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lunedì, ottobre 20, 2008

Orfani abbandonati


Una volta l’orfanotrofio si chiamava Istituto per l’infanzia e la maternità. Non era certo un luogo dove gli orfani vivevano felici, ma perlomeno avevano un letto, un tetto, cibo.

In questa italia repubblicana, la legge n. 149 del 28 marzo 2001
decreta la chiusura degli orfanotrofi e il trasferimento dei minori in case-famiglia o presso famiglie affidatarie.
Questa legge suscita molto perplessità, l'argomento è spinoso e complesso, e coinvolge diversi soggetti: le istituzioni, i genitori naturali ed affidatari, le comunità assistenziali, ma soprattutto i bambini, che vivono in una questione più grande di loro.

In Italia le leggi non sono applicate seriamente ed infatti – questa volta però fortunatamente – esistono ancora 9 orfanotrofi attivi.

Inoltre secondo l’Istat ci sono 46 mila bambini (di cui 34 mila italiani) che, senza famiglia, vagano sulle strade, vittime dell’accattonaggio, della povertà estrema, del lavoro nero, della droga.

La legge fu varata per combattere l’abbandono dei minori ed i sostenitori affermano che gli orfani non sono abbandonati per le strade ma sono tutelati in maniera diversa.
Nell’art. 2 della 149/2001 c’è scritto: ……..mediante affidamento ad una famiglia e ove ciò non sia possibile mediante inserimento in comunità di tipo familiare…

Ma quante e quali sono le famiglie disposte all’affido?
E non c’è il rischio che coloro che affidano un bambino lo fanno solo per il sostegno economico? Dov’è l’amore verso il bambino?
E quali sono le caratteristiche che devono avere le comunità di tipo familiare?
E come si rispettano i tempi legislativi?

Una cosa è la teoria ed un’altra la pratica, e di fatto le conseguenze della legge sono andate in direzione opposta.

Mi risulta che forse lo stato repubblicano ha chiuso gli orfanotrofi anche per la mancanza di sovvenzioni.
Visto gli enormi sprechi che sistematicamente avvengono in questa repubblica sarebbe una drammatica beffa ai danni dei poveri indifesi bambini. Speriamo che non sia così.

Mi chiedo. Come si è arrivati a tanto ?
Perché chiudere gli orfanotrofi, dove i ragazzi più sfortunati, senza famiglia, potevano almeno avere cibo, un letto, una casa ?

Comunque si considera questa legge, sta di fatto che adesso non si conosce dove finiranno quei poveri bambini e chi se ne prenderà cura.

Evidentemente uno stato che legifera in questa maniera significa che non ama le famiglie ed i bambini, è uno stato crudele, senza sentimenti, che considera le persone oggetti.
Inoltre aggiungo che questa legge sulla chiusura degli orfanotrofi appartiene alla visione politica-sociale che distrugge la famiglia tradizionale - unione tra uomo e donna – e che preferisce aiutare altri tipi di unione (tra gay, lesbiche, trans ...) dimenticando però le persone più deboli di tutte le unione, i bambini.

La repubblica ha già rovinato l’Italia e la maggior parte degli italiani ma, prendersela anche con i bambini è, veramente, il degrado massimo!

Per difendere tutti i bambini, soprattutto quelli più sfortunati, c’è assolutamente bisogno di riaprire gli orfanotrofi.


La Chiesa: bisogna riaprire gli orfanotrofi. Sempre più difficili le adozioni di minori italiani

Oggi in Italia gli orfanotrofi ancora attivi sono solo nove.La campagna della Chiesa per riaprire gli orfanotrofi e contro la legge 149 parte dal santuario di Pompei, culla dei centri di accoglienza per l'infanzia abbandonata ed epicentro ieri della «mobilitazione mariana» per la visita di Benedetto XVI. Nel mirino la legge 149 del 2001. La Chiesa è preoccupata per i 46 mila bambini (di cui 34 mila italiani) che secondo l’Istat sono senza una famiglia, spesso vagano sulle strade, vittime dell’accattonaggio, della povertà estrema, del lavoro nero, della droga.

La legge fu varata per combattere l’abbandono dei minori disponendo la chiusura degli istituti entro il 31 dicembre 2006 e il ricorso all’affidamento a una famiglia o, qualora non fosse possibile, all’inserimento in una comunità d’accoglienza di tipo familiare. Bambini abbandonati dai genitori per svariate, a volte indecifrabili, ragioni. Bambini allontanati dal tribunale da famiglie problematiche. Eppure era stato fatto un accordo con le Regioni per fissare le tipologie di strutture che devono accogliere i minori che escono dagli istituti e non trovano famiglie affidatarie. Le Regioni avrebbero dovuto fornire i dati al governo ma non è stato fatto. Inoltre la legge prevede che le nuove strutture debbano fare una relazione, ogni sei mesi, alla procura presso il Tribunale per i minori, il quale può a sua volta ordinare ispezioni per verificare l’attuazione della legge. Sulla carta la legge voleva privilegiare l’affido rispetto all’inserimento in strutture di tipo familiare. Ma l’affido non è mai decollato.

Attualmente, circa 26 mila bambini senza una famiglia sono divisi a metà tra comunità e affido. Altri ventimila, devono badare a loro stessi. Tanto più che gli italiani per l’86% non ritengono «abbandonati» i minori ospitati in istituti, nonostante il fenomeno coinvolga in Italia circa decine di migliaia di bambini e ragazzi. Intanto l’assistenza di un bambino in istituto costa allo Stato più del doppio dell’accoglienza in famiglia tramite l’affido, mentre le adozioni nazionali sono sempre più difficili. Di fronte a questo quadro, secondo il j’accuse ecclesiale, le istituzioni sono assenti, quando non addirittura d’ostacolo, e anche la scuola si dimostra impreparata ad affrontare il problema.

Lo Stato in media per un bambino in assistenza (in istituto) investe 10.695 euro all’anno a fronte dei 5.200 investi per singolo minore in affidamento. Ma la spesa pubblica su questo fronte varia significativamente da regione a regione: in Lombardia, ad esempio, si spendono in media oltre 15mila euro all’anno per un bambino in istituto e 3.457 euro per un bambino in affido, nel Lazio in media per un bambino assistito nel comune di Roma occorrono 18 mila euro l’anno, mentre l’affido richiede 3.098 euro.

Nel frattempo cala il numero di procedimenti inviati ai tribunali minorili per dichiarare «adottabile» un bambino. Dai 3.200 procedimenti avviati nel 1995 si arriva ai 2694 del 2002, mentre le dichiarazioni di adottabilità sono passate da circa 1.500 nel 1997 a 1.080 del 2002. Nel 2003 dell’intera popolazione in centri socio-assistenziali stimata intorno ai 20 mila minori (dati Istat) solo 869 erano bambini o adolescenti adottabili, pari al 4,3% del totale, e 342 con l’iter di adottabilità non ancora concluso. Nel corso dell’anno sono stati accolti nelle strutture 8.855 minori, mentre ne sono usciti 9.833: di questi, solo il 4,2% (415) è stato adottato.

Un’emergenza stigmatizzata anche dall’Aibi, l’associazione Amici dei bambini, sotto l’egida dell’Unione Europea.

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