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lunedì, novembre 19, 2007

Anniversario del Matrimonio della Regina Elisabetta II


Sua Maestà la Regina Elisabetta II è la prima sovrana inglese a festeggiare le nozze di diamante.

Il matrimonio reale avvenne 60 anni fa, il 20 Novembre 1947.

GOD SAVE THE QUEEN


Ecco un video del matrimonio reale
HM the Queen's Wedding Day



Dal sito ufficiale della Monarchia Britannica
Diamond Wedding Anniversary
of The Queen and The Duke of Edinburgh.

giovedì, novembre 15, 2007

In Austria abolire la repubblica per ristabilire un regno


Schwarz-Gelb
"Demokratische Monarchie ist die beste Staatsform"
La Monarchia Democratica è la migliore forma di governo.

Praga, Nov 14 (CTK) - Lunedì scorso a Vienna i monarchici cechi sono stati gli unici stranieri a partecipare ad una manifestazione organizzata dai monarchici austriaci che chiedeva, dopo 89 anni, di abolire la Repubblica austriaca per ristabilire un impero o regno.

I rappresentanti del Partito della Corona Ceca (KC) hanno chiarito che la collaborazione con i monarchici austriaci non significa che i cechi voglio essere nuovamente uniti all'Austria sotto un unico sovrano.

"Siamo venuti per sostenere i gli austriaci, che hanno esigenze simili a noi," ha detto il segretario di KC Petr Nohel.

I monarchici austriaci vogliono conservare tutte le istituzioni democratiche, compreso il parlamento, ma vorrebbero avere a capo dello Stato un imperatore o un re.

I Ceca condividono queste idee. "In una costituzione democratica, la monarchia è una garanzia di stabilità, come dimostrato da molti paesi occidentali, come la Gran Bretagna, i Paesi Bassi," ha detto Nohel.


Czech monarchists march in Vienna
By ČTK / Published 15 November 2007

Prague, Nov 14 (CTK) - Czech monarchists demonstrated in Vienna on Monday as the only foreigners to have attended a rally of the Austrian proponents of the monarchy asking the abolition of the Austrian Republic after 89 years and re-establishment of an empire or kingdom, the daily Lidove noviny (LN) writes today.

However, representatives of the Czech Crown Party (KC) say the cooperation of the Czech and Austrian monarchists does not mean that Czechs would like to be united again with Austria under a single ruler, LN writes.

"We have come to support our Austrian counterparts who have similar demands," KC secretary Petr Nohel told the paper.

The Austrian monarchists want to preserve all democratic institutions, including parliament, but they would like to see an emperor or a king at the head of the state, LN writes.

Their Czech counterparts share their ideas. "In a democratic constitution, monarchy is a guarantee of stability, as proved by many Western countries such as Britain or the Netherlands," Nohel said.

praguemonitor


altri link

diepresse

oe24

martedì, novembre 13, 2007

Il calcio muore in uno stato malato


L'uccisione del giovane laziale non ha nulla a che vedere con il calcio, è stata una tragedia che poteva accadere davanti a un bar o in una stazione.

L'aspetto più grave e inquietante è quello successo dopo negli stadi e la violenta reazione dei tifosi nella strade.
In seguito alla tragedia provocata, a quanto pare, da un errore umano, invece di esprimere gesti di solidarietà umana nei confronti del povero ragazzo ucciso, gli ultrà hanno deciso che non si doveva giocare e dichiarare guerra nei confronti delle forze dell'ordine.

Ormai il calcio, che per fortuna non seguo, è un ambiente corrotto che non ha più niente a che fare con lo sport, ai calciatori interessa solo guadagnare e comparire in tv.
Piuttosto rimane l'amarezza vedere che alcuni giovani si facciano plagiare dal calcio, un mondo non certo da seguire.

Visto che non è la prima volta che succedono casi del genere, in qualche modo esiste un codice non scritto che unisce la tifoseria estrema di tutte le squadre in base al quale si deve reagire in maniera violenta alle forze dell'ordine.
Infatti stupisce che i tifosi si trovano uniti e compatti nella battaglia contro i poliziotti quando in altre occasioni combattano tra loro a colpi di spranghe per difendere la propria squadra.

A questo punto bisogna chiederci perchè succedono cose del genere?
Cosa unisce i tifosi?

Non voglio difendere certo quei terroristi che si nascondono dietro un pallone, ma non sono certo la causa ma l'effetto.
I tifosi rappresentano un grave disagio sociale.
Infatti ai giovani mancano i punti di riferimento, anche la famiglia è minacciata, non esistono più gli ideali, esempi da seguire, ormai importante è l'apparenza e l'avere.
Di fronte a questa situazione lo stato e la classe politica hanno gravissime responsabilità.
Alcuni politici - anche loro figli di ideologie - tendono dare al fenomeno un marchio ideologico, si dice che i romani sono di sinistra, i laziali di destra ed amenità del genere.
Ormai in italia la destra e sinistra rappresentano il passato, e quindi è assurdo ragionare seguendo questa logica.

Purtroppo in Italia, dopo il caso Carlo Giuliani e l’elezione della madre al Senato, si è creata una sorta di odio autorizzato contro le forze dell’ordine, ci sono forze politiche che hanno una responsabilità gravissima nella criminalizzazione dell’operato delle forze dell’ordine.
Inoltre l’attuale governo ha messo in ginocchio l’operatività delle forze dell’ordine con tagli su tagli.

In realtà i tifosi (o meglio i giovani) sono arrabbiati con la società e lo stato.
I giovani non credono più allo stato, considerano le istituzioni nemiche, la classe politica è lontano anni luce da loro, la corruzione domina quasi ovunque.
E' sempre più difficile trovare lavoro, il potere d'acquisto diminuisce, la violenza aumenta ...

Se addirittura i giovani hanno paura del futuro - che rappresentano il futuro - significa proprio che c'è assoluto bisogno di una nuova società e stato.
Il cosiddetto progresso - che si fonda su assurde ideologie - ha realizzato una società malata e sbagliata.

Siamo ancora in tempo di ricostruire un mondo diverso e più in armonia con la natura e l'uomo?
Questa è la vera sfida!

lunedì, novembre 12, 2007

La strage di Nassiriya


A Nassiriya il 12 novembre 2003, alcuni nostri Carabinieri e militari, nell’adempimento del loro dovere in Iraq e fedeli alle più pure tradizioni dell’Arma Benemerita e delle nostre Forze Armate, furono colpiti con inaudita ferocia e vigliaccheria.

Il primo pensiero è per i Caduti e le loro famiglie, sperando che la pace possa tornare finalmente a regnare sulla tormentata nazione irachena.

domenica, novembre 11, 2007

Pujo un grande monarchico francese

Ieri è deceduto a Parigi, all'età di 77 anni, Pierre PUJO, presidente dell'ACTION FRANCAISE e direttore del mensile AF 2000.

Pierre Pujo era figlio di Maurice Pujo, nel 1898 fondatore di AF insieme a Charles Maurras ed Henri Vaugeois.

Seguendo le orme di Maurras - fondatore ideologico del movimento - ha sempre lottato in difesa della Francia tradizionale e dell'idea monarchica.


I funerali di Pierre Pujo si svolgeranno alla chiesa di Madeleine a Parigi, Venerdì 16 novembre alle 9.

Insieme al popolo francese, tutti i Principi della Casa della Francia hanno confermato la loro presenza.

Nel ricordo tutti i monarchici chinano le loro bandiere.


Pierre Pujo, royaliste





venerdì, novembre 09, 2007

Il Muro di Berlino è caduto anche in Italia?


Il muro di Berlino è esistito dal 13 agosto 1961 fino al 9 novembre 1989, quando finalmente cadde.

Purtroppo in Italia nonostante la legge che fissa nel 9 novembre il Giorno della libertà quale ricorrenza della caduta del muro di Berlino - evento simbolo per la liberazione di Paesi oppressi e auspicio di democrazia per le popolazioni tuttora soggette al totalitarismo - il governo non ha assunto iniziative per commemorarlo, nessuna circolare nelle scuole e nelle istituzioni per discutere e ricordare la fine dell’oppressione comunista in Europa.

Al contrario i media hanno dato spazio alle assurde dichiarazioni di Diliberto che ipotizzò il trasferimento del corpo di lenin da mosca a Roma.
Leggete un mio post precedente.

Ritengo sia davvero grave il silenzio delle istituzioni repubblicane su questo evento epocale, nonostante la legge preveda che in occasione di questa giornata siano organizzati cerimonie ufficiali ed approfondimenti nelle scuole per illustrare il valore della democrazia e della libertà e per evidenziare gli effetti nefasti dei totalitarismi passati e presenti.
Perché questo silenzio?

Evidentemente il 9 novembre, che rappresenta la fine dell’oppressione comunista, è per la repubblica italiana una ricorrenza molto scomoda.

Il governo prodi non ha commemorato la caduta del muro di Berlino per non urtare la suscettibilità dei suoi alleati, con in testa Rifondazione Comunista e Comunisti Italiani.

Inoltre segnalo che la prima pagina del sito ufficiale del Quirinale del 9 novembre è stata dedicata alla celebrazione della Giornata Nazionale per la Ricerca sul Cancro e nessuna accenno anche nelle pagine interne all'anniversario del Giorno della libertà.

Naturalmente massimo rispetto per la Ricerca sul Cancro ma perché celebrarla proprio il giorno dell'anniversario della caduta del Muro di Berlino?

Mi sbaglierò ma alle volte pensando male si azzecca.
Non è che si è dimenticato di celebrare l'anniversario del Giorno della libertà proprio per togliere dall'imbarazzo napolitano che a questo punto avrebbe dovuto parlare sul muro di Berlino e sulla oppressione del comunismo?

Economia in Europa ed in Italia

La Commissione Ue ha presentato il suo rapporto annuale sulla Competitività nell’Unione.
La prestazione complessiva dell’economia europea è migliorata nel 2006, c'è stato il tasso di crescita più alto di questo secolo (3%), è ridotta la distanza nei confronti dell'USA, ma in questa situazione c’è chi corre - come Svezia, Germania, e Francia - e chi avanza troppo piano, come l’Italia.

Da questo studio si evince che In Italia un’ora di lavoro genera un decimo di PIL in meno rispetto alla media europea, mentre la Germania e la Francia ne sfornano rispettivamente l’8,5 e 15,9% in più e, al contrario degli altri stati, fra il 2000 e il 2005 in Italia la produttività media del lavoro è scesa.

Inoltre il rapporto tra il pil ed il numero delle persone occupate attribuisce all’Italia il dodicesimo posto nell’Ue, in Italia un’ora di lavoro mette in circolo l’88,2 per cento della ricchezza generata nella media Ue, un dato basso anche tenendo conto la correzione legata al sommerso.
Fra il 2000 ed il 2005 il prodotto italiano pro capite è aumentato di appena lo 0,1% nella media annua, un risultato davvero molto scadente che nemmeno l’economia in nero può compensare il divario con i grandi partner europei, Francia (0.8), Germania (0,6), Spagna (1,7) e Regno Unito (2).

Nel 2006 le cose sono andate meglio, siamo saliti all’1,4%, poco più della metà della media europea (2,3), comunque in ritardo.
Il calante tasso medio di produttività del lavoro per persona impiegata (-0,1% annuo nel 2000-2005), se coniugato con l’aumento della popolazione occupata (o emersa), vuol dire che sono state usate più braccia per fare di meno.

Altri dati :
- Incremento Pil procapite e spese ricerca sotto la media europea per l'italia.
- cresce la competitivita' in Europa ma l'Italia resta indietro.
- gli italiani sono agli ultimi posti tra i vecchi 15 paesi europei, con un incremento della ricchezza piu' basso della media Ue.
- Inferiore alla media europea anche la spesa in Ricerca e Sviluppo.
- Le bollette di luce e telefono sono salate e le infrazioni pendenti alla Corte Ue raggiungono livelli record.

L’analisi della Commissione è l'ennesima bocciatura dello stato repubblicano italiano.
Ma chi sta uccidendo un grande paese potenziale come l'Italia?

La grave situazione nella quale si trova l'italia è causata da una serie di fattori come la poca innovazione, la burocrazia, riforme in ritardo e finanza pubblica inefficiente, oppure per lo scarso numero di laureati tecnologici, per gli pochi soldi per la ricerca, oppure ancora per gli alti costi, i lunghi tempi per aiutare un’impresa....
L'elenco è molto lungo ma in fondo la colpa è della classe politica e dello stato repubblicano.
La scarsa crescita della produttività italiana riassume in sé gran parte dei mali dell’apparato produttivo del Paese.

Dietro un’apparente creatività e successi in nicchie - la moda ed alcune tradizioni artigianali convertite con successo in industrie fiorenti - si sta verificando uno scivolamento di un Paese.
Una volta l'Italia era leader in Europa in alcune settori - elettronica e chimica - ma con incredibile disinvoltura lo stato repubblicano ha costretto la loro chiusura, ad esempio si è sbarazzato di una grande industria farmaceutica come Farmitalia Carlo Erba, e così facendo siamo scesi dal treno in corsa del quale occupavamo alcuni dei vagoni di testa.

Diciamo la verità.
In Italia lo stato e la classe politica hanno enorme responsabilità del collasso della economia, hanno fermato la creatività italiana, lo stato repubblicano ha sempre capito ben poco di economia e produttività - anche perchè legato ai dogmi imposti dal comunismo - e quindi per porre rimedio a questo grave situazione c'è bisogno di un'altra classe politica.
In questo drammatico contesto - inesistenza di una vera Politica e Stato efficiente capaci di contrastare il globalismo e di difendere il lavoro e la creatività degli italiani - il globalismo mette in ginocchio l'Italia.

Per prima cosa per elaborare una corretta analisi della economia e società si deve liberarsi delle ideologie del passato, si deve intraprendere una nuova politica industriale fondata sull’innovazione, identificare su quale vagone dell’economia internazionale si deve saltare prima che sia troppo tardi.
Si deve lavorare su molti fronti e sulla innovazione, aumentare il reddito e produttività, concentrando la propria attenzione sull’industria finanziaria, su un nuovo tipo di turismo, sull’istruzione superiore e su alcuni settori industriali molto sofisticati come la genetica ed informatica .

E' ancora possibile sperare in un futuro migliore ?
Dov'è la nuova classe politica?
Quando nascerà un altro stato?

mercoledì, novembre 07, 2007

Lenin, la mummia della repubblica italiana


Forse Vladimir Putin ha deciso di sfrattare il sarcofago di Lenin e chiudere il mausoleo, la Russia post comunista sembra aver capito che l'ideologia comunismo fu un grave errore, e non è un caso che la bandiera della russia sia ritornata essere quella dello Zar.

In questi giorni il segretario del Pdci Diliberto è andato a Mosca per commemorare i 90 anni della Rivoluzione d'ottobre e visitando il mausoleo di Lenin ha affermato che se la Russia non vuole più la mummia di Lenin intende portarla a Roma.

Qualcuno la considera solo una provocazione, ma l'affermazione di Diliberto ha un significato politico e culturale molto profondo, e cioè che il comunismo è più radicato e difeso in Italia che in Russia.

Ma perchè? La risposta è semplice. Come in russia, anche in italia il comunismo è stato fondamentale per la nascita della repubblica, le colonne portanti dello stato repubblicano sono il PCI e la DC (il cattocomunismo), la DC ebbe sempre più voti ma il PCI - forte e considerata vincente - riuscì sempre ad imporre le sue idee ed in particolare a trasformare la cultura e società a suo piacere.
Inoltre dopo la guerra solo il nazismo fu sconfitto e perciò l'altra ideologia - il comunismo - ebbe modo di rafforzarsi ed espandersi in tutto il mondo (compreso l'italia).
La Storia ha voluto che l'Italia abbia fatto parte dell'occidente e quindi la dittatura comunista non ha potuto imporsi, ma questo permise al PCI di occupare i gangli dello stato fino ad conquistare il quirinale.

Nel nostro paese l'abbandono definitivo dell'ideologia comunista, e quindi anche la nascita di una sinistra moderna, è possibile solo se nasce una nuova costituzione non più condizionata dall'ideologia comunista, deve succedere che la repubblica sia sostituita da un altro tipo di stato.

L'orrenda polemica sulla mummia di Lenin conferma come la politica italiana sia veramente messa male.

Ma davvero c'era bisogno di dare spazio sulla salma di Lenin? Davvero siamo ancora alla difesa delle reliquie laiche del comunismo?
E' incredibile, ma la teoria materialistica del comunismo internazionale ha bisogno di una mummia, deve attaccarsi all'iconografia mortuaria della sinistra storica. Invece di limitarsi a storicizzare la vita e le opere di Lenin, esiste un sentimento irrazionale della sinistra italiana che la spinge a conservare il corpo, è pietoso vedere un corpo decomposto trasformato in totem.

A questo punto una domanda: I comunisti o post comunisti cambieranno mai?


E visto che si parla di rientri e sepolture, in Italia dovrebbero invece trovare la loro storica sepoltura i nostri re e le nostre regine, tuttora sepolti in terra straniera.

Un'altra vergogna della repubblica italiana.

martedì, novembre 06, 2007

Cristianesimo ed Islam


Incontro storico tra il Pontefice Benedetto XVI ed il re dell'Arabia Saudita Abdullah II, è la prima volta che il Custode delle due Sacre Moschee della Mecca e di Medina viene ricevuto da un Pontefice

Questo evento è molto importante perchè unisce la dimensione religiosa e quella politica e stabilisce l'impegno comune per la pace e per le richieste legittime del riconoscimento della libertà religiosa.

C'è da segnalare che nello Stato dell'Arabia Saudita è un reato professare una religione diversa dall'Islam e che l'udienza è significativa anche perché si svolge in assenza di rapporti diplomatici tra Santa Sede e Arabia Saudita, anche se negli ultimi mesi si sono registrati segnali di disgelo.




Storico incontro in Vaticano tra il Papa e il re dell’Arabia Saudita. Sottolineato l’impegno per la pace e il dialogo interreligioso

I colloqui, si legge nella nota della Sala Stampa, “si sono svolti in un clima di cordialità e hanno permesso di toccare temi che stanno a cuore” al Papa e al re saudita. “In particolare - informa la nota - si sono ribaditi l’impegno in favore del dialogo interculturale ed interreligioso, finalizzato alla pacifica e fruttuosa convivenza tra uomini e popoli, e il valore della collaborazione tra cristiani, musulmani ed ebrei per la promozione della pace, della giustizia e dei valori spirituali e morali, specialmente a sostegno della famiglia”. Nell’augurio di prosperità a tutti gli abitanti del Paese da parte delle autorità vaticane, “si è fatto menzione della presenza positiva e operosa dei cristiani”. Non è mancato, infine, conclude la Sala Stampa, “uno scambio di idee sul Medio Oriente e sulla necessità di trovare una giusta soluzione ai conflitti che travagliano la regione, in particolare quello israeliano-palestinese”.


Nell’edizione odierna, L’Osservatore Romano, sottolinea che grazie a re Abdallah il regno saudita “ha assunto negli ultimi anni un importante ruolo di mediatore nei conflitti nel Vicino e nel Medio Oriente”. Alla visita del sovrano saudita, prosegue il quotidiano, possono ben adattarsi le parole con cui il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, ha recentemente definito le relazioni tra cristiani e musulmani. "La cosa importante - ha sottolineato il porporato - è conoscersi, conoscersi, conoscersi. Ognuno di noi ha sempre qualcosa da imparare dall'altro”.

radiovaticano

domenica, novembre 04, 2007

4 novembre 1918

Vittorio Emanuele III, il Re Soldato, portava alla vittoria l’Italia.
La prima pagina de “La Domenica del Corriere” dopo la Vittoria.

La Vittoria della Prima Guerra Mondiale è la più importante impresa della nostra storia, per la prima volta gli italiani furono un esercito solo, per restituire alla Patria i suoi naturali confini.

In quest’ora solenne ricordiamo i Caduti il cui esempio deve guidare gli italiani.
In realtà i Caduti non muoiono sui campi di battaglia e non spariscono nei sacrari, ma soltanto quando sono dimenticati !
Se così succede allora vuol dire che il popolo vivente non è più degno del grande popolo dei morti!


Una volta il 4 novembre era la ‘Festa delle Forze armate’ durante la quale le caserme erano aperte al pubblico.
In seguito la repubblica cambiò nome alla festa che, invece della ‘Festa delle Forze armate’, divenne ‘Festa dell’Unità nazionale e delle Forze armate’.
E' un messaggio fuorviante, perchè l’unità nazionale fu proclamata il 17 marzo 1861 con la proclamazione del regno d’Italia e non il 4 novembre 1918.

Evidentemente la "vulgata repubblicana" vuole normalizzare tutto, anche questa festa, cioè cancellare che la Vittoria fu del Regno d'Italia (e non della repubblica) e che la festa dell'Unità nazionale è il 17 marzo 1861 (proclamazione del Regno d’Italia)

martedì, ottobre 23, 2007

Mafia e repubblica


Secondo il decimo Rapporto di Sos Impresa Confesercenti Le mani della criminalità sulle imprese, le mafie sono sempre più forti nel Paese, taglieggiano il 20% del totale degli imprenditori e commercianti e investono sempre più in affari legali, imponendo merci e controllando appalti.

Dopo più di mezzo secolo di regime repubblicano, l'Italia è sempre più nelle mani della mafia.

I dati del rapporto sono in difetto e quindi più drammatici: le azioni mafiose sono meno eclatanti dai tempi delle stragi, ma l’ingerenza mafiosa negli affari italiani è aumentata, inoltre la ricerca di Confesercenti include solo le entrate del ramo commerciale della criminalità organizzata, senza considerare le enormi entrare provenienti dal traffico di sostanze illegali.

Secondo questo Rapporto con oltre 90 miliardi di euro di fatturato le mafie si confermano la prima azienda italiana.
Il fatturato della malavita organizzata è alimentato da estorsioni, usura, contraffazione e contrabbando e dall’imposizione di merce e dal controllo degli appalti.

Alcuni dati:
- la presenza criminale si consolida in ogni attività economica, tanto che il fatturato del ramo commerciale delle mafie si appresta a toccare i 90 miliardi di euro, una cifra intorno al 7% del PIL nazionale, pari a 5 manovre finanziarie, 8 volte il mitico tesoretto.
- Tragico il bilancio dei reati a danni dei commercianti e imprenditori, principalmente di casi di pizzo: la stima è di 1300 reati al giorno
- I commercianti taglieggiati oscillano intorno ai 160.000: oltre il 20% dei negozi italiani, anche in regioni che nell’immaginario collettivo sono prive di mafia.

Inoltre la Mafia mette in discussione anche l'idea dell'unità nazionale. Infatti nel 2006 su 68 imprese straniere che hanno investito in Italia, una soltanto l'ha fatto al Sud.

Uno degli elementi che colpisce maggiormente è l'espansione della cosiddetta collusione partecipata, cioè quel fenomeno che investe il gotha della grande impresa italiana, in particolare quella impegnata nei grandi lavori pubblici. Gli imprenditori preferiscono venire a patti con la mafia piuttosto che denunciare i ricatti e ciò conferma il crescente condizionamento esercitato delle organizzazioni criminali di stampo mafioso nel tessuto economico del Paese.

Senza dubbio questi dati mettono in gioco la credibilità delle istituzioni.

Purtroppo la classe politica continua a fare gli stessi errori di prima, cioè nuove leggi (molte inutili oppure non applicate ...), altri pacchetti sulla sicurezza, retorica, convegni ...

Lo stato e la politica non può limitarsi a gesti simbolici. Deve fare cioè che non ha mai fatto cioè agire senza tragiche sollecitazioni per cercare di creare una società sana.

Ma per contrastare in maniera efficiente la mafia manca uno stato davvero non convivente con la mafia e che abbia la fiducia e rispetto da parte degli italiani.

Il cosiddetto pizzo - il reato tipico della criminalità organizzata - serve anche per sostenere le famiglie, i clan, assicurare uno stipendio ai carusi, assistere i carcerati, pagare gli avvocati.
Il pizzo è la tassa della mafia.
Insomma la mafia funzione bene ed ha successo perchè si fa Stato, non solo controlla il territorio, ma risolve controversie, distribuisce lavoro e favori.
Si determina, in tal modo, un nuovo sistema di relazioni economiche in cui il pizzo surroga la tangente, la collusione rimpiazza la corruzione, quello che in tangentopoli era un sistema di arricchimento personale.
La Mafia è il Sistema.

Questa abnorme ed assurda realtà non può esistere in uno stato serio, e quindi la Mafia è forse la più eclatante dimostrazione del totale fallimento dello stato repubblicano e della classe politica.

Uno stato che, dopo più di mezzo secolo, ha fatto ben poco contro la mafia - retorica e convivenza - e che anzi ha permesso (aiutato?) la sua crescita, non dovrebbe chiedere scusa ed essere sostituito da un altro?

Il rapporto integrale Sos impresa 2007 in formato pdf

lunedì, ottobre 22, 2007

regime e tassa internet


Il 3 agosto 2007 Riccardo Franco Levi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ed amico di Prodi, aveva presentato un disegno di legge sull'editoria online che, di fatto, distrugge la libertà d’espressione nel nostro paese.
Questa legge qualifica ogni sito o blog - anche senza scopo di lucro - come prodotto editoriale e se le Camere approveranno questo disegno di legge, per creare un blog e pubblicare informazioni online si dovrà iscriversi al Roc (Registro degli Operatori di Comunicazione).

Finora nessuno, in rete, se n'è accorto, tranne Valentino Spataro, curatore del sito Civile.it, che ha lanciato l'allarme, che ha realizzato anche un video pubblicato in YouTube.

Come ampiamente previsto, al Potere comincia a fare paura e fastidio internet, e la Casta repubblicana sta correndo ai ripari per tamponare l’ondata di melma che la stava seppellendo dai numerosissimi siti internet, quello di Beppe Grillo in primis.
Il WEB è un potente mezzo di comunicazione che influenza sempre di più l'opinione pubblica e perciò il sistema repubblicano teme che senza controllo possa essere spazzato via.

In spregio all’art. 21 della costituzione - Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione - questa legge è un bavaglio a tutti quelli che utilizzano il WEB per discutere, socializzare, scambiarsi idee, imporrere procedure burocratiche per l'apertura di un blog sara' il modo migliore per far finire l'internet Italiana.

Quest'ultimo DDL è l'ultimo frutto della logica - profondamente illiberale ed arcaica - sulla quale si basa la repubblica italiana che vuole uno stato centralizzato e che perpetua il consenso con un abnorme sistema burocratico.

Inoltre c'è anche l'aspetto economico.
Dopo la pressione fiscale che tartassa le famiglie italiane ora il governo Prodi cerca di fare casse con il popolo di internet.
Una nuova tax internet?

Comunque l'iscrizione al ROC non implica solo carte da bollo e burocrazia ma aumenta le responsabilità penali per chi ha un sito.
Con questa legge ogni sito dovrà anche dotarsi di una società editrice e di un giornalista nel ruolo di direttore responsabile che entrambi risponderebbero del reato di omesso controllo su contenuti diffamatori.
Detto in parole elementari, la diffamazione realizzata attraverso il sito finora era considerata semplice e le norme penali la punivano in modo più lieve.
Questo nuovo disegno di legge, invece, classifica la diffamazione in Internet come aggravata e perciò diventa a pieno una forma di diffamazione, diciamo così, a mezzo stampa.

Mi sono fatto l'idea che questa legge non andrà lontano per il semplice motivo che sola una vera e propria dittatura mondiale può controllare o cancellare il WEB.
La rete è ovunque, non ci sono confini, manca la componente territoriale sulla quale applicare questa pseudo-legge. Inoltre per non pagare questo bollo al ROC basta destinare il mio blog all’America, al Regno Unito, ovunque.
L’accessibilità della rete è così vasta che questa legge perde di senso se solo è accostata al contesto reale al quale dovrebbe essere applicata, è una legge talmente stupida, che rappresenta un falso problema per tutti noi.

Questo governo ha fatto un errore macroscopico e la classe politica dimostra di non capire nulla di internet.
Quello che stupisce è che ci sono ministri che dichiarano di aver firmato senza aver letto il disegno. In questa repubblica delle Banane, delle due l'una: o si parano il fondoschiena o non sanno leggere.
In ogni caso basta!

La legge è di una sconsideratezza senza pari e senza precedenti, se non nei paesi a regime totalitario. Il solo fatto di avere concepito un'idea simile, la dice lunga sul concetto di libertà che hanno i signori che ci governano.

Comunque sia, inevitabilmente la blogosfera è nemico o perlomeno concorrente del Potere, è un potente mezzo di comunicazione che stabilisce consenso o bocciatura e che non può essere controllato.

Come ogni regime in fase di decadenza più si avvicina la fine, più la repressione e la censura diventano più forti.
La fine della repubblica si avvicina?


link:
Il registro del Roc presso l'Agcom
Il testo del disegno di legge
Stato - approvato dal Governo
Ricardo Franco Levi

venerdì, ottobre 19, 2007

Gli spagnoli preferiscono la monarchia


Un sondaggio dimostra che gli spagnoli sono soddisfatti del sistema monarchico.
Dai risultati risulta che :

65.1% vogliono mantenere la monarchia

22.6% preferiscono la repubblica

9.1% non sono sicuri

3.2% non rispondono


W il Re!

Angus Reid Global Monitor : Polls & Research
Spaniards Clearly Support the Monarchy

Adults in Spain are satisfied with their country’s political system, according to a poll by Instituto Opina released by Cadena Ser. 65.1 per cent of respondents support retaining the monarchy, while 22.6 per cent would prefer to establish a republic.

In November 1975, Juan Carlos I officially became Spain’s monarch following the death of dictator Francisco Franco. Juan Carlos oversaw the European nation’s transition into democratic rule.

In late September and early October, photographs of King Juan Carlos I were burned at least three times by groups of protesters in Catalonia, and the Republican Left of Catalonia (ERC) party called for the monarch to be stripped of his role as commander in chief of Spain’s armed forces.

The ERC has long called for the abolition of the monarchy, claiming it is unnecessary in Spain at this day and age. An ERC spokesman described the actions of the protesters as "the opening of a debate on the Spanish political system that was handed down by the fascist dictatorship."

Yesterday, secretary-general of the Ibero-American Cooperation Secretariat Enrique Iglesias endorsed the King as an eventual "facilitator" of Cuba’s transition into democratic rule, adding, "If at any time a petition was made about a possible intervention in Cuba, I think he could play a role, but it has to be something that Cubans ask by themselves."

Polling Data

Do you support retaining the monarchy, or do you think Spain should become a republic?

Retaining the monarchy
65.1%

Spain should become a republic
22.6%

Not sure
9.1%

No reply
3.2%

angus reid

lunedì, ottobre 15, 2007

Georgia per una monarchia costituzionale

I nostri lettori dovrebbero sapere che “The Georgian Times” ha sempre sostenuto che la monarchia costituzionale può essere un adeguato sistema di governance per la Georgia.
Così, siamo felici di ascoltare la dichiarazione del nostro Patriarca. Abbiamo spesso affrontato questo argomento in privato con Sua Santità, Illia II. Le parole del Patriarca non sono mai semplici ma con il suo discorso vuol dire ai georgiani di pensare ad una idea che possa riunire la Georgia.

Ci sono gruppi politici in Georgia, con lo spirito di vendetta. Se cadrà nelle loro mani, il paese di nuovo sprofonderà nel caos. Dobbiamo risolvere molte questioni nazionali. Purtroppo, nessuna forza politica è in grado di offrire una soluzione, e questo è ciò che il Patriarca aveva in mente quando ha proposto una monarchia costituzionale.

Il paese ha bisogno di una forza che unisca la nazione. La Monarchia è stata una garanzia di unità nel corso dei secoli e ciò vale anche oggi.

Una monarchia costituzionale è un modello storico e la Georgia ne ancor oggi bisogno. La nostra nazione è stato e sarà sempre un Stato ortodosso. La proposta di monarchia costituzionale ci mostra che i pseudo politici vogliono distruggere la ortodossia.

Sono stato membro del Consiglio dei tradizionalisti georgiani negli anni '90 ed in quella epoca sollevai la questione di stabilire una monarchia costituzionale al Presidente Gamsakhurdia. Zviad Gamsakhurdia ha avuto la possibilità di entrare nella storia come la persona che avrebbe ripristinato una monarchia. Egli è stato sostenuto dalla maggioranza del parlamento e poteva sviluppare la costituzione. Egli è stato per la restaurazione della monarchia.

Quando è stato eletto Gamsakhurdia ha immediatamente contattato Giorgi, un discendente della dinastia Bagrationi. Purtroppo alcune forze gli impedirono di fare i passi successivi; Egli è stato fatto per cambiare la sua mente.
Forse, il ripristino della monarchia avrebbe evitato la guerra civile e la drammatica evoluzione dei primi anni'90. Ho l'impressione che ora analoghi sviluppi possono succedere nuovamente.

Anche Saakashvili può diventare un eroe nazionale. I Presidenti vanno e vengono, ma restano gli eroi nazionali. Saakashvili può diventare come una specie di Franco georgiano - l'eroe della Spagna che utilizzò la maggioranza del parlamento per creare i presupposti per ripristinare la monarchia in Spagna. Oggi, la Spagna è un paese in pieno sviluppo. A differenza di altri stati sovrani che esegue politica. Lo stesso può succedere anche in Georgia.

Se amate la vostra terra natale si deve smettere di pensare ad un presidente, si deve introdurre la monarchia ed instaurare un leader della maggioranza, cioè il primo ministro. Questo sarà un passo efficace. Putin ha fatto un simile passo in Russia. Avrebbe potuto correre per la presidenza, per la terza volta e modificare la costituzione, ma ha fatto una decisione diversa. Egli diventerà un primo ministro.

Anche in Russia potrà avvenire che la monarchia sia restaurata. In questo caso miglioreranno le relazioni tra la Georgia e la Russia, essendo parenti le famiglie reali georgiano e russo. Anche il re di Spagna, Juan Carlos è un parente della nostra famiglia reale.
Non si può prevedere quale tipo di monarchia sarà ristabilita, in Georgia.

Pur parlando di una monarchia il Patriarca non stabiliva il restauro del principato. Questo sarà un monarchia popolare.

Attualmente molte monarchie hanno economie di grande successo, come ad esempio il Belgio, la Svezia, la Danimarca, la Spagna, ecc.

Ovviamente, il discorso del patriarca non è stato casuale. Riteniamo inoltre che il ripristino di una monarchia è l'unica vera idea che possa riunire il popolo georgiano.
Abbiamo sicuramente apprezzato questa idea e la volontà di provare a sostenerla. Abbiamo un film sulla Dinastia Bagrationi e forse in un prossimo futuro la “Imedi TV” la mostrerà in pubblico.


Malkhaz Gulashvili, President of The Georgian Times Media Holding

Our readers might know that throughout its existence, The Georgian Times has been supporting the idea that constitutional monarchy can be an appropriate system of governance for Georgia. Thus, we were happy to hear the statement of our Patriarch. We often touched on this topic in private talks with His Holiness, Illia II. The Patriarch’s words are never simple; his speech means that Georgians should think about ides that will result in reuniting Georgia.

There are political groups in Georgia with the spirit of revenge. If in their hands, the country will plunge back into chaos as a result. We have to solve many national issues. Unfortunately, no political force is able to offer a solution, and this is what the Patriarch had in mind when he proposed a constitutional monarchy.

The country needs a force which will unite the nation. Monarchy was a guarantee of unity throughout the centuries. This would have the same effect today as well.

A constitutional monarchy is a contemporary historical model that Georgia needs today. Our nation was, is and will always be an orthodox state. The proposal about constitutional monarchy will show us who the pseudo politicians are and who challenge orthodoxy.

I was a member of the Georgian Traditionalists’ Council in the 90s and we raised the issue to establish a constitutional monarchy in President Gamsakhurdia’s era. Zviad Gamsakhurdia had the chance to enter history as the person who would restore a monarchy. He was supported by the majority of parliament and could develop the relevant constitution. He was for the restoration of monarchy.

When Gamsakhurdia was elected he immediately contacted Giorgi, a descendent of the Bagrationi dynasty. Unfortunately certain forces prevented him to make successive steps; he was made to change his mind. However, perhaps the restoration of monarchy would have avoided the civil war and the dramatic developments of the early 90s. The impression I have now is that similar developments will take place again.

Saakashvili can also become a national hero. Presidents come and go but national heroes remain. Saakashvili can become a Georgian Franco- a hero of Spain who used the majority of parliament and developed a constitutional precondition to restore Spain’s monarchy. Nowadays, Spain is an irreversibly developing country. Unlike other states it conducts sovereign policy. The same may be done in Georgia as well.

If you love your native land you must leave the president’s post, introduce monarchy and establish a leader of the majority, i.e. prime minister. This will be an effective step. Putin made a similar step in Russia. He could have run for presidency for a third time and amend the constitution, but he made different decision. He will become a prime minister.

Moreover, monarchy may also be restored in Russia. In this case, Georgia-Russian relations will improve, as the Georgian and Russian royal families are relatives. The King of Spain, Juan Carlos is a relative of our royal family as well. There are predictions that a monarchy will be restored in Georgia. While talking about a monarchy the Patriarch did not mean the restoration of principality. This will be a public monarchy.

Currently monarchies have most successful economies. These are Belgium, Sweden, Denmark, Spain, etc. Obviously the Patriarch’s speech was not accidental.
We also think that the restoration of a monarchy is the only true idea that can reunite the Georgian nation. We certainly welcome this idea and try will to support it. We have a film about the Bagrationi Dynasty; perhaps in the near future Imedi TV will show the film to society.

geotimes

sabato, ottobre 13, 2007

presidente e senatori a vita


Il presidente della repubblica è intervenuto a favore della senatrice a vita Montalcini, oggetto di duri attacchi da parte del movimento di Storace.

In seguito il senatore Storace ha risposto duramente al presidente della repubblica, dicendo che Napolitano non ha titoli per distribuire patenti etiche e che sono molto gravi le affermazioni sul caso Montalcini.
Storace ha aggiunto che: il Presidente deve ancora farsi perdonare per la sua storia personale e per l'evidente faziosita' istituzionale.
Napolitano difende chi lo vota contro chi non lo ha votato.


Per il caso Montalcini, si deve ricordare che i voti dei senatori a vita sono essenziali per il governo prodi, ma schierandosi a smisura a favore di una sola parte va da se che si perde il rispetto dell'altra.
Di fatto ci sono persone non elette dal popolo che stanno decidendo la politica italiana.
E' giusto?

Inoltre sembra una beffa della storia, ma guarda caso questo delicato problema politico sui senatori a vita scoppia proprio adesso che c'è un presidente della repubblica votato solo dalla maggioranza.

Già fa sorridere considerare un presidente della repubblica superpartes, figuriamoci quando lo ha voluto solo il governo.

Insomma adesso c'è un presidente della repubblica, votato solo dalla maggioranza, ed una senatrice a vita, difesa da napolitano, che aiutano un governo che vinse solo per una manciata di voti se non addirittura con dei brogli.

In questa repubblica il capo di stato ed i senatori a vita sono cariche indegne?

Povera Italia!


Storace, gravi parole Napolitano
Leader Destra torna ad attaccare sul caso della senatrice

(ANSA) - ROMA, 13 OTT - 'Napolitano non ha titoli per distribuire patenti etiche', dice Storace, definendone 'molto gravi' le affermazioni sul caso Montalcini'. Questo, spiega il leader della Destra, per due le ragioni:'La prima per la storia personale del Presidente, che ancora deve farsi perdonare; la seconda per quelle che riguardano l'atteggiamento nepotistico delle istituzioni e per l'evidente faziosita' istituzionale. Napolitano difende chi lo vota contro chi non lo ha votato'

ansa

venerdì, ottobre 12, 2007

La Reggia di Venaria Reale


Dopo un restauro di 8 anni riapre la Reggia di Venaria Reale (torino), uno dei più importanti esempi di architettura e dell’arte barocca internazionale del XVII e XVIII secolo.

La Reggia di Venaria Reale fu edificata a metà Seicento (1658 - 1679) dal Duca Carlo Emanuele II di Savoia, che anticipò Versailles.

visitate il sito di Venaria Reale

Vista dall'alto, la Reggia disegna uno spazio di 950 mila metri di architetture e parchi, mentre l'edificio monumentale copre una superficie di 80.000 metri quadrati (il parco ed il borgo storico di Venaria che rievoca il collare Santissima Annunziata, simbolo della casa sabaudo), rispetto ai 67.000 di Versailles.

L'Unesco l'ha dichiarata Patrimonio dell'umanità insieme al sistema delle residenze sabaude.



Ecco cosa dicevano gli ambasciatori sabaudi alla corte di Francia nella Reggia di Versailles :
La Reggia di Venaria di Sua Maestà il Re di Sardegna ha come confini solo le Alpi e il cielo di Nostro Signore.
E’ simbolo del Suo immenso potere in terra, che ha benignamente affidato al nostro sovrano Vittorio Amedeo II.

martedì, ottobre 09, 2007

Le Tasse sono belle?


In TV nella trasmissione su Rai 3 di Lucia Annunziata, il ministro Padoa Schioppa ha sostenuto che dovremmo avere il coraggio di dire che le tasse sono una cosa bellissima.

Le tasse non sono una cosa bellissima ma è anche vero che le tasse da pagare sono un dovere civile.
Le tasse sono buone e giuste solo se utili e proporzionate ai benefici che ne ricaviamo.
In Italia non è così, l’elenco di sperperi è troppo lungo e noto a tutti per nausearvi ancora.

Inoltre non si deve dimenticare che per le tasse, come in tutte le altre questioni, c'è il limite oltre il quale non si sopporta più.
L'economista Laffer, che convinse Reagan ad inserire nel suo programma la diminuzione delle imposte dirette, teorizzò una curva dove c'è un punto d'incrocio tra i valori delle ascisse (aliquota fiscale) e delle ordinate (entrate fiscali) in cui l'aumento delle imposte fungerebbe da disincentivo alle attività economiche, determinando di conseguenza minore gettito fiscale.

Gli italiani hanno tanti difetti ma non sono stupidi
ed infatti molti non pagano le tasse perchè sanno molto bene come lo stato gestisce i nostri soldi. Male, molto male.

Perchè pagare le tasse se lo stato repubblicano spreca il denaro pubblico ?

Come si può essere contenti di pagare le tasse se lo stato è corrotto, inefficente e sprecone ?


Purtroppo in Italia le tasse sono uno strumento per costringere i contribuenti a pagare più del dovuto, sono un mezzo per sprecare i sacrifici e per impoverirci sempre di più.

Quando cambierà lo stato?

martedì, ottobre 02, 2007

Il quirinale costa sempre di più



Per diminuire i costi della politica, napolitano ha ordinato dieta per il personale del Quirinale, ma a quanto pare la realtà è un'altra, anzi è sempre la stessa :
il quirinale costa sempre di più.

Quirinale, verso spesa 241 mln 2007, 17 milioni piu' dei 224 indicati nel bilancio di previsione 2007.

Questi dati, resi noti in ambienti parlamentari, sono ricavati da una nota informativa del segretario generale della presidenza della repubblica, Donato Marra.

Il segretario generale, nel confermare la decisione del presidente Napolitano di fornire periodicamente una dettagliata informativa sulle linee essenziali del bilancio dell'amministrazione del Quirinale, sottolinea che la spesa complessiva del Quirinale è caratterizzata da "forte rigidità".


Quirinale, verso spesa 241 mln 2007
Dati dal colle a commissione camera per indagine conoscitiva

(ANSA)-ROMA, 2 OTT-
La spesa del Quirinale si assestera' quest'anno su circa 241 milioni di euro, 17 milioni piu' dei 224 indicati nel bilancio di previsione 2007.
Questo "anche per effetto del recepimento degli effetti del contratto del personale del Senato", a fronte del quale e' stata chiesta una dotazione, a carico del bilancio dello Stato, del 3,26% rispetto all'anno precedente (un po' meno del tetto del 3,50% concordato nel 2005 tra gli organi costituzionali).

ansa

venerdì, settembre 28, 2007

Il crollo della repubblica


Anche se lontano dalle mie idee, segnalo l'editoriale de la repubblica (Ezio Mauro) sulla questione tanto discussa dell'antipolitica, dove ci sono molti punti che condivido.
Questa volta l'editoriale mi stupisce perchè attacca duramente non solo la classe politica (chi la difende?) ma giunge a scrivere che la crisi è di sistema.

Evidentemente il direttore del quotidiano la repubblica non può usare il termine più opportuno - in italia il sistema è la repubblica - ma è molto significativo che un conservatore come lui - repubblicano e alto esponente dei massmedia e dei salotti che contano - pensi che la situazione della repubblica è drammatica, che c'è un enorme deficit complessivo di rappresentanza, di impoverimento, di smarrimento non solo del senso dello Stato ma addirittura di uno spirito repubblicano comune e condiviso. ( seconde me questo sentimento condiviso non c'è mai stato)

In Italia ci sono due strade per cercare di uscire dalla profonda crisi di sistema.
La prima è portata avanti da coloro che pensano sia ancora possibile salvare le istituzioni dal collasso - i conservatori - che utilizza l'antipoltica per spingere i politici a riformare il sistema.
La seconda strada è scelta da chi punta sul collasso del sistema, che considera l'antipolitica un passaggio necessario per azzerare il sistema e per realizzare un nuovo stato e costituzione.

La domanda da chiederci è : il regime repubblicano è in grado di auto correggersi?

Secondo me la prima strada non è percorribile, la repubblica è un malato incurabile, non basta ridurre i costi, diminuire i parlamentari, la crisi di uno stato e delle istituzioni non è come quella di un'azienda, dove basta cambiare il management, non basta trasferire o modificare poteri ...
Siamo davanti al rischio conclamato di una regressione democratica, con lo stato repubblicano che è Palazzo, separato, dal paese.

Per non parlare poi della incapacità della classe politica, della mancanza di efficenza ...

Inoltre è impossibile fare distinzioni tra destra e sinistra, ormai termini del passato ed artificali.
Più o meno tutti i partiti parlamentari hanno guidato il governo e il Paese, più o meno tutti hanno lievitato i costi della politica, tutti hanno costruito una "classe" privilegiata, autoprotetta e onnipotente, tutti hanno lottizzato ogni spazio pubblico, corrodendo così nel profondo lo stato e la società ...
In questo senso è drammatico il vuoto di ogni proposta di cambiamento , la rinuncia alla lottizzazione, il rifiuto dei privilegi da parte dei partiti ...

Insomma c'è qualcosa di sistemico che distrugge l'Italia, le istituzioni sono solo Potere privi di rispetto da parte del popolo, è saltata ogni intermediazione organizzativo e culturale riconosciuta e accettata.
Bisogna prendere atto che la repubblica è morta, tutto il resto è piccolo cabotaggio, galleggiamento, navigazione a vista che non porta a nulla di positivo.

La strada obbligata è che c'è bisogno di un nuovo patto tra gli italiani, una nuova costituzione, di un altro stato e di un'altra classe dirigente.

L'EDITORIALE
Antipolitica, per chi suona la campana
EZIO MAURO

C'è qualcosa di impopolare e tuttavia necessario da dire ancora sull'assalto dell'antipolitica al cielo italiano di questo sgangherato 2007. Niente di ciò che sta avvenendo sarebbe possibile se sotto la crosta sottile di questa crisi dei partiti che diventa crisi di rappresentanza, si allarga alle istituzioni, corrode il discorso pubblico, non ci fosse un'altra crisi ben più profonda che continuiamo a ignorare perché non la vogliamo vedere. E' la decadenza del Paese, l'indebolimento della coscienza di sé e della percezione esteriore, la perdita di peso specifico e di identità culturale. Ciò che dà forma contemporanea ad un'idea dell'Italia, la custodisce aggiornandola nel passaggio delle generazioni, la testimonia nel mondo, garantendo una sostanza identitaria agli alti e bassi della politica, ai cicli dell'economia, all'autonoma rappresentazione del Paese che la cultura fa nel cinema, nella letteratura, nel teatro, nella musica, nei media o in televisione.

Se questa idea che il Paese ha di se stesso, e che il mondo ha di noi, non si fosse fiaccata fino a confondersi e smarrirsi, il sussulto di ribellione ai costi crescenti della politica, alla lottizzazione di ogni spazio pubblico con l'umiliazione del merito, all'esibizione pubblica dei privilegi avrebbe preso la strada di una spinta forzata al cambiamento e alla riforma. Non di un disincanto che si trasforma in disaffezione democratica mentre la protesta diventa una sorta di secessione dalla vita pubblica: un passaggio in una dimensione parallela - ecco il punto - dove l'idea stessa di cambiamento cede alla ribellione, e alla cattiva politica si risponde cancellando la politica e abrogando i partiti. Come se cambiare l'Italia fosse impossibile. O, peggio, inutile.

Un Paese che dedica quattro serate tv a miss Italia, riunisce una trentina di persone in un vertice di maggioranza attorno a Prodi, inventa un cartoon politico come la Brambilla per esorcizzare il problema politico della successione a Berlusconi, vede restare tranquillamente al suo posto il presidente di Mediobanca rinviato a giudizio con altri 34 per il crac Cirio, forma due partiti anche per discutere l'eredità Pavarotti e dà ogni sera al Papa uno spazio sicuro nel suo maggior telegiornale, ha la proiezione internazionale che questo triste perimetro autunnale disegna. Un'Italia in forte perdita di velocità, dove l'unico leader capace di innovazione è un manager straniero come Sergio Marchionne mentre il ceto politico è l'elemento più statico, immobile, in un sistema che perde peso e ruolo in Europa e nel mondo. Perché la moda, il Chianti e le Langhe non possono da soli sostenere e rinnovare la tradizione e l'ambizione di un Paese che non può essere soltanto l'atelier dell'Occidente, o la sua casa di riposo.

Ma se tutto questo è vero, e purtroppo lo è, l'antipolitica è soltanto una spia - e parziale - dell'indebolimento di un sentimento pubblico e di uno spirito nazionale, qualcosa che va molto al di là delle dimensione strettamente politica e istituzionale. È quel che potremmo chiamare il senso di una perdita progressiva di cittadinanza in un Paese che perde intanto ogni piattaforma identitaria comune, ogni appartenenza sicura, qualsiasi cultura di riferimento. Come può questo Paese non perdere sicurezza, coscienza, peso, capacità di rappresentare se stesso e di valorizzarsi, innovando e modernizzando?

Il "V-day", a mio giudizio, è una prova di questo impoverimento. Solitudini politiche sparse, delusioni individuali, secessioni personali si riuniscono in uno show, come se cercassero "soluzioni biografiche a contraddizioni sistemiche". È quella che Zygmunt Bauman chiama la comunità del talk-show, con gli idoli che sostituiscono i leader, mentre il potere dei numeri - la folla - consegna loro il carisma, capace a sua volta di trasformare gli spettatori in seguaci. Attorno, la celebrità sostituisce la fama, la notorietà vale più della stima, l'evento prende il posto della politica e trasforma i cittadini da attori a spettatori: pubblico.

Ma come si fa a non vedere che in questa atrofia del discorso politico, che cortocircuita se stesso trasformando il "vaffanculo" nella massima espressione di impegno civile dell'Italia 2007, c'è la decadenza di ogni autorità, il venir meno di ciò che si chiamava "l'onore sociale" dei servitori dello Stato, il logoramento vasto del potere nel suo senso più generale: il potere in forza della legalità, in forza "della disposizione all'obbedienza", nell'adempimento di doveri conformi a una regola.

Se è questo che è saltato, il vuoto allora riguarda tutti, non soltanto la classe politica. È l'establishment del Paese nel suo insieme che invece di sentirsi assolto dal pubblico processo al capro espiatorio politico, deve rendere conto di questo deficit complessivo di rappresentanza, di questo impoverimento del sistema-Italia, di questa secessione strisciante, dello smarrimento non solo del senso dello Stato ma anche di uno spirito repubblicano comune e condiviso. Troppo comodo partecipare al valzer dell'antipolitica dagli spalti di un capitalismo asfittico nelle sue scatole cinesi, di una finanza che cerca il comando senza il rischio, di un'industria che dello Stato conosce solo gli aiuti e mai le prerogative.

Quando la crisi è di sistema e l'indebolimento del Paese è l'unico risultato visibile ad occhio nudo, davanti alla secessione strisciante di troppi cittadini dalla cosa pubblica bisognerebbe che l'establishment italiano evitasse di contare in anticipo le monetine da lanciare contro la politica, aspettando la supplenza e sognando l'eredità. Meglio chiedersi, finché c'è tempo, per chi suona la campana.

(27 settembre 2007)

larepubblica

martedì, settembre 25, 2007

I costi della politica aumentano ancora


Di fronte alla lotta ai costi della politica giustamente gli italiani si indignano, ma ho l'impressione che il libro La Casta, i numerosi articoli ed inchieste comparsi sui quotidiani sono soltanto parole buttate al vento.
Comincio a pensare che la spazio dato dai massmedia alla lotta ai costi e agli sprechi della politica è solo una moda, un facile modo per aumentare le vendite delle copie...

Prima del libro di Stella e Rizzo i giornali e tv non hanno mai verificato il buon funzionamento dello stato e della politica e ciò conferma l'idea che i massmedia sono il cane da guardia del Potere.

D'altronde si sapeva già che i costi dei politici e dello stato repubblicano sono inaccettabili.

Purtroppo la battaglia contro gli sprechi è lontana dall’essere vinta, la Camera dei deputati recentemente ha approvato il suo bilancio aumentando ulteriormente i costi.

Quando si parla di costi della politica è facile cadere nella demagogia, ma i dati parlano chiaro.
E poi è davvero insopportabile sentire i politici dire che bisogna tagliare, che i cittadini devono fare dei sacrifici, eccetera.
Non dovrebbero i politici dare prima il buon esempio?

Comunque il vero problema non è il costo della politica ma è la sua inefficienza ed incapacità.
Infatti se la classe politica e lo stato fossero efficenti e capaci di migliorare l'Italia per me potrebbero benissimo aumentarsi lo stipendio e raddoppiare le cariche perchè è giusto premiare chi è bravo.

E' l'inefficenza dello stato che frena l’economia, è lei che ha causato un debito pubblico esagerato.
Abbiamo bisogno di un altro stato, di un'altra classe politica!


L'insofferenza dei cittadini, l'«antipolitica» e l'ascesa di Beppe Grillo
I costi della politica salgono ancora
La Casta promette e non mantiene
In soli tre anni i costi di Montecitorio saranno aumentati del 9,2% con un aggravio sulle casse pubbliche di 92 milioni di euro

Cosa deve accadere, perché capiscano? Devono esplodere il Vesuvio, fallire l'Alitalia, rinsecchirsi il Po, crollare la Borsa, chiudere gli Uffizi, dichiarare bancarotta la Ferrari? Ecco la domanda che si stanno facendo molti cittadini italiani. Stupefatti dalla reazione di una «casta» che, nel pieno di polemiche roventi intorno a quanto la politica costa e quanto restituisce, pare ispirarsi a un antico adagio siciliano: «Calati juncu ca passa a china», abbassati giunco, finché passa la piena. Un giorno o l'altro la gente si rassegnerà...

Non sono bastati infatti mesi di discussioni su certi privilegi insopportabili di quanti governano a livello nazionale o locale, decine di titoli a tutta pagina di quotidiani e settimanali, ore e ore di infuocati dibattiti televisivi, code mai viste nelle librerie di lettori affamati di volumi che li aiutassero a capire. Non è bastata la sbalorditiva rimonta nella raccolta delle firme del referendum elettorale che dopo essere partita maluccio è arrivata in porto trionfalmente. Non sono bastate le piazze stracolme intorno a Beppe Grillo e le centinaia di migliaia di sottoscrizioni alle sue proposte di legge di iniziativa popolare.
Macché: non vogliono capire. Non tutti, certo. Ma in troppi non vogliono proprio capire. Lo dimostra, ad esempio, il bilancio appena varato della Camera dei deputati. Dove una cosa spicca su tutte: dopo tante dichiarazioni di buona volontà e pensosi inviti a rifiutare ogni tesi precostituita e sospirate ammissioni che alcuni «benefit » erano proprio indifendibili e solenni impegni a tagliare, le spese sono cresciute ancora. E ben oltre l'inflazione. Il palazzo presieduto da Fausto Bertinotti era costato nel 2006, quando i primi mesi erano stati gestiti dalla destra, 981.020.000 euro: quest'anno, alla faccia di quanti sostenevano che tutta la colpa fosse della maggioranza berlusconiana che aveva lasciato una «macchina » spendacciona, ne costerà 1.011.505.000. Con un aumento del 3,11 per cento: il doppio dell'inflazione.

GLI STIPENDI E GLI AFFITTI - Non basta. Nel 2008, stando alle previsioni del bilancio triennale, queste spese che già hanno sfondato (prima volta) la quota-choc di un miliardo di euro, cresceranno ancora. Fino a 1.032.670.000. Per impennarsi ulteriormente nel 2009 fino alla cifra sbalorditiva di 1.073.755.000. Sintesi finale: in soli tre anni i costi di Montecitorio, dopo tutto il diluvio di belle parole spese per arginare l'irritazione popolare, saranno aumentati del 9,2%. Con un aggravio sulle pubbliche casse di 92 milioni di euro in più rispetto al 2006.

Ricordate cosa avevano assicurato, per arginare la mareggiata di contestazioni, a proposito dello stipendio dei deputati? Che l'indennità, che stando alla politica degli annunci è già stata tagliata un mucchio di volte, sarebbe calata. Falso: costerà il 2,77 per cento in più: un punto abbondante oltre l'inflazione. E i vitalizi? Il 2,93 per cento in più. Per non dire delle retribuzioni del personale. Avete presente la denuncia dell'Espresso sulle buste paga dei dipendenti delle Camere? La scandalosa scoperta che un barbiere del Senato può arrivare a 133 mila euro lordi l'anno e cioè 36 mila euro più del Lord Chamberlain della monarchia inglese? Che un ragioniere della Camera può arrivare a 238 mila, cioè circa ventimila euro più dell'appannaggio del presidente della Repubblica? Bene: stando al bilancio di Montecitorio, il monte-paghe del personale costerà nell'anno in corso il 3,73 per cento in più.
Oltre il doppio dell'inflazione.

Quanto agli affitti per i palazzi a disposizione (insieme col Senato la Camera è arrivata, tra immobili di proprietà e in locazione, a 46) sono cresciuti del 6,6%: il quadruplo dell'inflazione. Eppure non è neppure questo il record. I traslochi e il «facchinaggio» erano costati nel 2006 la bellezza di 1.255.000 euro, con un rincaro di 45.000 euro sul 2005. Dissero: «Si è dovuta tenere in giusta considerazione la spesa aggiuntiva» dovuta alle «esigenze inevitabili nel corso del cambio di una legislatura ». Può darsi. Ma allora a cosa è dovuta quest'anno l'ulteriore aggiunta di altri 100 mila euro, pari a un aumento di oltre l'8 per cento? Siamo entrati, senza saperlo, in una nuova legislatura?

LE SPESE PER I VIAGGI - Quanto ai viaggi, le polemiche sull'uso spropositato degli aerei di Stato prima nell'era berlusconiana e poi nell'era unionista, sono scivolate via come acqua. Basti dire che le spese di trasporto, alla Camera, aumentano del 31,82%. Diranno: è perché da questa legislatura ci sono 12 deputati degli Italiani all'estero che devono tenere i rapporti con i nostri elettori emigrati. Costoso ma giusto. Tesi inesatta. È vero che 1.450.000 euro (121 mila per ogni parlamentare) se ne vanno in «trasporti aerei circoscrizione estero». Ma il costo complessivo dei viaggi aerei, al di là del via vai di questa pattuglia di deputati «esteri», salirà da 6 milioni a 7 milioni 550 mila. Un'impennata sconcertante.
Ma mai quanto quella dei costi dei gruppi parlamentari. La regola sarebbe chiara: si può dar vita a un gruppo parlamentare se si hanno almeno 20 deputati. Su questa base, all'inizio della legislatura avrebbero dovuto essere otto. Ma grazie alle deleghe concesse dal subcomandante Fausto sono saliti via via a quattordici. Con una moltiplicazione delle sedi (che ha costretto a prendere in affitto nuovi uffici nonostante i deputati potessero già contare su spazi procapite per 323 metri quadri), delle segreterie (più 12,3% sul 2006), delle spese varie. Al punto che i contributi ai gruppi, che nel 2005 erano pari a 28 milioni 700 mila euro e nel 2006 erano già saliti a quasi 33, sono cresciuti ancora fino a 34.300.000 euro. Cioè quasi 14 in più rispetto a sette anni fa. Il che vuol dire che nel quinquennio berlusconiano e in questa successiva stagione unionista, il peso di questi gruppi sulle pubbliche casse è cresciuto del 67,4 per cento.

DEMOCRAZIA E ANTIPOLITICA - Tutti «costi della democrazia»? Pedaggi obbligatori che altri paesi non pagano (non così, non così!) ma che gli italiani dovrebbero essere felici di versare per tenersi stretti «questo» sistema parlamentare, «questa» macchina pubblica, «questi» governi statali, regionali, provinciali, comunali che i loro protagonisti presentano, facendo il verso al «Candido» voltairiano, come il migliore dei mondi possibili? Tutti costi impossibili da ridurre al punto che il bilancio della Camera prevede già di costare come prima e più di prima anche negli anni a venire a dispetto di ogni dubbio e di ogni critica? Dice la storia che la Regina Elisabetta, invitata dal governo inglese a tagliare, ha preso così sul serio questo impegno che la spesa pubblica per la Corona è scesa dai 132 milioni di euro del 1991-1992 a meno di 57 milioni.
Eppure, guai a ricordarlo. C'è subito chi è pronto a levare l'indice ammonitore: attenti a non titillare l'antipolitica, attenti a non gonfiare il qualunquismo, attenti a non fare della demagogia. Ne sappiamo qualcosa noi, ne sa qualcosa chiunque in questi mesi ha rilanciato con forza alcune denunce, ne sa qualcosa Beppe Grillo. Ma certo, non tutto quello che ha detto il «giullare- à-penser» genovese può essere condiviso. Dall'invettiva del «Vaffanculo Day» lanciata in un Paese che ha bisogno come dell'ossigeno di un linguaggio più sobrio fino all'appoggio alle tentazioni di rivolta fiscale. Un acerrimo avversario dello Stato italiano come Sylvius Magnago, straordinario protagonista di durissimi scontri in difesa dei sudtirolesi di lingua tedesca, lo ha spiegato benissimo sottolineando di sentirsi «un patriota austriaco ma un cittadino italiano»: «prima» si devono pagare le tasse, «poi» si può dare battaglia.

Ma quale autorevolezza hanno per liquidare Grillo quanti per anni e anni non sono riusciti a dimostrare la volontà, la capacità, la credibilità, la forza per cambiare sul serio questo Paese? L'Umberto Bossi che intima a Grillo che «occorre stare attenti a non esagerare» non è forse lo stesso Bossi che diceva che «il Vaticano è il vero nemico che le camicie verdi affogheranno nel water della storia»? Gerardo Bianco che al Grillo che vorrebbe un limite massimo di due legislature risponde dicendo che «non bisogna seguire la piazza a rimorchio di istrioni della suburra» non è lo stesso che siede in Parlamento dal 1968? E il Massimo D'Alema che liquida gli attacchi di Grillo ai partiti dicendo che per sua esperienza «se si eliminano i partiti politici dopo arrivano i militari e governano i banchieri» non è lo stesso che nei giorni pari dice che «la politica rischia di essere travolta come nel 1992» e nei dispari che «i costi della politica sono un'invenzione di giornalisti sfaccendati»?
E la destra che, Udc a parte, ha firmato col proprio questore il bilancio della Camera e poi si è rifiutata di votarlo nella speranza di cavalcare la tigre, non è quella stessa destra che governava con una maggioranza larghissima nei cinque anni in cui le spese delle principali istituzioni pubbliche sono cresciute di quasi il 24 per cento oltre l'inflazione? Per quel po' di esperienza che abbiamo fatto in questi mesi dopo l'uscita del nostro libro, incontrando diverse migliaia di persone, ci andremmo molto cauti, prima di liquidare l'insofferenza di milioni di cittadini, confermata inequivocabilmente dai sondaggi e dalle analisi di Ilvo Diamanti, come «tentazioni antipolitiche». Noi abbiamo visto piuttosto crescere una nuova consapevolezza. Quella che «prima» del legittimo diritto di ognuno di noi di sentirsi di destra o di sinistra, abbiamo tutti insieme un problema: una politica che ha allagato la società. E che, come dimostra il dibattito di queste settimane, non ha la forza non solo per risolvere i problemi ma neppure per metterli sul tavolo.

BILANCI TRASPARENTI - È «antipolitico» chiedere come mai non vengono neppure ipotizzati l'abolizione delle province o l'accorpamento dei piccoli comuni? Che tutte le amministrazioni pubbliche siano obbligate a fare bilanci trasparenti dove «acquisto carta da fax» si chiami «acquisto carta da fax» e «noleggio aerei privati» si chiami «noleggio aerei privati» così da spazzare via tanti bilanci fatti così proprio per essere illeggibili? Che anche il Quirinale metta in Internet il dettaglio delle proprie spese come Buckingham Palace? Che venga rimossa quella specie di «scala mobile» dell'indennità dei parlamentari ipocritamente legata a quella dei magistrati due decenni abbondanti dopo l'abolizione del meccanismo per tutti gli altri italiani? Insomma: viva le istituzioni, viva il Parlamento, viva i partiti. Però diversi: diversi. E soprattutto: è antipolitico chiedere che certi politici italiani la smettano di essere così presuntuosi da pretendere di identificarsi automaticamente con la Democrazia?

Sergio Rizzo
Gian Antonio Stella

ilcorrieredellasera

domenica, settembre 23, 2007

RAI e repubblica


La classe politica è allo sbando ed in preda solo alla voracità dei propri interessi.

Il governo, nominando Fabiani al posto di Petroni, ha sconquassato i già fragili rapporti interni alla maggioranza.
L'opposizione giustamente si oppone ma fa sorridere dicendo che non è mai successo che il presidente, il direttore generale e la maggioranza del Cda della Rai siano espressione dei partiti.

La RAI è stata sempre controllata dai partiti.
Il cosiddetto Piano aziendale della RAI è sempre il frutto della voracità dei partiti di controllarla.

Questo ultimo scandalo televisivo diminuisce la già scarsa credibilità e corrrettezza della RAI.
Il vero male della Rai è il rapporto con il potere politico che ne indebolisce la funzione civile, che la limita vitalità culturale e che la fa soffrire come impresa che opera nel mercato.

Invece di risolvere i problemi urgenti degli italiani (lavoro, sicurezza, sanità, democrazia...) il Paese Italia è bloccato dal dibattito sul cda Rai, il governo ha rischiato di capitolare sulla Rai, da una semplice sostituzione di un consigliere con un altro.

La classe dirigente è lontano anni luce dal Paese ...
Troppo chiacchiericcio politico, ma i fatti concreti e le risoluzioni dei problemi dove sono ????

Il guaio di questo disgraziato Paese non è solo quello di avere un governo incapace ma c'è anche un'opposizione che quand'era al governo lasciò le cose come stavano, concentrandosi sugli amministratori, e che, oggi, non ha una proposta seriamente alternativa da contrapporre.

In questo repubblica, dove si pensa solo ad occupare il Potere, la Politica muore

A questo punto, forse, l'unico modo è quello di vendere la Rai, se non altro per togliere le mani dei partiti dalla informazione televisiva e per migliorare le casse dello Stato.

E poi diciamo la verità.
Non solo la RAI ma tutto lo stato e le istituzioni repubblicane sono lottizzate e controllate dai partiti.

mercoledì, settembre 19, 2007

Napolitano: massmedia e antipolitica

In un clima pesante, dove la sfiducia e l’antipolitica dilagano, napolitano ha detto che la situazione è pericolosa, ed è preoccupato per gli attacchi alla politica e alle istituzioni.

Chiaro il riferimento al qualunquismo e, senza nominandolo, a grillo.

Il capo dello Stato parla sul difficile rapporto tra notizia e sensazionalismo.
e si chiede come coniugare principio di libertà e principio di responsabilità, anche e in particolare quando si indaghi, e si denunci in materia di politica e istituzioni.

Per difendere il sistema repubblicano napolitano ha detto ai giornalisti di smettere di alimentare qualunquismo e antipolitica.

Visto il suo ruolo è normale e logico che napolitano cerchi di difendere le istituzioni ma ,invece di dare un duro richiamo ai giornalisti - il diritto-dovere d'informare e comunicare obbliga a essere sempre coscienti delle ricadute d'ogni denuncia indiscriminata e magari approssimativa -, non sarebbe meglio criticare o denunciare i comportamenti scorretti e sbagliati presenti nelle istituzioni e tra i politici ?

Non si difende le istituzioni con le parole ma piuttosto facendo cose concrete, come ad esempio diminuendo i costi del quirinale e pubblicando le spese del quirinale.

Ho la sensazione che napolitano continua a comportarsi da politico, ed in questo caso si perde nel teatrino politico lontano dalle cose concrete e dagli italiani...


Il presidente e le accuse ai partiti: «So che è scomodo ma intervengo» Napolitano: «Antipolitica pericolosa» Il capo dello Stato: l'informazione eviti il sensazionalismo

ROMA — Lo allarma il «danno» che procura un’informazione concentrata soltanto in «rappresentazioni unilaterali della realtà», ispirata magari «dall’idea che "le buone notizie non sono notizie"». E gli suscitano inquietudine «le ricadute che può avere la denuncia indiscriminata e magari approssimativa, non puntuale, sensazionalistica dello stesso mondo della politica e delle istituzioni». Nelle redazioni il vento sembra oggi soprattutto questo, a Giorgio Napolitano. E secondo lui è un vento «pericoloso», che rischia di portare a conseguenze preoccupanti. La più grave, sottintesa ma trasparente nel suo ragionamento, è di veder crescere la distanza tra l’Italia delle piazze dove vanno in scena i nuovi tribuni (come Beppe Grillo, comunque mai nominato) e l’Italia dei palazzi del potere, stretta d’assedio. Insomma: la febbre dell’antipolitica, accompagnata dal pericolo di una rapida degenerazione in patologia del corpo sociale, preoccupa molto il capo dello Stato. Tanto che chiede pubblicamente un impegno ai mass media e non si sottrae, subito dopo, a un breve botta e risposta di approfondimento.

Presidente, pure lei avanza il sospetto che giornali e tv abbiano un certo grado di responsabilità nell’alimentare i sentimenti di rifiuto della politica ormai dilaganti nel Paese. «In casi come questo i mass media dicono: "noi raccogliamo e riflettiamo la realtà". Il che è logico ma, dico io, la questione è "come" si raccoglie e si riflette questa realtà». Resta il fatto che, mentre si dibatte su quale sia la più corretta interpretazione del lavoro giornalistico, il clima diventa di giorno in giorno più pesante. «Già, e mi pare una situazione pericolosa». Lei lascia intendere anche che sarebbe «più comodo», per il Quirinale, non intervenire su questa materia... «Sì, sarebbe più conveniente, per me, cavalcare il fenomeno oppure estraniarmi da tutto. Ho scelto di non fare né l’una né l’altra cosa».
Napolitano è dunque consapevole di toccare «un argomento delicato» e anzi perfino «sospetto a seconda della collocazione personale o politica di chi l’affronta». Però non ci rinuncia, richiamando i giornalisti (e non soltanto loro) al dovere di «coniugare principio di realtà e principio di responsabilità», senza per questo «accettare censure o infliggersi autocensure». È importante tenere conto delle conseguenze «di quel che si scrive o si comunica»— aggiunge—specie quando «si informi, si indaghi, si denunci in materia di politica e di istituzioni ». C’è infatti «un interesse generale » da preservare sempre. Un valore superiore, diciamo così, che per lui di questi tempi coincide con «l’assillo del rafforzamento della vita democratica e delle istituzioni repubblicane». Il nodo del problema è tutto qui, per il presidente della Repubblica. Il quale riconosce che «il mondo politico merita ogni disvelamento e approfondimento critico».E tuttavia sollecita a fare questa sacrosanta opera di indagine permanente «con la misura adatta a suscitare partecipazione e volontà di riforma piuttosto che sterile negazione e, in definitiva, senso di impotenza ».

Altrimenti — ecco il retropensiero dell’appello — si producono spinte di sgangherato qualunquismo, la gente non crede più a nulla e ci si infila dritti in una crisi di sistema. Per dire tutto questo, biasimando con toni tra lo scherzoso e il serio «la troppa violenza al congiuntivo» e il «troppo gossip a scapito delle notizie», il capo dello Stato ha scelto la «Giornata dell’informazione». Un appuntamento organizzato riunendo al Quirinale oltre duecento fra promotori, giurie e vincitori di alcuni importanti premi giornalistici. Diversi dei quali assegnati alla memoria di reporter che hanno sacrificato la vita in aree di guerra (da Enzo Baldoni a Maria Grazia Cutuli), in zone di mafia (Giovanni Spampinato) e di camorra (Giancarlo Siani). A chiusura dell’incontro, Napolitano non manca di esprimere come altre volte esplicita solidarietà alla classe giornalistica. Che anche a lui sembra penalizzata dal «troppo precariato» e dall’ «umiliazione di un contratto che non c’è, quasi sospeso a tempo indeterminato».

ilcorrieredellasera

martedì, settembre 18, 2007

CEI: l'Italia è un Paese in crisi morale



Ha ragione da vendere il presidente della Cei, Angelo Bagnasco.
L'Italia vive una crisi profonda, è venuto meno il legame che unisce il cittadino allo Stato, legame che esiste solo se lo stato è capace di farsi promotore e garante del bene comune.

E' inoltre illusorio sperare in un improvviso quanto miracolistico rinsavimento morale, se al punto in cui ci troviamo non avviene una ricentratura profonda, da parte dei singoli soggetti e degli organismi sociali, sul senso e sulla ragione dello stare insieme come comunità di destini e di intenti.

Purtroppo gli italiani non sono assolutamente rappresentata, ne' tanto meno definita, dai fenomeni peggiori a cui tanta enfasi viene data dai massmedia.

Nonostante la malata società nella quale viviamo, la componente sana della società è ampiamente maggioritaria, nel silenzio dignitoso e in spirito di sacrificio, con ancoraggio alla fede cristiana o per ispirazione all'umanesimo.

Commento.
Secondo me, la CEI condanna senza appello lo stato repubblicano, la classe politica, i massmedia, che hanno plasmato una società lontana dai principi e valori ai quali l'uomo ha sempre creduto e dove è cresciuto.

Lo Stato, inteso come comunita' politica strutturata, ha solo il compito di registrare e regolamentare le spinte comportamentali che emergono dal corpo sociale.

A questo punto per avere una Vita e Società migliore è necessario che l'uomo, ancorato alla fede cristiana o all'umanesimo, definisca un nuovo stato, una nuova classe politica, una nuova società....

Insomma c'è bisogno di una rivoluzione.



Italia spaesata rischia la crisi morale, avverte Bagnasco (Cei)


CITTA' DEL VATICANO (Reuters) - Davanti a situazioni e comportamenti "criminali" senza soluzione, l'Italia rischia di diventare un paese "spaesato" se non si pone un argine alla deriva dei valori essenziali della convivenza.

E' l'appello che il presidente della Cei, monsignor Angelo Bagnasco, ha rivolto oggi al Consiglio episcopale permanente, con uno sguardo attento ai recenti episodi di cronaca, dal "dramma crescente" degli incendi boschivi, alla "clamorosa inclusione" della scelta di aborto tra i diritti umani riconosciuti, dal problema degli sfratti alla mondanità.

"Vi sono situazioni e comportamenti socialmente deplorevoli, anzi criminali, che non riescono a trovare soluzione: pensiamo, ad esempio, al dramma recente e crescente degli incendi boschivi provocati dall'uomo che in questa ultima estate hanno messo in ginocchio intere zone del Paese", ha ricordato Bagnasco nella sua prolusione.

"Alla luce di simili fatti, ma anche di altre tendenze comportamentali, sembra che diventi sempre più friabile il vincolo sociale e si prosciughi quel tipo di solidarietà su cui una comunità strutturata deve fare affidamento, se vuole essere un paese-non-spaesato".

Pur definendo "illusorio sperare in un improvviso quanto miracolistico rinsavimento morale", il presidente della Cei invita a ritrovare, anche grazie alla religione, "i valori essenziali per una convivenza".

Bagnasco tiene a precisare di non auspicare "uno stato etico", "che in realtà nessuno vuole", ma ricorda l'importanza di valori come quello della persona e della vita umana, della famiglia fondata sul matrimonio, della libertà dei genitori nell'educare i figli, "ai quali vale la pena dedicare la vita: barattarli, questi valori, significherebbe annichilire le sorgenti della vita stessa".

Il presidente della Conferenza episcopale guarda con preoccupazione a una società "afflitta da uno strano 'odio di sé' ... che fa del 'relativismo' il proprio 'credo'", citando ad esempio "l'atteggiamento di resa che contrassegna tanta prassi sociale, in cui a prevalere sono il divismo, il divertimento spinto ad oltranza, i passatempi solo apparentemente innocui, il disimpegno nichilista e abbrutente la persona".

Davanti a uno scenario così cupo, Bagnasco tratteggia una soluzione nella "componente sana della società" che definisce "maggioritaria" e che, ispirata ai valori del Vangelo, "nel silenzio dignitoso e in spirito di sacrificio" e che "vive i propri doveri, vive la realtà della famiglia e le varie relazioni, vive la sfida irripetibile della propria esistenza terrena con serietà, onestà e dedizione".

reuters

sabato, settembre 15, 2007

Re Umberto II




15 SETTEMBRE 1904: NASCE RE UMBERTO II

Umberto II, Re d’Italia

Nato a Racconigi il 15 settembre 1904
Sposato a Roma l’8 gennaio 1930
Luogotenente Generale del Re il 5 giugno 1944
Re d’Italia dal 9 maggio 1946 al 18 marzo 1983

mercoledì, settembre 12, 2007

Allarme energia in Italia


Rischio freddo e buio per l'inverno
Oltre l’autunno caldo, c'è anche l’inverno freddo.

Fulvio Conti, amministratore delegato di Enel, senza mezze parole ha detto che siamo ancora piu' fragili di due anni fa, rischiamo ancora di rimanere al freddo e al buio.

Certamente prima o poi in Italia ci sarà un black out, aumentano i consumi e contemporaneamente riduciamo gli stoccaggi, anche a causa di una errata interpretazione del Ministero dell'Ambiente, e non facciamo nulla per creare o trovare energia.

In breve ecco la situazione.
- Importiamo troppa energia dall’estero.
- Gli enti locali fanno i guastatori ogni volta che si decide di costruire una centrale a carbone o un impianto di rigassificazione.
- Non c’è diversificazione delle fonti
- Niente nucleare

E non solo c'è anche l'aspetto economico, perchè alla fine, il costo è del 25% in più rispetto alla media europea.
Inoltre Conti dice la mancanza di rigassificatori, impianti a carbone e centrali nucleari si puo' quantificare per l'Italia in un danno di 200 miliardi di euro, una cifra pari al 3% del Pil del nostro Paese.

La situazione è drammatica anche dal punto di vista politico perchè si sa benissimo che le forniture di gas che arrivano dagli altri paesi sono strumento di pressione politica.
L'Italia è un paese completamente nelle mani dei paesi che ci forniscono energia, dipendiamo da fonti energetiche estere, la repubblica ci ha resi schiavi.

Ultima chicca.
Bersani, ministro dello Sviluppo economico, invece di fare autocritica non trova di meglio che prendersela con gli italiani: Consumano troppo, dovranno limitarsi nell’uso di luce e gas.

Come continuo a sostenere nel mio blog, purtroppo noi italiani siamo nelle mani di un sistema incapace di svolgere il suo compito.

Basta repubblica delle banane !

Frascati, 15:25
ENERGIA: BERSANI, ITALIA E' ANCORA ABBASTANZA NEI GUAI

Dal punto di vista della sicurezza energetica l'Italia e' "ancora abbastanza nei guai". Lo ha sottolineato il ministro dello Sviluppo Economico, Pier Luigi Bersani, intervenendo al seminario organizzato dal gruppo parlamentare dell'Ulivo a Frascati. Il ministro ha spiegato che nell'affrontare il tema energia "l'accento deve essere posto sulla preoccupazione" e il pericolo "non va sottovalutato perche' con il crescere della domanda, non siamo riusciti a tenere il passo in questi anni con gli investimenti e la capacita' che non ci possono lasciare tranquilli". La ricetta, ha indicato Bersani, e' "realizzare infrastrutture, diversificare e approvvigionarsi con maggiori quantita'". Ma l'Italia, ha proseguito, deve fare i conti anche con un nuovo problema "che sta crescendo come una pianta rigogliosa: la resistenza localistica agli investimenti". Quest'ultimo, ha proseguito il ministro, "sta accelerando" generando atteggiamenti di tipo "corporativistico, localistico e familistico che si stanno rinvigorendo". Bersani ha pero' messo in chiaro che il Governo intende superare queste barriere, anche chiamando gli Enti locali a fare i conti con le proprie responsabilita': "Posto che ogni Regione deve dare un contributo minimo per la sicurezza del sistema, e posto che ci siano delle inadempienze, e' ora che cominciamo a far sentire il costo delle inadempienze. Con meccanismi di incentivazione per superare la pigrizia e anche rompendo qualche noce".

larepubblica