della Granduchessa Anastasia, probabilmente bruciati dopo l'esecuzione.
Bisogna attendere il 1998 perché le ossa vengano identificate ufficialmente ed il 16 luglio 1998 la famiglia imperiale fu inumata con esequie di Stato nella Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo a San Pietroburgo, di fianco alle tombe degli altri Romanov.
Nel 2000 la Chiesa Ortodossa Russa ha canonizzato i sette membri della famiglia imperiale russa e dichiarati Martiri.
A Ganina Jama – il primo luogo in cui i bolscevichi tentarono di disfarsi dei corpi – la Chiesa ortodossa russa costruì un monastero e nel 2003 fu consacrata la magnifica chiesa sul Sangue, divenuta da allora luogo di pellegrinaggio.