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domenica, settembre 08, 2013

Armistizio 8 settembre 1943

Re Vittorio Emanuele III trasferisce lo Stato da Roma a Brindisi e salva l'Italia. 

8 settembre 1943

Con un minimo di correttezza intellettuale e storica si dovrebbe capire che la vulgata imposta da comunisti e repubblicani sugli eventi che seguirono l'8 settembre del 43 - "la cosiddetta fuga del Re" - è solo un'interpretazione storiografica di parte e non un fatto oggettivo.

Il Re, in qualità di Capo dello Stato, aveva il dovere di evitare che l’Italia cadesse in balia dei tedeschi o degli angloamericani che avrebbero creato un governo fantoccio ai propri ordini.
Per riuscire in questo intento era necessario dare continuità alle istituzioni Italiane legittime, e evitare la cattura da parte dei nazisti rimanendo però in Italia.

Non potendo difendere Roma, dichiarato "città aperta", la Puglia erano la zona italiana che offriva questa possibilità, e con il trasferimento a Brindisi, di fatto il Re e il Governo italiani riuscirono a rimanere gli unici interlocutori legittimi per gli anglo-americani e impedirono che l’Italia venisse smembrata.

Regno del Sud (Brindisi)
Anche l’accusa rivolta a Vittorio Emanuele III di aver lasciato l’esercito senza ordini alla data dell’armistizio non ha senso, e le cose andarono diversamente.
Intanto in ogni Monarchia (o in ogni Repubblica non presidenziale) il Capo dello Stato, pur essendo nominalmente capo delle forze armate, non interviene direttamente nell’azione di comando, ma è il Governo che prende le decisioni finali, dopo aver ascoltato il comando delle forze armate sempre affidato alle persone più tecnicamente preparate.
Quindi il Re non poteva avere alcuna responsabilità e se ci fossero state delle colpe queste erano di Badoglio e dei Generali.

Ma non solo perché gli ordini c'erano ed erano anche chiari.
Fu solo la propaganda anti-monarchica che affermò il contrario, contribuendo tra l’altro a coprire chi aveva preferito non compiere il proprio dovere.

Dopo la proclamazione dell’armistizio si sapeva bene che i tedeschi avrebbero subito aggredito l’Italia.
Inoltre, tenendo conto del patto d’alleanza stipulato il 22 Maggio 1939, l’Italia non poteva attaccare i tedeschi per il solo fatto di aver chiesto un armistizio agli angloamericani, ma si poteva ordinare di attaccare i tedeschi solo se fossero stati i tedeschi ad attaccare per primi gli italiani.

Ecco il significato della frase chiave di quel proclama: “le forze armate Italiane reagiranno ad attacchi di qualunque altra provenienza”.
Un significato ben chiaro a chiunque, dal Generale al più piccolo soldato. D’altra parte, quale avrebbe potuto essere questa “altra provenienza”, se non quella tedesca ?

La vulgata storica imposta dal regime repubblicano sugli eventi del'8 settembre del 43 è chiara, molti partiti, che erano per la repubblica, approfittarono del clima di confusione, peraltro inevitabile, di quel momento per sbarazzarsi del Re e della Monarchia.

Questa propaganda anti-monarchica era importante per convincere molti italiani a votare a favore della repubblica nel referendum istituzionale.
Se non ci fosse stata questa feroce propaganda contro il Re, colpevole di essere scappato da Roma, la monarchia avrebbe stravinto nel referendum istituzionale e l'Italia sarebbe rimasta ad essere un Regno invece di diventare una piccola repubblica.
Ho usato il termine stravinto, in quanto nonostante il clima ostile nei confronti della Corona voluto da comunisti, repubblichini e dai vertici della democrazia cristiana, la maggioranza degli italiani votarono per la Monarchia.
La repubblica vinse il referendum solo con i brogli e non fu mai proclamata!

Quindi Re Vittorio Emanuele III trasferendo lo Stato da Roma a Brindisi salvò l'Italia.
La sua scelta fu opportuna per salvare l'istituzione monarchica e garantire una continuità di governo al Paese, di fronte al rischio che i tedeschi, diventati improvvisamente padroni assoluti dell'Italia, avrebbero cancellata addirittura dalle carte geografiche.

In fine segnalo alcuni pareri insospettabili di favoritismo monarchico.

- Sergio Romano (Corriere della Sera, 23-06-06):
debbo chiedermi cosa sarebbe successo se il Re fosse rimasto nella capitale e fosse caduto, com'era probabile, nelle mani dei tedeschi. Vi sarebbero state nei mesi seguenti un'Italia fascista governata da Mussolini e un'Italia occupata dagli alleati, priva di qualsiasi governo nazionale.
La fuga, fra tante sventure, ebbe almeno l'effetto di conservare allo Stato un territorio su cui sventolava la bandiera nazionale. Non è poco.

- Carlo Azeglio Ciampi, allora Presidente della Repubblica:
il Re ha salvato la continuità dello stato (il governo italiano colmò l'incombente vuoto istituzionale, imponendosi agli alleati quale unico interlocutore legittimo).

- Lucio Villari (Corriere della Sera, 09-08-2001):
Sono, in proposito, assolutamente convinto che fu la salvezza dell'Italia che il Re, il governo e parte dello stato maggiore abbiano evitato di essere afferrati dalla gendarmeria tedesca e che il trasferimento (il termine "fuga" è, com'è noto, di matrice fascista e riscosse e riscuote però grande successo a sinistra) a Brindisi gettò, con il Regno del Sud, il primo seme dello stato democratico e antifascista ed evitò la terra bruciata prevista, come avverrà in Germania, dagli alleati.