Infatti all'interno di una repubblica dittatoriale è molto difficile che possano avvenire delle dimostrazioni popolari spontanee.
Inoltre il presidente della repubblica libica ha affermato che sono possibili altri attacchi se il governo di Roma si rifiuterà di indennizzare il popolo libico.
Questa affermazione rafforza l'idea che le dimostrazioni anti-italia siano volute e controllate dal regime repubblicano libico.
Cosa fa la repubblica italiana?
Come pensa di risolvere il problema?
Come difende i nostri interessi?
Ricordiamo che Idris I, re della Libia venne deposto nel 1969 da un colpo di stato incruento che portò al potere il colonnello Gheddafi.
Il suo regno fu caratterizzato da una politica apertamente filo-occidentale, che allentò il legame con i paesi arabi.
Ah se in Libia, invece di una repubblica, ci fosse un regno!
''A Bengasi volevano uccidere il console Pirrello''
Libia, Gheddafi: ''Italia ci riscarcisca altrimenti possibili altri attacchi''
Il leader libico: ''Non escludo altri attacchi se il governo di Roma si rifiuterà di indennizzare il popolo libico''
Tripoli, 2 mar. (Ign) - ''Volevano uccidere il console italiano, Franco Maria Pirrello''. Era questo l'obiettivo dell'assalto al consolato italiano di Bengasi dello scorso 17 febbraio, durante il quale sono morte 14 persone. A dirlo è il leader Moammar Gheddafi, in un discorso trasmesso in diretta dalla televisione libica.
Il colonnello libico, però, non si ferma qui. Senza perifrasi, Gheddafi minaccia l'Italia se Tripoli non sarà risarcita per quanto commesso dal regime coloniale italiano. ''Non escludo altri attacchi se il governo di Roma si rifiuterà di indennizzare il popolo libico per quanto commesso dal regime coloniale italiano in Libia''.
Intanto oggi è stato un giorno di amnistia nel paese del colonnello Gheddafi.. Il governo ha ordinato il rilascio di 130 prigionieri politici detenuti in una prigione di Tripoli, 85 dei quali appartenenti al partito fuorilegge della Fratellanza musulmana e che, secondo gli osservatori, sarebbe stato dietro le violenze contro il consolato italiano di Bengasi. Alcuni movimenti per la difesa dei diritti umani avevavano richiesto il rilascio degli attivisti della Fratellanza musulmana fin da quando, negli anni '90, erano stati arrestati a causa del loro sostegno al partito politico. Da cinque mesi gli 85 detenuti si erano appellati alla Corte suprema contro la sentenza di colpevolezza. Molti di loro erano professionisti e studenti al momento dell'arresto ed erano stati inizialmente processati da una Corte popolare, poi abolita l'anno scorso.
IGN