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domenica, gennaio 21, 2007

La repubblica del terrore

Con estrema violenza la repubblica prese il potere, e la rivoluzione francese anticipò gli orrori del nazismo e del comunismo.

La brutale morte di Re Luigi XVI è ancora oggi il riflesso dell'instabilità patologica delle nostre istituzioni e del declino della società moderna, ed è con quest'ottica che si deve rileggere la Storia per sperare di migliorare il mondo.


Luigi XVI di Re Francia (23 agosto 1754 - 21 gennaio 1793).

Re Luigi venne arrestato ufficialmente il 13 agosto 1792. Il 21 settembre 1792, l'Assemblea Nazionale dichiarò che la Francia era una repubblica.

Luigi venne processato (dall'11 dicembre 1792) e accusato davanti all'Assemblea Nazionale di alto tradimento.
Venne condannato a morte (17 gennaio 1793) per ghigliottina con 361 voti favorevoli, 288 contrari e 72 astenuti.

Re Luigi XVI fu ghigliottinato il 21 gennaio 1793 in Piazza della Rivoluzione, l'attuale Place de la Concorde.

Sua moglie, Maria Antonietta, lo seguì sulla ghigliottina il 16 ottobre 1793.

Il Re rivolgendosi ancora una volta ai francesi affermò: "Muoio innocente di tutti i crimini che mi sono imputati. Perdono i responsabili della mia morte e prego Dio che il sangue che state per versare non ricada mai sulla Francia"

Il Re è morto, viva il Re !!

venerdì, gennaio 19, 2007

Benzina repubblicana



In Italia il prezzo della benzina è troppo alto, e lo sanno molto bene gli italiani che ogni volta che vanno dal benzinaio devono svenarsi per fare il pieno.
Inoltre se lo si confronta con quello di altri stati europei si capisce che c'è qualcosa che non funziona, sembra proprio che c'è qualcuno che ci ruba i nostri soldi.

Ma perchè i costi di un litro di benzina o gasolio sono così elevati in Italia ?
Tutti sanno che il prezzo della benzina alla pompa dipende dal prezzo del greggio, ma molti non sanno che la differenza tra il prezzo al consumo e il costo di produzione è causata dalle imposte che lo stato repubblicano grava sugli italiani.
Entrate sicure ed odiose, in quanto il prelievo fiscale sui carburanti colpisce i cittadini su un servizio essenziale: la mobilità.

Per capire meglio la situazione del costo della benzina è utile dare una percentuale di quelle che sono le imposte e il costo di produzione.

Le imposte si aggirano attorno al 60/70% del costo al consumo e il rimanente 30/40 % è il costo di produzione e quindi, al contrario di quello che politici e mass media vogliono farci credere, la colpa non è solo o soprattutto dei "big" del petrolio bensì delle tasse che gravano sui carburanti.
Infatti solo sei mesi fa, ovvero l'8 agosto del 2006, il greggio faceva registrare il prezzo record di 78,69 dollari al barile. Eppure, benché tra i 78 dollari di agosto e i 53 di gennaio ci sia una differenza di 25 dollari e un crollo relativo del valore della materia prima di oltre il 33%, il costo dei carburanti alla pompa è rimasto pressocché stabile.
Il costo di un litro di verde, infatti, è determinato per il 25,6% dai costi di estrazione, per l'8% dalla successiva fase di trasporto e raffinazione, per il 5,5% dal trasferimento dei carburanti ai distributori, per il 3,5% dal prelievo-profitto dei gestori e per il 57,4% dalle tasse (Iva e accise) applicate dallo Stato.
In pratica ogni volta che lasciamo 100 euro al distributore ne versiamo 57,4 allo stato repubblicano.

Ma non basta, i carburanti in Italia sono sottoposti ad una quadruplice tassazione, che costituisce più del 60% del prezzo finale, infatti abbiamo :
1. accisa
2. Iva sul prezzo
3. Iva sull�accisa (una tassa sulla tassa!)
4. tassazione dei profitti delle compagnie
(accisa : imposta indiretta sulla fabbricazione e sulla vendita di prodotti di largo consumo)

Le imposte che gravano arrivano al 70 per cento del prezzo alla pompa, un affronto e una presa in giro se si considerano le frequenti lamentazioni, da parte degli uomini politici, sull'eccessivo costo della benzina e del diesel.
Se la Benzina è troppo cara, prendetevela con la repubblica, in quanto circa 2/3 del prezzo va allo Stato repubblicano.

Se davvero gli uomini politici ritengono, come dovrebbero, che i contribuenti siano taglieggiati dal fisco, dispongono di tutti i mezzi per porre rimedio al problema.
Le accise italiane sono ben superiori ai livelli minimi imposti dall'Unione Europea.

Ora il governo repubblicano invece di diminuire le tasse, pensa di risolvere la questione cambiando il sistema distributivo dei carburanti.
Intendiamoci, la liberalizzazione è sempre un buon presupposto, ma nel caso dei carburanti si dimentica di segnalare che il prezzo alla pompa è costituito in larghissima parte da tasse, accise e imposte.

Inoltre ricordando quello che succede in Italia repubblicana, la liberalizzazione del mercato, invece di essere un fattore positivo ed a favore degli cittadini, è quasi sempre una fregatura.
Ripeto, invece di diminuire le tasse che rappresentano i 2/3 del prezzo, il governo ha deciso di togliere il lavoro ai poveri benzinai che hanno solo la colpa di contribuire in minima parte al prezzo finale della benzina.

Secondo me lo stato repubblicano con la liberalizzazione del mercato (vendita in ipermercati, orari liberi e maggiore pubblicità) è vero che diminuisce (di poco) il costo della benzina, ma il vero motivo è per aiutare gli amici (grandi ipermercati Coop ... ) che portano tanti voti.

Ricordo che su ogni litro di carburante gravano ancora per un totale di 0,27 euro:
• 1,90 lire per la guerra di Abissinia del 1935;
• 14 lire per la crisi di Suez del 1956;
• 10 lire per il disastro del Vajont del 1963;
• 10 lire per l’alluvione di Firenze del 1966;
• 10 lire per il terremoto del Belice del 1968;
• 99 lire per il terremoto del Friuli del 1976;
• 75 lire per il terremoto dell’Irpinia del 1980;
• 205 lire per la missione in Libano del 1983;
• 22 lire per la missione in Bosnia del 1996;
• 2,15 centesimi di euro nel 2001 per il ripristino delle 50 lire tolte dal Governo precedente che servivano a calmierare il prezzo del carburante
• 1,6 centesimi di euro nel 2004 per il contratto degli autoferrotranviari;
• 0,5 centesimi di euro nel 2005 per acquisto autobus ecologici

Uno Stato serio dovrebbe placare la propria ingordigia, tagliando o abolendo le accise. Quantomeno quelle più assurde, ad esempio quella sulla guerra d'Abissinia.

La repubblica morirà di ingordigia!!


tuttoconsumatori

mercoledì, gennaio 17, 2007

Economia della repubblica italiana



Italia è sessantesima in libertà economica: è questo il verdetto della classifica annuale della libertà economica, l�Index of Economic Freedom elaborato dalla Heritage Foundation di Washington DC e dal Wall Street Journal, con la collaborazione dell'Istituto Bruno Leoni.

Sinteticamente la situazione italiana è descritta così:
La libertà dall'intervento dello Stato, i diritti di proprietà e la libertà dalla corruzione sono relativamente deboli. La spesa pubblica e le aliquote fiscali raggiungono livelli straordinariamente elevati al fine di finanziare un pervasivo stato assistenziale. Se raffrontata a quella di altri Paesi, la corruzione non è particolarmente grave, ma è elevata per un'economia avanzata. Il compito di garantire il rispetto delle normative pubbliche e delle sentenze giudiziarie viene ulteriormente ostacolato da un'amministrazione pubblica inefficiente.

La situazione economica dell'Italia continua a peggiorare e lo stato repubblicano sembra incapace di migliorare il proprio grado di libertà economica.
Infatti la spesa pubblica e le aliquote fiscali raggiungono livelli straordinariamente elevati al fine di finanziare un pervasivo ed inefficiente stato assistenziale .
Inoltre l'amministrazione pubblica è inefficiente ed ostacola gli italiani.

A ciò si aggiunge che la classe politica è incapacità di trasformare le necessarie riforme da slogan elettorale in politica di governo, non ha il coraggio di liberare l'Italia dai troppi vincoli che lo avvolgono.
Infatti nel nostro paese l'ingerenza dello Stato è il maggior ostacolo per una economia piu' libera , le numerose regole imbrigliano la creatività degli imprenditori, le poche liberalizzazioni realizzate in italia invece di favorire lo sviluppo del paese hanno arricchito alcuni alti esponenti finanzieri.

Come la repubblica nacque da un asse dc-pci anche l'attuale struttura economica e sociale dell'Italia è stata forgiata dall'asse dc-pci, e perciò la colpa della bassa posizione economica è del sistema repubblicano!
Nella storia repubblicana lo sviluppo dell'economia italiana è stato bloccato dai grandi sindacati, che si siedono ancor'oggi sulle poltrone più alte dello Stato; la Pubblica Amministrazione italiana è nata e vissuta nel culto del posto fisso, lavoro ottenuto non certo per merito ma piegandosi ai potenti del tempo; l'imprenditoria italiana è da mezzo secolo drogata di assistenzialismo, e la politica repubblicana, con la scusa dell'interesse pubblico, tiene sotto scacco l'imprenditoria e controlla i cittadini.

La repubblica italiana ha subito il fascino del comunismo, la cultura italiana è dominata dai postcomunisti ed anche l'economia è stata obbligata a convivere con il comunismo, in Italia è avvenuto una specie di proletarizzazione degli italiani.
Ormai c'è la percezione diffusa del peggioramento del tenore di vita (non solo economico) ed adesso senza un progetto di riforma (anzi una rivoluzione .. ) che guardi al futuro l'Italia non può competere con gli altri stati.

La beffa è che mentre gli ex Paesi comunisti stanno facendo grandi passi in avanti, la repubblica italiana rimane sostanzialmente ferma.
Lo stato repubblicano italiano è peggio degli stati post-comunisti!

Indice liberta' economica 2007, Italia al 60 posto, nostra intervista con Alberto Mingardi, direttore generale dell’Istituto Bruno Leoni
Nell’edizione 2007 indice di libertà economica (Economic Freedom), L’Italia scende al 60° posto (era 42° nel 2006 e 26° nel 2005).
L’indice, che considera molti fattori, è redatto dalla Heritage Foundation e dal Wall Street Journal.

Abbiamo intervistato Alberto Mingardi, direttore generale dell'Istituto Bruno Leoni che fa parte di un pool di 6 think tank europei (IBL, Centre for the New Europe, Institute of Economic Affairs, Hayek Foundation, Lithuanian Free Market Institute) che affiancano Heritage e WSJ nella loro attività per l'Index

1) Quali sono i principali motivi per cui l'Italia e' al 60 posto?

L'Index of Economic Freedom non fa la fotografia dell'attuale grado di prosperità di un Paese: non ci dice quanto siamo ricchi.
Fotografa invece l'assenza (o, al contrario, la presenza) di vincoli all'economia, al libero operare produttori e consumatori.
Siamo sessantesimi perché, nonostante qualche riforma favorevole al mercato sia stata fatta, e meritoriamente, negli scorsi dieci anni, restiamo un Paese nel quale lo Stato è troppo pesante, le regole sono troppe, e l'uno e le altre riescono ad imbrigliare l'altrimenti strepitosa creatività dei nostri imprenditori.
Ma siamo "solo" sessantesimo anche perché 58 Paesi nel mondo sono più liberi di noi, hanno saputo cioè imboccare con maggior decisione la strada della concorrenza, delle liberalizzazioni, dell'apertura dei mercati. Il fatto che alcuni di questi Paesi abbiano scoperto di recente tali principi, e siano riusciti ad ispirare assai efficaciemente ad essi la loro legislazione, ci dà speranza: non è mai troppo tardi.

2)Perchè siamo peggiorati rispetto all'anno precedente

Il peggioramento in classifica dell'Italia è dovuto in larga misura al cambiameto della metodologia deciso dall'Advisory Board che da quest'anno affianca gli autori dell'Index.
Non si possono quindi fare paragoni con l'anno passato.
Tuttavia è vero che l'Italia è uno dei Paesi economicamente meno liberi della stessa Europa: il 28mo, in termini di libetà economica, sui 41 conteggiati in quest'area.
Vuol dire che, soprattutto gli ex Paesi comunisti stanno facendo grandi passi in avanti, mentre noi stiamo sostanzialmente fermi.

3) Quali sono le cose + importanti che il governo dovrebbe fare per migliorare il punteggio?

La lista lunga, ed è nota.
Le liberalizzazioni, su cui sembra volersi concentrare (pur fra mille problemi) il governo, sono importanti. Ma la loro importanza impallidisce se si considera il peso della pressione fiscale italiana, che era e resta altissima.
L'Index of Economic Freedom segnala anche come problemi il mercato del lavoro (nel quale si è liberalizzato in entrata, ma non in uscita) e i tempi della giustizia, talmente lunghi da indebolire la stessa certezza del diritto.
E come dimenticare la grande sfida della semplificazione normativa? C'è molto, moltissimo da fare e sono problemi ormai noti a tutti.
Solo che di leader politici col coraggio di imbarcarsi nella fatica immane di liberare questo Paese dai troppi vincoli che lo avvolgono, non ce n'è.

menostato