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lunedì, aprile 25, 2016

25 aprile liberazione o propaganda?

La repubblica ha trasformato la liberazione in propaganda per "repubblicanizzare" il Paese

Purtroppo la repubblica italiana ha sempre distorto la verità storica per dare lustro a se stessa, e un chiaro esempio è il modo in cui ha presentato la Liberazione.

Per raccontare agli italiani "il suo 25 aprile" il regime repubblicano ha cancellato i fatti e le persone che potevano impedire di "repubblicanizzare" e “politicizzare” a sua vantaggio tutto quello che avvenne dopo il 1943.

Ovviamente questo modo ha impedito la pacificazione nazionale, così tanto auspicata da tutti, e quindi la Liberazione non è mai stata una festa condivisa dalla nazione.

Nonostante la propaganda e la mobilitazione organizzata dallo stato repubblicano, il "25 aprile" conferma il distacco insanabile tra il Paese e le istituzioni repubblicane, e le sue celebrazioni provocano sempre retoriche, polemiche, e contrapposizioni politiche.



Senza dubbio ci furono delle persone che contribuirono a liberare il nostro Paese, perdendo anche la loro vita, ma coloro che davvero liberarono l'Italia furono gli Alleati e i soldati del Regio Esercito, fedeli al Re.

Nelle manifestazioni del 25 aprile si è mai ricordato Edgardo Sogno, il leggendario Comandante Franchi e capo delle formazioni monarchico liberali - nonché Eroe della Resistenza e Medaglia d'oro al Valor Militare - e sopratutto il Corpo Italiano di Liberazione, un vero e proprio Corpo d'Armata ?

Del fenomeno complesso della liberazione si insegna solo i fatti utili alla glorificazione della repubblica, e questo è stato un gravissimo errore perché si è trasformata la liberazione in propaganda repubblicana.

Quindi festeggiamo la Liberazione, ma non "questo 25 aprile" imposto dal regime repubblicano.


mercoledì, gennaio 27, 2016

Giorno della Memoria - Mafalda

Nel Giorno della Memoria ricordiamo la Principessa Mafalda di Savoia, morta nel campo di Buchenwald

27 gennaio

Oggi nella "Giornata della Memoria" si deve ricordare che tra i deportati c'era anche la Principessa Mafalda di Savoia,che morì nel campo di sterminio di Buchenwald.

Mafalda, secondogenita del Re d'Italia Vittorio Emanuele III e della regina Elena, si sposò a Racconigi (23 settembre 1925) con il langravio Filippo d'Assia.


Su ordine di Hitler, con un tranello i tedeschi arrestarono Mafalda, e la deportarono nel lager di Buchenwald.

Nell'agosto del 1944 la baracca in cui era prigioniera la principessa Mafalda, sotto il falso nome di Frau von Weber, fu distrutta da un bombardamento degli anglo-americani.
La principessa riportò gravi ustioni e contusioni varie su tutto il corpo, ricoverata nell'infermeria del lager ma senza cure le sue condizioni peggiorarono. Dopo 4 giorni di tormenti, a causa delle piaghe insorse la cancrena e le fu amputato un braccio. Mafalda abbandonata e privata di ulteriori cure, muore dissanguata nella notte del 28 agosto 1944.

La principessa Mafalda riposa nel cimitero degli Assia, nel castello di Kronberg im Taunus vicino a Francoforte sul Meno.

martedì, settembre 08, 2015

Armistizio 8 settembre 1943

Dopo l'armistizio dell'8 settembre il Re Vittorio Emanuele III, per evitare che l’Italia cadesse in balia dei tedeschi / angloamericani e per assicurare la continuità alle istituzioni italiane legittime, trasferisce lo Stato da Roma a Brindisi e salva l'Italia! 

8 settembre 1943

La Puglia era una zona sempre italiana e libera dai tedeschi e quindi con il "trasferimento a Brindisi" il Re e il Governo italiano riuscirono a rimanere gli unici interlocutori legittimi per gli anglo-americani e impedirono che l’Italia venisse smembrata.

Un aspetto molto importante è che questo trasferimento più tardi permise all'Italia di sottoscrivere un trattato di pace che, per quanto severo e doloroso, permise di salvare il riconoscimento dell’Italia come nazione, a differenza di quanto accadde a Germania e Giappone (la prima divisa in due e controllata delle forze militari alleate, il secondo controllato dagli USA fino al 1952)


La cosiddetta "fuga del Re" è una falsa interpretazione storiografica imposta da chi vuole screditare la Monarchia.

Per quanto riguarda l’accusa rivolta a Vittorio Emanuele III di aver lasciato l’esercito senza ordini alla data dell’armistizio, oltre che essere sbagliata, si deve tener conto che furono proprio i nazisti e fascisti a sostenere questa accusa.
Gli ordini c'erano ed erano chiari. Fu la propaganda anti-monarchica che affermò il contrario, contribuendo tra l’altro a coprire chi non aveva compiuto il proprio dovere.

Inoltre in una Monarchia Costituzionale il Re, pur essendo nominalmente capo delle forze armate, non interviene direttamente nell’azione di comando, ma è il Governo che prende le decisioni finali, dopo aver ascoltato il comando delle forze armate sempre affidato alle persone più tecnicamente preparate.
Quindi il Re non poteva avere alcuna responsabilità e se ci fossero state delle colpe queste erano di Badoglio e dei Generali.

Dopo la proclamazione dell’armistizio si sapeva bene che i tedeschi avrebbero subito aggredito l’Italia.
Per il patto d’alleanza stipulato il 22 Maggio 1939, l’Italia non poteva attaccare i tedeschi per il solo fatto di aver chiesto un armistizio agli angloamericani, ma si poteva ordinare di attaccare i tedeschi solo se fossero stati i tedeschi ad attaccare per primi gli italiani.
Ecco il significato della frase chiave di quel proclama: “le forze armate Italiane reagiranno ad attacchi di qualunque altra provenienza”. Un significato ben chiaro a chiunque, dal Generale al più piccolo soldato.

La storia imposta dal regime repubblicano sugli eventi del'8 settembre è chiara: molti partiti, che erano per la repubblica, approfittarono del clima di confusione, peraltro inevitabile, di quel momento per sbarazzarsi del Re e della Monarchia. 
Questa propaganda anti-monarchica serviva per convincere molti italiani a votare per la repubblica nel referendum istituzionale.
Se non ci fosse stata questa feroce propaganda contro il Re, colpevole di essere scappato da Roma, la monarchia avrebbe stravinto nel referendum istituzionale e l'Italia sarebbe rimasta un Regno.

Insomma Re Vittorio Emanuele III trasferendo lo Stato da Roma a Brindisi salvò l'Italia, ed ecco alcuni pareri insospettabili di favoritismo monarchico.

- Sergio Romano (Corriere della Sera, 23-06-06): debbo chiedermi cosa sarebbe successo se il Re fosse rimasto nella capitale e fosse caduto, com'era probabile, nelle mani dei tedeschi. Vi sarebbero state nei mesi seguenti un'Italia fascista governata da Mussolini e un'Italia occupata dagli alleati, priva di qualsiasi governo nazionale. La fuga, fra tante sventure, ebbe almeno l'effetto di conservare allo Stato un territorio su cui sventolava la bandiera nazionale. Non è poco.

- Carlo Azeglio Ciampi, allora Presidente della Repubblica: il Re ha salvato la continuità dello stato (il governo italiano colmò l'incombente vuoto istituzionale, imponendosi agli alleati quale unico interlocutore legittimo).

- Lucio Villari (Corriere della Sera, 09-08-2001): Sono, in proposito, assolutamente convinto che fu la salvezza dell'Italia che il Re, il governo e parte dello stato maggiore abbiano evitato di essere afferrati dalla gendarmeria tedesca e che il trasferimento (il termine "fuga" è, com'è noto, di matrice fascista e riscosse e riscuote però grande successo a sinistra) a Brindisi gettò, con il Regno del Sud, il primo seme dello stato democratico e antifascista ed evitò la terra bruciata prevista, come avverrà in Germania, dagli alleati.

Infine non è vero che a Roma non rimase neanche un membro di Casa Savoia Ecco cosa disse in una delle sue memorie il colonnello delle SS Eugen Dollmann: La famiglia reale e Badoglio nel frattempo erano partiti, con somma delusione del cosiddetto gruppo estremista del quartier generale di Kesselring […] Ma non trovarono che il genero del Re, il generale Calvi di Bergolo, il cui sacrificio morale ha un valore che gl'italiani non dovrebbero dimenticare. […] 

Secondo il maresciallo ed i suoi più intimi collaboratori, la monarchia aveva salvato l'unità d'Italia abbandonando Roma, e salvato Roma lasciandovi un membro di casa Savoia.
Giorgio Carlo Calvi di Bergolo era il marito della principessa Iolanda di Savoia.

domenica, maggio 24, 2015

Italia nella Prima Guerra Mondiale

Dopo 41 mesi di aspra guerra la Vittoria finale : si realizza il compimento del Risorgimento e dell’Unità d’Italia

24 maggio 1915

La Prima Guerra Mondiale, chiamata anche Grande Guerra, è stato un punto indispensabile per costituire l’identità italiana.

Non è un caso che si usa l’appellativo di «Grande Guerra». Il termine Grande non solo ci ricorda il numero degli italiani che vi si immolarono, ma soprattutto significa la realizzazione del compimento dell’Unità Nazionale, e non solo geografico perché attraverso la Grande Guerra tutti gli italiani si sentirono finalmente uniti, diventando un solo Popolo.

Questa Vittoria trasformò l'Italia, appena unita, in una vera e propria Nazione, dove tutti gli Italiani, senza distinzione di parte o di origine, si trovarono concordi nell’affrontare i pericoli ed i disagi della guerra.

Inoltre si deve ricordare che per la Vittoria fu essenziale la guida di Sua Maestà il Re Vittorio Emanuele III.
Per il Regio Esercito il Re era il simbolo vivente della Patria, che si recava al fronte per capire la situazione militare e per sollevare il morale dei soldati.

Purtroppo però il regime della repubblica invece di ricordare con orgoglio quello che rappresenta la Prima Guerra Mondiale, cioè la più grande Vittoria italiana con la quale l'Italia diventa una Patria, compie il grave errore di presentarla come un massacro, la considera una "vittoria militare", il primo passo verso il fascismo, eccetera ....

La storia raccontata dalla repubblica è lontana dalla realtà, nel senso che la usa per fare propaganda e per glorificarsi. In questa assurda logica tutto quello che non le appartiene - se non altro per questione di tempo - deve essere dimenticato altrimenti deve essere criticato.
Addirittura il Risorgimento e la Vittoria delle Prima Guerra Mondiale, sulle quali si fonda la identità nazionale italiana, essendo profondamente legate alla Monarchia, non sono mai state ben viste dal regime repubblicano, il quale appunto le ha sempre criticate.

In questo modo la debolezza e la miseria della repubblica italiana hanno dato eco e forza alle voci anti risorgimentali, ben lontane dalla realtà dei fatti storici, che hanno indebolito il nostro Paese.

Onore al Re Soldato Vittorio Emanuele III !
Onore ai Soldati della Grande Guerra !
Onore ai caduti !

martedì, gennaio 27, 2015

Giorno della Memoria - Mafalda

Nel Giorno della Memoria ricordiamo la Principessa Mafalda di Savoia, morta nel campo di Buchenwald

27 gennaio 2015

Oggi è la "Giornata della Memoria", ma se è doveroso ricordare la Shoah, non si può dimenticare che tra i deportati c'era anche la Principessa Mafalda di Savoia, che appunto morì nel campo di sterminio di Buchenwald.

Mafalda, secondogenita del Re d'Italia Vittorio Emanuele III e della regina Elena, si sposò a Racconigi (23 settembre 1925) con il langravio Filippo d'Assia.


Su ordine di Hitler, con un tranello i tedeschi arrestarono Mafalda, e la deportarono nel Lager di Buchenwald, dove venne rinchiusa nella baracca n. 15 sotto il falso nome di Frau von Weber.

Nell'agosto del 1944 la baracca in cui era prigioniera la principessa fu distrutta da un bombardamento degli anglo-americani. La principessa riportò gravi ustioni e contusioni varie su tutto il corpo, ricoverata nell'infermeria del lager ma senza cure le sue condizioni peggiorarono.
Dopo 4 giorni di tormenti, a causa delle piaghe insorse la cancrena e le fu amputato un braccio. Mafalda abbandonata e privata di ulteriori cure, muore dissanguata nella notte del 28 agosto 1944.

La principessa Mafalda riposa nel cimitero degli Assia, nel castello di Kronberg im Taunus vicino a Francoforte sul Meno.

lunedì, novembre 03, 2014

4 novembre 1918 Grande Guerra

4 novembre 1918 : la Vittoria dell'Italia nella Prima Guerra Mondiale e il compimento del Risorgimento Nazionale e dell’Unità d’Italia

4 novembre 1918

Il "4 novembre 1918" è la più grande vittoria italiana con la quale si realizza il compimento del Risorgimento Nazionale e dell’Unità d’Italia, voluta da Casa Savoia.

La Prima Guerra Mondiale, chiamata anche Grande Guerra, rappresentò e tuttora rappresenta nell’immaginario nazionale un punto di riferimento indispensabile per costituire l’Identità italiana.

Non è un caso che si usa l’appellativo di «Grande Guerra». Il termine Grande non solo ci ricorda il numero degli italiani che vi si immolarono, ma soprattutto significa la realizzazione del compimento dell’Unità Nazionale, e non solo geografico perché attraverso la Grande Guerra tutti gli italiani si sentirono finalmente uniti, diventando un solo Popolo.

Questa Vittoria trasformò un Paese appena unito in una vera e propria Nazione, dove tutti gli Italiani, senza distinzione di parte o di origine, si trovarono concordi nell’affrontare i pericoli ed i disagi della guerra.

Inoltre è doveroso sottolineare che per la Vittoria fu essenziale la guida di Sua Maestà il Re Vittorio Emanuele III.
Il Re era il simbolo vivente della Patria, il quale si recava al fronte per capire la situazione militare e per sollevare il morale dei soldati.
Le doti del Sovrano emersero l’8 novembre 1917 al Convegno di Peschiera, allorché seppe esporre la situazione militare con assoluta padronanza e con una assoluta fiducia nel nostro Esercito.
Da quel momento la direzione della guerra ritornò nelle mani del Re e tutti gli Italiani si strinsero attorno a Casa Savoia.

Purtroppo però anche il "4 novembre" ha subito la deformazione politica propagandata dalla repubblica, ed ecco allora che invece di ricordare con orgoglio il "4 novembre", con il solito scopo di sminuire i meriti della Monarchia, compie assurdi tentativi  di presentare la prima guerra mondiale come un massacro, la considera una "vittoria militare", il primo passo verso il fascismo, eccetera ....

In questa assurda e grave logica, che non solo sminuisce la Monarchia ma indebolisce l'Identità Nazionale,  si inserisce la “trovata” di abbinare la festa del 4 novembre alle Forze Armate.
Una mossa subdola che fa dimenticare l'aspetto più grandioso, e cioè che il 4 Novembre permise il compimento del Risorgimento Nazionale e dell’Unità d’Italia.

La debolezza e la miseria della repubblica italiana hanno dato eco e forza alle voci antirisorgimentali, ben lontane dalla realtà dei fatti storici.

E' dal 1946 che in Italia si discute sempre sulla mancanza di valori, di una cultura condivisa, di fiducia nel futuro.
La risposta è rivalutare la nostra Storia, rifiutando la propaganda della repubblica che ha indebolito l'Identità Nazionale, riscoprendo i valori che furono essenziali per realizzare l'Italia ...

Il 4 Novembre è una festa solenne di tutto il popolo italiano non solo delle Forza Armate, che furono fedeli alla Monarchia e Casa Savoia.

W il Regno d'Italia !!!
W il Re !!!
W le Forze Armate !!!
W il 4 Novembre !!!

domenica, settembre 07, 2014

Armistizio 8 settembre 1943

Re Vittorio Emanuele III trasferisce lo Stato da Roma a Brindisi e salva l'Italia! 

La cosiddetta "fuga del Re" è una falsa interpretazione storiografica imposta da chi vuole screditare la Monarchia.

8 settembre 1943

In seguito all'armistizio dell'8 settembre il Re Vittorio Emanuele III aveva l'obbligo di evitare che l’Italia cadesse in balia dei tedeschi o degli angloamericani - che avrebbero creato un governo fantoccio ai propri ordini - e per dare continuità alle istituzioni Italiane legittime, decise di trasferire lo Stato da Roma a Brindisi.

Non potendo difendere Roma - dichiarata "città aperta" - e dove il Re sarebbe stato catturato dai nazisti, la Puglia offriva la possibilità di trasferire lo Stato in una zona sempre italiana e libera, e con il "trasferimento a Brindisi" il Re e il Governo italiano riuscirono a rimanere gli unici interlocutori legittimi per gli anglo-americani e impedirono che l’Italia venisse smembrata.

Questo trasferimento più tardi permise al nostro Paese di sottoscrivere un trattato di pace che, per quanto severo e doloroso, salvò il riconoscimento dell’Italia come nazione, a differenza di quanto accadde a Germania e Giappone (la prima divisa in due e controllata delle forze militari alleate, il secondo controllato dagli USA fino al 1952)

Anche l’accusa rivolta a Vittorio Emanuele III di aver lasciato l’esercito senza ordini alla data dell’armistizio è sbagliata e di parte, furono proprio i nazisti e fascisti a sostenere questa accusa.

Vittorio Emanuele III a Brindisi
Intanto in una Monarchia Costituzionale il Re, pur essendo nominalmente capo delle forze armate, non interviene direttamente nell’azione di comando, ma è il Governo che prende le decisioni finali, dopo aver ascoltato il comando delle forze armate sempre affidato alle persone più tecnicamente preparate.
Quindi il Re non poteva avere alcuna responsabilità e se ci fossero state delle colpe queste erano di Badoglio e dei Generali.

Ma non solo perché gli ordini c'erano ed erano chiari. Fu solo la propaganda anti-monarchica che affermò il contrario, contribuendo tra l’altro a coprire chi non aveva compiuto il proprio dovere.

Dopo la proclamazione dell’armistizio si sapeva bene che i tedeschi avrebbero subito aggredito l’Italia.
Inoltre, tenendo conto del patto d’alleanza stipulato il 22 Maggio 1939, l’Italia non poteva attaccare i tedeschi per il solo fatto di aver chiesto un armistizio agli angloamericani, ma si poteva ordinare di attaccare i tedeschi solo se fossero stati i tedeschi ad attaccare per primi gli italiani.
Ecco il significato della frase chiave di quel proclama: “le forze armate Italiane reagiranno ad attacchi di qualunque altra provenienza”.
Un significato ben chiaro a chiunque, dal Generale al più piccolo soldato.

La storia imposta dal regime repubblicano sugli eventi del'8 settembre è chiara: molti partiti, che erano per la repubblica, approfittarono del clima di confusione, peraltro inevitabile, di quel momento per sbarazzarsi del Re e della Monarchia.

Questa propaganda anti-monarchica serviva per convincere molti italiani a votare per la repubblica nel referendum istituzionale.
Se non ci fosse stata questa feroce propaganda contro il Re, colpevole di essere scappato da Roma, la monarchia avrebbe stravinto nel referendum istituzionale e l'Italia sarebbe rimasta un Regno.

Nonostante il clima ostile nei confronti della Corona - voluto da comunisti, repubblichini e dai vertici della democrazia cristiana - la maggioranza degli italiani votarono per la Monarchia.
Ho scritto che la maggioranza degli italiani votarono per la Monarchia perché la repubblica vinse il referendum del 2 giugno solo con i brogli e non fu mai proclamata!

Quindi Re Vittorio Emanuele III trasferendo lo Stato da Roma a Brindisi salvò l'Italia.

Ecco alcuni pareri insospettabili di favoritismo monarchico.

- Sergio Romano (Corriere della Sera, 23-06-06):
debbo chiedermi cosa sarebbe successo se il Re fosse rimasto nella capitale e fosse caduto, com'era probabile, nelle mani dei tedeschi. Vi sarebbero state nei mesi seguenti un'Italia fascista governata da Mussolini e un'Italia occupata dagli alleati, priva di qualsiasi governo nazionale.
La fuga, fra tante sventure, ebbe almeno l'effetto di conservare allo Stato un territorio su cui sventolava la bandiera nazionale. Non è poco.

- Carlo Azeglio Ciampi, allora Presidente della Repubblica:
il Re ha salvato la continuità dello stato (il governo italiano colmò l'incombente vuoto istituzionale, imponendosi agli alleati quale unico interlocutore legittimo).

- Lucio Villari (Corriere della Sera, 09-08-2001):
Sono, in proposito, assolutamente convinto che fu la salvezza dell'Italia che il Re, il governo e parte dello stato maggiore abbiano evitato di essere afferrati dalla gendarmeria tedesca e che il trasferimento (il termine "fuga" è, com'è noto, di matrice fascista e riscosse e riscuote però grande successo a sinistra) a Brindisi gettò, con il Regno del Sud, il primo seme dello stato democratico e antifascista ed evitò la terra bruciata prevista, come avverrà in Germania, dagli alleati.


Infine non è vero che a Roma non rimase neanche un membro di Casa Savoia
Ecco cosa disse in una delle sue memorie il colonnello delle SS Eugen Dollmann :
La famiglia reale e Badoglio nel frattempo erano partiti, con somma delusione del cosiddetto gruppo estremista del quartier generale di Kesselring […] Ma non trovarono che il genero del Re, il generale Calvi di Bergolo, il cui sacrificio morale ha un valore che gl'italiani non dovrebbero dimenticare. […] Secondo il maresciallo ed i suoi più intimi collaboratori, la monarchia aveva salvato l'unità d'Italia abbandonando Roma, e salvato Roma lasciandovi un membro di casa Savoia.

Per chi non lo sapesse Giorgio Carlo Calvi di Bergolo era marito della principessa Iolanda di Savoia.


sabato, agosto 23, 2014

Akihito :cerimonia per la fine della guerra mondiale

L'imperatore Akihito e l'imperatrice Michiko partecipano a una cerimonia commemorativa a Tokyo.

15 agosto 2014

Le Loro Maestà Imperiali, l'Imperatore Akihito e l'Imperatrice Michiko del Giappone si sono recati ​​al Nippon Budokan Hall nella Chiyoda Ward a Tokyo per partecipare ad una cerimonia commemorativa per ricordare i soldati ed i civili giapponesi che hanno perso la vita in guerra, nonché per celebrare il 69° anniversario della fine della seconda guerra mondiale.


Alla cerimonia, hanno anche partecipato numerose famiglie e parenti dei militari morti in guerra, ed il Primo Ministro Abe.



 VIDEO
 

lunedì, gennaio 27, 2014

Giorno della Memoria - Mafalda

Nel Giorno della Memoria ricordiamo la Principessa Mafalda di Savoia, deceduta nel campo di sterminio di Buchenwald

Se è doveroso commemorazione le vittime del nazismo e ricordare l'Olocausto, tra i deportati nei campi di concentramento non si può dimenticare Sua Altezza Reale la Principessa Mafalda di Savoia, deceduta nel campo di sterminio di Buchenwald il 28 agosto 1944, dopo un anno di prigionia.

Mafalda, secondogenita del Re d'Italia Vittorio Emanuele III e della regina Elena, si sposò a Racconigi (23 settembre 1925) con il langravio Filippo d'Assia.

Per volontà di Hitler, con un tranello i tedeschi arrestarono Mafalda, e la deportarono nel Lager di Buchenwald, dove venne rinchiusa nella baracca n. 15 sotto il falso nome di Frau von Weber.

Nell'agosto del 1944 la baracca in cui era prigioniera la principessa fu distrutta da un bombardamento degli anglo-americani. La principessa riportò gravi ustioni e contusioni varie su tutto il corpo, ricoverata nell'infermeria del lager ma senza cure le sue condizioni peggiorarono.
Dopo 4 giorni di tormenti, a causa delle piaghe insorse la cancrena e le fu amputato un braccio. Mafalda abbandonata e privata di ulteriori cure, muore dissanguata nella notte del 28 agosto 1944.

La principessa Mafalda riposa oggi nel piccolo cimitero degli Assia, nel castello di Kronberg im Taunus vicino a Francoforte sul Meno.

domenica, novembre 03, 2013

4 Novembre - Festa della Vittoria

4 novembre 1918, 

Vittoria della Prima Guerra Mondiale 

compimento del Risorgimento e dell’Unità d’Italia.

Il "4 novembre 1918" è la più grande vittoria italiana, ma anche il compimento del Risorgimento Nazionale e dell’Unità d’Italia, voluta da Casa Savoia.

Tutti gli italiani si trovarono concordi nell'affrontare i pericoli ed i disagi della guerra, e l'Italia, da poco diventato un Paese unito - voluto e realizzato da Casa Savoia - si trasformò in una vera e propria Nazione.

Anche il "4 novembre" subisce la deformazione propagandata dalla repubblica.


Invece di ricordare con orgoglio la vittoria del 4 novembre", resa possibile grazie all'opera e guida di Re Vittorio Emanuele III, la repubblica italiana deforma la storia, per sminuire i meriti indubbi di Casa Savoia.

Ecco allora che la prima guerra mondiale diventa un massacro..., la Vittoria una "vittoria militare"...., il primo passo verso il fascismo..., eccetera ....

Le doti del Sovrano emersero l’8 novembre 1917 al Convegno di Peschiera, quando con assoluta padronanza e con una assoluta fiducia nel nostro Esercito, fedele al Re, prese in mano la direzione della guerra, e da qual momento tutti gli Italiani si strinsero attorno a Casa Savoia.
Vittorio Emanuele III era il punto di riferimento dei soldati, che lo incontravano al fronte, il quale solleva il loro morale, per i quali il Re era il simbolo vivente della Patria.

La repubblica impedisce che ci sia un corretto confronto con la Monarchia, potendo offrire a confronto soltanto vergogne, corruzione e decadenza.

Un'altra mossa subdola è stata l''idea di ridurre il 4 novembre in una semplice festa delle Forze Armate.
Con questa mossa la repubblica intende far dimenticare l'aspetto più grandioso, e cioè che il 4 Novembre fu il compimento del Risorgimento Nazionale e dell’Unità d’Italia, voluta da Casa Savoia.

Il 4 Novembre è una festa solenne di tutto il popolo italiano.

W il Regno d'Italia !!!
W il RE !!!
W le Forze Armate !!!
W il 4 Novembre !!!


domenica, settembre 08, 2013

Armistizio 8 settembre 1943

Re Vittorio Emanuele III trasferisce lo Stato da Roma a Brindisi e salva l'Italia. 

8 settembre 1943

Con un minimo di correttezza intellettuale e storica si dovrebbe capire che la vulgata imposta da comunisti e repubblicani sugli eventi che seguirono l'8 settembre del 43 - "la cosiddetta fuga del Re" - è solo un'interpretazione storiografica di parte e non un fatto oggettivo.

Il Re, in qualità di Capo dello Stato, aveva il dovere di evitare che l’Italia cadesse in balia dei tedeschi o degli angloamericani che avrebbero creato un governo fantoccio ai propri ordini.
Per riuscire in questo intento era necessario dare continuità alle istituzioni Italiane legittime, e evitare la cattura da parte dei nazisti rimanendo però in Italia.

Non potendo difendere Roma, dichiarato "città aperta", la Puglia erano la zona italiana che offriva questa possibilità, e con il trasferimento a Brindisi, di fatto il Re e il Governo italiani riuscirono a rimanere gli unici interlocutori legittimi per gli anglo-americani e impedirono che l’Italia venisse smembrata.

Regno del Sud (Brindisi)
Anche l’accusa rivolta a Vittorio Emanuele III di aver lasciato l’esercito senza ordini alla data dell’armistizio non ha senso, e le cose andarono diversamente.
Intanto in ogni Monarchia (o in ogni Repubblica non presidenziale) il Capo dello Stato, pur essendo nominalmente capo delle forze armate, non interviene direttamente nell’azione di comando, ma è il Governo che prende le decisioni finali, dopo aver ascoltato il comando delle forze armate sempre affidato alle persone più tecnicamente preparate.
Quindi il Re non poteva avere alcuna responsabilità e se ci fossero state delle colpe queste erano di Badoglio e dei Generali.

Ma non solo perché gli ordini c'erano ed erano anche chiari.
Fu solo la propaganda anti-monarchica che affermò il contrario, contribuendo tra l’altro a coprire chi aveva preferito non compiere il proprio dovere.

Dopo la proclamazione dell’armistizio si sapeva bene che i tedeschi avrebbero subito aggredito l’Italia.
Inoltre, tenendo conto del patto d’alleanza stipulato il 22 Maggio 1939, l’Italia non poteva attaccare i tedeschi per il solo fatto di aver chiesto un armistizio agli angloamericani, ma si poteva ordinare di attaccare i tedeschi solo se fossero stati i tedeschi ad attaccare per primi gli italiani.

Ecco il significato della frase chiave di quel proclama: “le forze armate Italiane reagiranno ad attacchi di qualunque altra provenienza”.
Un significato ben chiaro a chiunque, dal Generale al più piccolo soldato. D’altra parte, quale avrebbe potuto essere questa “altra provenienza”, se non quella tedesca ?

La vulgata storica imposta dal regime repubblicano sugli eventi del'8 settembre del 43 è chiara, molti partiti, che erano per la repubblica, approfittarono del clima di confusione, peraltro inevitabile, di quel momento per sbarazzarsi del Re e della Monarchia.

Questa propaganda anti-monarchica era importante per convincere molti italiani a votare a favore della repubblica nel referendum istituzionale.
Se non ci fosse stata questa feroce propaganda contro il Re, colpevole di essere scappato da Roma, la monarchia avrebbe stravinto nel referendum istituzionale e l'Italia sarebbe rimasta ad essere un Regno invece di diventare una piccola repubblica.
Ho usato il termine stravinto, in quanto nonostante il clima ostile nei confronti della Corona voluto da comunisti, repubblichini e dai vertici della democrazia cristiana, la maggioranza degli italiani votarono per la Monarchia.
La repubblica vinse il referendum solo con i brogli e non fu mai proclamata!

Quindi Re Vittorio Emanuele III trasferendo lo Stato da Roma a Brindisi salvò l'Italia.
La sua scelta fu opportuna per salvare l'istituzione monarchica e garantire una continuità di governo al Paese, di fronte al rischio che i tedeschi, diventati improvvisamente padroni assoluti dell'Italia, avrebbero cancellata addirittura dalle carte geografiche.

In fine segnalo alcuni pareri insospettabili di favoritismo monarchico.

- Sergio Romano (Corriere della Sera, 23-06-06):
debbo chiedermi cosa sarebbe successo se il Re fosse rimasto nella capitale e fosse caduto, com'era probabile, nelle mani dei tedeschi. Vi sarebbero state nei mesi seguenti un'Italia fascista governata da Mussolini e un'Italia occupata dagli alleati, priva di qualsiasi governo nazionale.
La fuga, fra tante sventure, ebbe almeno l'effetto di conservare allo Stato un territorio su cui sventolava la bandiera nazionale. Non è poco.

- Carlo Azeglio Ciampi, allora Presidente della Repubblica:
il Re ha salvato la continuità dello stato (il governo italiano colmò l'incombente vuoto istituzionale, imponendosi agli alleati quale unico interlocutore legittimo).

- Lucio Villari (Corriere della Sera, 09-08-2001):
Sono, in proposito, assolutamente convinto che fu la salvezza dell'Italia che il Re, il governo e parte dello stato maggiore abbiano evitato di essere afferrati dalla gendarmeria tedesca e che il trasferimento (il termine "fuga" è, com'è noto, di matrice fascista e riscosse e riscuote però grande successo a sinistra) a Brindisi gettò, con il Regno del Sud, il primo seme dello stato democratico e antifascista ed evitò la terra bruciata prevista, come avverrà in Germania, dagli alleati.


domenica, gennaio 27, 2013

Mafalda - Giorno della Memoria

Nel Giorno della Memoria ricordiamo la Principessa Mafalda di Savoia, deceduta nel campo di sterminio di Buchenwald

Con la Legge n. 211 del 20 Luglio 2000, la repubblica italiana ha riconosciuto il 27 Gennaio (la data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz) come il "Giorno della Memoria" per ricordare lo sterminio e le persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti".

Se è doveroso ricordare la Shoah e tramandare alle nuove generazioni i valori di chi, pagando di persona, contribuì alla speranza di un mondo migliore, non si può dimenticare tra i deportati che non sono mai tornati dai campi di concentramento, Sua Altezza Reale la Principessa Mafalda di Savoia, deceduta nel campo di sterminio di Buchenwald nell’agosto 1944, dopo un anno di prigionia.
Mafalda, secondogenita del Re d'Italia Vittorio Emanuele III e della regina Elena, si sposò a Racconigi (23 settembre 1925) con il langravio Filippo d'Assia.

Per volontà di Hitler, con un tranello i tedeschi arrestarono Mafalda, la imbarcarono su un aereo con destinazione Monaco di Baviera, quindi fu trasferita a Berlino e infine deportata nel Lager di Buchenwald, dove venne rinchiusa nella baracca n. 15 sotto falso nome (Frau von Weber).

Nell'agosto del 1944 la baracca in cui era prigioniera la principessa fu distrutta da un bombardamento degli anglo-americani. La principessa riportò gravi ustioni e contusioni varie su tutto il corpo, ricoverata nell'infermeria del lager ma senza cure le sue condizioni peggiorarono.
Dopo 4 giorni di tormenti, a causa delle piaghe insorse la cancrena e le fu amputato un braccio. Mafalda abbandonata e privata di ulteriori cure, muore dissanguata nella notte del 28 agosto 1944.

La principessa Mafalda riposa oggi nel piccolo cimitero degli Assia, nel castello di Kronberg im Taunus vicino a Francoforte sul Meno.

Infine segnalo che il 27 gennaio alle 15,30 su Rete 4 sarà trasmesso la fiction Mafalda di Savoia- Il coraggio di una principessa.

venerdì, novembre 02, 2012

4 Novembre - Festa della Vittoria

Il 4 novembre 1918, la Vittoria della Prima Guerra Mondiale e il compimento del Risorgimento Nazionale e dell’Unità d’Italia.


Per la Vittoria fu essenziale l'opera e la guida di Re Vittorio Emanuele III, che si recava al fronte per rendersi conto della situazione militare, e per sollevare il morale dei soldati, per i quali il Re era il simbolo vivente della Patria.

Le doti del Sovrano emersero l’8 novembre 1917 al Convegno di Peschiera, allorché seppe esporre la situazione militare con assoluta padronanza e con una assoluta fiducia nel nostro Esercito.
Da quel momento la direzione della guerra ritornò nelle mani del Re e tutti gli Italiani si strinsero attorno a Casa Savoia.

Il "4 novembre 1918" non è solo la più grande vittoria italiana, ma permise il compimento del Risorgimento Nazionale e si compiva l’Unità d’Italia, voluta da Casa Savoia.

Attraverso questo evento gli italiani si sentirono finalmente uniti, e la Vittoria trasformò un paese appena unito in una vera e propria Nazione, dove tutti gli Italiani, senza distinzione di parte o di origine, si trovarono concordi nell’affrontare i pericoli ed i disagi della guerra.

Purtroppo però anche il "4 novembre" ha subito la deformazione politica propagandata dalla repubblica, per il semplice motivo che non può essere scisso dall’operato e dalla gloria di Casa Savoia e della Monarchica.

Invece di ricordare con orgoglio il "4 novembre", la repubblica italiana travisa la storia che subisce la logica del “politicamente corretto”, ed ecco allora che la prima guerra mondiale diventa un massacro, la Vittoria una "vittoria militare", il primo passo verso il fascismo, eccetera ....

Come al solito il regime repubblicano altera la Storia per sminuire i meriti indubbi di Casa Savoia, che ebbe l’audacia di mettersi in gioco per compiere l’Unità della Nazione.

Evidentemente la repubblica impedisce che ci sia un corretto confronto con la Monarchia, potendo offrire a confronto soltanto vergogne, corruzione e decadenza.

In questa visione corretta - o corrotta - si inserisce la “trovata” di abbinare la festa del 4 novembre alle Forze Armate.
Una mossa subdola che fa dimenticare l'aspetto più grandioso, e cioè che il 4 Novembre permise il compimento del Risorgimento Nazionale e dell’Unità d’Italia, voluta da Casa Savoia, per ridurla in una semplice festa delle Forze Armate.

Il 4 Novembre è una festa solenne, la festa di tutto il popolo italiano. 
Festa delle Forze Armate, che il 4 novembre 1918 conquistarono la Vittoria, ma anche del popolo che lavorò e soffrì coi suoi soldati.
L'Italia seppe riscattarsi e imporsi all’ammirazione del mondo.

W il Regno d'Italia !!!
W gli Italiani !!!

giovedì, novembre 03, 2011

4 Novembre 1918

L'Italia vinceva la Prima Guerra Mondiale

Il 4 novembre 1918, si concludeva vittoriosamente la Prima Guerra Mondiale.

Per giungere alla vittoria fu essenziale l'opera e la guida di Re Vittorio Emanuele III , che personalmente, ovunque lo credeva necessario, percorreva il fronte al fine di rendersi conto della situazione militare e di accertare quali fossero le reali condizioni di vita e morale dei soldati.

Le visite del Re sollevavano il morale della truppa, per la quale Egli era diventato il simbolo vivente della Patria.

Le doti del Sovrano emersero l’8 novembre 1917 al Convegno di Peschiera, allorché seppe esporre la situazione militare con assoluta padronanza e con una assoluta fiducia nel nostro Esercito.
Da quel momento la direzione della guerra ritornò nelle mani del Re e tutti gli Italiani si strinsero attorno a Casa Savoia.

Il 4 novembre 1918 ha permesso il compimento del Risorgimento Nazionale e si compiva l’Unità d’Italia, realizzata da Casa Savoia.

Attraverso questo evento traumatico eppure grandioso, gli italiani si sentirono finalmente uniti, e la Vittoria trasformò un paese appena unito in una vera e propria Nazione, dove tutti gli Italiani, senza distinzione di parte o di origine, si trovarono concordi nell’affrontare i pericoli ed i disagi della guerra.

W L'ITALIA!!!
Viva il RE !!!
W I NOSTRI EROICI CADUTI!!!!!

giovedì, gennaio 27, 2011

Giornata della Memoria

Tra i deportati che non sono mai tornati dai campi di concentramento, dobbiamo anche ricordare Sua Altezza Reale la Principessa Mafalda di Savoia, deceduta nel campo di sterminio di Buchenwald nell’agosto 1944, dopo un anno di prigionia.


Per volontà di Hitler, con un tranello i tedeschi arrestarono Mafalda, la imbarcarono su un aereo con destinazione Monaco di Baviera, quindi fu trasferita a Berlino e infine deportata nel Lager di Buchenwald, dove venne rinchiusa nella baracca n. 15 sotto falso nome (Frau von Weber).

Nell'agosto del 1944 la baracca in cui era prigioniera la principessa fu distrutta da un bombardamento degli anglo-americani. La principessa riportò gravi ustioni e contusioni varie su tutto il corpo, ricoverata nell'infermeria del lager ma senza cure le sue condizioni peggiorarono. Dopo 4 giorni di tormenti, a causa delle piaghe insorse la cancrena e le fu amputato un braccio.
Mafalda abbandonata e privata di ulteriori cure, muore dissanguata nella notte del 28 agosto 1944.

martedì, luglio 20, 2010

Principe Carlo rende omaggio a 250 soldati

Il principe del Galles e la duchessa di Cornovaglia hanno reso omaggio a Fromelles, in Francia, agli ultimi 250 soldati (205 sono australiani) che persero la vita durante la battaglia di Fromelles durante la 1° guerra mondiale.

Britain's Prince Charles of Wales delivers a speech during the burial ceremony of an unknown World War One soldier, the last of the 250 found in a mass grave from the 1916 Battle of Fromelles at the Fromelles Pheasant Wood British and Australian Military Cemetery, northern France, on July 19, 2010. Photo by Sylvain Lefevre/Asa-Pictures/ABACAPRESS.COM  Photo via Newscom


Gli ultimi 250 soldati furono trovati in fosse comuni nel 2008 ed adesso sono stati traslati con tutti gli onori militari presso il nuovo Cimitero Militare di Fromelles in Francia.

Il principe Carlo ha partecipato alla cerimonia commemorativa insieme al Governatore Generale dell'Australia, Quentin Bryce, e ai familiari dei soldati identificati.

Il principe di Galles si è fermato accanto alla bara di un soldato non identificato. Questo soldato senza nome è solo uno degli oltre 1.500 britannici e 5000 australiani che furono gettati in una delle 4 fosse comuni dai soldati.

Link
Prince Charles attends last Fromelles soldier reburial

martedì, novembre 03, 2009

4 novembre


Vittorio Emanuele III portava alla vittoria l’Italia e si raggiunse il compimento del Risorgimento.

Il 7 ed il 10 novembre, Re Vittorio Emanuele III si recò rispettivamente a Trento ed a Trieste, entusiasticamente accolto dalle popolazioni deliranti per l’avvenuta redenzione.

Per la vittoria fu essenziale l’opera silenziosa e tenace di Vittorio Emanuele III che solleva il morale dell'Esercito e che divenne il simbolo vivente della Patria.

Le doti del Sovrano emersero l’8 novembre 1917 al Convegno di Peschiera, allorché seppe esporre il proprio punto di vista: la difesa della linea del Piave senza ulteriori arretramenti.
Da quel momento la direzione della guerra ritornò nelle mani del Re e tutti gli Italiani si strinsero attorno a Casa Savoia.

Fermato il nemico, a ottobre l’Italia scatenò l’offensiva finale (Vittorio Veneto) che portò all’annientamento dell’esercito austriaco.

Purtroppo la repubblica italiana, per sminuire l'importanza della guida di Re Vittorio Emanuele III alla vittoria, è addirittura arrivata al punto di considerare la prima guerra mondiale "un massacro", una "vittoria militare" che portò al fascismo, ad altre guerre e morti.
Solo propaganda repubblicana.

Questa festa ci appartiene, fa parte della memoria del Paese, attraverso questa Guerra gli italiani si sono finalmente sentiti uniti, la vittoria trasformò un paese appena unito in una vera e propria nazione.

Link
In questo video si ascolta il Bollettino della Vittoria 4 Novembre 1918 dalla voce del Generale Armando Diaz.

giovedì, settembre 24, 2009

Regina Beatrice e Principe Filippo commemorano la Liberazione

Regina Beatrice, Principe Filippo commemorano la Liberazione della città olandese Nijmegen
20 settembre 2009

Nel 1944, la città olandese universitaria di Nijmegen fu liberata dal nazismo. Fu davvero difficile liberare la città ma ne valeva la pena perché fu un passo verso la fine della Seconda Guerra Mondiale.

65 anni dopo, la regina Beatrice d'Olanda ha presieduto l'anniversario della liberazione a Nijmegen. Era accompagnato dal Duca di Edimburgo, Principe Filippo, lui stesso un veterano della Seconda Guerra Mondiale.

I due reali hanno incominciato la cerimonia ispezionando la Guardia d'Onore e posando una corona al Monumento della Resistenza.
La Regina Beatrice e il Duca hanno poi assistito la parata militare.
Inoltre c'era anche l'ambasciatore tedesco in Olanda.

La battaglia per Nijmegen cominciò con i paracadutisti alleati e la battaglia durò tre giorni.
La liberazione di Nijmegen fu l'unica volta che i tedeschi si ritirarono nei Paesi Bassi. Il resto del paese - il nord e le parti centrali – rimase sotto il controllo nazista fino alla fine della guerra nel maggio 1945.

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Veterans and royals commemorate WWII liberation


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martedì, novembre 04, 2008

Bollettino della Vittoria 4 Novembre 1918



In questo splendido video si ascolta il Bollettino della Vittoria del 4 novembre 1918 dalla voce del Generale Armando Diaz.

Il Bollettino della Vittoria è il documento ufficiale emesso dal Comando Supremo del Regio Esercito Italiano che annunciava la disfatta nemica e la vittoria dell'Italia nella Prima Guerra Mondiale.

Il testo, fuso nel bronzo delle artiglierie catturate al nemico, è esposto in tutte le Caserme e i Municipi d'Italia.

Si può anche leggere il testo del Bollettino sul sito dell'Esercito Italiano.

lunedì, novembre 03, 2008

4 novembre 1918

Vittorio Emanuele III portava alla vittoria l’Italia

.

La prima pagina de “La Domenica del Corriere” dopo la Vittoria.

Il 4 novembre 1918, si concludeva vittoriosamente la Prima Guerra Mondiale, che segnava la sconfitta e la conseguente scomparsa degli Imperi Austro-Ungarico e Germanico.

Fu essenziale l’opera silenziosa e tenace di Vittorio Emanuele III, che instancabile percorreva il fronte al fine di rendersi esatto conto della situazione militare e di accertare quali fossero le reali condizioni di vita delle truppe ed il loro morale senza ricorrere ad intermediari.
“Il Re si assunse l’incarico quotidiano di accorrere personalmente ovunque lo credesse necessario” scrisse il Marchese Solaro del Borgo, che gli era stato compagno d’armi e ancora “nessuno con maggiore competenza potè suggerire rinunce e modifiche e deliberazioni di particolare importanza: e nessuno, in conseguenza avrebbe potuto, meglio di quel ch’Egli fece, servire in momenti eccezionalmente delicati gli interessi del Paese, con efficacia della quale la gran massa del Paese stesso ignora e non immagina la portata”.
Le visite del Re sollevavano il morale della truppa, per la quale Egli era diventato il simbolo vivente della Patria.

Ma dove veramente le doti del Sovrano emersero l’8 novembre 1917 al Convegno di Peschiera, allorché seppe esporre la situazione militare con assoluta padronanza e con una assoluta fiducia nel nostro Esercito.
Potè così imporre agli Alleati il proprio punto di vista: la difesa della linea del Piave senza ulteriori arretramenti.
Da quel momento la direzione della guerra ritornò nelle mani del Re e tutti gli Italiani si strinsero attorno a Casa Savoia.

Fermato il nemico, dopo una serie di furiose battaglie il nemico venne ricacciato al di là del Basso Piave nel luglio ’18.
A ottobre l’Italia scatenò l’offensiva finale, poi chiamata battaglia di Vittorio Veneto, che portò all’annientamento dell’esercito austriaco ed alla successiva caduta dell’Impero.

L’Italia grazie alla guida illuminata di Re Vittorio Emanuele III aveva vinto la guerra e conquistato gli ultimi territori ancora sotto la dominazione straniera.
Si compiva così l’Unità d’Italia, realizzata da Casa Savoia attraverso secoli di guerre e di conquiste, unità territoriale, ma soprattutto morale, poiché tutti gli Italiani, senza distinzione di parte o di origine, si erano trovati concordi nell’affrontare i pericoli ed i disagi della guerra.

La repubblica italiana, consapevole dell'importanza della guida di Re Vittorio Emanuele III per la vittoria, ha cercato di snobbare il 4 novembre 1918.
Ecco così la vulgata repubblicana considerare la prima guerra mondiale un massacro, una "vittoria militare" che portò al fascismo, ad altre guerre, ad altri morti ...
Tutto falso, solo propaganda.

In realtà questa festa ci appartiene, fa parte della memoria profonda del Paese.
Attraverso un evento traumatico eppure grandioso - appunto questa Nostra Guerra - gli italiani si sono finalmente sentiti uniti, la vittoria trasformò un paese appena unito in una vera e propria nazione.

Il 4 novembre 1918 ha permesso il compimento del Risorgimento nazionale

In quest’ora solenne ricordiamo i Caduti il cui esempio deve guidare gli italiani.
I Caduti non muoiono sui campi di battaglia e non spariscono nei sacrari, ma soltanto quando sono dimenticati !

Link
In questo splendido video si ascolta il Bollettino della Vittoria 4 Novembre 1918 dalla voce del Generale Armando Diaz.