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mercoledì, gennaio 27, 2016

Giorno della Memoria - Mafalda

Nel Giorno della Memoria ricordiamo la Principessa Mafalda di Savoia, morta nel campo di Buchenwald

27 gennaio

Oggi nella "Giornata della Memoria" si deve ricordare che tra i deportati c'era anche la Principessa Mafalda di Savoia,che morì nel campo di sterminio di Buchenwald.

Mafalda, secondogenita del Re d'Italia Vittorio Emanuele III e della regina Elena, si sposò a Racconigi (23 settembre 1925) con il langravio Filippo d'Assia.


Su ordine di Hitler, con un tranello i tedeschi arrestarono Mafalda, e la deportarono nel lager di Buchenwald.

Nell'agosto del 1944 la baracca in cui era prigioniera la principessa Mafalda, sotto il falso nome di Frau von Weber, fu distrutta da un bombardamento degli anglo-americani.
La principessa riportò gravi ustioni e contusioni varie su tutto il corpo, ricoverata nell'infermeria del lager ma senza cure le sue condizioni peggiorarono. Dopo 4 giorni di tormenti, a causa delle piaghe insorse la cancrena e le fu amputato un braccio. Mafalda abbandonata e privata di ulteriori cure, muore dissanguata nella notte del 28 agosto 1944.

La principessa Mafalda riposa nel cimitero degli Assia, nel castello di Kronberg im Taunus vicino a Francoforte sul Meno.

mercoledì, novembre 18, 2015

Ricordo di Mafalda di Savoia

Ricordo della nascita della principessa Mafalda di Savoia

19  novembre 1902

Mafalda di Savoia, secondogenita di Re Vittorio Emanuele III e della Regina Elena, nacque a Roma, il 19 novembre 1902 e morì tragicamente nel campo di concentramento di Buchenwald, il 27 agosto 1944.

Mafalda si sposò a Racconigi il 23 settembre 1925 con il nobile prussiano, Landgrave Philipp von Hesse.

Con un tranello Hitler riuscì ad arrestarla, e fu deportata al lager di Buchenwald, dove venne rinchiusa nella baracca n. 15 sotto falso nome (frau von Weber).
Durante la permanenza nel lager ebbe parole di conforto per tutti e spesso regalava il suo misero pasto ad altri internati più bisognosi di lei. Morì il 27 agosto 1944, dopo inaudite sofferenze. Il suo corpo, grazie al prete boemo del campo, padre Tyl, non venne cremato, ma messo in una bara di legno e seppellito in una fossa senza nome. Solo un numero: 262 eine enberkannte fraue (donna sconosciuta).
In seguito alcuni italiani come lei rinchiusi in campi di concentramento nazisti, seppero trovare la sua tomba anonima e si tassarono fra loro per apporvi la lapide che l’identificava.

Le ultime parole della Principessa, prima di andare in coma, furono: "Italiani io muoio, ricordatemi non come una principessa ma come una sorella italiana."

La principessa Mafalda riposa ora nel piccolo cimitero degli Assia nel castello di Kronberg in Taunus (Francoforte sul Meno).

domenica, novembre 08, 2015

Muro di Berlino e la repubblica italiana

La caduta del Muro di Berlino è l'evento epocale che anticipò il crollo del comunismo e la fine della divisione dell'Europa.

9 novembre 2015


Per celebrare la caduta del muro di Berlino, il Parlamento italiano, con la legge 61 del 15 aprile 2005, aveva istituito il "Giorno della Libertà".

Purtroppo però in Italia questa celebrazione crea fastidio ed imbarazzo, e i mass media e i governi non prendono iniziative adeguate per commemorarlo.

Perché questo imbarazzo da parte delle istituzioni repubblicane?
Il motivo è che la costituzione repubblicana è stata scritta anche dai comunisti italiani e quindi la repubblica si sente in imbarazzo quando si parla degli orrori compiuti dai comunisti.

Come si può infatti considerare davvero democratica la repubblica italiana se si fonda anche sulla ideologia del comunismo, che invece è l'opposto della Libertà, festeggia dalla ricorrenza del muro di Berlino creata dai comunisti?

Insomma affinché anche in Italia si possa festeggiare davvero la caduta dei Berlino, è necessario che ci sia una nuova Costituzione e un capo di stato non più legato alla politica e idiologie .  Un Re!!

domenica, settembre 20, 2015

XX settembre 1870

La presa di Roma, (breccia di porta Pia), fu l'episodio del Risorgimento che sancì l'annessione di Roma al Regno d'Italia.

Nasceva l'Italia Unita, Laica e liberale 

W il Regno d'Italia!

20 settembre 1870

Ricordo questa storica data che permise la nascita dell'Italia Unita, laica e liberale, voluta da Vittorio Emanuele II e Cavour.

Non si deve dimenticare che lo Stato Italiano è un paese laico grazie alla Monarchia ed ai Savoia!
La laicità dello Stato si realizzò durante il Risorgimento.

Le truppe del Regno d'Italia entrano in Roma attraverso la Breccia di Porta Pia.
La presa di Roma comportò l'annessione di Roma al Regno d'Italia, e decretò la fine dello Stato Pontificio e del potere temporale dei Papi.

L'anno successivo la capitale d'Italia fu trasferita da Firenze a Roma (legge 3 febbraio 1871, n. 33).

Il desiderio di porre Roma, città eterna, a capitale del Regno d’Italia, era già stato esplicitato in forma determinata da Cavour, in uno storico discorso al Parlamento italiano dell’11 ottobre 1860, a Torino.
"La nostra stella, o Signori, ve lo dichiaro apertamente, è di fare che la città eterna, sulla quale 25 secoli hanno accumulato ogni genere di gloria, diventi la splendida capitale del Regno italico."


martedì, settembre 08, 2015

Armistizio 8 settembre 1943

Dopo l'armistizio dell'8 settembre il Re Vittorio Emanuele III, per evitare che l’Italia cadesse in balia dei tedeschi / angloamericani e per assicurare la continuità alle istituzioni italiane legittime, trasferisce lo Stato da Roma a Brindisi e salva l'Italia! 

8 settembre 1943

La Puglia era una zona sempre italiana e libera dai tedeschi e quindi con il "trasferimento a Brindisi" il Re e il Governo italiano riuscirono a rimanere gli unici interlocutori legittimi per gli anglo-americani e impedirono che l’Italia venisse smembrata.

Un aspetto molto importante è che questo trasferimento più tardi permise all'Italia di sottoscrivere un trattato di pace che, per quanto severo e doloroso, permise di salvare il riconoscimento dell’Italia come nazione, a differenza di quanto accadde a Germania e Giappone (la prima divisa in due e controllata delle forze militari alleate, il secondo controllato dagli USA fino al 1952)


La cosiddetta "fuga del Re" è una falsa interpretazione storiografica imposta da chi vuole screditare la Monarchia.

Per quanto riguarda l’accusa rivolta a Vittorio Emanuele III di aver lasciato l’esercito senza ordini alla data dell’armistizio, oltre che essere sbagliata, si deve tener conto che furono proprio i nazisti e fascisti a sostenere questa accusa.
Gli ordini c'erano ed erano chiari. Fu la propaganda anti-monarchica che affermò il contrario, contribuendo tra l’altro a coprire chi non aveva compiuto il proprio dovere.

Inoltre in una Monarchia Costituzionale il Re, pur essendo nominalmente capo delle forze armate, non interviene direttamente nell’azione di comando, ma è il Governo che prende le decisioni finali, dopo aver ascoltato il comando delle forze armate sempre affidato alle persone più tecnicamente preparate.
Quindi il Re non poteva avere alcuna responsabilità e se ci fossero state delle colpe queste erano di Badoglio e dei Generali.

Dopo la proclamazione dell’armistizio si sapeva bene che i tedeschi avrebbero subito aggredito l’Italia.
Per il patto d’alleanza stipulato il 22 Maggio 1939, l’Italia non poteva attaccare i tedeschi per il solo fatto di aver chiesto un armistizio agli angloamericani, ma si poteva ordinare di attaccare i tedeschi solo se fossero stati i tedeschi ad attaccare per primi gli italiani.
Ecco il significato della frase chiave di quel proclama: “le forze armate Italiane reagiranno ad attacchi di qualunque altra provenienza”. Un significato ben chiaro a chiunque, dal Generale al più piccolo soldato.

La storia imposta dal regime repubblicano sugli eventi del'8 settembre è chiara: molti partiti, che erano per la repubblica, approfittarono del clima di confusione, peraltro inevitabile, di quel momento per sbarazzarsi del Re e della Monarchia. 
Questa propaganda anti-monarchica serviva per convincere molti italiani a votare per la repubblica nel referendum istituzionale.
Se non ci fosse stata questa feroce propaganda contro il Re, colpevole di essere scappato da Roma, la monarchia avrebbe stravinto nel referendum istituzionale e l'Italia sarebbe rimasta un Regno.

Insomma Re Vittorio Emanuele III trasferendo lo Stato da Roma a Brindisi salvò l'Italia, ed ecco alcuni pareri insospettabili di favoritismo monarchico.

- Sergio Romano (Corriere della Sera, 23-06-06): debbo chiedermi cosa sarebbe successo se il Re fosse rimasto nella capitale e fosse caduto, com'era probabile, nelle mani dei tedeschi. Vi sarebbero state nei mesi seguenti un'Italia fascista governata da Mussolini e un'Italia occupata dagli alleati, priva di qualsiasi governo nazionale. La fuga, fra tante sventure, ebbe almeno l'effetto di conservare allo Stato un territorio su cui sventolava la bandiera nazionale. Non è poco.

- Carlo Azeglio Ciampi, allora Presidente della Repubblica: il Re ha salvato la continuità dello stato (il governo italiano colmò l'incombente vuoto istituzionale, imponendosi agli alleati quale unico interlocutore legittimo).

- Lucio Villari (Corriere della Sera, 09-08-2001): Sono, in proposito, assolutamente convinto che fu la salvezza dell'Italia che il Re, il governo e parte dello stato maggiore abbiano evitato di essere afferrati dalla gendarmeria tedesca e che il trasferimento (il termine "fuga" è, com'è noto, di matrice fascista e riscosse e riscuote però grande successo a sinistra) a Brindisi gettò, con il Regno del Sud, il primo seme dello stato democratico e antifascista ed evitò la terra bruciata prevista, come avverrà in Germania, dagli alleati.

Infine non è vero che a Roma non rimase neanche un membro di Casa Savoia Ecco cosa disse in una delle sue memorie il colonnello delle SS Eugen Dollmann: La famiglia reale e Badoglio nel frattempo erano partiti, con somma delusione del cosiddetto gruppo estremista del quartier generale di Kesselring […] Ma non trovarono che il genero del Re, il generale Calvi di Bergolo, il cui sacrificio morale ha un valore che gl'italiani non dovrebbero dimenticare. […] 

Secondo il maresciallo ed i suoi più intimi collaboratori, la monarchia aveva salvato l'unità d'Italia abbandonando Roma, e salvato Roma lasciandovi un membro di casa Savoia.
Giorgio Carlo Calvi di Bergolo era il marito della principessa Iolanda di Savoia.

martedì, marzo 17, 2015

17 Marzo nasce il Regno d'Italia

154° Anniversario della Proclamazione del Regno d'Italia e dell'Unità d'Italia.

17 marzo 2015

Il 17 marzo 1861 è la Proclamazione del Regno d'Italia.

Il 17 marzo 1861 nacque il Regno d'Italia - Stato indipendente ed unitario - sotto la Dinastia di Casa Savoia.

La Vera Festa dell'Italia!!



Il 17 marzo 1861, il primo atto del nuovo Parlamento Italiano fu la proclamazione del Regno d'Italia, con capitale a Torino.

In seguito alla votazione unanime del Parlamento, Re Vittorio Emanuele II assunse per sè ed i suoi discendenti il titolo di "Re d'Italia, per grazia di Dio e volontà della nazione".

martedì, gennaio 27, 2015

Giorno della Memoria - Mafalda

Nel Giorno della Memoria ricordiamo la Principessa Mafalda di Savoia, morta nel campo di Buchenwald

27 gennaio 2015

Oggi è la "Giornata della Memoria", ma se è doveroso ricordare la Shoah, non si può dimenticare che tra i deportati c'era anche la Principessa Mafalda di Savoia, che appunto morì nel campo di sterminio di Buchenwald.

Mafalda, secondogenita del Re d'Italia Vittorio Emanuele III e della regina Elena, si sposò a Racconigi (23 settembre 1925) con il langravio Filippo d'Assia.


Su ordine di Hitler, con un tranello i tedeschi arrestarono Mafalda, e la deportarono nel Lager di Buchenwald, dove venne rinchiusa nella baracca n. 15 sotto il falso nome di Frau von Weber.

Nell'agosto del 1944 la baracca in cui era prigioniera la principessa fu distrutta da un bombardamento degli anglo-americani. La principessa riportò gravi ustioni e contusioni varie su tutto il corpo, ricoverata nell'infermeria del lager ma senza cure le sue condizioni peggiorarono.
Dopo 4 giorni di tormenti, a causa delle piaghe insorse la cancrena e le fu amputato un braccio. Mafalda abbandonata e privata di ulteriori cure, muore dissanguata nella notte del 28 agosto 1944.

La principessa Mafalda riposa nel cimitero degli Assia, nel castello di Kronberg im Taunus vicino a Francoforte sul Meno.

mercoledì, gennaio 21, 2015

La morte di Luigi XVI di Francia

222 anni fa Luigi XVI di Francia fu ucciso dai repubblicani

21 gennaio 1793

Luigi XVI Re di Francia, Re Cattolico e Martire, fu decapitato dai terroristi rivoluzionari, il 21 gennaio 1793 in Piazza della Rivoluzione, l'attuale Place de la Concorde.

Ricordiamo quello che disse il Re ai francesi prima di essere ucciso:
"Muoio innocente di tutti i crimini che mi sono imputati. Perdono i responsabili della mia morte e prego Dio che il sangue che state per versare non ricada mai sulla Francia".

Una volta abolita la Monarchia, la figura del Re era imbarazzante per i rivoluzionari e quindi la Rivoluzione aveva necessità di liberarsi di lui.
Lo Stato d'animo dell'iniquo processo al Re Luigi XVI è ben espresso dalla frase di Saint Just: "Non vogliamo giudicare il Re, vogliamo ammazzarlo".

In seguito Papa Pio VI lo elevò a martire (Enciclica Quare lacrymae).
Il Papa Pio VI, nell'allocuzione al Concistoro, considerò la morte di Luigi XVI come un vero martirio, poiché la sua morte fu una conseguenza del furore satanico e anti-cattolico della Rivoluzione.

L'uccisione del Re di Francia ci ricorda le atrocità compiute dai rivoluzionari e ci insegna quanto siano violente e sanguinose le origine della repubblica francese. (Vandea)
La brutale morte di Re Luigi XVI è stato l'inizio del perverso percorso della Storia che ci ha portato verso la decadenza nella quale viviamo adesso, una società che spesso va contro la Natura e l'Uomo.

La Rivoluzione francese è il primo radicale tentativo di costruire una "nuova società" dove i capisaldi sono l'odio verso la religione cattolica e la Monarchia, l’annientamento del passato, e il culto della dea ragione, fino ad imporre uno Stato capace di totalizzare la società.
Il "mito della repubblica" ci spinge verso uno stato "totalitario" che pretende di essere l'unica forma di stato in grado di garantire "la felicità degli uomini sulla terra" (cfr. "Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e del cittadino")

La rivoluzione francese, è il primo esempio di repubblica totalizzante, che giustifica l'uccisione, che si autoproclama portatrice di felicità, dove la libertà degli uomini si risolve in mera applicazione della repubblica.

Ci sono forte analogie della rivoluzione francese con il comunismo di stampo sovietico. Ambedue hanno portato ad uno stato totalitario che controlla il popolo con il terrore, uccise le famiglie regnanti, attacchi contro la religione, utilizzo della violenza per purgare la società, ... dalla ghigliottina al Gulag.
D'altronde Lenin considerava il bolscevico come il perfetto giacobino : «La ghigliottina non era che uno spauracchio che spezzava la resistenza attiva. Questo non basta. Noi non dobbiamo solo spaventare i capitalisti, cioè far loro dimenticare l’idea di una resistenza attiva contro di esso. Noi dobbiamo spezzare anche la loro resistenza passiva».

Infine ricordo cose dissero alcuni intellettuali.
Per Balzac : "il giorno in cui abbiamo tagliato la testa del re è come se avessimo tagliato la testa di tutti i padri di famiglia".
Raymond Poincaré :"la morte di Luigi XVI è stato un suicidio collettivo".

VIDEO

sabato, ottobre 18, 2014

Eugenio di Savoia

Ricordo del Principe Eugenio di Savoia, uno dei più grandi strateghi militari di tutti i tempi.

18 ottobre 1663

Il Principe Eugenio di Savoia nacque a Parigi, il 18 ottobre 1663, e morì a Vienna, il 21 aprile 1736

Eugenio, principe di Savoia-Carignano e conte di Soissons, militò giovanissimo al servizio degli Asburgo ed intraprese la carriera militare divenendo presto comandante dell'esercito imperiale.

Conosciuto anche come il "Gran Capitano", combatté numerose battaglie, l'ultima a 72 anni.

Fu uno dei migliori strateghi del suo tempo e con le sue vittorie e la sua opera di politico assicurò agli Asburgo e all'Austria la possibilità di imporsi in Italia e nell'Europa centrale e orientale.

Nel 1706 guidò le truppe che liberarono Torino dall'assedio francese ed in seguito al successo fu nominato dall'Imperatore governatore del ducato di Milano. Poi fu governatore dei Paesi Bassi.
Eugenio era un amante delle arti e della lettura e la sua collezione di 15.000 volumi è tuttora conservata all'Hofburg.

La sua residenza ufficiale e il famoso Palazzo del Belvedere, una magnifica costruzione, connubio tra barocco italiano e mitteleuropeo, dove lui riceveva visite diplomatiche e manteneva rapporti epistolari con generali e regnanti di molti stati europei.

Il suo corpo fu tumulato nella cattedrale viennese di Santo Stefano, ed il cuore, per volere dei Savoia, nella cripta della Basilica di Superga.

mercoledì, ottobre 15, 2014

Regina Maria Antonietta

La "repubblica del Terrore" uccide la Regina Maria Antonietta

16 ottobre 1973

La rivoluzione francese è il germe della instabilità patologica delle repubbliche, del declino della società moderna e atto fondatore del moderno totalitarismo

Regina Maria Antonietta di Francia nacque a Vienna il 2 novembre 1755, fu processata dal Tribunale Rivoluzionario il 14 ottobre 1793 ed uccisa a Parigi il 16 ottobre 1793.

Re Luigi XVI fu processato e giustiziato il 21 gennaio del 1793. Le sue ultime parole furono: “Muoio innocente di tutti i crimini di cui mi accusano; perdono coloro che hanno causato la mia morte e spero che il mio sangue non debba mai ricadere sulla Francia”.

Il processo di Maria Antonietta è memorabile per le calunnie e le falsità recitate.
La Regina fu addirittura accusata di aver abusato sessualmente del proprio figlio, persino Robespierre andò su tutte le furie quando lo seppe.

La Regina Maria Antonietta ebbe diverse opportunità di fuggire, ma si rifiutò di farlo senza la sua famiglia, e soffrì di fame, malattie e abbandono.

L'esito del processo era già stato deciso dal Comitato di Salute Pubblico e la regina fu dichiarata colpevole di tradimento nel primo mattino del 16 ottobre, dopo due giorni di lavori.
Tornata nella sua cella, compose una lettera consegnata alla sua cognata Madame Elisabetta, nella quale afferma la sua coscienza, la sua fede cattolica e i suoi sentimenti per i suoi figli.

Il 16 ottobre 1793 con le mani legate dietro la schiena, attraversa le strade di Parigi su un carretta, sale i gradini che portano alla ghigliottina. Giunta sulla fatidica Place de la Révolution (oggi de la Concorde), rifiutò di farsi aiutare a scendere dal carro e salì i gradini con coraggio e serenità.
Giunta al patibolo inavvertitamente calpesta il piede del boia: "Mi scusi," disse, cortesemente.
Si inginocchia per un istante e pronuncia una preghiera a metà udibile, poi alzandosi e guardando verso le torri del Tempio, "Saluto, ancora una volta, i miei figli", dice. "Vado a ricongiungermi con vostro padre."

Il boia Sanson afferra la testa della regina per i capelli per brandirla alla folla gridando:"Viva la repubblica". ..
Improvvisamente, nessuno più urla, basta insulti. Allo spettacolo pietoso la folla in silenzio si disperde in fretta....
Il corpo regale, una volta famoso per la bellezza e lo splendore, viene buttato sul prato del cimitero della Madeleine, con la testa tra le gambe, e sepolta più tardi.

In questa vicenda la Regina Maria Antonietta dimostra le sue insospettate forza d'animo, fierezza, coraggio e lealtà.
Al contrario, i giacobini "democratici.. !?" che la uccisero in nome della umanità e dei "diritti dell'uomo", hanno dimostrato la loro meschinità, malafede e cattiveria.




giovedì, ottobre 02, 2014

Carlo Alberto di Savoia

Nascita di Carlo Alberto di Savoia

2 ottobre

Carlo Alberto di Savoia - Carignano nasce a Torino, il 2 ottobre 1798 e muore ad Oporto, il 28 luglio 1849. Fu Re di Sardegna e Principe di Piemonte dal 27 aprile 1831 al 23 marzo 1849.

Durante l'occupazione napoleonica vive a Parigi dove acquisisce un’educazione liberale e torna a Torino nel 1814 quando il trono di Vittorio Emanuele I fu restaurato.

Carlo Alberto sposa a Firenze, il 30 settembre 1817, Maria Teresa d'Asburgo-Toscana, figlia di Ferdinando III di Asburgo-Lorena, dalla quale ha 3 figli, il futuro Vittorio Emanuele II (Primo Re d'Italia), Ferdinando, duca di Genova, padre della futura Regina Margherita, Maria Cristina.

Carlo Alberto
Carlo Alberto diventa Re di Sardegna il 27 aprile 1831 alla morte del cugino Carlo Felice, morto senza eredi. Da quel momento il trono passa ai Carignano e si estingue la linea diretta dei Savoia.

Il suo nome è legato indelebilmente allo Statuto fondamentale della Monarchia di Savoia, noto come Statuto Albertino, promulgato il 4 marzo 1848, la carta costituzionale che rimarrà in vigore (prima nel Regno di Sardegna e poi nel Regno d’Italia) fino al 1947.
Il 23 marzo 1848 adotta il Tricolore italiano quale bandiera del Regno.

Guida le forze durante la prima guerra di indipendenza contro l’Austria, e dopo la sconfitto a Custoza (25/7/48) e a Novara (23/3/49), abdica in favore del figlio Vittorio Emanuele II.

Dopo l’abdicazione, muore esule  nella città portoghese di Oporto il 28 luglio 1849, e la sua salma riposa nella cripta della Basilica di Superga a Torino.

Il suo tentativo di liberare l’Italia settentrionale dall’Austria è il primo sforzo dei Savoia di mutare gli equilibri della penisola dettati dal Congresso di Vienna.
L’opera sarà ripresa con successo dal figlio Vittorio Emanuele II che realizza il compimento dell'unificazione italiana e diventa il primo Re d’Italia con l'appellativo di Padre della Patria.



sabato, settembre 20, 2014

XX settembre 1870

La presa di Roma, nota come breccia di porta Pia, fu l'episodio del Risorgimento che sancì l'annessione di Roma al Regno d'Italia, e nasceva l'Italia Unita, Laica e liberale

W il Regno d'Italia!

20 settembre 1870

Visto che il regime repubblicano oscura tutto ciò che ha fatto la Monarchia Italiana per il ben del nostro Paese, è d'obbligo ricordare questa storica data, che permise la nascita dell'Italia Unita, laica e liberale, voluta da Vittorio Emanuele e Cavour.


Le truppe del Regno d'Italia entrano in Roma attraverso la Breccia di Porta Pia, sancendo così l'unificazione del paese.
La presa di Roma comportò l'annessione di Roma al Regno d'Italia, e decretò la fine dello Stato Pontificio e del potere temporale dei Papi.

L'anno successivo la capitale d'Italia fu trasferita da Firenze a Roma (legge 3 febbraio 1871, n. 33).
Il desiderio di porre Roma, città eterna, a capitale del Regno d’Italia, era già stato esplicitato in forma determinata da Cavour, in uno storico discorso al Parlamento italiano dell’ 11 ottobre 1860, a Torino.

"La nostra stella, o Signori, ve lo dichiaro apertamente, è di fare che la città eterna, sulla quale 25 secoli hanno accumulato ogni genere di gloria, diventi la splendida capitale del Regno italico."



domenica, settembre 07, 2014

Armistizio 8 settembre 1943

Re Vittorio Emanuele III trasferisce lo Stato da Roma a Brindisi e salva l'Italia! 

La cosiddetta "fuga del Re" è una falsa interpretazione storiografica imposta da chi vuole screditare la Monarchia.

8 settembre 1943

In seguito all'armistizio dell'8 settembre il Re Vittorio Emanuele III aveva l'obbligo di evitare che l’Italia cadesse in balia dei tedeschi o degli angloamericani - che avrebbero creato un governo fantoccio ai propri ordini - e per dare continuità alle istituzioni Italiane legittime, decise di trasferire lo Stato da Roma a Brindisi.

Non potendo difendere Roma - dichiarata "città aperta" - e dove il Re sarebbe stato catturato dai nazisti, la Puglia offriva la possibilità di trasferire lo Stato in una zona sempre italiana e libera, e con il "trasferimento a Brindisi" il Re e il Governo italiano riuscirono a rimanere gli unici interlocutori legittimi per gli anglo-americani e impedirono che l’Italia venisse smembrata.

Questo trasferimento più tardi permise al nostro Paese di sottoscrivere un trattato di pace che, per quanto severo e doloroso, salvò il riconoscimento dell’Italia come nazione, a differenza di quanto accadde a Germania e Giappone (la prima divisa in due e controllata delle forze militari alleate, il secondo controllato dagli USA fino al 1952)

Anche l’accusa rivolta a Vittorio Emanuele III di aver lasciato l’esercito senza ordini alla data dell’armistizio è sbagliata e di parte, furono proprio i nazisti e fascisti a sostenere questa accusa.

Vittorio Emanuele III a Brindisi
Intanto in una Monarchia Costituzionale il Re, pur essendo nominalmente capo delle forze armate, non interviene direttamente nell’azione di comando, ma è il Governo che prende le decisioni finali, dopo aver ascoltato il comando delle forze armate sempre affidato alle persone più tecnicamente preparate.
Quindi il Re non poteva avere alcuna responsabilità e se ci fossero state delle colpe queste erano di Badoglio e dei Generali.

Ma non solo perché gli ordini c'erano ed erano chiari. Fu solo la propaganda anti-monarchica che affermò il contrario, contribuendo tra l’altro a coprire chi non aveva compiuto il proprio dovere.

Dopo la proclamazione dell’armistizio si sapeva bene che i tedeschi avrebbero subito aggredito l’Italia.
Inoltre, tenendo conto del patto d’alleanza stipulato il 22 Maggio 1939, l’Italia non poteva attaccare i tedeschi per il solo fatto di aver chiesto un armistizio agli angloamericani, ma si poteva ordinare di attaccare i tedeschi solo se fossero stati i tedeschi ad attaccare per primi gli italiani.
Ecco il significato della frase chiave di quel proclama: “le forze armate Italiane reagiranno ad attacchi di qualunque altra provenienza”.
Un significato ben chiaro a chiunque, dal Generale al più piccolo soldato.

La storia imposta dal regime repubblicano sugli eventi del'8 settembre è chiara: molti partiti, che erano per la repubblica, approfittarono del clima di confusione, peraltro inevitabile, di quel momento per sbarazzarsi del Re e della Monarchia.

Questa propaganda anti-monarchica serviva per convincere molti italiani a votare per la repubblica nel referendum istituzionale.
Se non ci fosse stata questa feroce propaganda contro il Re, colpevole di essere scappato da Roma, la monarchia avrebbe stravinto nel referendum istituzionale e l'Italia sarebbe rimasta un Regno.

Nonostante il clima ostile nei confronti della Corona - voluto da comunisti, repubblichini e dai vertici della democrazia cristiana - la maggioranza degli italiani votarono per la Monarchia.
Ho scritto che la maggioranza degli italiani votarono per la Monarchia perché la repubblica vinse il referendum del 2 giugno solo con i brogli e non fu mai proclamata!

Quindi Re Vittorio Emanuele III trasferendo lo Stato da Roma a Brindisi salvò l'Italia.

Ecco alcuni pareri insospettabili di favoritismo monarchico.

- Sergio Romano (Corriere della Sera, 23-06-06):
debbo chiedermi cosa sarebbe successo se il Re fosse rimasto nella capitale e fosse caduto, com'era probabile, nelle mani dei tedeschi. Vi sarebbero state nei mesi seguenti un'Italia fascista governata da Mussolini e un'Italia occupata dagli alleati, priva di qualsiasi governo nazionale.
La fuga, fra tante sventure, ebbe almeno l'effetto di conservare allo Stato un territorio su cui sventolava la bandiera nazionale. Non è poco.

- Carlo Azeglio Ciampi, allora Presidente della Repubblica:
il Re ha salvato la continuità dello stato (il governo italiano colmò l'incombente vuoto istituzionale, imponendosi agli alleati quale unico interlocutore legittimo).

- Lucio Villari (Corriere della Sera, 09-08-2001):
Sono, in proposito, assolutamente convinto che fu la salvezza dell'Italia che il Re, il governo e parte dello stato maggiore abbiano evitato di essere afferrati dalla gendarmeria tedesca e che il trasferimento (il termine "fuga" è, com'è noto, di matrice fascista e riscosse e riscuote però grande successo a sinistra) a Brindisi gettò, con il Regno del Sud, il primo seme dello stato democratico e antifascista ed evitò la terra bruciata prevista, come avverrà in Germania, dagli alleati.


Infine non è vero che a Roma non rimase neanche un membro di Casa Savoia
Ecco cosa disse in una delle sue memorie il colonnello delle SS Eugen Dollmann :
La famiglia reale e Badoglio nel frattempo erano partiti, con somma delusione del cosiddetto gruppo estremista del quartier generale di Kesselring […] Ma non trovarono che il genero del Re, il generale Calvi di Bergolo, il cui sacrificio morale ha un valore che gl'italiani non dovrebbero dimenticare. […] Secondo il maresciallo ed i suoi più intimi collaboratori, la monarchia aveva salvato l'unità d'Italia abbandonando Roma, e salvato Roma lasciandovi un membro di casa Savoia.

Per chi non lo sapesse Giorgio Carlo Calvi di Bergolo era marito della principessa Iolanda di Savoia.


giovedì, giugno 05, 2014

200 anni dei Carabinieri

L'Arma dei Carabinieri festeggia il 200° anniversario della sua Fondazione.

5 giugno 2014

Oggi si celebra il Bicentenario della Fondazione dell'Arma dei Carabinieri.

Stasera a Roma in piazza di Siena si svolgerà una solenne celebrazione per rendere onore alla gloriosa Arma dei Carabinieri considerata come una delle istituzioni più solide e amate del Paese.
La manifestazione si concluderà con lo Storico Carosello Equestre per rievocare la "Carica di Cavalleria", avvenuta il 30 aprile 1848 a Pastrengo, effettuata dagli "Squadroni da Guerra" dei carabinieri reali assegnati alla protezione personale del Re Carlo Alberto di Savoia.


La fondazione del corpo dei Carabinieri Reali fu ideata con “Regie Patenti” nel giugno 1814 da Vittorio Emanuele I di Savoia, Re di Sardegna, con lo scopo di fornire al Regno un corpo di polizia simile a quello francese della Gendarmerie.
Nello stesso anno della loro creazione, il 13 agosto 1814, Giuseppe Thaon di Revel divenne il primo Generale dei Carabinieri Reali.

Il loro nome deriva dall'arma che ogni carabiniere aveva in dotazione: la carabina.
I colori del pennacchio (lo scarlatto e il turchino) sono stati scelti il 25 giugno 1833 dal Re Carlo Alberto, al quale successivamente i Carabinieri salvarono la vita durante la battaglia di Pastrengo.

Viva l'Arma dei Carabinieri !



domenica, marzo 16, 2014

17 marzo 1861 Regno d'Italia

Proclamazione del Regno d'Italia e dell'Unità d'Italia

Il 17 marzo 1861 nacque il Regno d'Italia - stato indipendente ed unitario - sotto la dinastia di Casa Savoia.
A Torino viene proclamato dal neo Parlamento italiano il Regno d'Italia, con Vittorio Emanuele II di Savoia come primo Re d'Italia e Camillo Benso di Cavour presidente del primo Governo del Regno unitario.



Solo una "repubblica meschina" può dimenticare di festeggiare adeguatamente ogni anno questa importante ricorrenza, e solo in occasione del suo 150° anniversario questo importante evento è stata Festa Nazionale.

LEGGE 23 novembre 2012, n. 222 commi 3 
La  Repubblica  riconosce  il giorno 17 marzo, data della proclamazione in Torino, nell'anno  1861, dell'Unità d'Italia, quale «Giornata  dell'Unità nazionale, della Costituzione, dell'inno e della bandiera», allo scopo di ricordare  e promuovere,  nell'ambito  di  una  didattica diffusa,  i  valori  di cittadinanza, fondamento di una positiva convivenza  civile,  nonché di riaffermare e di consolidare l'identità nazionale  attraverso  il ricordo e la memoria civica. La Giornata di cui al presente comma non determina gli effetti civili di cui alla legge 27 maggio 1949,  n. 260.

Per questa importante ricorrenza il regime repubblicano ha addirittura pensato di chiamare il 17 marzo la "Giornata dell'Unità nazionale, della costituzione (?!), dell'Inno e della Bandiera".

E' davvero incomprensibile come si possa legare la costituzione repubblicana con il "17 marzo del 1861", che piuttosto è l'anniversario della nascita del Regno d'Italia, quando la repubblica non esisteva.
E poi fino al 31 dicembre 1947 la Bandiera italiana era quella del Regno d'Italia e quindi per la ricorrenza del 17 marzo non ha senso sostituire la bandiera sabauda con quella repubblicana.

W l'Unita d'Italia, voluta e realizzata dalla Monarchia!!

W il Regno d'Italia!!


sabato, febbraio 01, 2014

Regicidio in Portogallo

Un gruppo di repubblicani uccisero Re Carlo I del Portogallo e il principe Luigi Filippo, duca di Braganza erede al trono.

1 febbraio 1908

Questo doppio regicidio è un esempio emblematico di terrorismo istituzionale, un atto barbarico che delegittima la repubblica.

Le responsabilità politiche del regicidio furono nascoste dal regime repubblicano, ma il regicidio fu pianificato con cura da chi apparteneva al Partito repubblicano che voleva rovesciare il sistema politico esistente.
Questo terribile atto fu il risultato delle crescenti tensioni alimentate dai repubblicani durante un periodo di crisi socio politica.

Appena re Carlos I decise di assumere un ruolo attivo in politica, per cercare di attuare una serie di misure di moralizzazione della vita politica, i repubblicani lo colpirono a morte per eliminare la Monarchia e, senza pietà, uccisero anche il giovane principe ereditario (20 anni).

La morte del re Carlo (figlio di Maria Pia di Savoia), e del principe causarono indignazione in tutta Europa.
La Monarchia riuscì a resistere per altri 33 mesi (Re Manuele II), poi la repubblica riuscì ad imporsi, causando una ulteriore escalation della violenza e corruzione nella vita pubblica del paese.

Dopo la prima repubblica, violenta e sanguinaria, è arrivata la seconda repubblica, la dittatura Salazar, e quindi l'attuale terza repubblica fallita e corrotta ...
Dopo 106 anni la Monarchia è ancora ben radicata nella memoria storica dei portoghesi, ben consapevoli di quanto la repubblica abbia distrutto il Portogallo.



lunedì, gennaio 27, 2014

Giorno della Memoria - Mafalda

Nel Giorno della Memoria ricordiamo la Principessa Mafalda di Savoia, deceduta nel campo di sterminio di Buchenwald

Se è doveroso commemorazione le vittime del nazismo e ricordare l'Olocausto, tra i deportati nei campi di concentramento non si può dimenticare Sua Altezza Reale la Principessa Mafalda di Savoia, deceduta nel campo di sterminio di Buchenwald il 28 agosto 1944, dopo un anno di prigionia.

Mafalda, secondogenita del Re d'Italia Vittorio Emanuele III e della regina Elena, si sposò a Racconigi (23 settembre 1925) con il langravio Filippo d'Assia.

Per volontà di Hitler, con un tranello i tedeschi arrestarono Mafalda, e la deportarono nel Lager di Buchenwald, dove venne rinchiusa nella baracca n. 15 sotto il falso nome di Frau von Weber.

Nell'agosto del 1944 la baracca in cui era prigioniera la principessa fu distrutta da un bombardamento degli anglo-americani. La principessa riportò gravi ustioni e contusioni varie su tutto il corpo, ricoverata nell'infermeria del lager ma senza cure le sue condizioni peggiorarono.
Dopo 4 giorni di tormenti, a causa delle piaghe insorse la cancrena e le fu amputato un braccio. Mafalda abbandonata e privata di ulteriori cure, muore dissanguata nella notte del 28 agosto 1944.

La principessa Mafalda riposa oggi nel piccolo cimitero degli Assia, nel castello di Kronberg im Taunus vicino a Francoforte sul Meno.

martedì, gennaio 21, 2014

Luigi XVI di Francia ucciso dai repubblicani

Il 21 gennaio 1793 Re Luigi XVI venne ghigliottinato in Piazza della Rivoluzione, l'attuale Place de la Concorde.

L'uccisione del Re di Francia ci ricorda le atrocità compiute dai rivoluzionari e ci insegna quanto siano violente e sanguinose le origine della repubblica francese.

Ricordo quello che disse il Re ai francesi prima di essere ucciso:
"Muoio innocente di tutti i crimini che mi sono imputati. Perdono i responsabili della mia morte e prego Dio che il sangue che state per versare non ricada mai sulla Francia."
In seguito Papa Pio VI lo elevò a martire (Enciclica Quare lacrymae).

La ghigliottina è stato lo strumento fondamentale della repubblica francese, tanto che il binomio rivoluzione-ghigliottina è inscindibile nella coscienza collettiva e nella memoria storica.

Questo evento è stato l'inizio del perverso percorso della Storia che ci ha portato verso la decadenza nella quale viviamo adesso, una società che va contro la Natura e l'Uomo.
Quasi sempre la repubblica prende il potere con la violenza, e il caso più famoso ed eclatante è la repubblica francese che sperimentò ed anticipò gli orrori poi ripetuti dal comunismo.

La brutale morte di Re Luigi XVI è ancora oggi il riflesso della instabilità patologica delle repubbliche e del declino della società moderna.

La Rivoluzione francese è il primo radicale tentativo di costruire una nuova società dove i capisaldi sono un odio verso la Religione cattolica e la Monarchia, l’annientamento del Passato e il culto della dea ragione, e tutto questo ha prodotto uno Stato totalitario che indottrina la società.
La repubblica francese ha sperimentato per la prima volta la dittatura terroristica, il genocidio politico, che pretende di imporre il culto della dea ragione, l'unica in grado di garantire "la felicità degli uomini sulla terra" (cfr. "Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e del cittadino")

Il processo al Re fu una delle più commoventi tragedie della Storia.
Se il Re risultava innocente, logicamente erano i rivoluzionari ad essere colpevoli: la sua condanna era necessaria per giustificare la Rivoluzione e il mito (falso) della repubblica .

Una volta abolita la Monarchia, la figura del Re era imbarazzante per i rivoluzionari e quindi la Rivoluzione aveva necessità di liberarsi di lui: "in una repubblica un Re senza corona è utile per due sole cose: o per turbare la tranquillità dello Stato ed abbattere la libertà o per fortificare l'una e l'altra", diceva Robespierre.
"E' necessario condannarlo a morte immediatamente, in virtù del diritto di insurrezione".
Lo Stato d'animo dell'iniquo processo al Re Luigi XVI è ben espresso dalla frase di Saint Just:
"Non vogliamo giudicare il Re, vogliamo ammazzarlo".

Ci sono forte analogie della rivoluzione francese con il comunismo di stampo sovietico, uno stato totalitario che controlla il popolo con il terrore, omicidi delle famiglie regnanti, attacchi contro i religiosi, utilizzo della guerra per militarizzare e purgare la società, sacralizzazione della violenza, dalla ghigliottina al Gulag.

D'altronde Lenin considerava il bolscevico come il perfetto giacobino : «La ghigliottina non era che uno spauracchio che spezzava la resistenza attiva. Questo non basta. Noi non dobbiamo solo spaventare i capitalisti, cioè far loro dimenticare l’idea di una resistenza attiva contro di esso. Noi dobbiamo spezzare anche la loro resistenza passiva».

sabato, dicembre 28, 2013

Terremoto di Messina

Re Vittorio Emanuele III e la Regina Elena soccorrono i sopravvissuti di Messina colpiti dal terremoto

28 dicembre 1908

Il terremoto è una delle più gravi catastrofi sismiche che si sono verificate in Italia, distrusse le città di Messina e di Reggio Calabria, colpendo un'area di 6000 km2 dove morirono tra 90.000 a 120.000 persone.
Vittorio Emanuele III dispose immediatamente lo stato d'assedio e, in men che non si dica, fu approvata una legge che prevedeva stanziamenti per i terremotati e una serie di misure per proteggere l'industria solfifera.

Re Vittorio Emanuele III e la Regina Elena partirono sulla nave Vittorio Emanuele per portare materiale sanitario e generi di conforto, ed arrivarono alla città distrutta la mattina del 30.
Il re e la regina mostrarono subito uno slancio fuori dal comune per i superstiti.


Mentre il sovrano sbarcò, a bordo della nave Slava, la regina Elena trasformò la nave della Regia Marina in ospedale dove furono ricoverati moltissimi superstiti.
La Regina Elena, che parlava il russo ed amica dello Zar, riuscì ad obbligare le navi russe, che stavano in zona, ad intervenire in soccorso alla popolazione.
«Non è la regina d'Italia che vi parla, né la principessa del Montenegro, è una donna che vi supplica in nome di Dio e della pietà umana».

La regina Elena aiutò i terremotati fasciando ferite, aggiustando ossa, assistendo i medici, portando conforto a chi aveva perso tutto.  Elena si comporta come un'infermiera, una suora di carità: nessuna sovrana ha mai fatto quello che fece Lei in quelle tragiche giornate di Messina.
Sono molte le testimonianze che lo attestano. 

"Da due giorni la regina Elena fa la suora di carità” raccontò un ufficiale russo il 2 gennaio del 1909 al Corriere della Sera.

“Io l’ho vista ovunque, nei punti in cui maggiore era il pericolo, nelle località in cui nessuno mai prima di lei aveva osato avventurarsi”.

Una poesia pubblicata sul Corriere della Sera, il 5 gennaio 1909, di Ada Negri:
L'angelo dello Stretto la Regina Elena
"Ve n'è una fra noi, la più bella, la più nobile, quella che la sorte ha posta più in alto, che ci dà l'esempio sublime.  Elena di Savoia e Montenegro ha lasciato i figli,
ha messo l'abito dell'infermiera, si è fatta suora di carità,
soffre tra i sofferenti, abbraccia e riveste gli orfanelli,
sfida ogni stanchezza, ogni malattia, ogni pericolo anche mortale.
E' al suo posto di Regina, è al suo posto di donna.
Vi è nel suo atteggiamento una semplicità, una bellezza umana,
una veemenza d'amore, d'energia, che appassionano.
Con Lei, intorno a Lei, senza tregua, senza paura,
coi figli in braccio e alla gonna se non possiamo separarcene,
di notte se non possiamo di giorno,
con ogni atomo ogni palpito ogni vibrazione della nostra umanità dolorosa,
sorelle mie d'Italia, avanti! ".
 
Messina, grata delle opere compiute dalla Regina Elena in quei terribili giorni, eresse nel 1960 la Statua in marmo bianco di Carrara, in memoria dell'alto senso di umanità e di materna dedizione dimostrata dall'Augusta Sovrana verso i sopravvissuti.

venerdì, dicembre 27, 2013

Vittorio Emanuele III

Vittorio Emanuele III muore ad Alessandria d’Egitto.

28 dicembre 1947

Auspichiamo il rientro in Patria dell'Augusta salma 
e la sua tumulazione nel Pantheon di Roma.

VIVA RE VITTORIO EMANUELE III 

Vittorio Emanuele nasce a Napoli l’11 novembre 1869, figlio di Umberto I Re d'Italia e della Regina Margherita.
Sposa il 24 ottobre 1896 a Roma la Principessa Elena di Montenegro, da cui avrà 5 figli: Iolanda, Mafalda, Giovanna, Maria ed Umberto.
Principe Ereditario fino al 29 luglio 1900 con il titolo di Principe di Napoli.

Diventa improvvisamente Re d'Italia nel 1900, in seguito all'assassinio del padre, e fino al 1946, quando abdicò il 9 maggio 1946 a favore del figlio Umberto II.
Con la consorte parte da Napoli in esilio volontario ad Alessandria d’Egitto, scegliendo il titolo di Conte di Pollenzo.

Ad Alessandria d'Egitto muore il 28 dicembre 1947, dove è sepolto provvisoriamente dietro l’altare maggiore della chiesa di Santa Caterina.